Varuna, il divino maestro – Valentina Ferranti
L’India ci mostra la via. Il subcontinente è perla eterna di sapienza. Terra calamita e scrigno di tesori sapienziali. Ed è proprio nel suo seno, come fosse madre generosa che scorgiamo, tra le trame di lontana conoscenza, tutta la sua attualità. Riportiamo quindi all’ oggi così povero di quelle alture, parole e concetti che ci traggono in alto. La lingua è giustappunto il sanscrito. Non parole ma visioni di realtà spirituale. Svanisce così l’opposizione tra oriente e occidente poiché a formare la lingua latina e greca o meglio, alcuni concetti base fu proprio ed è il sanscrito. E se il rito, nonostante nel mondo contemporaneo subisca una pericolosa de-sacralizzazione, sfugge all’azione distruttrice di questo tempo caduto, è poiché le basi si tale termine-concetto hanno saldezza eterna e nacquero in India. Il nostro è tempo ciclico infatti. La linearità è illusione. Siamo carne che diventa polvere e ritorna ad essere carne, nell’illimitata esperienza illusoria del mondo ingannevole, fino all’approdo verso luce eterna.
Ed il rito nel suo concetto più alto, ci dà prova su più livelli di tale fatto. Ciclicità rituale pare essere la nostra esperienza, per chi è desto poiché l’ordine che ci guida dall’alto promana da tale legge. Accettiamolo, poiché non si sfugge al volere divino universale e le nostre vite sono coronate da tale regolamento. Più profanamente osserveremo il vile calendario da muro in cui si torna sempre ad una stessa data per celebrare festività in cui il tempo che corre cessa d’essere e sfugge alla logica apparente dell’anno che cambia numero. Eterno ritorno quindi. E sul tempo prioritariamente sacro avremmo i rituali di passaggio, nascita e morte di divinità, etc… Un pattern in cui tutto è e tutto torna a stupire e ad esistere nuovamente. Coscienza di perpetuità e tradizione. Ciò è il rito. E come prima accennavamo, tale fare sacro appartiene sì a tutto ciò che è passibile d’intervento umano, poiché è un fare ma riguarda originariamente tutto ciò che in realtà è legato alle origini, al mito. Termine svuotato del suo senso. Ridotto a storiella. Vilipeso. Lo cambieremo quindi con Storia Sacra che si delinea nell’impassibilità d’intervento umano, poiché così una volta e per tutte, è stata delineata la realtà che viviamo. Ogni cosa che, con i sensi e con l’esperienza agiamo, è così stata decisa in un tempo sempiterno e fuori dal tempo che ci porta a misurarci con i misteri del creato e con le domande ultime. E se tale dicotomia: mito/rito, ha giovato ad un certo occidente – lontano dai misteri – che tutto deve sezionare… nella madre India tale differenziazione sfugge, non è in trappola, permea la manifestazione della vita. Miscuglio, malia, caduta estatica. Tutto è sacro. Così lontana tale visione di carne e d’anima dal concetto del to hieron greco per cui vi è un recinto sacro fissato da decisione divina ed il resto, fuori, è terra profana. Su questa scia avremmo per opposto, in India, un sacro onnipresente, pervadente ed invadente.Una manifestazione senza fine. E sul concetto di rito si gioca tale partita. Poiché dove c’è separazione di spazio tra quello sacro e quello profano c’è il rito o fare rituale che richiama e riattualizza il tempo delle origini, del mito ovvero del non tempo della creazione. L’India sfugge a tale scissione o meglio la delinea così come si consacra la costruzione di una casa, le sue fondamenta, ma non scinde. Dietro ed intorno quelle fondamenta c’è comunque la misteriosa e comune ierofania.
L’India è pregna di sacro. Non vive di dicotomie. Ed è da questa terra che nasce il concetto di rito, non disgiunto dal tempo delle origini in cui tutto fu deciso. Su questa scia approdiamo alla tradizione vedica. All’interno di questi testi rivelati incontriamo Varuna. Nel Rg-veda sono circa una dozzina gli inni a lui dedicati. Ce lo mostrano nelle sue funzioni e nella sua indiscussa potenza. Varuna è Re. I titoli di monarca universale del cielo e della terra sono dati a lui più che ad ogni altra divinità eppure non ne abbiamo contezza nel tardo induismo, ma possiamo ritrovarlo, con acutezza, in molteplici divinità successive indiane e non,come se le sue caratteristiche fossero e sono inevitabilie fondanti. Non ha origine, nessuna storia sacra ci parla del suo principio. Come definirlo quindi? La sua regalità, poiché dio celeste, ha diverse funzioni. La più densa di senso pare essere quella che lo lega all’ordine cosmico.Ed è qui che incontriamo il RTA nel suo senso primigenio. Da tale concetto ritroviamo il ritus latino e l’aritmos greco. Quindi ordine, numero che sancisce assetto perfetto; spazio circoscritto. Non sfugge nemmeno il significato legato al ritmo, quindi musica-numero come ordinamento divino, e creazione-cosmicizzazione-abbellimento del caos che prende forma. Consacrazione di uno spazio sacro e sua definizione…nonché i successivi usi che se ne fecero e si fanno. Una riduzione. Ma alzando il velo e seguendo Varuna torniamo, come procedendo su una scia luminosa, al senso originario di tale concetto. Per farlo abbandoniamo ancora una volta il pensare dicotomico. Il RTA è associato a Varuna, è Varuna stesso in quanto garante dell’ordine cosmico, naturale, sociale, rituale che presso il sentire indiano è un insiemeassoluto e indivisibile: l’ordine universale, la legge divina che esercita sul tutto tramite precise regole. Un ordine-RTA- in cui risiede assoluta verità (sat). Come in alto così in basso. Per gli Ari ovvero per i ‘nati due volte, i consacrati (dvi-ja) tutto ciò che esiste, dalla foglia al firmamento è specchio dell’ordine cosmico RTA e si regge su leggi morali che sono specchio di quelle divine. Regola universale che ritroviamo nella Tavola di Smeraldo, che così ci illumina:
«È vero senza menzogna, certo e verissimo, che ciò che è in basso è come ciò che è in alto e ciò che è in alto è come ciò che è in basso per fare il miracolo della cosa unica. E poiché tutte le cose sono e provengono da una sola, per la mediazione di una, così tutte le cose sono nate da questa cosa unica mediante adattamento…”.
Le vicende umane quindi contribuiscono al mantenimento dell’ordine cosmico. Un patto tra uomini che se non rispettato nella sua pura verità, ad esempio la sacra parola data, è venir meno alla parte luminosa e divina dell’uomo che ha stipulato l’accordo. Tale credenza è legata al concetto di giusto valore. Ed è su questa scia che Varuna interviene se la legge non è rispettata. Accanto a lui agisce il Mitra vedico. Divinità numinosa e solare. Così come Varuna è giudice e Re, Mitra è alleato e risveglia gli uomini. Attua la mediazione.Le due divinità regali agiscono l’uno con l’altro, nonostante possano sembrare in antitesi.
Varuna è arcano, oscuro, è narrato come il dio della luce celeste, notturna; Mitra è rivelazione di luce.Varuna è il punitore. Mitra colui che aiuta a non cadere nella punizione. Il legislatore divino è munito di laccio- pasa- con cui intrappola, lega il trasgressore dell’ordine –RTA- . Poiché quell’ordine è verità che tutto tiene assieme. E Varuna tutto conosce e tutto vede; il sole è il suo occhio. Lui è lungiveggente e onniveggente. Come si cade imbrigliati nei lacci di Varuna? La paralisi, l’imbrigliamento avviene quando l’azione è lontana dal modello divino; esempio puro. Trovarsi in lacci significa agire fuori rotta, non seguire l’ordine cosmico. Agire in base al concetto vedico del RTA significa perseguire il giusto ordine delle cose. Ma tale concetto-cardine non va concepito come un assetto stabilito una volta per tutte, ovvero come KOSMOS, poiché invece il RTA asservisce ad una condizione dinamica dell’esistenza, processuale, viva e mai stabilita. Solo le sue leggi sono fissate ed eterne; è quindi lo svolgersi dell’esistenza, nel suo giusto cammino. Se traduciamo quanto detto, riportandolo ad una concezione occidentale diremmo che rispettare il RTA equivale a seguire la ‘propria leggenda personale’ la parte che ci è stata affidata dal piano divino e che compenetra e agisce su di un ordine collettivo e cosmico.
Ci imbrigliamo quando eradichiamo il legame con la trascendenza, lì avviene la caduta ovvero quando rompiamo i collegamenti con l’alto e deviamo dal patto e dall’armonia delle sfere celesti. Ci riduciamo solo ad essere putridacarne. Agiamo da contro-iniziati e lo diveniamo. Varuna e Mitra sono garanti dell’ordine e vincono sul caos. Ed il caos è sempre in agguato. Il loro è un agire su chi devia il corso fecondo del RTA, poiché cade nella sterile paralisi delle forze oppositrici. Verrebbe da chiedere: quali? Ebbene questa è la storia dell’antica sapienza…L’ordine è verità (sat) su cui tutto ciò che esiste si regge. Il peccatore rompe l’armonia del cosmo. Peccare è procedere con piede difettoso lungo il tracciato divino, cadere, deviare dalle leggi sacre, dall’aritmos, suono, cerchio perfetto, dal RTA. Varuna ha funzione di Re e sacerdote. Tra le molteplici manifestazioni divine, la sua azione pare essere quanto mai attuale e concreta. Riportando il suo fare all’oggi, pare che questa umanità sia stata presa tra i suoi lacci. Imbrigliata ed impoverita. Lontana dall’antica sapienza e dal piano divino che tutto dona. Una caduta collettiva una egregore oscura che intrappola in trame apparentemente inestricabili. Vi è però una esigua schiera di giusti che cercano e stanno cercando di rispettare le leggi divine e restano liberi di seguire e perseguire il giusto ordine delle cose. La propria leggenda personale, il RTA. Come dice un verso vedico, riferendosi a Varuna: “il nobile dio pensò l’impensabile” ; ebbene questo è la rotta, l’assoluto affidamento al piano divino.
Bibliografia di riferimento:
- Pio Filippani-Ronconi, Magia, religioni e miti dell’india. Collana diretta da Alfonso Di Nola, Newton Compton Edizioni;
- George Foot Moore, Storia delle religioni. Edizioni Laterza.
Valentina Ferranti