“TENET NUNC PARTHENOPE – Napoli esoterica” (*) – Carlo Lo Vetro
[dall’iscrizione funebre sulla presunta tomba di Publio Virgilio Marone – Napoli, Piedigrotta, Parco Vergiliano]
Uno studio esoterico relativo a un locus – Napoli, in ipotesi –, nelle sue molteplici espressioni strutturali e simboliche, è studio comunque paradigmatico d’uno spazio cosmicizzato, essendo ogni insediamento umano una ricostruzione del mondo[1]. E Napoli, per la sua orientatio cosmica rientra indubbiamente tra quei luoghi “solari” che costituiscono un centro d’irradiazione d’una civiltà[2].
“Spiritus ubi vult spirat”, ricorda Giovanni (3,8). E pertanto – quasi il caso (che sappiamo non esistere) si mascheri di serenidipità – può capitare che nell’indefinito percorso della Tradizione, ci si trovi dinanzi a una modalità di riflessione affatto programmata, forse addirittura mai presupposta, e che tuttavia si svela come idonea al percorso, e di propria appartenenza. Questo per dire che quando dalla produzione cinematografica ci è stato proposto di valutare la realizzazione di un lavoro sulla Realtà esoterica propria di Napoli, l’invito è stato accolto con la necessaria prudenza, da un lato nella consapevolezza di mancare di radici d’origine in un territorio d’indefinita esplorazione, e quindi valutando la sua possibile trattazione in termini di responsabilità, ma, da altro lato, ritenendo verosimile l’assolvimento di tale compito con l’ausilio degli strumenti proprî dei principî della Tradizione, ossia adottando un punto di vista che presuppone metodi speculativi e operativi sovraordinati, e quindi assorbenti quelli imposti dalle limitazioni della contingenza.
È noto che l’attribuzione della qualificazione di “esoterico” riferita a un soggetto o a un oggetto della Realtà materiale o immateriale –, sia tanto più pertinente quanto più elevato sia il grado di Conoscenza e di Consapevolezza proprio del “punto di vista” della Tradizione con cui tale termine venga adoperato. E nel caso specifico, per Napoli nell’anzidetta concezione cosmica, si tratta d’una Realtà definita comunemente come misteriosa[3], segreta[4] o magica (intesa quest’ultima anche nel senso etimologico di sapienza[5]) nonché religiosa[6] (con una sua secolarizzazione aneddotica di leggende, tradizioni popolari, ecc…), ma nel contempo, con maggior attenzione, anche ermetica o Tradizionale o finanche Iniziatica. È dunque una Realtà che può presentarsi come eterogenea, fonte di possibili confusioni: il che implica necessariamente che sia depurata da ogni aspetto estraneo al punto di vista proprio della Tradizione.
In tal senso, nel concepire quest’Opera, è stata primaria l’esigenza d’individuare alcuni settori riferibili al comune concetto di “esoterismo”, anche aventi un’identità di ordine Simbolico. E dunque, dal criterio cosmologico dell’Orientazione stessa della città di Napoli, sulla base Decumano Maggiore – la Platea superiore attribuita ad Apollo – e collocato nella più piena Luce della solarità solstiziale estiva[7], si passa alla preponderanza degli elementi primordiali del Fuoco (‘a muntagna vesuviana, la sua lava, simboleggiata nelle innumerevoli processioni popolari) e dell’Acqua (con le mitologie in primis della Sirena Partenope, e poi delle descrizioni di Jacopo Sannazzaro delle acque primordiali del fiume sotterraneo Alfeo, e i suoi rapporti con l’Arcadia, con un percorso che unisce la Grecia a Napoli passando sotto il Mediterraneo[8]). Ecco poi l’intellettualità del Pitagorismo (l’instaurarsi della Scuola italica o Scuola pitagorica, l’origine del quartiere Forcella, i significati della furca pythagorica); l’Alchimia (il Maschio Angioino come “dimora filosofale”, il XVI secolo, Della Porta, Stigliano, Santinelli e la Lux obnubilata, i Lincei e le Accademie, fino a Severino e al confronto ontologico dell’alchimia spagirica e iniziatica con i canoni della scienza cartesiana, e fino ai riferimenti alla Farmacia degli Incurabili con le sue idrie, gli albarelli e l’Urna marmorea realizzata dal Trinchese contenente la Teriaca, panacea d’ogni male); l’Astrologia (caratterizzata anche da riferimenti iconologici, e poi Finella, la ‘melothesia’, la Cappella Carafa di Santa Severina); le ritualità degli Ordini Tradizionali dei Rosa-Croce e della Massoneria (soprattutto settecentesca, il «Documento di Ischia», la loggia “Perfetta Unione”, Raimondo di Sangro Principe di Sansevero, Gioacchino Murat); la dottrina ermetica, sia considerata come non-filosofia unificatrice di escatologie primordiali e di natura cosmologica, sia nei suoi rapporti con l’Egizianesimo[9] (il culto di Iside, i Riti di Mizraîm-Memphis, dalla colonia degli Egizi Alessandrini insediatasi nel I sec. a.C. intorno a Piazzetta Nilo, a Cagliostro, alla Cappella Pontano, costruita su canoni vitruviani mutuati da quelli egizi, al “Sigillo Montanari”,…). Tutte realtà simboliche, da sempre strutturate nel tessuto partenopeo, e sovente generative di radicati riflessi in altri campi archetipici, più propri di una contingenza psichica: deve al riguardo richiamarsi Carl Gustav Jung, per la pertinente interpretazione del simbolo della “Melusina”, e quindi della Sirena anzidetta, quale eidos intesa nel senso platonico trascendente di archetipo[10].
Esiste poi – per altro verso – una Napoli della Psicurgia, del dialogo con le Anime del purgatorio (il rapporto devozionale anche sinallagmatico avuto con le capuzzelle, con le pezzentelle; l’ipogeo di Santa Luciella ai Librai), delle Teste mantiche virgiliane. E poi la Medianità, con la basilare esperienza (tra le fondamentali del secolo passato, ma di per sé atemporale) lasciata dagli anni ‘60 del secolo scorso dalla “parapsicologia di frontiera” del C.I.P-Centro italiano di parapsicologia fondato da Giorgio di Simone, col contributo del medium Corrado Piancastelli), della Magia (da Virgilio-Mago ai filosofi-maghi riuniti intorno a Giambattista Della Porta, a Giordano Bruno; la “Scienza dei Magi” di Giustiniano Lebano e Giuliano Kremmerz), della stregoneria (le Janare, sacerdotesse della Napoli decumana), delle energie telluriche dei vari Genius loci; della fenomenica in generale (a es., le apparizioni della Dama in rosso a Sant’Elmo, o del fantasma benevolo di Hans Christian Andersen nei quartieri spagnoli – il cui legame col territorio è segnato da tracce di valenza anche simbolica –, o più domestiche presenze quali la Bella ‘mbriana e ‘O munaciello, il “folletto borghese” nato da una leggenda del 1445, che dai quartieri aristocratici di Chiaia, S. Ferdinando, Chiatamone, e quelli di Mergellina o Corso Salvator Rosa, spazia ormai “per i vicoli che da Toledo portano giù, per le tetre vie dei Tribunali e della Sapienza, per la triste strada di Foria, per i quartieri cupi e bassi di Vicaria, Mercato, Porto e Pendino”[11]); o delle leggende cittadine, comunque espressioni dell’anima popolare, custode inconsapevole di principi della Tradizione, e che “hanno un significato che va oltre la loro fallacia storica, in quanto esprimono tendenze morali, politiche, religiose e in genere sentimentali così di coloro che le foggiarono come degli altri che le credettero e divulgarono”[12]: leggende che, avvalendosi di tale maschera exoterica, svolgono una strutturale funzione di conservazione e tramandamento di verità d’ordine esoterico[13].
Ma – con maggior apertura verso un profilo exoterico – c’è una Napoli del misticismo (ancora Giordano Bruno e la sua mistica dell’anima; tra i tanti luoghi, a es. la Chiesa del Gesù nuovo con la sua enigmatica facciata di pietre cuneiformi), o quella della religione (la recente santità di San Giuseppe Moscati e la miracolistica) che può assumere i caratteri d’una religiosità anche popolare[14] (l’inesauribile aneddotica sulla figura di San Gennaro, dal contratto col popolo allo scioglimento del sangue); la tradizione del Presepio nel suo significato esoterico, ove ogni personaggio rivela la sua funzione simbolica che partecipa all’intera struttura cosmogonica[15], talvolta sconfinante nella devozione pagana (il più suggestivo e recente riferimento è offerto dalle edicole ex voto e dai murales in memoria del Pibe de oro, il dios del pallone, effigiato nell’edicola votiva del Bar Nilo di via San Biagio dei Librai contornata da San Gennaro, dal Papa e da altri immagini appartenenti alla diffusa sacralità).
Infine, la Musica (i quattro Conservatori cinquecenteschi, l’iniziazione di Geminiani, gli aspetti alchemici dei madrigali di Gesualdo da Venosa, l’ermetismo di Strozzi, la iatromusica e il tarantismo, il semitono della “scala napoletana”): musica non certo intesa nel senso del sentimentalismo (aspetto psichico di per sé estraneo al rigore esoterico) quanto invece quale forma di quell’Arte complementare e ausiliaria della Conoscenza e della Tradizione[16], applicative di “principi primi a problemi contingenti”[17], e che di queste ultime contiene e cela i semi primordiali, atteso che particolarmente nel caso del Suono e dei fenomeni acustici “abbiamo a disposizione i modelli con cui il Cosmo e il creato sono stati configurati”[18] e che “un gran numero di informazioni sulla natura della musica e sul suo ruolo nel mondo ci viene dai miti della creazione”[19]. Semi primordiali espressi exotericamente – e talvolta, per molti interpreti o per lo stesso popolo che li tramanda, inconsapevolmente – oltre che nelle forme dell’arte in quelle del folklore: si pensi solo – prima facie – alla funzione apotropaica di certe armonie e danze popolari tipiche. Ma si pensi anche agli innesti del simbolismo nelle immagini che tramandano urbi et orbi principî primordiali, come nel particolarissimo caso del Mosaico pompeiano conservato nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli, e nella modernità riprodotto nello Strawberry Fields Memorial in memoria di John Lennon, nel Central Park di New York).
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Ci fermiamo. Consci che ogni singolo aspetto indicato come oggetto di trattazione, di per sé costituisce materia di approfondimenti autonomi e di spessore, e che comunque non possono minimamente esaurire una discorso su Napoli esoterica racchiuso in un’Opera – scritta o filmica che sia –, tutt’al più potendone configurare un primo indice orientativo. Al riguardo facciamo nostre le perfette parole di uno degli autorevoli protagonisti del Documentario, Raffaele Salinari: “Napoli è un’enorme crogiolo. Napoli è un enorme athanor. Quando noi andiamo a Napoli, quando diciamo una città magica…, ma sappiamo veramente di che cosa stiamo parlando?”.
(Parthenope)
Il cimento di aver assemblato, e poi – senza alcun intento divulgativo ma puramente riflessivo, in rigoroso ossequio alla natura stessa della materia esoterica – offerto un tale indice d’orientamento, pur negli oscillanti limiti imposti da Tempo e Spazio – intesi in senso contingente –, riteniamo possa consentire di riconoscere un senso di compiutezza all’Opera.
(E per altro verso, manzonianamente, “se invece fossimo riusciti ad annoiarvi, credete che non s’è fatto apposta”[20]).
Note:
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(*) [Il Documentario seriale, articolato in molteplici episodi tra loro tematicamente autonomi, è prodotto da Ipnotica Film srl. Un Episodio (cronologicamente il secondo, vertente su “Egizianesimo e Pitagorismo”) ha partecipato alla XVIIIª edizione del Capri-Hollywood Film Festival (27 dicembre 2023-2 gennaio 2024)].
[1] Cfr. M. ELIADE, Trattato di storia delle religioni, 1948, ora Torino, 2007, § 142.
[2]ID., op. cit., § 36, che ricorda come non si possa disconoscere “una certa concordanza tra la supremazia delle ierofanie solari e i destini “storici”. Si direbbe che il Sole predomina dove, grazie ai re, agli eroi, agli imperi, “la storia è in cammino”.
[3]Il Mistero, che per R. GUÉNON (Considerazioni sull’Iniziazione, Parigi, 194 e ora Milano, 2…. § 17) attiene all’inesprimibile, alle verità della Tradizione che “per la loro natura essenzialmente sopra-individuale e sopra-razionale, sono al di sopra di ogni discussione”.
[4]Il Segreto, anch’esso simbolo dell’inesprimibile (ult cit., § 13).
[5]Per E. LEVI (La storia della magia, Parigi, 1860, e poi Roma, s.d., pag. 6) la Magia riunisce “in una medesima scienza, ciò che la filosofia può avere più di certo e ciò che la religione ha d’infallibile ed eterno” conciliando “fede e ragione, scienza e credenza, autorità e libertà”. Ricorda S. ARCELLA (Julius Evola e l’esperienza del Gruppo di Ur. La storia “occulta” dell’Italia del Novecento, in Hera, 9/2012), che nell’introduzione alla raccolta delle monografie della rivista Ur (Introduzione alla magia quale Scienza dell’Io, Milano, 1955, e poi Roma, 1971) si precisa che “il termine “Magia” non era adoperato nel senso popolare e nemmeno in quello adoperato nell’antichità, perché non si trattava di certe pratiche, reali o superstiziose, volte a produrre fenomeni extra-normali. Il Gruppo di Ur si riferiva essenzialmente al senso etimologico del termine (nella lingua iranica la radice “Mag” vuol dire sapiente), ossia ci si riferiva al sapere iniziatico in una sua speciale formulazione, ispirata ad un atteggiamento “solare”, ossia attivo e affermativo rispetto alla sfera del sacro”.
[6]Coi suoi tre elementi del dogma (intellettuale), della morale (sociale) e del culto (rituale) – cfr. R. GUÉNON, Introduzione generale allo studio delle dottrine indù, Parigi, 1921, e ora Milano, 1989, II, §4).
[7]La fondazione d’una città è una cosmogonia con una propria ecpìrosis, il cui fuoco, in una civiltà di culto solare, s’identifica con la divinità di Apollo (cfr. R. DE SIMONE, Il Segno di Virgilio, Pozzuoli-Napoli, 1982, pag. 35, con riguardo alla “teocrazia solare” stabilita da Ottaviano Augusto). Ed ecco che tale identificazione può porsi come fonte di ierofania. Sulla fondazione del territorio di Neapolis e le attribuzioni cultuali indicate da Papinio Stazio, si veda S. HÖBEL, Misteri partenopei, Napoli, 2017, pag. 40 ss.
[8]Cfr., S. HÖBEL, Il fiume segreto, Napoli, 2004, passim.
[9]Ricorda R. GUÉNON (La tradizione ermetica, in Le Voile d’Isis, aprile 1931, e ora in Forme tradizionali e cicli cosmici, Roma, 2012, p. 99 ss.), come l’Ermetismo sia essenzialmente “una tradizione d’origine egizia, successivamente rivestita di una forma ellenizzata – certamente all’epoca alessandrina – e sotto questa forma trasmessa, nel Medioevo, contemporaneamente al mondo islamico e al mondo cristiano – aggiungeremo – al secondo per la mediazione del primo”.
[10]Nel documentario (Episodio II) si sottolinea il rapporto di Jung con Napoli, rappresentando un brano dal Libro rosso – Liber Novus (fr. C.G. JUNG, Il Libro Rosso, Liber novus, a cura di S. Shamdasani, Liber secundus, cap. VII, I resti di antichi templi, Düsseldorf 2009, e poi Torino, 2010, pag. 275 s.), nel quale lo stesso Jung immagina d’incontrare, immerso in una dantesca selva oscura, le proiezioni di due suoi dèmoni che hanno trovato l’uno il degrado estremo, l’altro la redenzione nella città di Napoli. Da ultimo, si veda il Seminario di studio su Il Libro Rosso di Carl Gustav Jung svoltosi a Napoli il 13 novembre 2015 nel Complesso Monumentale di San Domenico Maggiore., pagg. 275 s., Milano, 2015, circa dei riferimenti a Napoli.
[11] Così scriveva nel 1881 M. SERAO, Leggende napoletane, nel capitolo dedicato a ‘O munaciello (ora Gaeta, 2021, pag. 54 ss.).
[12] Così B. CROCE, Storie e leggende napoletane (1948), Milano, 1990, pag. 296.
[13] Cfr., R. GUÉNON, Il “travestimento” popolare (1946), in ID., Iniziazione e realizzazione spirituale (1952), ora Milano, 2011, cap. XXVIII.
[14]La religione che attraverso la sua “umanizzazione” finisce “col degenerare in ‘religiosità’, cioè con l’esser ormai solo una faccenda di sentimento, un insieme di aspirazioni vaghe e senza oggetto definito” (cfr. R. GUÉNON, Simboli della Scienza Sacra, Parigi, 1951, e ora Milano, 1962).
[15]“Il Presepe è la sintesi dei contrari, l’unione di categorie concettualmente opposte maesistenzialmente vicine, prime tra tutte il sacro e il profano”, così C. CANZANELLA, Razzullo e la Sibilla. Il Presepe: alle radici pagane della Sacra Rappresentazione, Napoli, 2017, pag. 10.
[16]La Conoscenza (“Vêda” nella metafisica indù), comprende le Conoscenze di ordine applicativo: sono i quattro Upavêda, tra cui il Gândharva-Vêda (che rappresenta il Suono e la Musica e i loro riflessi sul mondo della percezione), sempre derivanti dal principio della Tradizione che, emancipandole dalla qualificazione profana di “Arte”, “le intellettualizza”, così R. GUÉNON, Le dottrine indù, in Revue Bleue, 15, 1924, e ora in La Tradizione e le Tradizioni, Roma, 2003, pag. 89.
[17]Così A. K. COOMARASWAMY, Sulla psicologia, o meglio, sulla pneumatologia indiana e tradizionale, in ID., La tenebra divina. Saggi di metafisica, Milano, 2017, pag. 371 ss., ivi, pag. 387, n. 55.
[18]Così L. POLSINI, Piccole annotazioni sulla musica filosofale, Napoli, 2020, pag. 20.
[19]Così M. SCHNEIDER, La musica primitiva, Parigi, 1960, e ora Milano, 2023, pag. 13.
[20]A MANZONI, I promessi sposi, Milano, 1827, cap. XXVIII, epilogo.
Carlo Lo Vetro
(fonte: Nuovo Giornale Nazionale – www.nuovogiornalenazionale.com -, che ringraziamo per la gentile collaborazione)