Sull’Ariete ermetico: il trionfo primaverile – Luca Valentini
“E’ un Re coronato di gloria che prende origine nel fuoco,
che si compiace dell’unione con la sposa che gli è data:
è questa unione che rende manifesto quanto era prima nascosto “ (1)
Nella giornata di lunedì 20 Marzo 2023, alle ore 22.24 (21.24 UTC +1), astronomicamente si accederà ad una novella stagione tramite l’Equinozio di Primavera, manifestandosi una diretta continuità, una connessione sacrale e magica tra l’umana esistenza, non considerata nel suo aspetto meramente materialistico e moderno, e la Natura coi propri ritmi interni, le proprie fasi discendenti ed ascendenti, come il ritmo annuale delle stagioni, in cui vi sono morti e resurrezioni, ed i cicli del Cosmo, come sono rappresentati in forme diverse nei vari mitologhemi di arcaica memoria. Noteremo che il simbolo del ciclo presenta una stretta assonanza con la figura del Serpente e precisamente col Serpente primordiale che si morde la coda,, l’ermetico Ouroboros, a rappresentare l’Unità molteplice e circolare del Cosmo, della Natura e della realizzazione ermetica e sapienziale (2). A tal punto dobbiamo sottolineare come il ciclo delle stagioni riferito alla vegetazione assuma anch’esso un significato iniziatico, essendo le quattro stagioni la rappresentazione delle quattro fasi dell’Opera: all’inverno è possibile associare la Nigredo, cioè la dissoluzione, l’agitazione del Mercurio Filosofico, il processo di distruzione dei vincoli; alla primavera accostiamo l’Albedo, l’estrazione del Mercurio, la germinazione spirituale; all’estate ed all’autunno associamo la Rubedo (in alcuni autori ermetici l’Opera al Rosso è composta da un’iniziale Opera al Giallo, a cui corrisponde l’estate, e da una seguente Opera al Rosso propriamente detta, a cui corrisponde l’autunno, cioè un solve et coagula nel segno del Fuoco, cioè il momento in cui si produce l’Oro puro, il Solfo interiore e, purificandolo definitivamente, è possibile rendere il frutto maturo e coglierlo:
“Dopo la semina, avviene la crescenza, alla quale si applica il simbolismo delle stagioni: al nero inverno succede la chiara primavera, la rossa estate e l’aureo autunno, nel quale il frutto è maturo e può essere colto” (3).
Possiamo far notare come si tratti di un’operazione a ritroso, volta a rimanifestare le qualità dell’Età dell’Oro in sé, riconsegnando il Regnum a Saturno, oramai libero dal sonno e dall’ignoranza; parimenti, le quattro stagioni e le quattro fasi alchimiche descritte si identificano alle quattro ere dell’umanità. A tal punto, è essenziale la comprensione del significato della Fioritura spirituale, che, come si può facilmente evincere, è il nesso tra due simbologie complementari: se l’Albero Cosmico è la forza nella sua dimensione statica e trascendente, il processo che vede il seme immergersi nella Terra per poi rialzarsi e germogliare è la forza nella sua dimensione dinamica, immanente, in quel ritmo di solve et coagula che è proprio dell’ascensione reintegrativa dell’Uomo. In tale ottica, il momento fatidico del risveglio è rappresentato dalla ritrovata attività, la trasmutazione del furor di Ares nella forza olimpica di Ercole o di Marte, quale potenza interna di Giove, che, da inespressa, si espande nel mondo:
“L’Ariel, intelligenza di Marte e démone, diventa attivo e virtuoso nella zona elevata dell’intellettualità, mentre nel mondo materiale è attivo in conflitto o bellicoso. Il Paganesimo esprime queste due formule marziali nelle due zone con:
Marte = mondo medianico o plastico = la guerra.
Minerva = mondo intellettuale = l’attivo intellettuale” (4).
Non casualmente, nell’arcaico calendario romano, nel primo mese sacrale dedicato a Marte, ritroviamo nei periodo equinoziale – esattamente il 19 di Marzo – le cerimonie dedicate a Minerva, Quinquatrus Minervalia, in cui la prima forza marziale inizia il suo processo di raffinazione, di sapienziale veicolazione, sottratto dall’indomita furia iniziale. Era il giorno in cui il collegio dei Salii procedeva alla lustrazione delle armi, iniziavano i Sacra a Minerva, che sancivano la trasmutazione dell’elemento ferale di Marte in attivazione intellettiva, non più secondo natura ma secondo Sapienza. La Sapienza Palladia è Fortezza Divina, è Ariete Sacro che è lì per risorgere a breve, con il Sole rinnovato. Qui nasce Minerva (5), qui ella si accompagna con Apollo e Mercurio, con l’Arte ed il suo tramite di realizzazione, qui ella diviene potere cangiante, per chi ne colga la funzione anagogica e non la sterile figura di idolo:
Di tale furore, quale potenza che infrange i limiti della materialità per rimanifestare tutta la volontà di espansione della fertilità umana, naturale e spirituale, se ne occupa lo storico delle religioni Mircea Eliade, nell’analisi dei cosiddetti “Dei Forti” (7), quali espressioni necessitanti del seme virile che consenta l’atto ierogamico tra Cielo e Terra, quale pratica di autentica e reale procreazione alchimica. Secondo Eliade, la dimensione intermedia dell’estroversione rappresenta la capacità delle divinità solari e paterne di dispiegarsi nella molteplicità cosmica e di riattualizzare il processo di unità sintetica finale. Diverse sono le denominazioni religiose adoperate – Ariel, Marte, di seguito analizzeremo Mithra -, ma ci si intenda sulla dinamica unitaria e sostanziale di un palingenesi realizzativa.
E’ nel segno astrologico dell’Ariete, quale forza capronica marziale, che tale processo si attua nell’Equinozio di Primavera. Come aveva mirabilmente intuito Kerènyi (8), Hermes, agente della trasmutazione divina, si accompagna con l’Ariete, similmente al fratello Apollo, perché l’irruenza dell’Ariel ermetico è essa stessa il mezzo della trasmutazione, non la tramutazione in sé:
“Hermes non si chiama mai Karneios e la sua duplice relazione con l’ariete – egli è padre dell’ariete e portatore dell’ariete – non significa un’identica col sole. Egli non è l’origine della luce nella maniera del sole, bensì è l’origine di questa origine” (9).
La riemersione della forza capronica presuppone, però, un perfetto stato di purità interiore. La purità cabalistica di Ariel o la lustratio delle armi, presente nella celebrazione minervale romana precedentemente menzionata, si coniugano con una serie di pratiche catartiche che non poco ricordano la quaresima iniziatica dei misteri isiaci o della massoneria egiziaca napoletana (10), volte all’eliminazione del materiale rugginoso dal metallo ferreo, atto al trionfo iniziatico che si vuole intraprendere e realizzare. Ed è proprio nel testo ermetico Il Trionfo Ermetico, già citato, che ritroviamo un’istruzione che ci conduce su di una medesima direzione di marcia, volta ad una duplice comprensione, non solo per una purificazione necessitante, ma anche per la determinazione circa la quale l’Opera ha principio, svolgimento e conclusione del medesimo Athanor, l’animo umano, ove vi sono già tutti i metalli per la palingenesi, senza la necessità di teologie salvifiche o di interventi provvidenziali:
“Essa (la pietra filosofale) si fa bianca, e si fa rossa da se stessa, e noi non vi aggiungiamo nulla e non vi cambiamo nulla, oltre a separarne la grossolanità e la terrestrità” (11).
Secondo la dottrina ermetico – trasmutatoria, Ariel si rende creatore di se stesso e dell’operatore ermetico che vuole ridestarlo in sé, in piena coniugazione astrale con il cosmo da cui non si sente scisso, ma con cui partecipa unitariamente al rinnovamento della vita:
“L’uomo che vuol raggiungere la potestà di operare forza, giustizia e purità di Ariel non deve nell’atto generativo delle creazioni rassomigliare agli uomini né ispirarsi alle loro passioni; in questo è la sua assoluta rassomiglianza a Dio, in questo è il completo successo del suo ascenso…” (12).
Nell’astrologia ieratica egizio – caldaica, la catarsi rituale era, in alcuni casi, affidata al genio androgino di Ramanor, in una delle lunazioni di Marzo: “Ramanor, la bontà più semplice e benefica della natura divina, era attratto con la semplicità del voto e produceva la calma di tutti i disordini del corpo e dello spirito dell’uomo”(13). Nell’ambito della pratica ermetica, oltre a ciò che un Kremmerz espone pubblicamente nell’ambito di una primissima rituaria, l’Equinozio di Primavera segna simultaneamente l’inizio ed il compimento di una complessa teologia pontificale, sia di natura caldaico – egizia ma anche italico – romana, in cui la prima dimensione magica e cerimoniale risulta esser stata oramai trascesa per un conseguimento che androginicamente sappia coniugare Teurgia e pratiche di alchimia interna, ove l’antico dio italico Mavors si esplicita in tutta la sua potenza e valenza palingenetica. Nel suo “Catechismo della prima magia” (in Avviamento alla Scienza dei Magi), il mago di Portici fornisce i rudimenti di base di tale disposizione:
“Educare la volontà è dirigerla, sostituire la scienza è generare: l’equilibrio attivo non si ottiene senza il metodo magico.
Regnum regnare docet: operare è imparare agendo. Si va alla guerra prima da coscritti e poi da veterani – ma quando si è veterani, si possono mostrare le batoste raccolte da coscritto.
La volontà e il desiderio
II. Per iniziarsi alla pratica della magia, bisogna determinare bene la volontà nel suo fine. Volere e saper voler è un gran segreto. Chi vuole e non sa volere non è un mago, né lo diverrà mai. Volere non è desiderare. Il desiderio uccide il volere – basta per distruggere ogni opera di magia un desiderio senza volontà.
La volontà e l’invocazione
III. L’angelo della volontà è Ariel, forza e volontà, perché la più potente forza è la volontà dell’uomo che sappia quel che vuole.
Senza ripetermi, io dico al mio discepolo: se vuoi attirare a te la forza invoca ed evoca Ariel e l’angelo te lo porta.
Invocare è chiamare in sé.
Evocare è chiamare a sé.
Tutte le cose chiamate vengono. Orfeo faceva muovere le montagne suonando la sua lira.
Bisogna diventare un piccolo Orfeo per attirare a se gli atomi invisibili della forza generante che è la Vita Universale“.
In tale ottica, la ciclica dell’Astro Solare, presuppone inevitabilmente un tutore dell’equilibrio astrale e interiore, che sappia concretizzare il rinnovamento spirituale. Nell’ambito della misteriosofia arcaica, tale era il ruolo del Dio Mithra, quale mediatore,
“secondo la testimonianza di Porfirio, Mithra occupa il posto degli equinozi, poiché essi segnano sempre il punto intermedio nel corso del sole…” (14).
In ciò, Mithra risulta essere intimamente, profondamente romano, perché prettamente esprimente una marzialità purificata, solare, equilibrata, concependo la Romanità nella sua vera essenzialità, cioè quale variante eroica della Tradizione Primordiale. Non è casuale, infatti, come nel terzo grado del rito iniziatico, che è quello del Miles (Soldato), simboleggiato dallo scorpione, si celebrasse, tramite la consacrazione a Mithra ed il rifiuto dell’incoronazione umana (“Mithra è la mia corona!”), l’ingresso dell’iniziato nella Milizia Celeste, coloro che combattono per il Fuoco e la Luce, avendo in Marte il proprio nume tutelare. E’ il Dio che esce armato dalla caverna platonica per combattere, con la lancia di Marte, per affrontare un cammino oscuro che non conosce, è l’elemento ferreo che si attiva, l’irrazionale che cerca di purificarsi, la forza guerriera cieca, istintiva, che intraprende la via per la propria purificazione. Nel quarto grado, che è rappresentato dal Leone ed ha come divinità planetaria protettrice Giove, si esplicita la visione dell’essenza solare e cardiaca, di Apollo, tramite il quale continua la purificazione del fuoco interiore, ora manifesto in senso eminentemente filosofico e vittorioso, che si accinge al viaggio iniziatico: non è casuale la funzione che i Leones avevamo all’interno della comunità mithriaca, come custodi, appunto, del fuoco e dell’ara sacrificale. Il Nume che sorge dalla pietra nel Solstizio d’Inverno a Primavera, all’Equinozio acquisisce la propria consapevolezza eroica, nel mese di Marte, nel punto cardinale dell’anno in cui la Luce riprende il sopravvento sulle Tenebre.
La Forza ridestata è la rinascita dell’Ariete interiore, del gambo che vince la materialità della terra e aspira, dopo un cupo inverno, all’aria ed alla visione del Sole. Qui, sotto l’egida del Dio egizio Khonsu, insieme alla triplice capronica su cui abbiamo tematizzato, si attiva il processo di entrata nel Tempio e di avanzamento ieratico, alla ricerca del proprio Deus Absconditus:
“Provvidenza e Fortuna, sii propizia a me che scrivo questi primi Misteri da trasmettere al solo Figlio (cui sarà data) l’Immortalità, all’Iniziato degno di questa nostra potenza – (Misteri) che il gran Dio Sole – Mithra mi comandò, a mezzo del (suo) stesso Arcangelo, di trasmettere; (siimi) propizia affinchè io solo, Aquila, raggiunga il Cielo e contempli tutte le cose” (15).
Note:
1 – Limojon de Sainct Disdier, Il Trionfo Ermetico, Edizioni Mediterranee, Roma, p. 110;
2 – Alfredo Cattabiani, Calendario, Rusconi Libri, Milano 1991, p. 13 ss;
3 – Julius Evola, La Tradizione Ermetica, Edizioni Mediterranee, Roma 1996, p. 97.
4 – Giuliano Kremmerz, Avviamento alla Scienza dei Magi, a cura del Circolo Virgiliano di Roma, p. 292;
5 – Ovidio, I Fasti, 3, 809ss;
6 – Giuliano Kremmerz, I Dialoghi sull’Ermetismo, in La Scienza dei Magi, vol. III, Edizioni Mediterranee, Roma 2003,
p. 181.
7 – Mircea Eliade, Miti, sogni, misteri, Edizioni LINDAU, Torino 2007, p. 177ss;
8 – Karoly Kerényi, Miti e Misteri, Edizioni Bollati Boringhieri, Torino 2010, p. 106ss;
9 – Ivi, p. 111;
10 – Arturo Reghini, Ignis, rivista di studi iniziatici, I, N. 11-12, Novembre-Dicembre 1925;
11 – Limojon de Sainct Disdier, op. cit., 41;
12 – – Giuliano Kremmerz, op. cit., 367;
13 – Giuliano Kremmerz, Lunazioni, I – II – III ciclo, Editrice Miriamica, Bari 1992;
14 – Stefano Arcella, Il Dio Splendente – I Misteri romani di Mithra fra Oriente ed Occidente – Edizioni Arkeios, Roma 2019, p. 161 – Porfirio, L’antro delle ninfe, 18. L’opera di Arcella rappresenta una delle migliori fonti aggiornate e con migliore capacità di analisi e di approfondimento sul tema misterico mithaico;
15 – Formula propiziatoria del Rituale mithriaco del Gran Papiro Magico di Parigi, tradotto e commentato su UR 1927 ed ora presente in Introduzione alla Magia, volume I, Edizioni Mediterranee, Roma.
Luca Valentini