
Sul mito di Amore e Psiche – Luigi Angelino
Amore e Psiche sono i protagonisti di un storia senza tempo, nobile antesignana di alcune tra le principali fiabe moderne. La struggente vicenda amorosa è contenuta nella mirabile opera di Apuleio, Le Metamorfosi (o L’asino d’oro)(1), ma si basa probabilmente su una consolidata ed antica tradizione orale. Psiche è descritta come una fanciulla dall’eterea bellezza molto simile ad Afrodite, che sposa, senza conoscere l’identità del marito, perché celato dal buio della notte, l’enigmatico ed affascinante Eros – Amore (2). La struttura della narrazione è sorprendentemente moderna, rivelando la straordinaria capacità letteraria ed introspettiva di Apuleio. In un regno lontano e non definito, prospera una coppia reale, dalla cui unione nascono tre bellissime figlie, la più giovane delle quali è appunto Psiche. La bellezza della fanciulla colpisce a tal punto l’anima della gente, che molti cominciano a riservarle una sorta di devozione come se si trattasse di una divinità. Ciò nel mondo classico era considerato un comportamento imperdonabile, una specie di peccatum, volendo usare un postumo linguaggio cristiano, in quanto teso al superamento dell’incolmabile divario tra mondo umano e mondo divino. Lo straordinario successo della fanciulla, infatti, provoca l’ira di Afrodite, che si rivolge a suo figlio Cupido, affinchè, usando le proprie arti magiche, faccia in modo che Psiche si innamori di un mostro. Ma anche gli dèi, come abbiamo più volte sottolineato, sono sottoposti all’imprevedibilità del fato. L’immortalità ontologica non li protegge dagli scherzi del destino. Cupido, nel mettere in atto il vendicativo piano ordinato da sua madre, sbaglia mira: una delle sue frecce non colpisce la ragazza, ma il suo stesso piede.
La maldestra azione determina un effetto imprevisto ed imprevedibile, addirittura opposto al crudele progetto di Afrodite: suo figlio Cupido si innamora perdutamente dell’odiata fanciulla. Nel frattempo i genitori di Psiche consultano un oracolo che si pronuncia così: “come a nozze di morte vesti la tua fanciulla ed esponila, o re, su un’alta cima brulla. Non aspettarti un genero da stirpe umana nato, ma un feroce, terribile, malvagio drago alato che volando per l’aria ogni cosa funesta e col ferro e col fuoco ogni essere molesta. Giove stesso lo teme, treman gli dèi di lui, orrore ne hanno i fiumi d’Averno e i regni bui” (3). Le parole dell’oracolo, insomma, sono a dir poco terrorizzanti, prevedendo l’incontro tra la bellissima fanciulla ed una creatura così mostruosa, da incutere timore negli dèi e perfino negli abitanti dei meandri dell’oltretomba. Se guardiamo ai fatti con la nostra mentalità, non proviamo empatia per i genitori che, seppure a malincuore, conducono la ragazza sulla rupe e poi l’abbandonano (4). E’ ovvio che ci dobbiamo calare in un contesto culturale molto diverso dal nostro, molto più antico anche rispetto all’epoca dell’autore. E in più, elemento non affatto trascurabile, è necessario non perdere di vista l’intento simbolico e didascalico del mito, di cui ci occuperemo più avanti.
Dopo aver trovato l’oggetto del proprio desiderio, Cupido, con l’aiuto di Zefiro, porta Psiche nel suo palazzo, dove la ragazza viene assistita da servitori invisibili che la assecondano in ogni sua necessità. Ci siamo già espressi su come le diverse versioni della Bella e la Bestia, in alcune costruzioni narrative, ricalchino la storia di Amore e Psiche, come lo stesso espediente dei servitori invisibili testimonia (5). Durante la notte, la ragazza riceve le visite di Cupido, che si mostra innamorato e passionale, ma non rivela mai la sua vera identità. Quando la saluta, alle prime luci dell’alba, lo sposo misterioso comunica alla fanciulla che anche i loro successivi incontri avverranno nelle medesime modalità, né lei potrà in futuro cercare di osservarlo oppure tentare di carpirne il nome. Dopo alcuni giorni, pur essendo entusiasta delle attenzioni dello sposo, di cui accetta le stravaganti regole, Psiche insiste per rivedere le proprie sorelle. Cupido acconsente malvolentieri, invitando le due donne presso il suo lussuoso palazzo. Queste, colpite dal lusso in cui vive la fortunata sorella, sono rapidamente mosse da un tossico sentimento di invidia e la persuadono a credere che il suo sposo sia in realtà un mostro che, prima o poi, non esiterà a sbarazzarsi di lei uccidendola. Per prevenire un tragico epilogo, le consigliano di aspettare che scendano le tenebre per farlo fuori con un pugnale. Psiche alla fine si lascia convincere ed una notte, armandosi di pugnale e di una lampada ad olio, si avvicina al suo amante per ucciderlo, non prima però di averne scorto le reali sembianze. Psiche rimane folgorata quando, alla luce della lanterna, invece di un disgustoso mostro, così come suggerito dalle cattive sorelle, appare la bellissima immagine del dio dell’amore. La scena, a questo punto, diventa drammatica e struggente nel contempo (6). Mentre Psiche è abbagliata dalla eccezionale bellezza del giovane, una goccia d’olio cade sulla spalla di Cupido scottandolo e ridestandolo dal “sogno d’amore”. Superlativa ne è la descrizione di Apuleio: “colpito, il dio si risveglia; vista tradita la parola a lei affidata, d’improvviso silenzioso si allontana in volo dai baci e dalle braccia della sposa disperata” (7). E Psiche è veramente disperata, una disperazione che esprime tentando in vano di agguantare la gamba del dio che lievita verso il cielo. Lacerata da un intenso dolore, più volte la fanciulla anela al suicidio, ma gli dèi non hanno previsto per lei un tal finale. Non potendo contare neanche sul sollievo del suicidio, la fanciulla comincia ad errare per tante città alla ricerca disperata del suo sposo, vendicandosi delle perfide sorelle e dedicandosi alla devozione degli dèi presso qualsiasi tempio che scorga sul suo triste cammino.
Quando arriva nel tempio di Afrodite, ne chiede il perdono e a lei si affida, con la speranza di bloccarne la collera per aver disonorato il nome di suo figlio e di ottenerne misericordia, se non benevolenza. Afrodite non rimane del tutto sorda alle suppliche della giovane, ma assume un atteggiamento severo ed inflessibile. Le concede, tuttavia, una possibilità di riscatto, sottoponendola ad una serie di difficili prove (8). La prima d queste spaventa la povera sposa di Cupido, in quanto consiste nel dover separare un mucchio di granaglie di diversa forma in tanti gruppetti uguali. La ragazza è così affranta da non voler neanche tentare di risolvere l’empasse, ma inaspettatamente riceve l’aiuto di alcune operose formiche che eseguono il gravoso compito per lei. Nella seconda prova, Psiche deve raccogliere la lana d’oro di un gregge di pecore. Anche in questo caso, la fanciulla riceve un aiuto provvidenziale: una verde canna l’avverte di aspettare la sera per raccogliere la lana rimasta impigliata fra i cespugli, evitando così l’aggressività degli animali provocata dalla luce del sole. Nelle difficoltà della terza prova, ovvero il prelievo di acqua da una sorgente che si trova al centro di una cima a strapiombo e senza appigli, a soccorrere la fanciulla interviene l’attenta ed arguta aquila di Zeus. Ma la quarta prova si presenta ancora più complessa ed irta di ostacoli. Psiche ha il compito di scendere agli inferi e chiedere alla dea Proserpina di dispensarle un po’ della sua grazia. In questa fase, così ardua da superare anche sotto il profilo psicologico, la fanciulla medita di nuovo al suicidio, sporgendosi dalla cima di una torre. La costruzione, però, all’improvviso si anima e, come se si trattasse di un essere senziente, le fornisce indicazioni su come eseguire con successo la prova.
Le peripezie non sono ancora finite, perché la giovane, sulla via del ritorno, non resiste alla curiosità ed apre l’ampolla data da Afrodite, nonostante il divieto sancito dalla dea. All’interno era contenuto il cosiddetto “dono di Persefone”, ossia il sonno più profondo. Per evitare che la sua amata sprofondi nel sonno infernale, come d’incanto riappare lo stesso Amore- Cupido che la sveglia, pungendola lievemente con una delle sue frecce. Ormai la scintilla tra i due innamorati si è riaccesa: entrambi hanno capito la grande importanza dell’uno per l’altra. A questo punto, Cupido si affretta a raggiungere suo padre Zeus, affinchè possa convincere Afrodite a dare il benestare per il loro matrimonio (9). Il padre degli dèi si lascia commuovere dalle sincere ed accorate suppliche del figlio e riesce a persuadere Afrodite ad acconsentire alle nozze. La narrazione finisce con un lauto banchetto a cui partecipano tutti gli dèi dell’Olimpo. Alcune divinità svolgono attività inconsuete rispetto alla loro immagine convenzionale. Efesto, in versione inedita, allestisce i grandi preparativi per il pranzo, mentre le tre Grazie suonano e Dioniso si improvvisa quale elegante coppiere. Qualche tempo dopo, nasce una figlia chiamata Voluttà o Piacere, concepita in una delle tante notti d’amore vissute al palazzo, prima della dolorosa separazione (10). Da questa poetica cornice narrativa nasce la tradizione che vuole Psiche protettrice delle fanciulle ed, in maniera trasfigurata, dell’anima, come sposa di Amore e dell’Amore.
Secondo gli storici, i contenuti confluiti nel racconto di Amore e Psiche deriverebbero, almeno in parte, dalla cosiddetta Fabula Milesia, una raccolta di novelle, poi andata perduta, attribuita ad Aristide di Mileto (11). A ciò si aggiunge la considerazione che, nel mito, si riscontrano numerosi elementi di matrice nordafricana, come più volte evidenziato nei suoi scritti dall’antropologo berbero, nonché cittadino algerino, Mouloud Mammeri. Lo studioso ha sottolineato i punti in comune tra il racconto di Apuleio ed una narrazione di origine cabila, L’uccello della tempesta (12), nonché evidenti assonanze con fiabe molto diffuse in Marocco e nei Paesi limitrofi. Del resto lo stesso Apuleio aveva più volte rimarcato la sua origine etnica, metà numida e metà getula, pur componendo le sue opere in lingua latina.
La storia di Amore e Psiche ha un’altissima valenza simbolica, come lo stesso nome della protagonista femminile lascia chiaramente intendere. Come è noto, in lingua greca, il termine psichè vuol dire anima e, pertanto, introduce con immediatezza semantica il significato mistico e spirituale del mito di riferimento. Trai due soggetti si instaura un rapporto simbiotico ed, allo stesso tempo, conflittuale così come avviene tra la razionalità e l’istinto, a simboleggiare due parti imprescindibili presenti in ogni essere umano. Secondo i dettami della psicoanalisi di Sigmund Freud, il mito di Amore e Psiche vuole proprio rappresentare l’unione di questi due aspetti fondamentali che guidano i processi della nostra mente. Si tratta di un connubio per nulla facile, che può portare a fratture esistenziali ma che, se gestito con sapienza, può portare all’equilibrio ed alla felicità, dopo il superamento di tante vicissitudini, come suggerisce lo stesso finale della storia (13).
Le prove che dovrà affrontare Psiche sono la metafora del percorso umano che conduce dalla ferinità verso la virtù, dall’ignoranza all’illuminazione intellettuale e spirituale. Le quattro prove richiamano i quattro elementi fondamentali del pensiero classico e misterico: terra, acqua, aria e fuoco. Nella prima prova prevale l’elemento Terra: Psiche deve dividere cumuli di granaglie. In questa fase la fanciulla deve riuscire a comprendere cosa sia positivo, eliminando lo scarto, i semi inutili. Con questa prova si indica l’inizio di un proficuo cammino iniziatico, quando si riesce ad intuire cosa sia davvero importante e si comincia ad abbandonare le cattive consuetudini. Nella seconda prova prevale l’elemento acqua: Psiche deve sottrarre la lana purissima di alcune pecore. E’ evidente come ritorni prepotente il tema e la simbologia del mito del vello d’oro. Ad aiutare la ragazza si rivela determinante l’intervento della canna del fiume, che suggerisce a Psiche di aspettare il sorgere del sole, volendo così significare che molto spesso è preferibile attendere di trovarsi nella condizioni necessarie, prima di prendere decisioni impulsive ed affettate. Nella terza prova prevale l’elemento aria: Afrodite conduce Psiche sulla cima di un monte, mostrandole un affluente del fiume Stige e consegnandole un ampolla. A soccorrere la giovane, questa volta sarà l’aquila di Zeus, simbolo di limpida visione e di potenziamento delle proprie capacità superiori (14). Nell’ultima prova si distingue l’elemento fuoco, la luce e l’illuminazione raggiunta dall’iniziato che ha terminato con successo il proprio cammino. La fiamma del sentimento di Psiche brucia Cupido, attraverso il simbolo della lampada. Al termine del suo viaggio agli inferi, che simboleggia la discesa verso il lato più oscuro di sé stessa, ammonita dalla stessa torre dalla quale sta per gettarsi, la fanciulla non sarà più quella di prima, ma avrà acquisito un nuovo grado di consapevolezza, necessario per poter conoscere Amore ed intraprendere una nuova esistenza. La scatola della bellezza, in particolare, che Afrodite consegna a Psiche, indica il segreto che il profano non potrà conoscere, fino a quando non avrà terminato il proprio percorso iniziatico. Psiche è la metafora della vita, con tutte le sue gioie e difficoltà, con le sue incessanti prove da superare giorno per giorno con coraggio e determinazione. E’ anche la fiaba che delinea un chiaro cammino per la crescita dell’anima, fino a conoscere la verità e ad ottenere l’immortalità, superando i vincoli della materia.
Le figure secondarie, a cui abbiamo accennato in precedenza e che fungono da “aiutanti” della fanciulla a superare le quattro prove, rappresentano le voci interiori che sono racchiuse in ciascuno di noi. Non a caso Psiche si mostra, all’inizio di ogni fase, scoraggiata ed inerme, quasi tentata a chiudere gli occhi e a non fare nulla. In tali contesti si impone l’inconscio che trascende la personalità apparente, facendo emergere le risorse interiori dell’individuo. Andando più nello specifico, potremmo vedere nelle formiche la parte più tenace e decisa della ragazza che riesce a superare l’iniziale scoraggiamento e ad affrontare una situazione solo in apparenza insormontabile. Non a caso, la scelta didascalica ricade proprio sulle formiche, animali minuti, ma molto operosi e indomiti nel portare avanti il proprio progetto di approvvigionamento del cibo in previsione della stagione invernale. La canna, poi, può essere paragonata alle funzioni intellettuali della fanciulla che, dopo aver vissuto la prima prova, si sono già parzialmente evolute. Psiche, infatti, prima di agire d’impulso, riflette e riesce ad individuare una soluzione che le consente di andare avanti con successo nel percorso. L’aquila, di cui abbiamo già esaltato la prossimità eziologica all’elemento aria, vuole riferirsi allo stato di serenità e di equilibrio che permette alla fanciulla di dominare i propri demoni interiori. Ed, infine, troviamo la torre, peraltro uno dei più importanti simboli tra gli arcani maggiori dei tarocchi, che rappresenta l’ultimo “aiuto esterno” di Psiche. Nell’ultima prova la ragazza si trova di fronte la parte più oscura di sé stessa, ma è diventata salda e forte, proprio per il fatto di aver superato le tre precedenti prove. La sua torre, ovvero, la sua struttura interiore si è fortificata, rendendola un baluardo inaccessibile, capace di concludere felicemente il cammino iniziatico (15).
Dal punto di vista artistico, Amore e Psiche raggiunge la sua più significativa espressione nell’opera di Antonio Canova, attualmente esposta al Louvre di Parigi. La scultura fu commissionata nel 1788 da John Campbell (16), con il preciso intento di raffigurare Amore e Psiche che si abbracciano, così come narra la favola dell’Asino d’oro di Apuleio. Tuttavia, l’artista, per la realizzazione dell’opera, non trasse ispirazione soltanto dalla precitata famosa fonte letteraria, ma anche da numerose fonti icnografiche, tra cui, in particolare Il Fauno con Baccante . Il periodo di elaborazione della scultura durò circa cinque anni, come testimoniano i disegni e i bozzetti custoditi presso il Museo Correr di Venezia. La maggior parte dei critici ha considerato l’opera come contraddistinta da una forma di raffinato erotismo, soprattutto per lo scambio degli sguardi tra i due amanti che si incrociano in maniera intensa e diretta. Come in altre creazioni, Canova rispetta l’equilibrio della tradizione classica, resa evidente dalla presenza dell’intersezione ad X dei corpi dei due protagonisti, simili a due archi che si protendono nello spazio ed illuminati da un chiarore che inebria plasticamente le stesse figure. Si tratta di un vero capolavoro della corrente neoclassica, dove l’artista rende visibile e tangibile l’incontro tra l’Anima e l’Ardore, cioè quel preciso momento ideale in cui la perfezione si fonde con il fuoco dell’amore. Seguendo, invece, un’interpretazione più di matrice “junghiana”, secondo la quale nella donna sarebbe nascosta una parte maschile, così come nell’inconscio dell’uomo ci sarebbe una componente femminile, l’opera di Canova intenderebbe evidenziare il completamento armonico dei due sessi opposti, dove non rimane nessuno spazio vuoto per il conflitto di genere, utilizzando un linguaggio di tipo moderno. Tra i pittori che hanno narrato la struggente vicenda di Amore e Psiche, spiccano senza dubbio Raffaello ed il suo allievo Giulio Romano. Il primo, con l’ausilio dei suoi collaboratori, affrescò la Loggia di Amore e Psiche nella Villa Farnesina (17). Si tratta di una solenne celebrazione del mito, dove abbonda l’utilizzo dei nudi presentati in chiave erotica, con l’esaltazione dell’armonia del corpo umano. Grande risalto viene attribuito alla natura, con il tripudio di una copiosa serie di diversi fiori e frutti: non a caso l’intera scena è delineata sul modello di un vivace pergolato all’aperto. L’opera di Giulio Romano, invece, che dipinse la stessa storia all’interno del Palazzo Te a Mantova (18), aggiunge alla dinamica narrativa una vis più drammatica, come si può intuire ammirando i chiaroscuri e l’uso di una prospettiva che parte dal basso per tendere verso la parte alta.
In sintesi, quanto è narrato nel mito di Amore e di Psiche risponde pienamente al paradigma di un “processo animico di carattere iniziatico”, un vero e proprio viaggio introspettivo alla ricerca della parte di sé più nascosta, che spesso si ignora perfino di possedere. L’anima, la psychè, deve pertanto scendere negli abissi del proprio io, gli inferi, per poter far riemergere la propria bellezza sepolta, sotto cumuli di sovrastrutture dovute alle stratificazioni consolidate nel tempo di invadenti, quanto inevitabili, convenzioni sociali.
Note:
1 – L’opera di Apuleio fu composta alla fine del II d.C.;
2 – In ambiente latino lo stesso dio è noto con il nome di Cupido;
3 – Apuleio, Le Metamorfosi, IV,33;
4 – Teresa Mantero, Amore e Psiche: struttura di una fiaba di magia, Istituto di Filologia classica e medievale, Genova 1973;
5 – Luigi Angelino, Di alcune fiabe e di ciò che nascondono, Stamperia del Valentino, Napoli 2025;
6 – Miriam Mirolla, Amore e Psiche. Storyboard di un mito, Edizioni Electa, Milano 2008;
7 – Apuleio, Le Metamorfosi, V,23;
8 – Erich Neumann, Amore e Psiche: un’interpretazione nella psicologia del profondo (titolo originale Amor und Psyche, 1952), Edizioni Astrolabio, Roma 1989;
9 – Rafael Lopez-Pedraza, Su Amore e Psiche: una favola per l’anima, a cura di Marina Gasperini Lagrange, traduzione di Giorgia Delvecchio, Moretti e Vitali editori, Bergamo 2005;
10 – Voluptas è il nome latino, a cui corrisponde il greco Edonè;
11 – Gli studiosi ritengono che l’opera sia stata elaborata tra la fine del II e l’inizio del I secolo a.C.;
12 – V. Brugnatelli, Fiabe del Nordafrica, su http://ww.brugnatelli.net , consultato in data 30 marzo 2025;
13 – Ivan Bedini, Eros e Psiche. Viaggio dell’anima nelle terre dell’amore, Edizioni Univ. Romane, Roma 2007;
14 – Nella tradizione mitologica greca e romana, l’aquila era l’uccello sacro a Zeus/Giove, simbolo di potenza, di prosperità e di vittoria. Peraltro ritroviamo il regale uccello in numerosi miti, come nel rapimento di Ganimede e nella vicenda legata a Prometeo;
15 – nota nr. 8;
16 – Si trattava di un esponente della nobiltà scozzese, che aveva visitato l’Italia in occasione del cosiddetto Grand Tour, in quell’epoca molto in voga fra i giovani ricchi europei;
17 – La loggia è situata al pian terreno della villa Farnesina ed è formata da cinque archi protetti da vetrate;
18 – L’ambiente dove è affrescato il mito di Amore e Psiche è senza dubbio il più sontuoso del palazzo ducale della città lombarda.
Luigi Angelino,
nasce a Napoli, consegue la maturità classica e la laurea in giurisprudenza, ottiene l’abilitazione all’esercizio della professione forense e due master di secondo livello in diritto internazionale, conseguendo anche una laurea magistrale in scienze religiose. Nel 2022 ha pubblicato con la Stamperia del Valentino 8 volumi: Caccia alle streghe, Divagazioni sul mito, L’epica cavalleresca, Gesù e Maria Maddalena, L’epopea assiro-babilonese, Campania felix, Il diluvio e Sulla fine dei tempi. Con altre case editrici ha pubblicato vari libri, tra cui il romanzo horror/apocalittico “Le tenebre dell’anima” e la sua versione inglese “The darkness of the soul”; la raccolta di saggi “I miti: luci e ombre”; la trilogia thriller- filosofica “La redenzione di Satana” (Apocatastasi-Apostasia-Apocalisse); il saggio teologico/artistico “L’arazzo dell’apocalisse di Angers”; il racconto dedicato a sua madre “Anna”; un viaggio onirico nel sistema solare “Nel braccio di Orione”ed una trattazione antologica di argomenti religiosi “La ricerca del divino”. Con Auralcrave ha pubblicato la raccolta di storie “Viaggio nei più affascinanti luoghi d’Europa” ed ha collaborato al “Sipario strappato”. Nel 2021 è stato insignito dell’onorificenza di Cavaliere al merito della Repubblica italiana.