Mithra e la misteriosofia romana della Luce – Luca Valentini
Sui Misteri Eleusini – Luigi Angelino
Avviandoci a trattare il complesso mondo dei “Misteri Eleusini”, ritengo che sia necessaria una precisazione di ordine ermeneutico. Il mondo classico attribuiva ai cosiddetti “mysteria”, il significato di “conoscenze segrete”, in relazione alla loro peculiare profondità di contenuto, quali inaccessibili alla stragrande maggioranza degli uomini, ma riservate soltanto a coloro che possedevano doti intellettuali e spirituali, in grado di poterle comprendere e, di conseguenza, potevano intraprendere un percorso iniziatico. Per gli antichi Greci, anche l’accesso alla medicina, alla filosofia ed alle scienze, doveva essere riservato soltanto a chi dava prova di spiccate qualità di sensibilità interiore. Molto spesso i “mysteria” , per la loro corretta realizzazione, richiedevano il perfezionamento di nozioni anche di carattere scientifico e filosofico, affinchè l’adepto possedesse la pre-comprensione necessaria allo svolgimento dei rituali. Questo aspetto di unitarietà, sincretico ed imprescindibile, potrebbe suonare strano a noi donne e uomini, impregnati della “mentalità moderna”, che considera rigorosamente separata l’applicazione scientifica dal pensiero religioso. Nel modo di pensare classico, invece, i tre elementi costitutivi dell’essere umano, soma, psychè e nous (corpo, anima e mente) concorrevano in maniera unitaria ed omogenea alla struttura dell’essere umano, in modo che il benessere della parte spirituale fosse legato in maniera indissolubile a quello della parte fisica.
I “misteri eleusini” si concretizzavano in riti religiosi misterici che si celebravano ogni anno nell’antica città greca di Eleusi, presso il santuario di Demetra. Si può dire che essi rappresentassero i più celebri trai i riti religiosi segreti dell’antica Grecia. Partendo con ordine dalla loro origine, è necessario ricordare che alla loro base vi era un rituale di tipo agrario, come testimoniano alcuni reperti ritrovati nell’ambito delle pratiche religiose del periodo miceneo. I misteri tendevano a rievocare il mito del rapimento di Persefone strappata alla madre Demetra, ad opera del re degli inferi Ade, in un ciclo altamente simbolico formato da tre fasi: la discesa, la ricerca e l’ascesa, con l’apice tematico rappresentato appunto dall’ultima parte, quella dell’ascesa di Persefone e la riunione con sua madre (1). In epoca ellenica si vivevano i misteri eleusini come un vero e proprio “festival”, se vogliamo adoperare un termine moderno ed in seguito si diffusero anche a Roma.
La pratica religiosa eleusina ha un vero e proprio testo di riferimento, l’Inno a Demetra (2), considerato come secondo inno nella raccolta degli Inni omerici (650 a.C. circa), che ne racconta sia il mito che la fondazione. In tale inno è narrato che la figlia di Demetra, Persefone, era stata incaricata di dipingere tutti i fiori della terra, ma poi fu rapita da Ade, il dio della morte e degli inferi, che la condusse nel suo oscuro regno. La madre Demetra rimase sconvolta e desolata da quell’evento, cercando disperatamente la figlia in ogni luogo terrestre. Nel corso dei suoi viaggi, Demetra visitò Celeo, il re di Eleusi, prendendo le sembianze della vecchia Doso. Ma la regina Metanira la costrinse a rivelare la sua identità, allora Demetra, abbandonando il palazzo, chiese a Metanira di edificarle un santuario con un altare, dal quale la dea potesse insegnare i suoi misteri agli uomini (3). Quando il santuario fu edificato, ivi Demetra si rifugiò e, ancora profondamente addolorata ed adirata per il rapimento della figlia, provocò un’intensa aridità che si sviluppò su tutta la Terra, che causò carestie in grado di impedire agli dèi di ricevere sacrifici da parte degli uomini. A quel punto Zeus le inviò messaggi per invitarla a tornare sull’Olimpo, ma Demetra si mostrò irremovibile, rispondendo che sarebbe tornata sul monte degli dèi ed avrebbe messo termine alla carestia, soltanto dopo aver potuto riabbracciare la figlia. Messo alle strette, Zeus acconsentì ad aiutarla, permettendo a Persefone di tornare da sua madre. Quando Demetra riuscì finalmente a riabbracciare la figlia, mantenne la promessa fatta a Zeus e ristabilì la vegetazione sulla Terra. Prima di tornare sull’Olimpo, tuttavia, ritenne opportuno insegnare i suoi Misteri a Diocle, Trittolemo, Celeo ed Eumolpo. Molto significativa, in tale contesto, è l’osservazione del critico Andrè Motte (4), che individua nella frase iniziale dell’Inno a Demetra, l’elemento basilare di tutto l’insegnamento iniziatico: quando Kore (la fanciulla, Persefone) raccoglie il narciso, diventa donna e sposa di Ade, che le illustra che regnerà sugli inferi “su tutti gli esseri che vivono e si muovono”, quindi non semplicemente su un regno di ombre come narrato da Omero, a riprova della maturazione del successivo pensiero ellenico. L’ascesa di Persefone rappresenta il ritorno della vegetazione sulla terra e quindi lo svilupparsi del periodo della fertilità.
Si sa veramente poco sui particolari di quanto si celebrava nel corso dei misteri, alla luce soprattutto del totale riserbo a cui erano obbligati tutti gli adepti. Ciò che sappiamo deriva, per lo più, dalle testimonianze degli apologisti cristiani che tendevano a screditare ogni rituale pagano e dai riferimenti contenuti nelle opere di Eschilo e di Aristofane che ne svelarono alcuni dettagli, rischiando dure condanne. Uno degli autori che maggiormente si è dedicato all’analisi dei “Misteri eleusini” è stato Mircea Eliade (5), che ha delineato la dinamica del mito di Demetra e Persefone nel volume I del suo testo, “Storia delle credenze e delle idee religiose”(6). Lo studioso è abbastanza certo che si tendesse a rievocare il mito attraverso una sorta di rappresentazione teatrale, nella quale si esibivano attori mascherati, ciascuno collegato ad uno dei personaggi principali della narrazione tradizionale.
Tracciando un brevissimo percorso storico, è stato più o meno accertato che i riti eleusini si svolgessero già prima dell’invasione dei popoli indoeuropei, quindi nel periodo miceneo tra il 1600 e il 1100 a.C.. Secondo la maggior parte degli studiosi, il culto di Demetra si formò intorno al 1550 a.C., in quanto gli scavi hanno evidenziato che vi era un piccolo edificio sotto il Telesterion (7) di Eleusi, dove sembra che si praticasse il culto di Demetra in forma privata. Una comune linea interpretativa, seguita da gran parte degli studiosi moderni, afferma che i misteri erano orientati ad elevare l’uomo al di sopra della sfera umana verso il divino, assicurando la sua redenzione e rendendolo simile ad un dio con il conseguente indispensabile requisito dell’immortalità. In realtà, un’accurata analisi comparativa mette in luce notevoli analogie tra i riti greci ed altri praticati nel vicino Oriente, come i misteri di Iside ed Osiride in Egitto, l’Adoniaco dei culti siriani, i misteri persiani e quelli frigio-cabiriani. Altri studiosi pensano che il culto eleusino possa derivare da un culto minoico e che Demetra fosse una dea dei papaveri, con particolare riferimento al papavero diffuso sull’isola di Creta (8). L’idea di immortalità, come la intendiamo oggi, non esisteva nei misteri così come si erano formati all’inizio, ma gli adepti credevano che avrebbero avuto una sorte migliore nel regno degli inferi. La morte rimaneva come realtà, ma nello stesso tempo si dava corso ad un nuovo ciclo, a similitudine della pianta che cresce dal seme sepolto. Sotto Pisistrato di Atene, i misteri eleusini diventarono pan-ellenici, richiamando pellegrini da ogni parte della Grecia e anche dalle zone geografiche limitrofe. Gli unici requisiti per la partecipazione erano la libertà dal “senso di colpa del sangue”, che vuol dire non aver mai commesso un omicidio e non essere un “barbaro”, che aveva assunto il significato di “non essere in grado di parlare la lingua greca”. Pertanto furono ammessi all’iniziazione uomini, donne ed addirittura schiavi, senza distinzione di ceto sociale, ma sottoposti ad un accurato esame da parte dei sacerdoti. Come accennavo in precedenza, i Misteri eleusini ebbero larga diffusione anche a Roma, annoverando illustri iniziati come Cicerone, gli imperatori Adriano, Marco Aurelio, Gallieno ed il grande filosofo-imperatore Giuliano.
Il vero e proprio rito era suddiviso in due parti: la prima, chiamata dei “piccoli misteri”, rappresentava una sorta di purificazione che si svolgeva in primavera, nel mese di Boedromione (a cavallo tra marzo ed aprile), mentre la seconda, denominata dei “grandi misteri”, costituiva un vero e proprio rituale consacratorio e si svolgeva in autunno, nel mese di Antesterione (tra settembre ed ottobre). Nel complesso la cerimonia intendeva rappresentare il riposo ed il risveglio perpetuo della vita nelle campagne, almeno nella sua manifestazione esteriore di più immediata evidenza. Per aderire ai misteri, ai quali era necessario giurare il voto di segretezza, quattro categorie di persone vi erano ammesse: 1) preti, sacerdotesse ed ierofanti; 2) iniziati, cioè coloro che partecipavano alla cerimonia per la prima volta; 3) coloro che vi avevano già partecipato; 4) coloro che avevano raggiunto la “contemplazione”, avendo appreso i segreti dei più grandi misteri di Demetra. Sulla gradualità della conoscenza del passaggio dai “piccoli” ai “grandi” Misteri, volendo far riferimento ad una modalità espressiva di tipo junghiana, potremmo dire che esso segnava il passaggio dall’ “Io” al “Sé”. Nella visione ontologica ellenica, si trattava del transito dall’energia vitale, chiamata “bios”, tendente al soddisfacimento dei propri istinti ed alla definitiva consunzione, nel tipo di energia chiamata “zoè”, collegata al flusso immortale della vita dell’intera realtà e destinata alla continua trasformazione e rigenerazione. Nell’ambito dei “Misteri eleusini”, l’iniziato doveva sperimentare l’abbandono del proprio microcosmo personale per adeguarsi alle leggi divine del macrocosmo, in stretta sintonia con l’intero mondo circostante. Volendo adoperare un linguaggio noto in altri campi culturali e diffuso in altri periodi storici, potremmo arrivare a dire che i rituali eleusini perpetravano una sorta di “Opus alchemicum”, seguendo sì i dettami della Natura, ma arrivando al paradosso del capovolgimento dei valori naturali per ambire alla perfezione (9).
Parimenti, la mancata “divinizzazione” del piccolo Demofonte, al quale Demetra fa da nutrice in una delle versioni principali del mito, a causa dell’intervento della madre del bambino, ben può essere letta come emblema del destino mortale dell’uomo, che può elevarsi soltanto grazie ad un cammino misterico ed iniziatico, riservato, come si è detto in apertura, soltanto a coloro che sono capaci di affrontarlo. Un’altra considerazione importante riguarda la complementarietà del potere delle due divinità femminili, Demetra e Persefone. Attraverso l’interiorizzazione dei Misteri, l’adepto nasce a nuova vita, come se una rinnovata anima fosse impiantata nel suo involucro materiale. In particolare, Persefone è nel contempo simbolo della vita e della morte, a sottolineare il profondo nesso tra la vita e la morte che contraddistingueva il modo di concepire la realtà da parte degli Antichi.
Gli oggetti votivi ritrovati ad Eleusi testimoniano l’esistenza del comune culto votivo accanto alla forma soteriologica particolare dei Misteri. In un epitaffio del II sec. d.C., si legge che quanto è stato mostrato dallo ierofante durante le notti sacre ” è che la morte non solo non è un male, ma anzi è un bene”. E’ importante ricordare che i Misteri non potevano essere celebrati fuori da Eleusi, che era il luogo prescelto dalla dea Demetra: una strada sacra collegava la capitale dell’Attica ad Eleusi. Ad Atene, ai piedi dell’Acropoli, al margine dell’agorà, vi era un santuario, l’Eleusinion, dove si svolgevano i riti connessi con i Misteri. Da questo luogo partiva la processione diretta ad Eleusi. I Misteri, nella loro dinamica complessiva, erano la festa dell’entrata nell’oscurità e dell’uscita verso la luce e la loro segretezza consisteva nell’indicibilità dell’esperienza, anche a prescindere dalla volontà del partecipante al culto. In uno dei passi di Temistio (10), riportato da Plutarco, si sottolinea come le prove dell’iniziato nel corso dei “Grandi Misteri” potessero essere paragonate alle esperienze che l’anima deve affrontare dopo la morte. Studi recenti hanno escluso che fosse rievocata una vera e propria rituale discesa verso gli inferi, in quanto nel parco archeologico di Eleusi non sono stati ritrovati luoghi sotterranei, con particolare riguardo all’area del Telesterion. Numerose supposizioni sono state avanzate intorno all’idea che la bevanda assunta dagli iniziati, denominata “kikeion”, contenesse sostanze di carattere psicotropo o allucinogeno. Le proprietà delle strane misture avrebbero potuto spiegare la cosiddetta visione finale, o epopteia (11), ossia la suggestione di molti di assistere ad una specie di miracolo, come quello di vedere una spiga d’orzo crescere da un seme in pochissimi secondi. Tra le ipotesi più plausibili vi è quella che ritiene la bevanda un misto di orzo e menta con segale cornuta, ovvero un parassita del grano con poteri allucinogeni, oppure mischiata all’amanita muscaria, un fungo velenoso, ma con valenza psicotropa, se preso in modica quantità. E’ stata anche sostenuta la teoria, secondo la quale i Misteri Eleusini in origine fossero concepiti come una serie di “iniziazioni pratiche”, che inducevano gli adepti in una sorta di “trance”, che coinvolgeva il sistema nervoso umano, mediante il controllo del respiro, come avviene in certi esercizi dello yoga (in special modo il samyama) (12). Al contrario, una parte di studiosi avversa questo tipo di soluzione, facendo leva sui tanti divieti che gravavano sugli iniziati, come quelli del digiuno e di bere il vino, in quanto l’adepto doveva rimanere del tutto lucido per essere in grado di gustare l’esperienza mistica della visione finale, come trampolino di lancio verso un più elevato grado di consapevolezza spirituale.
In conclusione possiamo affermare che il simbolismo dei Misteri trasmetteva messaggi di vita e di speranza, come una metafora della nostra esistenza. Demetra era la Madre Terra e Persefone era il soffio vitale presente nel grano. I morti erano destinati a tornare nel grembo della Madre Terra e le spighe d’oro erano seppellite insieme ai defunti. La spiga di grano presentata dallo ierofante rappresentava il ciclo di vita: concepimento, crescita, morte e nuova vita. Ma quale messaggio i Misteri eleusini possono inviare all’uomo moderno? Si tratta di antichi riti, retaggio di un passato ormai tramontato, o la loro funzione diacronica e metastorica può essere perennemente percepita da chi sia in possesso della necessaria sensibilità spirituale? A ben guardare i Misteri di Eleusi rappresentano una preparazione dell’essere umano alla morte, ad affrontare l’ignoto dopo il nostro trapasso fisico. In ambiente classico, in particolar modo nei circoli iniziatici e misterici, si manteneva viva la consapevolezza della transitorietà della vita terrena, avvertendo la necessità di preparare l’anima al viaggio successivo. L’uomo moderno, travolto dal vortice dell’effimero consumismo e stordito da una falsa celebrazione dei piaceri della vita, demonizza qualsiasi riferimento alla morte ed al decadimento fisico. Ed ecco che i Misteri Eleusini, nel loro ciclo vitale sospeso tra luce e tenebre, ci ricordano che l’umanità è compresa in flusso vitale cosmico che non può terminare con la scomparsa del singolo corpo.
Note:
1) Cfr. Edoardo Tinto, I misteri di Eleusi, Edizioni StreetLib, Milano 2017;
2)Cfr. Filippo Cassola, Inni omerici, Fondazione Lorenzo Valla- Ed. Mondadori, Milano 1975;
3) Cfr. Wasson/Hofmann/Ruck, La strada per Eleusi. Alla scoperta del segreto dei Misteri, Edizioni Piano B, Prato 2022;
4) Illustre storico delle religioni belga, in particolare specializzato nella mitologia greca, professore emerito dell’Università di Liegi;
5) Storico delle religioni, nonché antropologo, scrittore, filosofo e poliglotta (parlava 8 lingue), politicamente vicino alla cosiddetta Guardia di Ferro, partito ultranazionalista rumeno degli anni Trenta del secolo scorso (Bucarest 1907, Chicago 1986);
6) l’opera è stata pubblicata in due volumi in lingua italiana nel 1990 a Firenze, edizioni Sansoni;
7) il sostantivo greco “telestèrion”, derivante dal verbo “telèo” (portare a compimento, terminare, perfezionare) serviva proprio ad indicare il luogo principale delle iniziazioni;
8) Cfr. Nicola Bizzi, L’origine egeo-minoica dei Misteri Eleusini, Ed. Aurora Boreale, Milano 2022;
9) Cfr. Alessandro Orlandi, Sui misteri eleusini, su https://www.expartibus.it , consultato in data 01/03/2023;
10) Temistio (317-388) visse a Costantinopoli e fu un eminente filosofo, nonché alto funzionario dell’impero romano d’oriente;
11) Cfr., Attilio Quattrocchi, Le parole del sacro nella tradizione misterica, su http://www.accademiaplatonica.com , consultato in data 02/03/2023;
12) Cfr. J. Nigro Sansonese (pseudonimo di Joseph Sansonese), The body of Myth: Mythology, Shamanic trance, and the Sacred Geography of the Body, Inner city 1994.
Luigi Angelino,
nasce a Napoli, consegue la maturità classica e la laurea in giurisprudenza, ottiene l’abilitazione all’esercizio della professione forense e due master di secondo livello in diritto internazionale, conseguendo anche una laurea magistrale in scienze religiose. Nel 2022 ha pubblicato con la Stamperia del Valentino 8 volumi: Caccia alle streghe, Divagazioni sul mito, L’epica cavalleresca, Gesù e Maria Maddalena, L’epopea assiro-babilonese, Campania felix, Il diluvio e Sulla fine dei tempi. Con altre case editrici ha pubblicato vari libri, tra cui il romanzo horror/apocalittico “Le tenebre dell’anima” e la sua versione inglese “The darkness of the soul”; la raccolta di saggi “I miti: luci e ombre”; la trilogia thriller- filosofica “La redenzione di Satana” (Apocatastasi-Apostasia-Apocalisse); il saggio teologico/artistico “L’arazzo dell’apocalisse di Angers”; il racconto dedicato a sua madre “Anna”; un viaggio onirico nel sistema solare “Nel braccio di Orione”ed una trattazione antologica di argomenti religiosi “La ricerca del divino”. Con auralcrave ha pubblicato la raccolta di storie “Viaggio nei più affascinanti luoghi d’Europa” ed ha collaborato al “Sipario strappato”. Nel 2021 è stato insignito dell’onorificenza di Cavaliere al merito della Repubblica italiana.