Sosipatra e la filosofia magica del mondo tardo-antico – Umberto
Sosipatra e la filosofia magica del mondo tardo-antico – Umberto Bianchi
Mi è recentemente capitato tra le mani “Sosipatra e la Teurgia”, uno scritto dalla studiosa Chiara Toniolo. Un volume di non molte pagine, ma denso, pieno di “succo”, che mette il lettore di fronte a dei precisi motivi di riflessione su un particolare contesto epocale, quale quello rappresentato dall’Ellenismo nella sua più tarda fase, durante il IV secolo D.C. A fornirci notizie sul personaggio di Sosipatra è Eunapio di Sardi, anch’egli vissuto nella stessa epoca di questa. Eunapio nella sua “Vite dei Filosofi e dei Sofisti”, nel trattare, tra gli altri, anche la biografia del neoplatonico Edesio, dedica una parte della sua narrazione al ritratto di Sosipatra, della quale ci sono pervenute delle scarne note biografiche. Di lei non si conoscono né la esatta data di nascita, né l’identità dei genitori, né l’esatto status socio economico della famiglia che, però, si suppone esser stato di buon lignaggio visto che, le sue vicende d’infanzia, si svolgono nell’ambito di quel podere paterno, le cui terre erano lavorate e curate da servitù. La narrazione di Eunapio si sofferma sull’arrivo presso il podere paterno, di due misteriosi ospiti che, nel ricevere ospitalità dal padre della piccola Sosipatra, preavvertono nella bambina delle doti innate tali, da prospettare per lei un futuro ben diverso e di tutt’altra levatura, rispetto a quello di altri suoi coetanei. Pertanto, i due uomini propongono al padre di Sosipatra, di affidare la piccola alle loro esclusive cure, per la esatta durata di cinque anni, durante i quali egli si sarebbe dovuto allontanare dal podere. Al termine di questo periodo, sarebbe stato, al suo ritorno, ricompensato dal sopraggiungere di abbondanza e ricchezza in gran quantità, derivanti dai frutti del lavoro nel suo podere. Il padre accetta ed al suo ritorno non trova più la bimbetta che aveva lasciato cinque anni prima, ma una giovinetta formata ed edotta in saperi ed arti che hanno del prodigioso. Sosipatra parla e predice il proprio futuro: un matrimonio con Eustazio di Cappadocia che, in seguito sarebbe scomparso (per separazione da Sosipatra o per morte, non è dato di sapere…sic!), tre figli, dei quali un solo avrebbe appuntato il proprio interesse sulla filosofia e sui saperi occulti. A dare un tocco di mistero all’intera vicenda, l’improvvisa scomparsa dei due uomini che si erano presi cura di Sosipatra, avvenuta dopo che il padre di questa aveva veduto realizzarsi le promesse del sopraggiungere di ricchezze ed abbondanza nel podere, dai due profferite. Di particolare rilievo, il fatto che ad educare Sosipatra siano stati due iniziati al sapere caldaico, due “caldei”, come si diceva allora, con questo ingenerando non poche confusioni, anche per i tempi a venire.
Difatti, a partire dall’Età Ellenistica, il termine “caldeo” viene usato per designare una particolare popolazione della Mesopotamia meridionale, ivi sopraggiunta nel IX sec. A.C., nella fase più tarda della civiltà sumero babilonese, dalla quale avrebbero assorbito e rielaborato le forme sapienziali. Pertanto, parlando di sapienza caldaica, si dovrebbe sempre far riferimento ad un più generale insieme di saperi e conoscenze del mondo mesopotamico ed assiro babilonese in genere, anziché al solo tardo ambito caldeo. Fatto sta che, quanto profetizzato da Sosipatra, riguardo alla propria vita, si verifica con esattezza e alla scomparsa del coniuge, la giovane ed avvenente Sosipatra si trasferisce a Pergamo, altro importante polo culturale ellenistico dove, in qualità di donna sola, ricevette assistenza ed ospitalità dal filosofo neoplatonico Edesio, presso la cui scuola, ella stessa cominciò ad impartire, con successo, insegnamenti di filosofia neoplatonica, eguagliando e superando in fama il proprio generoso mentore. Non solo. La fama di Sosipatra non si limiterà unicamente all’ambito della filosofia teoretica, ma si estenderà anche a quello dell’azione magico-teurgica che, nel periodo del tardo Ellenismo, costituiva un correlato pratico delle varie scuole di pensiero neoplatonico, rappresentate da autori come Giamblico, Proclo, Porfirio o Giuliano il Teurgo.
A testimonianza di quanto affermato, la vicenda di un suo parente chiamato Philometro che, innamorato di lei, le lanciò un incantesimo per ottenere il suo amore, ma Massimo di Efeso, allievo della stessa Sosipatra e di Edesio, in seguito assurto a ruolo di maestro dell’imperatore Giuliano, rilevata la presenza della magia, fu in grado di contrastarla con un apposito rituale. Sosipatra perdonò il parente, e durante una lezione sulla vita dopo la morte dell’anima, previde il coinvolgimento dell’uomo in un incidente su un carro e fu in grado di mandare degli aiuti giusto in tempo, per salvargli la vita. Questa vicenda si accompagna ad altre legate oltre che alle qualità profetiche e telepatiche della donna, anche a fenomeni di vera e propria bilocazione, oltre ad latre azioni magiche. Non si sa esattamente né come, né quando Sosipatra muore. Dei suoi tre figli, solo Antonino, si dedicherà allo studio della filosofia ed alla pratica teurgica, usando grande prudenza, visto il clima di intolleranza che, alla morte di Giuliano Imperatore, si instaurerà in tutto il territorio dell’impero. Lo stesso Massimo di Efeso verrà, difatti, assassinato per ordine delle nuove autorità imperiali. Ora, a conclusione dell’intera vicenda, narrata dall’autrice in maniera scorrevole ed esaustiva, bisognerebbe interrogarsi sul “cosa” Sosipatra rappresenti e sul perché dell’importanza di un personaggio che, sinora, la storiografia filosofica, aveva relegato ad un ruolo di assoluta minorità ed irrilevanza.
La figura di Sosipatra rientra sicuramente nella non irrilevante schiera di pensatrici, presenti nell’ambito del mondo classico e che parte da Theano moglie di Pitagora e dalle sue tre figlie, Myia, Damo e Arignote, tutte filosofe, oltre all’etera Aspasia, alla sacerdotessa Diotima, a Perictione, madre del più noto Platone, passando via via per Arete di Cirene, arrivando alle epicuree Temista di Lampsaco ed a Leonzia, abbiamo nientepopodimeno che Timossena, moglie di Plutarco, autrice di un monumentale trattato di filosofia, arrivando a Pamphila di Epidauro, autrice di un trattato di storia ed uno incentrato sul tema dell’Eros, sino ad Ipazia di Alessandria, solo per citare i nomi più noti. Al termine di questa carrellata di protagonisti al femminile dell’elaborazione del pensiero filosofico, abbiamo Sosipatra che, di un certo tipo di pensiero, declinato al femminile, rappresenta l’ultimo tassello, che porta in sé tutte quelle che sono le ultime istanze del pensiero tardo antico, prima del salto nel buio che verrà con la fine dell’Impero Romano d’Occidente e del mondo antico, in genere. Un pensiero, quello tardo antico, che rappresenta il capitolo finale del contesto culturale di quell’Ellenismo che, a sua volta, costituisce il capitolo finale del plurimillenario percorso della koinè greco romana. Ellenismo che, contrariamente a quel che si può ritenere, anche se sempre filiazione della civiltà classica, rispetto a quest’ultima, è animato da una differente impostazione di pensiero. Il cittadino dell’età Ellenistica, si sente profondamente sradicato dal proprio contesto comunitario, spesso risultante da accorpamenti di diverse realtà nazionali, così come verificatosi in tutti i territori del gigantesco impero, lasciato da Alessandro il Grande alla sua morte. L’uomo ellenistico, è solo di fronte a sé stesso ed alle sue paure.
La Polis, con le sue rassicuranti divinità poliadi, garanti della continuità politica e spirituale della comunità, non esiste più. Al suo posto, un baratro di paure ed incertezze esistenziali, accompagnate ad una riflessione rivolta alla propria dimensione interiore, piuttosto che alla fattiva costruzione del mondo. L’Uno, inconoscibile ed indefinibile, quale essenza di puro spirito, emana la propria luce verso l’abisso dell’oscurità e della più bruta materialità, nella quale precipitano le anime umane che, per questo, dovranno effettuare un faticoso percorso di risalita verso la Luce, fatto di rinunce alla materialità, ma anche da veri e propri percorsi di iniziazione, irti di difficoltà e di tentazioni. L’impostazione del pensiero filosofico religioso ellenistico, è soteriologica, ovverosia punta alla salvezza dell’anima individuale, alla risalita di questa,verso quella Luce, quel regno “al di là” delle tenebre della bruta materialità. E qui, sta la cesura netta tra mondo classico e mondo ellenistico. Nel primo, la vita doveva esser vissuta “hic et nunc”/qui ed ora”, l’Ade era un posto oscuro, deputato ad accoglier ombre di coloro che furono. Le stesse iniziazioni orfiche e pitagoriche, sia pur rappresentando una chiara eccezione rispetto ai parametri della religiosità classica, finivano, comunque, per rientrarvi appieno, rappresentando dei percorsi di autoperfezionamento individuale, però perfettamente inseriti nell’ambito dello ius comunitario. E laddove tale armonizzazione non si sia perfettamente verificata, come nel caso del pitagorismo in magna Grecia, vi fu una virulenta reazione di rigetto da parte delle varie poleis. Tutto l’insegnamento neoplatonico di Sosipatra ed Edesio, rientra perfettamente in un ambito soteriologico, nel quale la teurgia assurge al ruolo di manipolazione delle pratica magica, finalizzata al congiungimento dell’anima del miste con l’Uno.
Lo stesso Mitraismo, culto a carattere iniziatico par excellence, viene da Aureliano adottato, a difesa della salus delle anime tutte dei cittadini dell’impero e non solo dell’istituzione imperiale si et si. Con la sola differenza che, in quanto culto di carattere strettamente esoterico, il mitraismo, mai avrebbe potuto competere con il cristianesimo. Sosipatra assurge, pertanto, al ruolo di figura di confine, con lo sguardo rivolto, da una parte, alle istanze del mondo antico, che facevano del platonismo o di qualunque altra dottrina filosofica, volte a fare dell’uomo il metro di tutte le cose, Dei, Kosmos e Mondo delle Idee inclusi. Dall’altra, con uno sguardo rivolto al mondo a venire dell’Evo Medio, all’insegna del netto dualismo gnostico, nel quale l’Uno e l’ “Al di là” sono il metro e la misura di tutte le cose , in base alle quali l’Uomo deve costruire il suo rapporto con la realtà e non viceversa. Una figura terminale, quella di Sosipatra e perciò stesso, ancor più affascinante, nei contorni chiaroscuri che ne circondano l’intera vicenda umana e sapienziale.
BIBLIOGRAFIA:
- William Tarn, La civiltà ellenistica, Firenze, La Nuova Italia, 1999.
- Arnaldo Momigliano, Saggezza straniera. L’ellenismo e le altre culture, Torino: Einaudi, 1980.
- La civiltà ellenistica. Il grande sogno dell’«Oikoumene»di Michael Grant, Rizzoli, 1998.
- Lewy, Hans. 1978. Oracoli caldei e teurgia: misticismo, magia e platonismo nel tardo impero romano, 3a ed. A cura di M. Tardieu. Parigi: Études Augustinienn
- Johnston, Sarah Iles. 2012. “Sosipatra e la vita teurgica: Eunapius Vitae Sophistorum 6.6.5–6.9.24.” In Riflessioni sull’individualità religiosa: testi e pratiche greco-romane e giudaico-cristiane. A cura di Jörg Rüpke e Wolfgang Spickermann, 99–117. Berlino: De Gruyter.
UMBERTO BIANCHI