Antitesi tra dialettica del politicamente corretto e lingua taumaturgica –
“SI FA DI NUOVO PRIMAVERA”, una filosofia della speranza nel nuovo saggio di Giovanni Sessa – Marco Rossi
Nonostante mi occupi di storia e di filosofia da una vita, compreso nell’insegnamento dei Licei, e abbia scritto varie cose sulla storia dell’esoterismo italiano, e dunque mi sia dovuto occupare di Evola, Guénon, Steiner, Reghini, Pessoa, Schuon, ma anche di Croce, Gentile, Assagioli, Tilgher, Bachofen, Jünger, Eliade e quanti altri potete facilmente immaginare, devo confessare che, invecchiando, mi sono interessato sempre di meno ai libri di filosofia contemporanea e invece molto di più a quelli di storia contemporanea. Questo perché ho avuto sempre di più la sensazione che in gran parte della filosofia contemporanea ci si occupi di “spaccare il capello in almeno 37 parti”, quasi sempre inutili, mentre, al contrario, si sia volutamente abbandonata la via “veritativa” del percorso filosofico: strada che è stata centrale in tutta la lunga storia della filosofia e che almeno sino alla prima metà del Novecento è stata percorsa.
Oggi non è più così: a mio parere ora generalmente si galleggia in un relativismo “debole” e normalmente subordinato alle cosiddette “verità della scienza”, per non dire addirittura della tecnologia. Al contrario nella storia che si occupa dell’età contemporanea – ma intendo dal Novecento compreso sino ai nostri giorni – almeno in certi studi si evidenzia l’impegno a comprendere le clamorose contraddizioni politiche, sociali ed economiche che normalmente si mascherano sotto la “nera notte dove tutte le vacche sono nere” del politicamente corretto mainstream.
Ebbene questo libro di Giovanni Sessa mi ha sorpreso e a un tempo smentito radicalmente, dimostrandomi che è ancora possibile trattare sin nei finissimi particolari temi centrali e pure complessi del pensiero filosofico novecentesco con profondità, metodo ermeneutico corretto, grandiosa apertura degli orizzonti interpretativi, e pure capacità di tirare le somme con chiarezza e senza violentare nessuna tematica originale dei vari autori. Lo splendido studio di Sessa, L’eco della Germania segreta – “Si fa di nuovo primavera”(OAKS editore), è una profonda indagine sul pensiero di grandi personaggi della cultura tedesca e europea della prima metà del Novecento: Ludwig Klages, Stefan George, Karl Löwith, Ernst Jünger, Walter Benjamin, con opportune intercessioni evoliane e tutta una serie di contrappunti teorici che l’autore acclude nella direzione di un confronto con il pensiero di Tradizione. Qui non affronteremo i dettagli dell’analisi di Sessa, sempre centrata e orientata ad evidenziare gli aspetti vitali – nell’anima e nello spirito – di questi straordinari pensatori e della meravigliosa “Germania segreta” che i loro cuori custodivano; ci permettiamo però di aggiungere alcune osservazioni che ci sembrano importanti.
Intanto a parer nostro l’indagine di Sessa dimostra ampiamente che questi autori, a parte Benjamin, sono ovviamente stati parte integrante e anche profondi ispiratori di quel variegato mondo che solitamente viene definito come ambiente della Rivoluzione Conservatrice, il quale a sua volta perde le sue magnifiche radici nelle tematiche più profonde del Romanticismo tedesco e europeo. A un livello più propriamente filosofico bisogna aggiungere che queste radici si organizzano saldamente in un humus che potremmo definire “panteistico”, giusto per una comunicazione essenziale, perché una tale definizione non ci sembra né corretta né sufficiente in quanto si dovrebbe parlare piuttosto di una Weltanschauung dove la “trascendenza immanente” rimane al centro della speculazione e della visione della vita.
Del resto la tradizione platonica – da Platone a Plutarco di Cheronea, da Plotino a Porfirio e infine a Marsilio Ficino, Tommaso Campanella e Giordano Bruno – è tutta saldamente su questa linea: il manifesto, cioè il Mondo, è la proiezione nello spazio-tempo del Mundus Archetipale (si ricordi il Timeo: Il tempo è l’immagine mobile dell’eternità). Persino Spinoza, che pure rivendica chiaramente una visione panteistica, è sostanzialmente in questa linea, perché la sua visione, oltre ad ancorarsi in una prospettiva saldamente stoica,pone la possibilità di una specie di “ascesi” nell’Amor Dei Intellectualis, che non è, come qualche testo superficiale indica, una divinizzazione delle leggi naturali del Kosmos, ma piuttosto il coincidere dell’Io e del Sè con l’occhio di Dio, appunto sperimentare il mondo Sub specie aeternitatis, come il saggio Piero Di Vona non si stancava di ripetere. In questo fastoso ed esuberante panorama la vita degli uomini e quella degli Dei si mischiano, si incontrano e si intersecano con logiche che non possono rispondere a nessuna logica storicistica moderna, a nessun percorso progressista dialettico e nemmeno – nota giustamente Sessa – in un inverso storicismo della decadenza, come Evola e Guénon hanno indicato.
L’Eros cosmogonico di Klages, il “si fa di nuovo primavera” di George, la physis che ha la “sostanza dei sogni” di Löwith, gli orologi e i nuovi inizi di Jünger, infine l’immemorare e l’angelo della storia di Benjamin, sono alla fine tutte figure alte e arcane che riportano agli strappi che nella storia degli uomini sono sempre possibili, squarci nella triste normalità quotidiana, magari storicistica, che riportano direttamente ad una reale comunicazione con il Mundus Archetipale, con la potenza degli Dei, con la radice spirituale del nostro essere e del nostro destino. Leggere questo testo è come respirare l’aria fresca dell’alba, l’aria frizzante delle vette alpine, e lo sforzo dell’autore, che condividiamo pienamente nel “cuore”, nell’”intelletto d’Amore”, è finalizzato ad aprire squarci, spalancare finestre, abbattere muri ( il Muro del tempo di Jünger che, in altra sfera, non è dissimile da The Wall dei Pink Floyd…), liberare prospettive per un futuro che oggi sembra inchiodato alla negra necessità, della storia finita nel totalitarismo sanitario del turbo-capitalismo terminale.
Ha ragione Sessa in questa nobile, alta, generosa lettura? Il sottoscritto, forse malconsigliato dagli eccessivi studi di storia contemporanea, più che dal determinismo del Kaly Yuga, non pensa che sia probabile una nuova manifestazione della “Germania segreta”, che poi è l’Europa Segreta, quella che alberga nel profondo dei nostri cuori; ma lo spera con tutto il Cuore, perché è metafisicamente vero che Dio, le Gerarchie e il Mundus Imaginalis restano sempre ben presenti, nonostante tutte le nostre miserie.
Marco Rossi