Scrivere arte viaggiando nell’Antico Futuro: presenza e desiderio – Vitaldo Conte
Ho sintetizzato alcuni momenti dello Scrivere arte, “viaggiando” nell’Antico Futuro, in miei testi pubblicati sul numero monografico della rivista ‘Dionysos’ n. 11 (2021)[1], dedicato appunto all’Arte e Scrittura. Alcuni di questi li “riscrivo”, in questo mio nuovo testo, a cui aggiungo uno scritto su Julius Evola e frammenti del texte-désir di Roland Barthes in dialogo con mie istanze. Dioniso “entra” nella contaminazione parola/immagine come molteplice presenza o attraverso le pulsioni del desiderio. «La scrittura come corpo sul corpo in un crescendo passionale ed erotico»: questa epigrafe anonima è scritta da Dalmazio Frau in riferimento al mio Body Writer. La parola, nel viaggio verso l’immagine, ricerca il perdersi reciproco nella con-fusione originaria.
Parola/Immagine viaggiando nell’Antico Futuro
La scrittura stessa, nel suo momento di nascita, costituisce un qualcosa più da vedere che da leggere. Le tracce che l’uomo primitivo segna, con la punta delle dita sulle pareti della caverna, sono orme di presenza e testimonianze del proprio esistere. Segni astratti e immagini si formalizzano fino a trasformarsi, con il progresso sociale e con la conseguente acquisizione del concetto di proprietà, in veri e propri pittogrammi. Questa parola vuole colloquiare, sempre di più, con l’immagine. Esempi di visualizzazione della scrittura hanno un’origine antica che ha il tempo dell’uomo: i geroglifici egiziani di Saqqarah; i calligrammi dei poeti alessandrini (la poesia in forma di zampogna del siracusano Teocrito; L’uovo di Simia di Rodi; ecc.); le tabulae dei romani; la bibla pauperum; i carmina figurata dei poeti latini medioevali; la bottiglia di Francois Rabelais, contenitore di parole e significati; ecc. La vocazione della parola a visualizzarsi ha come elemento caratterizzante quello della “contaminazione” linguistico-mentale, creando immagini da leggere e parole da guardare: «La pittura è una poesia muta e la poesia è una pittura cieca» annota Leonardo da Vinci nel Trattato della Pittura (XVI sec.). Lo stesso è l’autore delle parole figurate. Dalmazio Frau sottolinea in merito: «Nei trattati rimastici di Leonardo da Vinci, appare subito evidente come il disegno, graficamente reso al tratto in maniera spontanea e immediata, sia un tutt’uno con la sin troppo considerata scrittura speculare – che era un segreto di Pulcinella – quanto piuttosto un vezzo necessario dell’artista. Altro punto in cui scrittura e immagine in Leonardo si fondono, sono i suoi famosi rebus, dove appunto parole, frammenti di esse, semplici lettere, si uniscono a segni ed immagini nel ricreare poi, quasi per una sorta di divertita magia cortese, un nuovo concetto che all’improvviso si manifesta negli astanti»[2]. Esempi di parola/immagine, espressi nei secoli, segnalano possibili affinità con ricerche contemporanee. Dimostrano che la creazione ha sempre ricercato, nei suoi viaggi fra parola e immagine, estremi segnali d’incontro, malgrado la diversità dei mezzi tecnici e di pensiero degli autori, svolgendosi in epoche diverse. L’impotenza di un certo tipo di letteratura, in cui la parola non è più sovrana, è intuita nella cultura di fine Ottocento da Mallarmé con la pagina bianca. Su questo percorso s’inseriscono, nel Novecento, le avanguardie storiche, tra cui il Futurismo e il Dada. Queste devono essere considerate, per le successive poetiche verbo-visive, un riferimento obbligato. La dialettica dei dosaggi di parola / immagine “contaminerà” poetiche in Italia e nel mondo fino a oggi: come nelle istanze della scrittura-pittura o del graffitismo.
Lettera-Parola come Alchimia di Julius Evola nel Dada[3]
La parola sconfinante di Julius Evola nel movimento Dada, a cui aderisce nel 1920, è da intendere in una estensione totale. Non è restringibile solo agli aspetti della poesia verbale, ma è presente anche nei suoi sconfinamenti nel suono-rumore interiore e nell’immagine artistica. Naturalmente questa sua parola, usata in svariate possibilità espressive, sottintende sempre il suo pensiero. Ciò avviene naturalmente nell’opera giovanile Arte Astratta (Collection Dada, 1920), che è da considerare la sua prima pubblicazione. In questa convivono, infatti, la posizione teorica, 10 poemi, 4 composizioni (visive). La lettera alfabetica (riconoscibile o accennata) è visibile nell’arte dada di Evola: in maniera singola, in dialettica con altre lettere o all’interno di una parola. Questa vuole esprimere, secondo la rappresentazione artistica, una presenza dai molteplici significati. Ciò avviene nell’uso alchemico della lettera A, visibile nel disegno a penna Composizione n. 3 (1919), pubblicato su Arte Astratta. L’A diviene una presenza centrale nella Composizione n. 19 (olio su cartone, 1918-20): opera nella quale è espressa l’Alchimia che si esplicita nel tema della rappresentazione e dell’espressione pittorica, nel suo farsi e creare parallelismi con l’Arte Regia. Nella Composizione (Paesaggio) Dada n. 3 (olio su tela, 1920-21) la grande lettera D e la lettera A, ripetuta in successione orizzontale, alludono probabilmente alle lettere di Dada, divenendone un riferimento. Nella stessa opera è leggibile la parola évidemment, che viene ripetuta dalle voci di Hhah e Ngara nel poema La parole obscure du paysage interieur. La lettera-parola di Evola, nella sua espressione artistica e poetica, è un viaggio di presenza magico-alchemica.
Corpo-Scrittura come presenza d’arte e ‘testo-desiderio’
La pelle può essere un supporto, su cui l’autore può esprimere la propria scrittura d’arte come presenza e desiderio: «Scrivo, e la scrittura riempie lo spazio della pagina: è e si fa corpo» (F. Rella)[4]. Il segno-parola, insofferente a esistere solo nei confini delimitati di una pagina o tela, può ricercare spazi “altri”: come scrivere sul corpo come arte. Fra le possibilità trova la pelle come supporto: prezioso, mutevole, sensuale, dotato di un proprio calore e tatto. Calamita lo strumento e la mano che traccia la segnatura desiderante. Il volto della piccola Nagiko, la protagonista del film I Racconti del Cuscino (1996), viene segnato, con un poemetto augurale, nel giorno di ogni compleanno da suo padre, un calligrafo. Divenuta donna, il ricordo di quel gesto diviene desiderio inappagato per lei. La induce a cercare un amante scrittore che sappia usare il suo corpo come carta. La ricerca dell’amante calligrafo ideale trasmuta Nagiko: dall’essere una carta di pelle a essere lei stessa la penna. Così il corpo degli uomini, offertisi come pagine e capitoli di un libro, sono segnati “sulla carne come scrittoio” di erotica preziosità. Il film è scritto e diretto dal regista e pittore inglese Peter Greenaway. Questo, adolescente, rimase impressionato dalla storia di una ragazza che provava piacere nel farsi scrivere ideogrammi sul corpo dagli amanti. Poté “ri-esprimere” il suo interesse, trent’anni dopo, attraverso il film. I Racconti del Cuscino (The Pillow Book) sono suggestionati da Sei Shonagon, una dama di corte dell’imperatrice alla fine del X secolo: le sue Note del guanciale[5] sono riflessioni e testimonianze sulla vita e società giapponese del tempo. Nell’arte italiana degli anni ’70 ci sono significative presenze di scrittura su e con il corpo. Come quelle di: Ketty La Rocca, Guglielmo Achille Cavellini, Tomaso Binga. Scrive Roland Barthes: «Il linguaggio è una pelle: io sfrego il mio linguaggio contro l’altro. È come se avessi delle parole a mo’ di dita, o delle dita sulla punta delle mie parole. Il mio linguaggio freme di desiderio»[6]. Il suo texte-désir ispira la mia espressione teorica e artistica, a cui dedico una mostra personale a Parigi (Gall. Satellite,1999). Un mio ripetuto esempio di autrice segreta è Elisa Valdo (anni ‘90). Questa espone il proprio corpo-supporto di scrittura-desiderio, che è “trascritta”, attraverso un inchiostro rosso, con la presenza delle sue relazioni simboliche.
Firmare come arte la presenza e il desiderio
Scrive Roland Barthes: «Perché, pensava Réquichot, non posso firmare, oltre alla mia tela, la foglia fangosa, che mi ha dato un’emozione, o perfino il sentiero dove l’ho vista appiccicata? (…). La firma è folgorazione, l’iscrizione del desiderio: l‘immaginazione utopica e carezzevole di una società priva di artisti (…), in cui tuttavia ognuno firmerebbe gli oggetti del suo godimento (…) nel disordine dell’immenso Testo che si scrive senza posa, senza origine e senza fine»[7]. L’autore può voler firmare – come gesto d’arte – un supporto qualsiasi (anche dall’esistenza precaria) o un corpo che suggestiona il suo sguardo. Piero Manzoni fa divenire Scultura vivente (1961) il corpo della modella attraverso la sua firma. Il poeta visuale Emilio Villa annota, a sua volta, in un discorso creativo con Piero Manzoni e le sue molteplici “firme artistiche” su supporti diversi: «mi hai firmato – fermato, è vero, ma io te l’ho detto, te lo scrivo adesso, lo proclamo dal fondo che io sono stato già firmato, opera d’arte, già firmato da chi ha inventato la firma attiva (…). Firma la merda, firma i dischi volanti, firma la fuga universale. (…) tu devi firmare con l’anima»[8]. Auguste Bruni scrive a proposito del mio evento di arte-narrazione Ritual Estremo Amore a Roma (Atelier Montez, 2016): «Prima di celebrare la Festa Dionisiaca come Arte Ultima, Conte scrive la parola desiderio, con un pennarello rosso, sul corpo di tre donne partecipanti all’evento. Le firma come frammenti della sua creazione pulsionale: L sul collo, T sul polso e sulla mano, V sul ventre. La teoria si congiunge così con l’arte per divenire sulla pelle Donazione Desiderio»[9].
Body Writer (pulsione di sconfinamento)[10]
«L’arte è passata ovunque nella realtà»: nota Jean Baudrillard. Questa può essere ancora una presenza visibile nei musei e nelle gallerie, ma “vive” anche «nei detriti, sui muri, nelle strade, nella banalità di ogni cosa oggi sacralizzata senza altra forma di procedimento. L’estetizzazione del mondo è totale»[11]. La scrittura della pulsione ascolta le seduzioni delle molteplici pagine che l’accolgono come arte. Le corpo-grafie sono lingue di creazione sconfinante, in cui tutto è disponibile a divenire di-segno su qualsiasi supporto (tela, carta, muro, corpo, ecc.), pur mantenendo sotto traccia le memorie e i brusii della parola. Queste, essendo espressioni fluttuanti, possono dilatarsi: in vibrazionali ambientazioni sinestetiche, in oggetti allusivi, nelle estensioni virtuali, ecc. Esprimo l’indicazione Body Writer attraverso la cura di una mostra a Catania (Le Ciminiere, 2009), con cui intendo connotare una ulteriore possibilità espressiva della scrittura d’arte: quella di proporsi come graffito di desiderio, fino alle sue estreme dispersioni. La grafia del Body Writer assembla ancestralità e incontri on the road, non sottraendosi nel contempo a rileggere culture, arcaiche e attuali. Rielabora esperienze dell’arte del ‘900 e ultima: poetiche segnico-gestuali e verbo-pittoriche, oggettualità varie, street art, fashion beauty art, ecc. Scrivo nel testo dell’esposizione: “I body writers (…) liberano un painting che concepisce il suo oltre. Questo include, frequentemente, la fuoriuscita in evento e in oggettualità varie, stringendo rapporti di contiguità con il mondo della musica, dell’arte di strada, dello spettacolo. Questa creazione si addice ai transiti non catalogabili, in quanto è fusione di linguaggi e media. Come quella che guarda, con nuove modalità espressive e di intento, le generazioni del Graffittismo. Il gioco/piacere della costruzione artistica ricerca, talvolta, l’opera a più mani, come per conferire una maggiore imprevedibilità alla sua composizione”.
L’esposizione Body Writer a Catania, nel 2009, e la successiva Eros Parola d’Arte a Lecce (Biblioteca Bernardini), nel 2010 –, sono dedicate a Valentine de Saint-Point, l’autrice del manifesto futurista della Lussuria (1913), di cui espongo (nella seconda mostra) una copia del suo manifesto. L’ipotesi Body Writer della Rosa Lussuria – come creazione della pulsione sconfinante – coinvolge due artiste, che collaborano in plurigrafie con me o con il mio alter ego creativo Vitaldix: Laura Baldieri “traccia” epidermici percorsi di scrittura pittorica, che alludono a graffiti sui muri-corpo; Tiziana Pertoso “tesse” ragnatele segniche, che emergono, talvolta, come corporeità oggettuali e di Beauty Art. Il viaggio pulsionale della scrittura-immagine si disperde nell’attualità, sempre di più, nelle pagine interiori dell’essere e negli ambienti del quotidiano. Ascolta talvolta la bellezza della propria azione: accadeva nel Futurismo storico con il suo creare vivendo; oggi è ricercata da Barbari sognanti (Trans-Futuristi). Segnalo questo percorso nella mia relazione alla giornata di studi Abstracta, a Roma (Museo Macro, 2018), che ha appunto come indicazione: da Balla alla Street Art.
Donazione d’Amore
«Il muro, si sa, attira la scrittura: non un muro, in città, esente da graffiti. In certo modo è il supporto stesso che sprigiona un’energia di scrittura, è lui che scrive e quella scrittura mi riguarda: nulla appare più voyeur di un muro scritto, perché nulla è osservato, letto con maggiore intensità (…). Nessuno ha scritto sul muro – e tutti lo leggono» (R. Barthes)[12]. Una scritta su un muro mi ha indotto a riflettere: “L’altro da me è il filo che ho perso e che mi permette di ritrovarmi”. Le scritture del desiderio e del pensiero poetico vivono dunque ovunque. Tendono naturalmente al fuoripagina, in quanto tutto è disponibile a divenire segno e graffito. Le loro estreme seduzioni inducono l’autore a divenire un “amante artista” nelle erranze della propria esistenza-espressione. Oggi si sta diffondendo la vocazione spontanea dell’essere a segnare muri, arredi urbani e naturali con collegamenti di parole-immagini, attraverso pulsioni d’amore: profano o mistico, di condivisione sociale o naturale. Queste possono entrare in relazione anche con supporti di carta. Il Body Writer tende a espandersi con imprevedibili “geo-corpo-grafie” di Donazione d’Amore che diviene presenza d’arte.
V Rose in Vx: writer multiplo della rosa rossa
– Scrivo “abbracciami nei sogni” nelle crepe del muro della mia camera da letto, ricercando presenze di donazione d’amore. Vx è firma-desiderio di writer multiplo, fedele della Rosa Rossa (fiore-alchimia-divinità). Vx vuole “vivere” oggi anche su muri portoni panchine, come su corpi amati. Barbari sognanti vogliono creare Virus Desiderio attraverso sguardi di poesia, espressi con pensieri parole immagini... – Questa testimonianza di desiderio vuole essere un manifesto di Virus-Presenza che accompagna “miei/nostri” interventi. Come quelli presenti, nel dicembre 2021, alla mostra e nel catalogo di Muse al Castello – Porta della Memoria a Mesagne (BR; Castello Granafei)[13].
[1] AA.VV., Arte e Scrittura, ‘Dionysos’ n. 11, Ed. Tabula fati, 2021. I testi di Vitaldo Conte inseriti: Scrivere Arte: dal Paroliberismo Futurista al Body Writer; Scrittura-Pittura in Italia negli anni ’80; Vx: writer multiplo della rosa rossa (con lo pseudonimo di V Rose).
[2] Dalmazio Frau, inedito.
[3] Il testo è estratto da: Vitaldo Conte, La parola sconfinante di Evola in Dada, in AA.VV., Quaderni Evoliani 2020, Edizioni Ritter, 2021.
[4] Franco Rella, Ai confini del corpo, Feltrinelli, 2000, p. 206.
[5] Sei Shonagon, Note del guanciale, Oscar Mondadori, 1990.
[6] Roland Barthes, Frammenti di un discorso amoroso, Einaudi, 1979, p. 77.
[7] Roland Barthes, L’ovvio e l’ottuso, Einaudi, 1985, p. 233.
[8] Emilio Villa, Attributi dell’arte moderna, 1947-1967, Feltrinelli, 1970, p. 119.
[9] Auguste Bruni, “Donazione Desiderio”…, ‘Fyinpaper’ (rivista online), 24/03/2021.
[10] Vitaldo Conte & Altri, Body writer: pulsione di sconfinamento, Gepas, 2010.
[11] Jean Baudrillard, La sparizione dell’arte (1988), Abscondida, 2012.
[12] Roland Barthes, Il piacere del testo, Einaudi, 1999, p. 66.
[13] Muse al Castello – Porta della Memoria (in ricordo di Enzo Gabellone), mostra a cura di Carmen de Stasio, Castello Granafei, Mesagne (BR), dicembre 2021. Catalogo.
Parti del testo sono uscite su testate online, tra cui:
_ Vitaldo Conte: Io writer del desiderio, ‘Futurismo2000’, 7 aprile 2021.
_ Writing the picture – Scrivere l’immagine, ‘Fyinpaper’, 23 giugno 2021.
_ Scrivere Arte: dal Paroliberismo Futurista al Body Writer, ‘Culturelite,’ 9 luglio 1921.
Vitaldo Conte