Rosa Rossa CibAzione: Fuoco d’Amore – Vitaldo Conte
Mistica, Eros, Creazione: attraversando storie, pubblicazioni, eventi come Augurio.
“Uomini e donne sono colpiti dai dardi d’Amore, in modo più o meno grave; da principio cadono a terra, ma via via che ci si avvicina a una figura centrale sono in piedi e hanno delle rose, simbolo della rinascita iniziatica” (Julius Evola)[1]. La mistica dei Fedeli d’Amore, oltrepassando ogni tempo, ha una possibile rappresentazione nell’immagine della Rosa Rossa. Che può divenire un Corpo-Fuoco nella sua stagione di Eros rituale, incarnando una SottoMissione d’Amore[2]. Questa mistica vuole essere una seducente creazione.
La Rosa Rossa esprime la rotta per molteplici erranze interiori ed espressive, in cui realtà e visionarietà convivono. Come può essere l’indicibile di-segno di una lingua d’amore. Così lo è stata, e lo è ancora, per me, caratterizzando il mio pensiero e le mie pagine del corpo-desiderio fra scrittura e arte. Questi percorsi attraversano i miei viaggi interiori e sotterranei: come quelli che ascoltano i richiami dell’invisibile. M’inducono a ricercare incontri e luoghi predisposti a “entrare” nei segreti della mia “narrazione”, seguendo il filo rosso della Rosa. Talvolta mi ripeto le parole di Gabriele d’Annunzio: “Cogli la rosa evita le spine”.
Rosa Rossa corpo e cre/azione d’Amore[3]
1. La rosa rossa appare nell’immaginario d’amore dell’amante, come in quello del poeta e dell’artista. Ma può divenire anche il segno di un passaggio che ci attraversa con la sua imprevedibile alchimia, emergendo, all’improvviso, nello scorrere della nostra esistenza. Il fuoco di una stagione del desiderio può infatti morire, come la vita, ma anche rinascere in una nuova esistenza o espressione. Come la rosa rossa che s’incarna in un corpo o in una scrittura d’amore e d’arte.
La rosa rossa diviene spesso il simbolo, profano e mistico, di offerte d’amore. Quando la seduzione della sua fioritura sfiorisce lascia una essenza del proprio passare oltre… Il ricordo del profumo esprimerà l’impalpabilità del passato transito. Lo stesso suo sfiorire lascia un’assenza presente di odore che il pensiero vuole poi dargli un senso struggente. Così questo fiore diventa il corpo mutevole di un Estremo Amore – mio tuo nostro – che vuole trasmutare l’altro in un suo Fedele. Il profumo del desiderio vive sulla pelle dell’amante, ma anche su tutto ciò che è stato in contatto con i suoi sguardi d’amore, che continuano a inseguire, nelle visioni e nel tempo, l’innamorato e l’artista.
La rosa “regina dei fiori”, come la definisce Saffo, rimane nel nome, ma “noi possediamo soltanto nudi nomi” (U. Eco). L’anima della rosa antica forse non esiste più, vivendo, prevalentemente, come immagine, nella dimensione recisa che “privilegia colore, grandezza, resistenza, produttività, a scapito dell’odore, fragranza antica” (G.M. Mottola). La rosa deve apparire oggi molto bella con i petali rosso-brillanti e lo stelo smisurato: l’esigenza del profumo diviene però un dettaglio di scarso valore. La rosa, sempre più ibrida, si disperde nella moltitudine delle esistenze globalizzate. Ogni rosa, “trovata” nella nuova ibridazione, deve lasciare il posto a un’altra, sempre più diffusa e commerciale. Questa proliferazione senza identità è espressa anche dall’immagine dell’extracomunitario che cerca di vendere con insistenza la sua rosa rossa, indicazione d’amore, a una coppia seduta al tavolo di un ristorante.
- La rosa perduta e il suo odore scomparso possono essere la maschera-metafora di un mondo che non si ritrova più fra le apparenze senza profondità del mondo di oggi. La nostalgia per questa perdita è simile a quella dell’antico tanguero a Buenos Aires, cosciente dell’ineffabilità dell’attimo fuggente. Non a caso il Tango ha influenzato, con la sua struggente ed erotica significazione, i linguaggi della creazione attraverso le seducenti danze delle sue rose rosse d’amore: pericolose per le morali sociali. Se durante uno degli iniziali duelli-tango fra uomini arrivava una donna, questa – come segno di sfida verso il maschio –, lo affrontava nel ballo con il corpo di una rosa rossa fra i denti: se era un bocciolo significava che era ancora vergine. Queste prime donne, che ballavano il tango, non usavano un’arma tagliente ma una rosa rossa, che, nel dualismo alchemico del ballo, voleva significare un’arma invisibile: “combattevano” disarmate, ma non per questo erano meno pericolose. La loro arma era nelle seduzioni del loro corpo in movimento. I petali di questa rosa rossa si aprivano sensualmente per incarnare le pulsioni della danza.
- La rosa rossa nel bianco come Art Dangereux era il titolo del mio intervento all’Università di Catania alla giornata di studio su L’Attualità dell’antimodernità (2006)[4]. L’incontro si svolgeva in una mattina di marzo, il mese in cui entra la primavera. La rosa offerta voleva emergere, perturbante e innocente, da un bianco supporto di creazione, per divenire la maschera rossa di una Danger Art: era un auspicio di rinascita per l’arte italiana dimenticata o occultata dai sistemi economico-ideologici. Fra le possibili ultime zone d’ombra, di cui mi ero già attivato per una loro visibilità, citavo: l’arte sociale e metropolitana; i linguaggi multimediali fra arte, poesia, suono, cine-video nei decenni ‘50/’60/’70; l’arte del Sud-Italia attraverso autori dimenticati; l’arte antropologica e ambientale; la donna-arte. Le espressioni della DonnaArte divenivano, nel marzo 2007, una grande esposizione che curai nel Salento (a Trepuzzi) con artiste italiane del Sud-Italia e dell’Iran. A questa iniziativa e all’incipiente primavera offrii ancora una rosa rossa, ricordando le parole di un poeta persiano (intorno all’anno Mille): “Se hai due monete con una compra il pane per i tuoi denti, con l’altra compra rose per il tuo spirito”.
- La rosa rossa può esprimere dunque la rotta per molteplici erranze interiori ed espressive, in cui realtà e visionarietà convivono. Come può divenire l’indicibile di-segno di una mistica d’amore che diviene arte in progress. Chi desidera in maniera totalizzante è naturalmente artista, elevando la propria vita e voluttà a una creazione che, nelle sue estreme vocazioni, aspira a divenire una missione d’amore. La rosa rossa ne diviene la molteplice significanza, esprimendo insieme passione e sofferenza, desiderio e l’oltre… E’ stata, e continua a esserlo per molti – mistici o avventurieri, artisti o letterati –, una maschera simbolica che vuole raccontare alchimie d’amore.
La rosa rossa è presente nella mia arte, per la prima volta a Parma (1998), in Il borderline rosso dell’amore: “Vitaldo Conte presenta l’evento come rito, dove la voce, la luce, il materiale dell’arte divengono un’azione collettiva in cui si perde il confine tra l’autore e colui che assiste. (…) Una striscia di carta termoelettrica ‘ha guidato’ sotto gli archi del borgo gotico delle Colonne in un luogo rituale tra i petali di una rosa rossa e la fiamma delle candele” (Vittoria Biasi)[5].
Gli scrittori e artisti del desiderio vogliono vivere, talvolta, in diari e spazi intimi dell’esistenza. La rosa rossa, come iconografia di appartenenza a qualcosa, aspira a divenire anche una creazione d’amore per mezzo delle pulsionali emozioni che animano i suoi supporti. La sua lirica sensualità vive nelle corpo-lettere di diverse segrete autrici che si consacrano a questa espressione, segnando momenti del suo passaggio. Come le artiste che ho presentato in esposizioni sull’Eros Parola d’Arte, dedicate alla Rosa Lussuria futurista di Valentine de Saint-Point (Lecce 2010). Queste usano, nei loro lavori, una rosa rossa per esprimere stagioni e presenze d’amore, ricercando fusioni di arte e vita attraverso una mistica lussuria. Le loro corpo-grafie narrano “legami di desiderio” che firmano talvolta con un nome “altro”, al limite del rituale. Le carte sono spesso segnate dal bacio rosso delle labbra che si aprono come rose. Diventano rosse lettere d’amore in colloquio con l’immagine desiderata: “L’innamorato è dunque artista (…) poiché ogni immagine vi ha la sua propria fine (niente al di là dell’immagine)” (Roland Barthes)[6]. La creazione del desiderio è destinata ad apparire in una esistenza del visibile per poi scomparire. Così come accade nell’alchimia di un amore, quando la sua stagione è segnata dallo sbocciare di una rosa rossa antica.
Rosa rossa di desiderio (dal mio racconto premiato al 1° Premio Letterario Narrativa EroticaMente, Roma 2014).
Una notte, vicino al solstizio d’estate, sognai tre rose rosse. Erano disperse a terra vicino a una sorgente d’acqua. Nella mia visione si trasmutarono, un po’ alla volta, in tre rosei corpi di donna. Erano nude presenze con lunghi capelli dai colori diversi: neri, biondi, rossi. Queste donne, dall’incedere danzante, apparivano mistiche e oscene nello stesso tempo. I loro volti erano celati da maschere rosse come per proteggere un segreto.
Al risveglio mi domandai: – Erano sacerdotesse o presenze fantastiche? –. Una voce interna mi rispose: – Erano essenze di donna trasformate in dee dopo essersi nutrite del nettare della rosa –.
Compresi allora che la rosa rossa, incarnatasi in corpi, diveniva segno di un mistico desiderio. Voleva, attraverso di me, rivivere in nuove alchimie rituali. Quelle che stavo ricercando da tempo come creatore, oltre che come essere umano. Dovevo comprendere un qualcosa che mi chiamava oltre le apparenze della vita. Erano significati nuovi che avvertivo però come già conosciuti, già vissuti dentro di me. Volevano ritornare a esistere con i loro segreti percorsi e significati. Avvertii che, per permettere a questo viaggio di attraversarmi, avrei dovuto viverlo con l’anima del mio corpo.
Ho voluto quindi vivere rituali del desiderio estremo della rosa rossa attraverso il sogno e lo sguardo, ripercorrendo il mito come realtà. Nel sogno si è più vicini allo sguardo degli dei. Nelle alchimie dello sguardo il fedele d’amore della rosa rossa si perde, perché vuole ritornare all’origine come un sogno.
Rosa rossa: corpo ‘di-segno’ segreto (in AA.VV., Non aver paura di dire..., 2015)[7]
l’arte-desiderio non ha paura di dire:
se tu fossi un fiore saresti una rosa rossa…
La rosa rossa può divenire l’indicibile di-segno di una mistica desiderante, incarnando missioni d’amore come creazione. Queste, “travestite” con la sua maschera simbolica, possono resuscitare cerimonie pagane. Pur lontane nei tempi, vivono ancora dentro di noi come presenza ancestrale che fluisce, in maniera sotterranea, fra memorie, sogno e lucida follia. In questo estremo viaggio non c’è l’ombra del peccato, del giudizio morale: non c’è neanche la paura di dire…
I rossi petali di una rosa mi hanno inseguito per anni come presenza invisibile. Li sentivo palpitare sulla pelle, finché volli tatuare questa rosa immaginata sul mio ventre nel Salento, nella terra del ragno del dio che danza. E poi su quello delle amanti artiste, sacerdotesse di questa rituale condivisione, al termine del loro interiore percorso di conoscenza. Questa rosa rossa tatuata sul ventre ha, nel proprio interno, un occhio che guarda: è lo stesso che ora mi fissa nelle indicibili visioni.
Da una testimonianza di Carmelo Strano[8]
“Rosa Rossa in sguardi di Desiderio (…). Il racconto di Conte ha un titolo che per lui emblematico. La rosa rossa è un suo leit motiv nella scrittura e nelle performance tra arte e azione teatrale. Ma basterà ricordare la performance più audace: lanciarsi, assieme al suo tutor, col paracadute con la rosa rossa in bocca. E poi il suo pensare, il suo essere, il suo fare e scrivere, tutto è tinto di rosso “fuego”. Lo fa anche senza sforzo. Basti pensare che usa due parole che si differenziano per il fatto che l’aggettivo rossa ha una “s” in più. Certo il suono è diverso: dolce quello del fiore, aspro quello del colore. Due timbri che Conte combina variamente, giocando spesso di variazioni sul tema”.
Rose rosse a Marco Pantani[9]
“La bici è poesia (…) le Ombre della Notte (…) si protendono dietro le mie spalle guardando curiose e meravigliate un ciclista che rigonfia di Poesia un nuovo pneumatico-ideale” (F.T. Marinetti).
Come ho già detto, in un evento dedicato al ciclismo nel 2009 a Messina, davanti al mare, parlando di Pantani, notavo che la sua vita e la sua disperante fine erano esempio di una poetica maledizione. Sembrerebbe che vicino al suo corpo siano state trovate misteriose rose rosse[10]. Io amavo Pantani quando correva in bicicletta, ma la sua fine mi ha colpito più delle sue vittorie. Il Pirata ha suscitato emozioni difficilmente rinnovabili. La sua bicicletta-vita è un viaggio degno di un poeta, dolcemente maledetto dalle sue erranze. Qualcuno ha giustamente ricordato che quando Pantani vinceva erano tutti vicino a lui: a lui che è morto da solo. Della sua morte tutti ne hanno colpa. La sua ultima testimonianza-lettera, in cui riconosce di aver sbagliato, finisce così: “Non sono un falso, mi sento ferito e tutti i ragazzi che mi credevano devono parlare… Ciao Marco”.
Marco Pantani è morto in solitudine il 14 febbraio 2004 nel giorno di San Valentino. Nel giorno in cui si regalano e si ricevono rose rosse d’amore. È morto in una stanza dell’Hotel ‘Le Rose’ di Rimini. Vicino al corpo c’era un suo ultimo biglietto scritto con parole cifrate: “Colori, uno su tutti rosa arancio come contenta, le rose sono rosa e la rosa rossa è la più contata”[11]. Sul suo cadavere fu trovato un tatuaggio con una faccia e una rosa sulla regione pettorale sinistra.
Se la bici è poesia, il modo di correre e scattare del Pirata verso la cima era un’azione performativa di emozioni. Come si rivela in una sua dichiarazione: “Tra me e la montagna esiste da sempre un rapporto territoriale. Ogni volta che la strada tende a salire, mi assale il desiderio di dimostrare a me e agli altri che lì sono l’unico e vero interprete. Quello è il mio territorio… Mi piace la montagna, mi piace aggredirla tutta d’un fiato, con scatti continui uno dopo l’altro. È un assolo, un crescendo musicale che raggiunge note acute e sublimi” (Marco Pantani, 1997). Una rosa rossa alla sua poesia in bici.
Rosa rossa: Legame Desiderio e poesia di CibAzione d’Amore
Chi ama può desiderare di elevare la propria vita e voluttà a essere una creazione. Che aspira, nelle sue vocazioni estreme, a ricercare una schiavitù d’amore. Le sue alchemiche corde avvolgono un corpo con il filo rosso dell’Eros Ritual Legami. Il corpo di Desiderio si incarna in quello di una rosa rossa per vivere il Legame.
“La CibAzione d’Amore è una antropofagia rituale che può divenire Poesia-Arte”: scrivo a proposito di un mio evento-racconto sul desiderio ad Anzio (2015)[12]. Le sue indicazioni ispirano mie scritture poetiche, incluse in antologie di poesia erotica.
– L’alchimia ti apre nella notte / come un’oscena rosa / rossa in legami di lussuria / che incarnano corde d’amore / per il nostro rituale oltre la vita. / (…) Solo così sarai sempre mia / dannata rosa con un corpo rosso / desiderio. – (In Teorema del corpo II / Dire di eros, 2018)[13].
– Sfuggire, fuggire per ritrovarci / in legami di voluttà / che se li sciolgo / disperdo il tuo respiro / e tu non saresti più mia / estrema rosa rossa che ricerco / nel sogno delirio dei rituali di desiderio. / Ti offri nella notte come suadente fiore / invitandomi a cibazioni di lussuria. – (in Lunario di desideri, 2019)[14].
Fabrizio De André annota nel suo brano: “La chiamavano bocca di rosa / Metteva l’amore sopra ogni cosa / Lei lo faceva per passione”. La Rosa Rossa può incarnare una Mistica che “parla” attraverso le seducenti aperture dei suoi petali-legami e delle calde bocche della Cib/Azione d’Amore. Crowley scrive all’amante: “Io non posso vivere senza di te. L’altra bocca d’inferno mi avrà, ma non sarà tanto calda come la tua”[15].
Il Famismo come Arte, ricordando Gino Raya
Attraverso, nel mio libro SottoMissione d’Amore[16], il pensiero sul Famismo del catanese Gino Raya (1906-87)[17]. Questo pensatore eleva la fame a energia, a naturale pulsione di esistenza, erotismo e creazione: “Per capire l’arte bisogna partire dal corpo. Nel corpo umano in quanto più evoluto degli altri animali, si deve poter trovare la radice tanto del sadismo quanto dell’arte”[18].
Il sadismo può rappresentare la segreta molla dell’esistenza e del rapporto ritmico con l’arte, soprattutto quello espresso dalla danza, in questa dinamica genitrice di tutte le arti. Un corpo ferito a morte può essere insieme ritmo, sadismo, arte: come nelle mani del bambino che seziona la lucertola, nel movimento del torero che esegue la sua corrida. Un corpo è fame, ma la fame è ritmo: ciò “informa” il pasto e la sua rievocazione, anche quando questo non è consumato. Il primo legame fra arte, gioco e sadismo, consiste, nell’espansione del ritmo-pasto: il suo senso può scendere nella direzione più semplicistica e divorante, ma può protendersi verso vette sempre più elevate. Se l’essenza dell’arte è il ritmo, il suo banchetto antropofagico vuole celebrare la propria danza-opera: in questo rituale il corpo ha bisogno dell’artista. La contiguità ritmica fra arte e sadismo entra nella danza originaria dell’universo, che è già ritmo.
La Cib/Azione mistica del Pane
“Nel corso del tempo, la crescente importanza della funzione simbolica su quella nutritiva ha trasformato il cannibalismo da un semplice comportamento a un modo di pensare” (Willy Pasini)[19].
Il Corpo d’Amore può trasmutarsi simbolicamente in un cibo: come nel Pane. Che, insieme al Vino, rappresenta il corpo e il sangue di Gesù Cristo nella cibazione mistica dell’Eucaristia. Questa diviene la Santa Comunione per il Fedele. Si legge nel Catechismo: “Il Corpo di Cristo, che riceviamo nella Comunione, è dato per noi”. L’Eucaristia diviene dunque, attraverso il Pane, cibo dell’anima: Cristo è presente come Corpo e Sangue, Anima e Divinità. Vivifica la fede in chiesa attraverso il Sacramento: “Gesù prese il pane, lo spezzò e, mentre lo dava ai discepoli, disse: Prendete, mangiate: questo è il mio corpo” (Matteo 25, 26). Cristo moltiplica poi il pane per saziare tutti. Diviene una sostanza che il Fedele assume per esigenza d’Amore.
Il Pane, in civiltà antiche, a differenza dello spreco consumato nell’oggi, è oggetto di venerazione: non lo si da infatti come cibo agli animali. Gli arabi spesso, a livello popolare, non lo tagliano con il coltello perché “il pane non si uccide”. È considerato quasi una creatura vivente. Un proverbio francese dice: “Senza pane e senza vino, l’amore non è nulla”.
Il ‘Pane come don/azione’ per Fedeli d’Amore
“Pane è la più gentile, la più accogliente delle parole. Scrivetela sempre con la maiuscola, come il vostro nome” (Insegna di un caffè russo).
Pane come don/azione d’Amore è il titolo-percorso del mio evento performativo in Expo (IV ed.) a Vicovaro (RM), al Complesso conventuale di San Cosimato l’8 dicembre 2022. Questo si collega alla mostra d’arte Pane: cibo per l’anima, a cura di Lucrezia Rubini che scrive a proposito dell’evento: “ha armoniosamente aperto un orizzonte inedito, coinvolgente e di condivisione, nell’ambito delle tematiche trattate dagli altri 18 artisti presenti in mostra. Dalla ‘comunione’, dalla consumazione, dalla introiezione nel corpo stesso, dalla materia primordiale Pane, l’azione performativa è assurta a simbolo, spiritualità, religiosità, consustanziazione, condivisione com-partecipata e, di nuovo, comunione”[20].
Dialogo, nell’evento con la creazione di Laura Baldieri: espressa attraverso un cuore di pan di mele “arrossato” in colloquio con i petali di una rosa rossa. L’opera d’arte vuole essere vista: ma, in questa occasione, vuole essere anche offerta per essere “mangiata”, in quanto vuole vivere nel corpo dei Fedeli d’Amore. La don/azione diviene la nostra condivisione rituale. Io artista divento anche “curatore” (come è indicato nella locandina della manifestazione) del percorso performativo, in cui convivono: mie pagine con pensieri scritti da altri sulle alchimie del Pane; una maschera d’arte (di Tiziana Pertoso); carte d’amore offerte all’evento. Le presenze del percorso costituiscono il Corpo-Pane di una don/azione d’Amore come Arte. Flory B scrive: “La mia Anima ti pensa o Pane che in una piccola Rosa Rossa racchiudi silenzi e susciti pensieri nascosti… Ora ti trasformi in dono d’Amore”.
“Il pane, come il vero amore, richiede tempo, dedizione, mani forti e amorevoli, e pazienza” (Melissa Hill).
Il Fuoco nel Solstizio d’Inverno come Ritual Estremo Amore della Rosa
L’arte performativa può ricercare il Fuoco della propria espressione d’Amore attraverso la memoria delle sue ritualità. Come quelle che si svolgono per il Solstizio d’Inverno.
Espongo, il 23 dicembre 2022, la mia espressione body writer a Roma, all’Atelier Montez. A latere presento, in un poster e in foto-laser, la documentazione del mio evento Ritual Estremo Amore (2 dicembre 2016): il suo video viene proiettato sullo schermo. A tutto ciò dedico una rosa rossa su un tavolino.
In questo attraversamento di iniziative e ricordi avviene, non annunciato nella locandina, un nuovo momento performativo, che si svolge come un flash mob, sul Segreto Solstizio d’Inverno. Questo lo avevo espresso il 20-21 dicembre 2015, sette anni prima (un ciclo di vita, dunque) a Roma, all’aperto sulla Via Casilina. In un braciere venivano bruciate carte e suppliche d’amore. Questo contenitore viene riportato nel nuovo appuntamento, a Roma nel 2022, per riaccendere e accogliere quella fiamma antica, attraverso alcune di quelle persone presenti. Che vogliono ricordare ora tre persone care decedute, partecipanti al precedente incontro. Quel fuoco rivive attraverso la nuova don/azione di carte d’amore, circondata dai presenti che si tengono per la mano.
Il Fuoco, come quello d’Amore, alimenta il Ritual dell’arte-azione. Come in Fuecu: eventi che ho espresso nel 2010, nel Salento, sulla Rosa Lussuria Futurista di Valentine de Saint-Point. Ho ricordato, il 22 dicembre, la notte del Solstizio d’Inverno con un’azione a Novoli, luogo dove si svolge ogni anno a metà gennaio la Focara (celebrazione nota nel mondo), indicante un falò in onore a Sant’Antonio. Nell’evento i convenuti bruciavano, insieme a me, in contenitori “in fiamme”, le lettere-reliquie d’amore per un Fuecu oltre la Vita. La Rosa invisibile si apriva… Come oggi per lasciare il suo rosso come filo per i suoi Fedeli Amanti…
[1] J. Evola, Metafisica del sesso, Edizioni Mediterranee, Roma 1969, p. 230.
[2] V. Conte, SottoMISSIONE D’AMORE (la rosa rossa come arte), Rosa Rossa /3, Il Raggio Verde ed., 2007. Parti del libro sono stralciati in questo testo.
[3] Parti del testo, con variazioni di stesura, sono pubblicate sul numero monografico su L’Amore, ‘Dionysos’ n. 2, Edizioni Tabula fati, Chieti, 2017; Arte Ultima (Pulsional Ritual Virtual), Avanguardia 21 Edizioni, 2016.
[4] V. Conte, La rosa rossa nel bianco come l’Art Dangereux, in L’attualità dell’antimodernità, giornata di studio, Monastero dei Benedettini, Università di Catania, 2 marzo 2006. Il testo è pubblicato su AA.VV., L’attualità dell’antimodernità, Lumieres Internationales, Lugano 2008. Fra gli altri relatori / autori: H. Godard, A. de Benoist, P. Barcellona, G. de Turris, ecc.
_La rosa rossa nel bianco come frammento-tango di Art Dangereux, ‘Arte e luoghi’ n.5, 2006.
[5] V. Biasi, Accordi di luce, Teseo Ed., 1998.
[6] R. Barthes, Frammenti di un discorso amoroso, 1977; Einaudi, 1979.
[7] V. Conte, Rosa rossa: corpo ‘di-segno’ segreto, in AA.VV., Non aver paura di dire…, a c. di AA.VV., Heliopolis Ed., 2015.
[8] C. Strano, 2020: ‘Fyinpaper’; in Sguardi di Eros Donna Demone della Trasformazione, e-book, Tiemme Edizioni Digitali; ‘Culturelite’.
[9] Il testo è letto da V. Conte in CicloInVerso, Piazza Lanzuisi / Castello Templari, San Felice Circeo (LT), 28 giugno 2014. In CicloInVerso / Poesia in Bicicletta, a cura di Enrico Pietrangeli, Ed. Controluce, 2014.
[10] Giallo, la morte di Pantani e i misteri della Rosa Rossa, museoantiinter.forum.it, 4 agosto 2014.
[11] «Pantani ucciso»: ecco cosa scrisse prima di morire, www.ilmessaggero.it, 2 agosto 2014.
[12] V. Conte, CibAzione d’Amore (Parole memorie sonorità per raccontare il desiderio), Parco Archeologico di Anzio, 2015:[12] in ‘Shingle22j, Biennale d’Arte Cont. / Sez. di Poesia-Arte performativa a cura di U. Magnanti’.
[13] V. Conte, Corpo rosso desiderio, in AA.VV., Teorema del corpo II / Dire di eros, antologia a cura di D. Amati, Fusibilialibri, 2018.
[14] V. Conte, Legame Desiderio, in AA.VV., Lunario di desideri, a cura di V. Guarracino, Di Felice Ed., 2019.
[15] A. Crowley, Boca do Infierno, acquerello su carta,1931.
[16] V. Conte, SottoMISSIONE D’AMORE (la rosa rossa come arte), cit.
[17] G. Raya: L’amore come antropofagia, Ciranna, Roma 1965; L’arte come danza, Ciranna, Roma 1966; ecc.
[18] G. Raya, La fame: filosofia senza maiuscole, Amicucci, Padova 1961.
[19] W. Pasini, Il cibo e l’amore, Mondadori Ed., 1994.
Parti del testo sono pubblicati online su: ‘Culturelite’ (9 maggio 2018); ‘Critica Impura’ (31 luglio 2018).
[20] L. Rubini, in G. Moscatelli, Pane: cibo dell’anima, IlTerritorio.net, 23 dicembre 2022.
Vitaldo Conte