Antitesi tra dialettica del politicamente corretto e lingua taumaturgica –
Porta Secvnda: arcana vmbrarum regni – Frank Tudisco
DE VMBRARVM REGNI
NOVEM PORTIS:
Interpretazione simbolica ed esoterica del film “La Nona Porta” di Roman Polanski
– a cura di Frank Tudisco
“L’epigrafe è CLAUS.PAT.T. Ovvero, CLAUSAE PATENT, “Aprono quanto è chiuso”, le porte chiuse. Un eremita davanti a una porta chiusa. Una lanterna per terra e due chiavi in mano. Lo accompagna un cane. Al suo fianco un segno simile alla lettera ebraica Teth”.
(Baronessa Frieda Kessler)
nalizzando l’incisione della Seconda Porta cogliamo dapprima una figura riconoscibile nell’aspetto al Nono (VIIII e non IX) Arcano dei Tarocchi, L’Eremita. Giace in piedi davanti ad una porta chiusa tenendo in mano due chiavi. La consueta lanterna accesa che lo contraddistingue è stavolta poggiata a terra alla sua destra, mentre un piccolo cane nero lo scruta dal basso alla sua sinistra. La lettera ebraica Teth (dal valore numerico9) appare invece in alto accanto alla sua testa.È interessante notare come questa sia l’unica porta, tra tutte quelle raffigurate nelle incisioni, fregiata da un batacchio dalla forma circolare, simbolizzante lo Spirito. Il battente suggerisce l’attività di ricerca interiore in cui l’Eremita è impegnato.
“Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto, perché chiunque chiede riceve; colui che cerca trova, e a colui che bussa sarà aperto”
(Matteo 7: 7-8)
La lanterna dell’Eremita, che arde anche in pieno dì, allude allo sviluppo di una comprensione che illumina la vera natura delle cose, anche quelle che si pensa di aver già distinte chiaramente alla luce della coscienza ordinaria.
“Appartiene al filosofo Diogene, che tanto disprezzava i poteri temporali da chiedere al potente Alessandro un’unica grazia, di non fargli ombra, di farsi da parte perché gli copriva il sole, la luce”.
(Baronessa Frieda Kessler)
Un altro attributo tradizionalmente legato al VIIII Arcano dei Tarocchi è il serpente. L’Eremita infatti, molto similmente a questo, è solitamente accompagnato da un serpente o da un bastone. Il serpente è simbolo di saggezza e di conoscenza, è la Kundalini, l’energia divina che, volta interiormente e verso l’alto, potenzia la ricerca interiore. In un primo acchito sembrerebbe che il bastone/serpente venga meno in questa incisione, ma in realtà è presente nella forma della lettera ebraica Teth. Le lettere ebraiche hanno significati specifici e Teth significa proprio “serpente”.
“Nella filosofia occulta, il serpente e il drago sono i guardiani del recinto meraviglioso, del giardino o del vello d’oro e dormono con gli occhi aperti. Sono lo Specchio dell’Arte.”
(Baronessa Frieda Kessler)
Poiché le lettere ebraiche vengono lette da destra verso sinistra, osservando la forma di Teth, oltre alla rassomiglianza col serpente, noteremo anche che il primo movimento nell’ascesa verso Dio è un movimento interiore, una conoscenza di Dio nel cuore del nostro essere.
“Il Regno dei Cieli è dentro di voi”.
(Luca 17, 20-21)
Teth è un’attribuzione appropriata allo stadio di discepolato rappresentato mediante l’icona dell’Eremita. Un periodo di tempo in cui l’attenzione e le energie devono essere sottratte dall’impegno ordinario con il mondo esterno e rivolte verso l’interno alla ricerca dei significati più intimi e di disvelamento del proprio sé. La sua folta barba è simbolo di virilità e coraggio, ma è anche misura di saggezza che va aumentando con l’avanzare degli anni per via della sua crescita costante e il progredire della sua lunghezza.
“Al suo fianco lo stesso cane nero che secondo la leggenda accompagnava Agrippa. Il cane fedele… Da Plutarco a Bram Stoker e al suo Dracula, senza dimenticare il Faust di Goethe. Il cane nero è uno degli animali preferiti dal diavolo per reincarnarsi…”
(Baronessa Frieda Kessler)
In tutte le tradizioni del mondo la simbologia prevalente del cane è quella di uno spirito custode che tiene l’uomo lontano dai pericoli nonché presagire o preannunciare gli eventi. Il cane è dunque un animale che solitamente “sta di guardia”, funzione che si esplica innanzitutto nella custodia dei regni in cui sia estremamente pericoloso accedervi. Se il cane risulta essere in qualche modo legato al Regno degli Inferi – in ordine discendente – allora il suo “contrario” – in ordine ascendente –potrebbe analogamente condurci al Regno dei Cieli. Sorprendentemente la lingua inglese è in grado di fornirci, anche se non più che per gaio equivoco, uno spunto pertinente; il termine dog – “cane” – se invertito si tramuta in God –“Dio”. La similitudine o meglio la funzione di tramite interposta tra il “fedele amico dell’uomo” e “Dio” diventa maggiormente comprensibile con l’ausilio della mitologia tradizionale. Anubi, antica divinità egizia, aveva l’aspetto di un cane dal manto rossiccio e solo in seguito, durante il Nuovo Regno, prevalse la consuetudine di ritrarlo in sembianze antropomorfe con il corpo di un uomo e la testa di un canide. Uno dei suoi compiti era quello di guidare le anime nel cammino verso l’Aldilà e condurle al cospetto di Osiride nella Sala del Giudizio. Anubi era beffardamente chiamato, dai Greci, abbaiatore, mentre il poeta latino Virgilio (Eneide VIII, 698) lo chiama latrator Anubis, abbaiatore Anubi. In altre occasioni era comparato alla stella Sirio, al dio Ade o al cane a tre teste Cerbero –Guardiano degli Inferi.
La radice semitica da cui deriva la parola “cane”, è klb, da cui il sostantivo ebraico keleb, composto dai termini כָּל (kal, “intero”, “tutto”) e לֵב (lev, “cuore”). L’assenza di una precisa vocalizzazione del termine keleb ha consentito libere interpretazioni del termine come il nome biblico Chelub, con la u in luogo dell’originaria lettera “e” finale, la cui traslitterazione greca è Kolub, Koloub o Koleb; Chelub è la variante meno nota di Caleb o Kaleb, nome molto diffuso nei Paesi anglofoni, il cui significato è ancora “cane”. Inoltre Caleb è uno dei nomi di Sirio in lingua ebraica e siriaca: poiché la stella principale della costellazione del Canis Majoris, Sirio, è nota in inglese come the Dog Star, la “Stella del Cane” e, per la stessa ragione, una delle sue denominazioni in arabo è Al Kalb al Akbar, il “Grande (Akbar) Cane (Kalb)”. Ciò che stiamo tentando di dimostrare è che nella simbologia del cane esiste un’analogia tra il cuore e il cervello. Infatti, entrambi gli organi costituiscono due caratteri opposti dell’intelletto umano. L’intelletto puro che risiede nel cuore e la ragione, capacità logica del cervello di discernere e formulare il pensiero.
Tornando alla simbologia del cane possiamo aggiungere tuttavia che nonostante il suo aspetto terrificante, il cane nero incarna un’accezione tutt’altro che nefasta; proprio come farebbe un amico fedele, che protegge il suo padrone dalle aggressioni sul piano fisico, così protegge l’anima del defunto nel piano spirituale e guida con sicurezza l’anima nell’altro mondo. Simboleggia inoltre una forma addomesticata e utile dei nostri istinti animali che possono “annusare” e avvertire il pericolo, difenderci lealmente da potenziali aggressori, morderci nelle gambe qualora non mantenessimo il passo o per tenerci in riga, urtando il nostro lato psicofisico e sentimentale quando ci troviamo in pericolo. L’Eremita, infatti, oltre alla più alta conoscenza e saggezza di cui è alla ricerca, deve anche reintegrarsi e tornare in contatto con la sua psiche cosciente e con i propri istinti animali utili, simboleggiati dal piccolo cane.
Le due chiavi nella mano dell’Eremita appaiono anche in alcuni dei principali trionfi dei Tarocchi, una delle quali è tradizionalmente oro e l’altra argento. Nella simbologia alchimica, oro e argento riflettono entrambe luci differenti, una spirituale e l’altra emozionale. Questo simbolismo è parallelo ad altre polarità come Sole/Luna e maschile/femminile e indica che l’Eremita deve raggiungere una sintesi equilibrata di intelletto e sentimento, di percezione sia destra che sinistra e deve rimanere aperto sia spiritualmente che mentalmente per ricevere ispirazione dalla veglia conscio-razionale oltre che dal subconscio nel tentativo di sbloccare le porte che conducono alla vera saggezza.
Inoltre, simbolicamente parlando, la figura dell’Eremita è in perfetta sintesi con un’altra figura tradizionale, quella di Giano, che porta due chiavi. Ianus deriva dalla radice indoeuropea y-a, da cui il sancrito yana (via) e il latino ianua (porta). Le chiavi sono quelle delle due porte solstiziali, Ianua Coeli e Ianua Inferni, che corrispondono rispettivamente al Solstizio d’Inverno e al Solstizio d’Estate, cioè ai due punti estremi della corsa nel ciclo annuale, poiché Giano, in quanto “Signore dei Tempi”, è lo Ianitor che apre e chiude questo ciclo – Ianitor, ianuarius (uscio) = Gennaio. D’altra parte era anche il dio dell’iniziazione ai Misteri, initiatio deriva da in-re, “entrare”, il che si ricollega pure al simbolismo della porta. Dunque, siccome Giano era considerato il dio dell’iniziazione, le sue due chiavi – unad’oro e l’altra d’argento – eranoquelle dei “Grandi Misteri” e dei “Piccoli Misteri”; per usare un altro linguaggio equivalente, la chiave d’argento è quella del “Paradiso Terrestre” e la chiave d’oro è quella del “Paradiso Celeste”. La chiave d’oro – la“Grande Guerra Santa”, per gli islamici – rappresentail potere spirituale e la chiave d’argento –la “Piccola Guerra Santa” – ilpotere temporale. Le due feste solstiziali relative a Giano sono state poi rimpiazzate dai due “Giovanni” presenti nel calendario dei santi. Se Giovanni Battista, festeggiato il 24 giugno, si colloca all’interno del solstizio estivo, l’altrosi colloca esattamente al suo opposto intorno al solstizio invernale; San Giovanni Evangelista viene festeggiato il 27 dicembre. Giovanni deriva dall’ebraico Yehohannan composto dalle parole: “Yahweh” – Dioe “da hanan” – cheha duplice significato di misericordia e lode. Così Giovanni potrebbe significare sia “Misericordia di Dio” che “Lode a Dio”.
Nell’incisione siglata “AT” l’eremita tiene le chiavi nella mano destra.
Nell’incisione siglata “LCF”l’eremita tiene le chiavi nella mano sinistra.
Nell’Albero della Vita il sentiero orizzontale di Teth collega la sephirah Chesed (Misericordia) con la sephirah di Geburah (Giudizio), talvolta chiamata anche Pachad (Paura). Quando la figura dell’essere umano viene sovrapposta allo schema dell’Albero Sephirotico, il volto microcosmico guarda verso di noi come riflesso in uno specchio, cosicché la sephirah di Chesed venga identificata con il braccio sinistroo Boaz, Il Pilastro Destro. Sebbene Giudizio e Misericordia costituiscano una polarità che sull’Albero debba essere opportunamente bilanciata, Chesed è in realtà collocata più in alto rispetto a Geburah, poiché è la prima energia incarnata ad essere stata creata o ‘emanata’ dalla Triade Superna*. Per mantenere un orientamento ‘ascendente’ sull’Albero, per continuare a dirigerci nella direzione dello Spirito, una volta raggiunto un efficace equilibrio operativo tra Chesed e Geburah, è necessario dare sempre un vantaggio alla Misericordia rispetto al Giudizio. Questo è un altro modo di esprimere la verità cristiana secondo cui il Cristo non sia venuto per distruggere la legge, ma bensì per “adempierla”, per perfezionarla inserendola nel contesto della Divina Misericordia o Amore.
* Per meglio comprendere i concetti di Misericordia, Pietà o Grazia (tutte costellazioni simboliche di Chesed) pensati come idee subordinate ai concetti di Giudizio, Forza o Severità (desumibili da Geburah), ci basterebbe notare come la “grazia”sia una qualità che viene concessa per mezzo dell’interazione di una forza attiva nei confronti di una forza passiva. La grazia concessa da Dio al suo popolo, dal Re ad un suo suddito, da un capo di statoo qualunque altra autorità che in nome del ruolo che riveste e per il potere di cui è investita può concedere la grazia ad un condannato o ad un colpevole.
Nella Divina Commedia di Dante e più precisamente nel Canto IX del Purgatorio, l’angelo che custodisce la porta tra l’Inferno e il Purgatorio usa queste stesse chiavi d’oro e d’argento per sbloccare la porta che Dante deve oltrepassare:
L’incontro con l’angelo guardiano della porta del Purgatorio avviene all’interno del rituale della confessione e della successiva penitenza. La Misericordia (v. 111) è la condizione necessaria a tutte le anime per fare ingresso nel Purgatorio. Senonché il Giudizio dato a un’anima è diverso da quello dato ad un mortale, dal momento che l’anima non può più ricadere nel peccato, come può invece succedere ad un uomo in carne ed ossa come Dante; da qui poi il monito a non volgersi indietro, una volta entrato. Quindi la porta viene aperta con due chiavi che l’angelo ha ricevuto in custodia da San Pietro: l’una è d’oro e rappresenta il potere ricevuto da Cristo di assolvere i peccati, l’altra d’argento e rappresenta la capacità del Ministro di Diodisaper dispensare sapientemente penitenza e perdono. L’eremita che tiene le chiavi nella mano sinistra manifesta questa stessa inclinazione alla Misericordia. In un contesto più generico, la mano destra può anche simboleggiare ciò che è già noto e consapevole e la sinistra ciò che rimane inconscio. La ricerca conduce l’eremita nelle profondità del proprio inconscio e dell’inconscio collettivo dell’umanità. Il fatto che tenga le chiavi nella sua mano sinistra indica anche che è il suo vero e più profondo intento cercare la verità e la saggezza autentiche e non solo per coltivare l’aspetto superficiale o meramente nozionistico della conoscenza.
La Prima Porta ha stabilito l’orientamento di base del discepolo verso obiettivi materiali o spirituali. La Seconda Porta permette all’adepto di intuire attraverso una sorta di “lungimiranza” quale deve essere l’atteggiamento dominante della coscienza per riuscire nella ricerca.
Sebbene in funzione di una visione premonitrice e quindi di un contesto in cui il concetto di giudizio sarà più evoluto, dalla prospettiva dell’ego – ovvero il punto di osservazione che il nostro viaggiatore detiene adesso relativamente alla versione “AT” dell’incisione – il giudizio si manifesta con un atteggiamento egocentrico e competitivo. La sephirah del Giudizio si identifica con il pianeta Marte con l’implicazione che, per poter vincere, tutti gli altri debbano perdere. Questo presupposto può generare timore (Pachad) – che qualcun altro possa riuscire prima di noi nell’impresa – rabbia – verso chiunque sembri essere più avanti di noi o si trovi sulla nostra stessa strada– e giudizio – una tendenza non necessariamente volontaria che ci porti a disprezzare gli altri, giudicandoli dall’alto in basso e assumendoci il potere di condannare deliberatamente gli eventuali concorrenti o rivali ed etichettandoli come “indegni”. Questa è la sintesi rappresentata nella versione “AT” dell’incisione in cui le chiavi sono tenute nella mano destra (Pilastro Sinistro, Geburah). Non è molto difficile riconoscere che questa sia la strada imboccata da Boris Balkan.
La versione “LCF” dell’incisione, in cui le chiavi sono tenute nella mano sinistra, rispecchia un atteggiamento allineato con la sephirah della Misericordia, che riflette le qualità del pianeta Giove – uno spirito saggio, aperto, generoso, consapevole che “siamo tutti nella stessa barca” e che, nell’ottica di un autentico percorso spirituale, il modo più sicuro per avere successo sia fare del proprio meglio per aiutare gli altri e spuntarla insieme.
Il soggetto principale dell’incisione della Seconda Porta è l’Eremita, la cui ricerca interiore lo porta sul sentieroche attraverso Tiphereth, punto di equilibrio dell’Anima, conduce a Chesed, Regno del Sentimento Superiore.
Victor Fargas vive in solitudine nella sua sontuosa e antica villa di famiglia – che un tempo vide lustri migliori. Il piano principale quasivuoto della sua casa suggerisce ch’egli sia sopravvissuto già da alcuni anni vendendo i suoi mobili, le sue opere d’arte e parte della sua collezione di rari libri antichi. Non ha pretese, si mostra gentile con Corso e filosofico riguardo al declino della sua fortuna.
“Le vecchie famiglie sono come le antiche civiltà, si esauriscono e muoiono”.
(Victor Fargas)
Il volto dell’Eremita, raffigurato nell’incisione, somiglia molto a Fargas e poiché non è stato modificato rispetto alla versione originale del romanzo di Pérez-Reverte, ciò probabilmente significa che il ruolo per il film sia stato scelto sulla base di questa somiglianza. Fargas è un uomo colto, suona il violino e apprezza i pochi bicchieri di cristallo pregiato rimasti per la loro pregevolezza e manifattura, piuttosto che per il loro valore economico. Il suo apprezzamento per la musica e l’arte raffinata è una prerogativa del Sentimento Superiore e sembra inoltre considerare i suoi libri occulti allo stesso modo, come rari “oggetti d’arte”, senza apparentemente impegnarsi intellettualmente nell’esplorazione del loro contenuto. Considera la sua copia personale del libro, “Le Nove Porte”, un tesoro inestimabile della sua collezione, per via della peculiare lavorazione artigianale, la rinomanza storica e l’inestimabile rarità. Per questa ragione dichiara a Corso che mai venderebbe la sua copia, a nessun prezzo –nonostante possa rendersi perfettamente conto che qualora lo vendesse, con il profitto, potrebbe vivere spensierato per il resto della propria vita.
“Ah Balkan, se mette gli occhi su un libro nessun prezzo è troppo alto. Non che venderei mai questo. A nessun prezzo.”
(Victor Fargas)
La Baronessa Kessler, in seguito, esternerà a Corso di come consideri Fargas un “miscredente”,maa giudicare dal dialogo che segue, ciò pare rivelarsi un’affermazione eccessivamente superficiale:
Fargas: “Cosa sta cercando Signor Corso?”.
Corso: “Ehm… non lo so di sicuro”.
Fargas: “Ci sono libri pericolosi. Non vanno aperti impunemente”.
Da quel che possiamo evincere, Fargasin verità non sembra apparire affatto indifferente al contenuto del libro.Nella scena in cui Corso esamina le due copie del libro per confrontarne le incisioni, visualizziamo – in ordine di successione – dapprima l’emblema della Seconda Porta(Sentimento Superiore) esubito dopo l’emblema della Quarta Porta (Mente Inferiore). Questa successione sembra riflettere molto accuratamente il modo in cui la coscienza di Fargassi predisponga al libro.
Boris Balkan, dal canto suo, funge da buon esempio per lasciarci intendere il modo in cui l’Ego(Mente Inferiore) si relazioni al tema dell’occulto. Anziché intenderlo per ciò che è, ovvero un coacervo di insegnamenti celati nelle allegorie, ne abbraccia una propria idea nella convinzione delirante che questi insegnamenti gli forniranno il segreto per ottenere ciò che più desidera e acquisire potere sugli altri.
Victor Fargasfornisce invece un esempio dell’altra tipica reazione dell’Ego (Mente Inferiore). Temendo ed evitando del tutto l’argomento a causa dell’errata idea comune che tutti gli studiosi di esoterismo siano come Balkan. Desiderio e paura son ol’inevitabile patrimonio dell’Ego e della Mente Inferiore fin quando l’unione tra Ego ed Anima non introduca nell’equazione: l’Amore – che doma il desiderio, che bandisce la paura ed espande considerevolmente la capacità di comprensione.
Quando Dean Corso accetta l’incarico offerto da Balkan in cambio di denaro (desiderio) ed il suo appartamento viene saccheggiato, Lianalo attacca e Bernie viene ucciso e lasciato nella posa dell’Impiccato – XII Arcano. Corso, comprensibilmente spaventato, prevede di rinunciare all’incarico. L’offerta di ricevere molto più denaro da quello inizialmente concordato da parte di Balkan, lo rimette temporaneamente in pista (di nuovo desiderio). Successivamente dopo essere stato involontariamente avvertito da uno dei gemelli Ceniza a proposito di un “pericolo che discende dall’alto”, poco prima che il crollo di un’impalcatura gli cada addosso e dopo aver incontrato nuovamente “la ragazza” e aver compreso che ella lo accompagnerà nel suo incarico, la curiosità inizia ad avere la meglio su di lui. Questo è il momento in cui comincia a rendersi conto che potrebbero esserci ancora aspetti importanti della vita che non abbia ancora scoperto o debitamente considerato. Da questo momento in poi viene motivato sempre più dalla potente volontà –espressione dalla Mente Superiore – di conoscere più approfonditamente i segreti rivelati nel libro. I sentimenti di Corso oscillano tra desiderio e paura finché non si ritrova implicato in un misterioso coinvolgimento con “la ragazza”che sembra guidarlo e proteggerlo attraverso le sue avventure.
A quel punto inizia a confidare nella sua guida ed a dirigersi volentieri ovunque lei lo conduca, indipendentemente dalle circostanze. Un cambiamento che riflette la sua transizione al sistema di valori connaturati al Sentimento Superiore.
Chesed è la sephirah più alta nel regno di ciò che chiamiamo “Anima” nel viaggio attraverso le porte. È la prima via che imboccheremoa condurci dal Regno dell’Ego al Regno dell’Anima, nonché il soggetto della TERZA PORTA…
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FONTI E APPROFONDIMENTI BIBLIOGRAFICI:
Antoine Fabre d’Olivet, “La lingua ebraica restituita”, Arché, 2002;
Alfredo Cattabiani, “Planetario”, Arnoldo Mondadori Editore, 1998;
Arturo Pérez-Reverte, “Il club Dumas”, Rizzoli, 2014;
Claudio Marucchi, “I Tarocchi e l’Albero della Vita”, Psiche 2, 2010;
Francesco Colonna, “HypnerotomachiaPoliphili”, Adelphi, 2004;
Johann-Valentin Andreae, “Le nozze chimiche di Christian Rosenkreutz”, SE, 2014;
Oswald Wirth, “I Tarocchi”, Edizioni Mediterranee, 1983;
René Guénon, “Simboli della Scienza sacra”, Adelphi, 1990.
Frank Tudisco