Antitesi tra dialettica del politicamente corretto e lingua taumaturgica –
Porta Octava: arcani vmbrarum regni – Frank Tudisco
DE VMBRARVM REGNI
NOVEM PORTIS:
Interpretazione simbolica ed esoterica del film “La Nona Porta” di Roman Polanski
“Quanto all’ottava tavola non è molto difficile scorgerne il senso generale: VIC. I.T VIR. corrisponde al bel motto VICTA IACET VIRTUS. Che significa: “La virtù giace sconfitta”. La virtù è la fanciulla sul punto di essere decapitata da quell’aitante giovane provvisto di spada e di armatura, mentre sullo sfondo gira la ruota inesorabile della Fortuna o del Destino, che avanza lentamente, ma fa sempre il giro completo. Le tre figure presenti su di essa simboleggiano i tre stadi che nel medioevo venivano rappresentati con i termini “Regnabo, regno, regnavi”: ovvero regnerò, regno, regnavo.”
(Baronessa Frieda Kessler)
ome possiamo notare, la descrizione quassù fornita dalla Baronessa Kessler non rispecchia fedelmente l’incisione dell’Ottava Porta. L’incisione originale commissionata per “Il Club Dumas”, il romanzo su cui si basa il film, mostra appunto una giovane donna in abito fluente, inginocchiata e con le mani giunte in segno di preghiera. Un cavaliere, con la testa circondata da un’aureola, giace alla sua sinistra, impugna una spada nella classica posa dell’Arcangelo Michele, apparentemente sul punto di decapitarla. Sullo sfondo, alle spalle del cavaliere, appare una “ruota della fortuna” con tre figure umane apparentemente aggrappate alla superficie esterna della ruota. Una figura è diretta verso l’alto, una è piegata sul ginocchio sinistro nella parte superiore della ruota e un’altra, a testa in giù, ritorna indietro. Anche sullo sfondo, dietro la donna inginocchiata, appare un castello con una porta chiusa.
Questa incisione è stata modificata ai fini del film per mostrare un giovane che rassomiglia a Corso, nei panni di un monaco in ginocchio e le mani giunte in preghiera.
Nel frattempo un cavaliere con le fattezze di Balkan, sprovvisto di aureola, giace alla sua sinistra. Impugna una mazza chiodata sollevata in modo da mostrarsi in procinto di colpire Corso sulla testa. L’arma molto probabilmente è stata sostituita per esigenze cinematografiche. Nel film compare una scena in cui Corso, seduto su una scrivania nella biblioteca della Fondazione Kessler, mentre è intento a scrutare proprio questa incisione dell’Ottava Porta viene colpito alla testa perdendo conoscenza. Adesso, poiché il simbolismo della spada è un adattamento più fedele al simbolismo dell’Albero della Vita, useremo l’incisione originale del romanzo per descrivere il passaggio attraverso l’Ottava Porta. Il simbolo più immediatamente riconoscibile, situato sullo sfondo dell’incisione, è La Ruota della Fortuna, Arcano X dei Tarocchi. È proprio il simbolo della ruota che fornisce lo sfondo visivo in cui le figure centrali del “boia” e della “vittima” fanno la loro comparsa; dunque i simboli contenuti in questa lama forniscono il contesto appropriato per decodificare il senso di questa particolare esecuzione.
La lama “La Ruota della Fortuna” è assegnata al percorso che collega la sephirah Netzach (Venere/Sentimento Inferiore) – nella parte bassa del Pilastro Destro della Misericordia nel Regno dell’Ego – con la sephirah Chesed (Misericordia/Sentimento Superiore) – nella parte alta di questo stesso Pilastro, ma nel Regno dell’Anima. Questo sentiero lungo il Pilastro Destro è l’equivalente del sentiero lungo il Pilastro Sinistro dell’Appeso (Arcano XII) che è stato oggetto della Sesta Porta. Il viaggiatore, la cui coscienza riflette il livello di Netzach/Sentimento Inferiore, scoprirà che la sua risposta emotiva agli “alti” e ai “bassi” della vita è influenzata dalla valutazione del suo ego, nel senso che tutto ciò che gli accade possa essere giudicato come “giusto” o “ingiusto”. Se crede che l’esperienza sia “ingiusta” si sentirà vittima di poteri apparentemente al di fuori dal suo controllo e potrebbe arrivare a credere che non ci sia un ordine morale nel mondo o che il mondo sia in realtà “cattivo”.
Se invece crede che la sua esperienza sia “giusta”, potrà trarre la conclusione che, agendo secondo certe regole, potrà controllare ciò che in futuro gli capiterà. Ad esempio, potrà aspettarsi che mantenere un buon comportamento si tramuti in un’esperienza “favorevole” – sempre dal punto di vista dell’ego. Si noti che le due percezioni siano diametralmente opposte: la convinzione che l’individuo non abbia alcun controllo su ciò che gli accade viene percepito come “Male”, così come quando esercita il controllo assoluto su ciò che gli accade viene percepito come “Bene”. Dal punto di vista dell’ego l’unica cosa importante è che comunque abbia sempre “il controllo”. Se percepisce di avere o di non avere il controllo, ritiene di essere “vittimizzato”.
Mentre, il viaggiatore che attraversa il Regno dell’Anima e sale lungo il sentiero in direzione di Chesed/Sentimento Superiore, inizia a rendersi conto di essere pian piano guidato da quella che sembra manifestarsi come l’essenza intelligente di un principio morale ordinato Superiore, la potrà etichettare come “angelo custode”, “sé superiore” o “Dio”. Il viaggiatore percepisce questa “forza” come Sé, riuscendo in qualche modo a porre e strutturare nella sua vita, tutte quelle esperienze e persone che lo aiuteranno maggiormente a correggere i suoi difetti e a migliorarsi, maturando nella pienezza del suo più alto potenziale. Mentre il viaggiatore inizia a notare questo modello che si sviluppa nella sua vita, la sua prospettiva visiva si sposta gradualmente quando si rende conto che le esperienze più difficili possano effettivamente portare a risultati più significativi in termini di crescita personale, del proprio sviluppo spirituale, nonché l’esperienza ultima della gioia – frutto finale di questa crescita.
A questo punto, domandarsi se un’esperienza sia “giusta” o “ingiusta” perde il suo valore di provocare una risposta emotiva. Il viaggiatore, la cui natura del sentimento riflette la prospettiva del Sentimento Superiore di Chesed, arriva a fidarsi della bontà suprema della forza morale superiore che ha compreso, per dirigere gli eventi della sua vita e su tale base accetta e valuta come “buona” qualunque esperienza egli faccia, considerandola un’occasione di apprendimento appropriata – un dono – semplicemente perché sia capitata a lui. La risposta diventa quindi un modello di anticipazione e apertura alla nuova crescita: “Ok, cos’è che non capisco adesso che l’esperienza sta cercando d’insegnarmi?”. Sicurezza emotiva, soddisfazione e felicità sono radicate, indipendentemente dalle circostanze della vita, in rapporto di assoluta fiducia alla “virtù” dell’Angelo Guardiano.
La coscienza che oltrepassa il Velo di Paroketh attraverso tutti e tre i sentieri, da Yesod/Luna/Istinto (Terza Porta), da Hod/Mercurio/Mente Inferiore (Quarta Porta) e da Netzach/Venere/Sentimento Inferiore (Quinta Porta), arriva ad un punto di unione con il punto di equilibrio centrale dell’Anima, Tiphereth. Qui l’esperienza del Sentimento Inferiore in relazione agli “alti” e “bassi” emotivi, come sperimentato dalle figure sul bordo esterno della Ruota, lascia il posto ad uno stato di serenità più elevato che viene fornito da una visione prospettica proveniente dal centro della Ruota.
Diametralmente opposta alla sephirah del Sentimento Superiore – Chesed/Misericordia – v’è la sephirah del discernimento morale Superiore – Geburah/Giudizio – visitata per la prima volta nella Sesta Porta, la cui arma simbolica è la spada. La spada nel simbolismo dei Tarocchi rappresenta la capacità dell’intelletto di indagare, analizzare e scandagliare il regno delle idee. La spada nel contesto della Mente Superiore del Regno dell’Anima, porta anche il significato del discernimento morale, la capacità di intuire ciò che costituisce il Bene Supremo in ogni particolare situazione. Geburah è anche un simbolo della Volontà Superiore, la determinazione nel vivere sempre in linea con la comprensione benevola dell’anima per ciò che rappresenta il Bene Supremo. Sebbene nel Regno dell’Ego la percezione indica che per poter “vincere”, gli altri debbano necessariamente “perdere”, nel Regno dell’Anima, il Bene Supremo di ciascun individuo è perfettamente allineato con il Bene Supremo di tutti gli altri, perché il principio morale ordinato Superiore è l’unica fonte con cui tutte le anime sono connesse, anche se ognuna segue il proprio percorso di vita altamente individualizzato.
Sebbene l’ego possa mantenere la sua immagine di sé “giusta” prestando un’adesione formale alle leggi e ai condizionamenti della società e ai codici morali basati sulla religione, il suo standard interiore di “giusto” si tradurrebbe in “qualunque cosa con cui riesco a farla franca è una vittoria”. Ciò che può essere recepito dall’ego come “sbagliato” si percepirebbe invece come “farsi fregare è sempre una sconfitta”. Dal punto di vista dell’ego, ciò che è “buono” è sempre visto come ciò che meglio soddisfi i propri bisogni personali (piaceri sessuali, sicurezza materiale, “vincere”) e che sia necessario mentire, imbrogliare, rubare, calpestare i diritti degli altri o anche ucciderli pur di raggiungere i propri obiettivi. L’ego non rigenerato sente che questo tipo di azioni siano semplicemente il necessario per essere un “vincitore”. La convinzione è che il “peccato” sia il prezzo che deve essere pagato per il “successo” e che da lì passo sia breve per convincersi dell’idea che “vendere la propria anima al diavolo” sia un modo necessario nella vita per assicurarsi il “successo”.
Da questa prospettiva dell’ego degradato, la “virtù” è l’equivalente della “debolezza” e coloro che sono abbastanza “sciocchi” da insistere nella virtù si starebbero semplicemente preparando all’inevitabile sconfitta. Questo punto di vista cinico si riflette nelle incisioni siglate “AT” in cui la figura che rappresenta la moralità non violenta (nella versione del libro la pudica fanciulla e nella versione cinematografica il monaco) viene giustiziata/sconfitta dal cavaliere il cui potere superiore si basa semplicemente sul fatto che sia disposto ad usare mezzi violenti pur di esercitare il proprio dominio – “La legge del più forte”. “La virtù giace sconfitta”, questa è l’interpretazione che l’ego ripone all’epigrafe che descrive questa incisione.
Nell’incisione siglata “AT” non figura un’aureola attorno alla testa del cavaliere.
Nell’incisione siglata “LCF” figura un’aureola attorno alla testa del cavaliere.
Nel Regno dell’Anima, le posizioni morali delle due figure sono invertite perché dal suo punto di vista e della sua capacità di discernimento morale Superiore ci sono volte in cui, i codici degli standard sociali e/o religiosi che sono applicati dalle leggi e dai costumi convenzionali, sono semplicemente sbagliati. Leggi ingiuste e codici religiosi immorali sopravvivono finché un discernimento morale più evoluto espone la loro natura malvagia e richiede riforme. Ci fu un tempo in cui un “buon cristiano” non vedeva alcun problema nel possedere e nello sfruttare le vite e il lavoro degli schiavi. La legge secolare ha sostenuto i “diritti” dei padroni degli schiavi e le istituzioni religiose socialmente approvate hanno chiuso un occhio sull’ovvia ingiustizia. L’ego ha giustificato questa situazione definendo gli schiavi come “proprietà” e considerandoli come “subumani”. Oggi esistono ingiustizie parallele.
L’Anima, riconoscendo tutti gli altri come suoi eguali, non è in grado di approvare questo tipo di ingiustizia legalizzata o ipocrisia religiosa e deve usare la sua più alta autorità morale per opporsi a qualsiasi definizione convenzionale di “virtù” che accetterebbe tale ingiustizia. Nella versione siglata “LCF” dell’emblema dell’Ottava Porta, l’aureola che circonda la testa del cavaliere armato di spada, lo identifica come personificazione della funzione morale superiore di Geburah/Giudizio, che non viene ingannato o scoraggiato dalla pretesa esteriore della “virtù”, ma colpisce infallibilmente l’ingiustizia sottostante. Da questa prospettiva del discernimento morale Superiore dell’Anima, la “virtù” dell’ego viene sconfitta. Questo è esattamente il destino che attende Balkan qualora riuscisse in qualche modo ad avventurarsi nel raggio d’azione della spada di Geburah. Il cavaliere con l’aureola, nell’incisione siglata “LCF”, piuttosto che il boia di un trasgressore rappresenta l’Angelo Guardiano. Egli simboleggia il principio protettivo, mentre nell’incisione siglata “AT”, la stessa identità rappresenta la natura riprovevole della psiche – Sé superiore dell’anima. Questo è il principio di Lucifero, sempre presente nei cuori di tutti gli uomini e donne, esortandoci ad evolvere verso il Divino. Lucifero si prende cura e mostra la via a coloro che cercano la verità, ma egli è anche nemico dell’effimero e si mostra sempre minaccioso, non per dispetto, ma per giudizio, poiché solo il valoroso può raggiungere il Sacro Graahl – l’apoteosi – e comprendere lo scopo divino del viaggio acquisendo la Virtù Divina.
Diamo una breve sbirciata all’incisione dell’Ottava Porta nella biblioteca privata di Balkan, quando Corso accetta per la prima volta il suo incarico. Successivamente la vediamo più chiaramente quando fa visita alla Baronessa presso la Fondation Kessler, esattamente proprio quando perde i sensi a causa di una mazzata alla nuca arrivata da dietro. Ci sono indicazioni che la Baronessa avesse tentato di sviluppare le sue facoltà Mentali Superiori. Apparentemente ha studiato il libro per anni, definendo la sua conoscenza “profonda”. Ha dedicato una biografia ad Aristide Torchia e la sua copia del libro era ricolma di annotazioni segnate a mano. Quest’ultima potrebbe anche suggerirci un’apparente carenza di sensibilità da parte sua, poiché sembrava non apprezzare la maestria artistica che il libro rappresentava nelle sue fattezze artigianali non rispettandolo come oggetto d’arte – ciò denoterebbe una poco sviluppata facoltà del Sentimento Superiore. Sebbene ci si possa aspettare che uno studioso di esoterismo abbia almeno una vaga familiarità con il simbolismo dei Tarocchi e dell’Albero della Vita, la Baronessa apparentemente non comprese mai il vero significato delle incisioni. Forse le sue idee preconcette e la sua visione romantica del “diavolo”, cui dichiara di aver visto quando aveva quindici anni, le hanno impedito di raggiungere un livello di comprensione più profondo. Parla a Corso della sua giovinezza e di come sia stata dedicata a qualcosa di molto simile al tipo di cerimonie rituali sfarzose e dozzinali che abbiamo visto al castello di Liana. Non è chiaro se la Baronessa sia rimasta delusa da questo prima o dopo aver subito le ferite paralizzanti o se abbia semplicemente deciso che i suoi “giorni di orge erano finiti”. Finì per dedicare la sua vita impiegando la conoscenza che possedeva sull’argomento per guadagnare ingenti somme di denaro, scrivendo libri sul “male” e sul “diavolo” – sovvertendo in tal modo le facoltà della sua Mente Superiore per soddisfare i più bassi desideri materiali.
La Baronessa sarebbe un’immagine speculare dello sviluppo altrettanto unilaterale di Victor Fargas, tranne per il fatto che lui sembrava espedire un fallimento della volontà di andare avanti nello sviluppo della Mente Superiore. Lei rinunciò e decise di sfruttare la sua conoscenza parziale per denaro e questo fallimento di volontà si nota riflesso nel suo corpo paralizzato e in particolare nel suo braccio destro parzialmente amputato, il braccio che dovrebbe brandire la spada di Geburah. Ciò è particolarmente evidente nella scena in cui ordina bruscamente a Corso di uscire dal suo ufficio, puntando il suo povero moncone di un braccio in direzione della porta. Simone, la segretaria della Kessler, sembra essere l’equivalente umano di una protesi – il “braccio destro buono” della Baronessa.
All’inizio del film, Corso era apparentemente così disinteressato all’argomento metafisico che la conferenza di Balkan lo annoiò al punto di addormentarsi. Ma forse era proprio il punto di vista particolarmente superficiale e deviato di Balkan a non attrarlo. Quando Corso arrivò al castello di Liana era completamente motivato dal suo desiderio di conoscere i segreti del libro e disposto a fare tutto il necessario; entro i limiti di ciò che la sua facoltà di Chesed e del Sentimento Superiore gli consentirono al fine di raggiungere questo obiettivo. Il suo unico fallimento delle facoltà di Geburah consiste nella mancanza di discernimento, ovvero ciò che lo rese suscettibile e di perdere i sensi nella biblioteca privata della Baronessa Kessler. A quel punto Corso aveva abbastanza indizi per capire che Balkan gli stava col fiato sul collo e che probabilmente fosse l’unico responsabile dell’omicidio di Fargas. Sapeva che le incisioni siglate “LCF” erano state rimosse dalla copia del libro di Fargas prima che venisse bruciata e che Balkan era il principale indiziato. Balkan sapeva che Corso era alla Fodation Kessler durante l’ora di pranzo quando la segretaria era assente – aveva infatti consigliato egli stesso a Corso di andarci a quell’ora. L’intuito di Corso avrebbe dovuto suggerirgli che Balkan non si sarebbe accontentato di una semplice descrizione delle variazioni nella copia Kessler. Anche se a questo punto Corso sospettava pure dell’albino, avrebbe comunque dovuto pensare a prendere delle precauzioni maggiori. Nella descrizione relativa all’incisione della Seconda Porta, abbiamo notato che oltre alla conoscenza interiore di cui l’Eremita è in cerca e che lo conduce alle facoltà del Sentimento Superiore di Chesed, ha anche bisogno di integrare nella sua coscienza i suoi istinti animali naturali che lo avvertono del pericolo, come simboleggiato in dal cagnolino raffigurato in quella incisione. Vediamo che Corso non è ancora riuscito a raggiungere questo obiettivo quando, nonostante la sua vita sia stata minacciata più di una volta, si siede incautamente dando le spalle alla porta, in un luogo in cui non sarebbe stato in grado di avvertire la presenza di un pericolo, che avrebbe dovuto essere segnalatogli dalla sua aurea – magari sotto forma di una sensazione di formicolio alla nuca. Dopo aver ripreso conoscenza ed essere sfuggito alle fiamme, mentre si stava riprendendo, dall’altra parte della strada davanti alla fontana, appare una versione più grande ed imponente del cagnolino raffigurato nell’incisione dell’Eremita. Ritto in piedi a due passi da lui, lanciò a Corso uno sguardo intimidatorio – come per dirgli: “Se vorrai fare di meglio in futuro, dovrai ricordarti di prestarmi più attenzione”.
Il viandante che originariamente aveva iniziato il suo viaggio proprio alla base dell’Albero della Vita, nel Regno puramente materialistico di Malkuth – della Prima Porta – ha da allora fatto strada fino al vertice dell’Albero e ora si trova in prossimità dell’Abisso. Proprio sotto di lui si affaccia l’ultimo sentiero orizzontale che collega le due sephiroth più alte create: Geburah/Mente Superiore e Chesed/Sentimento Superiore. Questo sentiero è assegnato all’Arcano VIII dei Tarocchi, che nei mazzi tradizionali viene chiamato “La Forza” e che raffigura una donna incoronata con il segno trascendente dell’Infinito, che dolcemente, senza paura e senza sforzo accompagna con le proprie mani l’apertura o la chiusura delle fauci di un leone.
Il simbolismo di questa carta viene però meglio rappresentato nel mazzo dei Tarocchi di Thoth – dove figura come Arcano XI – in cui il passaggio attraverso l’Abisso è stato specificatamente delineato dal suo creatore con uno scopo ben preciso. Aleister Crowley rinominò questa carta “La Lussuria” e apparentemente prese il suo simbolismo dall’Apocalisse di San Giovanni. Nonostante il significato simbolico sia del contesto “apocalittico” sia già comunemente noto, viene qui reinterpretato in una modalità molto interessante per meglio riflettere la saggezza tradizionale in funzione a questa fase del “Sentiero di Ritorno” – dell’Albero della Vita.
La carta raffigura una donna nuda che tiene sollevata nella mano destra la coppa del Sacro Graal, cavalcando trionfalmente ed estaticamente il dorso di una bestia a sette teste. Ed è con questa immagine che giungeremo al vero e proprio attraversamento dell’Abisso, alla rimozione dell’ultimo “velo” (la parola “Apocalisse” deriva dal greco apocalypsis – ἀποκάλυψις – cioè “rivelazione”) e all’apertura della NONA PORTA…
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FONTI E APPROFONDIMENTI BIBLIOGRAFICI:
- Aleister Crowley, “Il Libro di Thoth”, Cerchio della Luna, 2019;
- Arturo Pérez-Reverte, “Il club Dumas”, Rizzoli, 2014;
- Claudio Marucchi, “I Tarocchi e l’Albero della Vita”, Psiche 2, 2010;
- Dante Alighieri, “La Divina Commedia”,
- Francesco Colonna, “Hypnerotomachia Poliphili”, Adelphi, 2004;
- Johann-Valentin Andreae, “Le nozze chimiche di Christian Rosenkreutz”, SE, 2014;
- Julius Evola, “La Tradizione Ermetica”, Edizioni Mediterranee, 1996;
- Lady Frieda Harris, “Tarocco Thoth di Aleister Crowley”, Lo Scarabeo, 2019;
- René Guénon, “Simboli della Scienza sacra”, Adelphi, 1990.
– a cura di Frank Tudisco