Porta Nona: arcani vmbrarum regni – Frank Tudisco
DE VMBRARVM REGNI
NOVEM PORTIS:
Interpretazione simbolica ed esoterica del film “La Nona Porta” di Roman Polanski
“L‘ultima e anche l’allegoria più significativa. NC SC.O TEN.BR LVX è senza dubbio NUNC SCIO TENEBRIS LUX: “Ora so che dalle tenebre viene la luce” … In realtà siamo davanti a una scena dell’Apocalisse di San Giovanni. Rotto l’ultimo sigillo, la città segreta in fiamme, dopo che è stato pronunciato il nome terribile o il numero della Bestia, arriva il momento della Cortigiana di Babilonia che cavalca in trionfo sul drago a sette teste… “
(Baronessa Frieda Kessler)
“Un drago a sette teste su cui cavalca una donna nuda che tiene in mano un libro aperto. Una mezzaluna le nasconde il sesso. In lontananza, sulla collina, un castello in fiamme, la cui porta, come nelle altre otto tavole, è chiusa.”
(Liana Telfer)
ullo sfondo un castello avvolto dalle fiamme erge in cima ad una collina. Una donna nuda cavalca il dorso di una bestia cornuta a sette teste e con la mano sinistra sorregge un libro aperto. L’incisione adattata per la versione cinematografica mostra la stessa scena eccezion fatta per il volto della fanciulla, ridisegnato per ricordare il personaggio della “ragazza”. A differenza del romanzo, non ha una falce di luna in grembo ed il suo braccio destro è alzato con l’indice puntato in direzione del castello, anch’esso ridisegnato per riprodurre la fortezza reale utilizzata nelle riprese del film – Le château de Puivert. Nell’incisione non falsificata, ma originale, a cui fa riferimento il film, che Corso finalmente recupera dal laboratorio dei fratelli Ceniza, il castello non è in fiamme, ma risplende di luce.
Nell’analisi della Settima Porta – “Il discepolo supera il maestro” – abbiamo appreso che la “non-sephirah” chiamata Daath (Conoscenza) situata al centro dell’Abisso, era il luogo originario di Malkuth (La Figlia) prima della “caduta” – dallo stato di Unità – che ha generato la porzione inferiore dell’Albero Sephirotico. Come da tradizione cabalistica, bisogna considerare la “Caduta” descritta nel Giardino dell’Eden, non come fallimento dell’uomo in quanto essere separato dal suo Creatore, ma piuttosto come la Caduta volontaria di un aspetto del Divino – dall’Uno al regno dell’apparente divisione e dualità – alla ricerca della conoscenza attraverso l’esperienza. Dunque ogni anima individuale completa il suo viaggio attraverso gli stati evolutivi di coscienza rappresentati dalle sette sephiroth inferiori dell’Albero della Vita. Quando l’Anima effettua il “viaggio di ritorno” verso l’Unità, non solo riunisce la sua scintilla trascendentale Divina interiore alla sua Sorgente, ma trasferisce anche la sua porzione di ricchezza dell’Albero inferiore – le energie della Figlia, ora mature del frutto dell’esperienza vitale – aggiungendo questa eredità patrimoniale al grande raccolto della Conoscenza di Daath. Aleister Crowley chiamò la donna che cavalca la bestia “Babalon”. Ne ricevette “la visione” simbolica dopo aver condotto invocazioni tramite il sistema magico enochiano creato da John Dee ed Edward Kelly. La parola “angelica” BABALOND viene tradotta come “prostituta”. Babalon si identifica sia con la Figlia – che dalla base dell’Albero ritorna all’Uno – sia anche con la prima sephirah trascendente Binah, Madre di ogni forma – sede che occuperà una volta che avrà compiuto il suo ritorno.
In entrambi i contesti, il suo Calice del Graal innalzato verso l’alto (Trionfo dei Tarocchi di Thoth) rappresenta il ricettacolo di tutte le possibili esperienze terrene. Sia come Binah/la Madre che come Malkuth/la Figlia, Lei rappresenta il “grembo” da cui sono nate tutte le forme inferiori dell’Albero ed è Lei che accoglie tutti i viaggiatori che ritornano a Sé Stessa – verso l’Unione definitiva con la propria Sorgente. Lei non rifiuta nessuno, diventando Uno con tutti coloro che penetrano la sua Unità – principio del suo ruolo simbolico di “Prostituta Sacra”.
“INCARICO DELLA DEA DELLE STELLE”
“Io che sono la bellezza della Terra verdeggiante
E la candida Luna tra le Stelle
E i Misteri delle Acque,
Invoco le vostre Anime perché si levino e vengano a Me.
Poiché io sono l’Anima della Natura stessa,
Colei che ha creato tutto l’Universo.
Da Me provengono tutte le cose e a Me tutte devono ritornare.
Fate sì che Mi veneri un cuore pieno di gioia, perché ricordate:
Tutti gli atti di Amore e di Piacere sono i miei rituali:
Che dentro di voi regni la Bellezza e la Forza,
Il Potere e la Compassione,
l’Onore e l’Umiltà, la Gioia e la Reverenza.
E voi che cercate di ConoscerMi, sappiate che la vostre ricerca
E il vostro struggimento saranno vani,
Se non conoscerete il Mistero:
Perché se non trovate dentro di voi quello che cercate,
Non lo troverete in nessun altro luogo.
Poiché ricordate, sono stata con voi fin dal Principio,
E sono ciò che si ottiene
Alla fine del Desiderio”
(Starhawk)
Nel suo aspetto di Figlia, Babalon ritorna nel Regno dell’Unità cavalcando la “Bestia”. Nel suo “Libro delle Menzogne”, Crowley la descrive così:
“Sette sono le Teste della BESTIA ch’Ella cavalca.” – Le sette teste rappresentano le energie delle sette sephiroth inferiori. “La testa di un Angelo;” (Chesed) “la testa di un Santo;” (Geburah) “la testa di un Poeta;” (Tiphereth) “la testa di una Donna Adultera;” (Netzach) “la testa di un uomo di Valore;” (Hod) “la testa di un Satiro;” (Yesod) “e la testa di un Leone-Serpente.” (Malkuth) “Sette lettere ha il Suo Santissimo nome: ed esso è: BABALON”.
Ovviamente ci sono stati molti tentativi di interpretare la visione dell’Apocalisse di San Giovanni in termini di eventi politici, storici, attuali o futuri. L’unica certezza è che sia stata scritto sotto forma di testo rivelato per descrivere simbolicamente un processo di trasformazione attraverso il quale la coscienza “caduta” dell’Anima umana possa ritrovare la via del ritorno per il “Giardino”.
Nell’incisione siglata “AT” il castello è avvolto dalle fiamme
Nell’incisione siglata “LCF” il castello non è avvolto dalle fiamme
Nella vera incisione siglata “LCF” dal castello splende una stella.
La prima tappa di Corso, dopo aver accettato l’incarico di Balkan di esaminare le altre due copie del libro, si compie in una biblioteca di ricerca – dove inizialmente lo vediamo intento a studiare l’incisione del Frontespizio e udirlo tradurre tra sé e sé: “Sic Luceat Lux”, ovvero “Così Splenda la Luce”. Successivamente gli vediamo prendere un grosso volume dallo scaffale, notare “la ragazza”, di fronte a lui, mentre ripone un libro dalla parte opposta dello scaffale. Quand’egli apre il volume, vediamo l’incisione della Nona Porta in cui la donna che cavalca la Bestia somiglia alla ragazza. Sebbene quella che vediamo sia la versione “AT” dell’incisione con il castello in fiamme, nell’incisione originale “LCF” – che Corso recupera proprio alla fine del film – quella che vediamo splendere dal castello è la Luce a cui si riferisce il Frontespizio.
La ragazza appare come un simbolo sovraumano antropomorfizzato della forza spirituale evolutiva, che accompagna Corso sin dall’inizio del suo viaggio, alla scoperta del significato intrinseco del libro, fino a condurlo “oltre l’Abisso” davanti al castello fiammeggiante. Successivamente lo indirizza verso il luogo esatto in cui si trova l’autentica incisione della Nona Porta, ed è solo Corso a compiere il viaggio “di ritorno dall’illuminazione”. Oltre alla transizione dal fuoco “AT” alla Luce “LCF”, c’è un altro dettaglio simbolico parallelo molto interessante. La Luna Crescente – compare nella versione “AT” del romanzo – per “nascondere il sesso della donna” – ma non compare nella versione originale “LCF” del film. La Luna, in questo contesto, intesa come il punto di equilibrio (Yesod/Luna/Sessualità) della Triade Inferiore dell’Albero, rappresenta la prospettiva delle funzioni sessuali dei Sentimenti Inferiori e della Mente Inferiore dell’Ego. Come abbiamo visto nell’incisione della Terza Porta, senza la partecipazione delle facoltà del Sentimento Superiore dell’Anima, le energie sessuali asserviscono solo i desideri e gli scopi dell’ego e la loro “frequenza” energetica rimane confinata ad un livello in cui generano simbolicamente calore, ma non luce.
Una volta raggiunta la “coniunctio” tra Ego/Luna/Yesod e Anima/Sole/Tiphereth, l’impegno delle energie della Mente Superiore e la natura del Sentimento Superiore eleva la frequenza delle energie sessuali al punto di rivelarsi in grado di trascinare il viaggiatore – pronto ad affrontare questa esperienza – oltre l’Abisso e nell’Unione definitiva con l’energia Trascendente dello Spirito, sotto le spoglie del suo ultimo e più raffinato velo: la Luce Superna. Questa ascesa delle sacre energie kundalini che l’ego definisce “sessuali”, ma che in verità si esprimono a tutti i livelli dell’esperienza umana – come concettualizzato nel sistema energetico multidimensionale dei chakra – rappresenta l’obiettivo della pratica induista del Tantra. Come simboleggiato dal serpente kundalini, attorcigliato all’albero raffigurato nel frontespizio, anche questa energia cresce progressivamente e naturalmente man mano che si compie il viaggio attraverso l’Albero Cabalistico, indipendentemente dal fatto che vengano seguite o meno pratiche specifiche. Nel contesto di questa esperienza più elevata delle energie sessuali, l’atteggiamento tipicamente represso o lascivo dell’Io nei confronti del tema della sessualità, non è più presente e quindi la Luna – suo corrispettivo simbolico – non appare più nella sua precedente collocazione dell’incisione originale siglata “LCF”. Quando Corso lascia il castello, dopo che l’incendio appiccato da Balkan si è diffuso, vediamo sette fiamme distinte, alle sue spalle, uscire dalle finestre del castello. A testimoniare la piena funzione delle sette sephiroth inferiori dell’Albero Sephirotico interiore di Corso, che ha ora raggiunto.
Nel testo “Le Nozze Chimiche di Christian Rosenkreutz” i sogni del protagonista si combinano con la prova iniziatica, l’illusione si fonde con l’utopia e l’insegnamento mistico si congiunge con il viaggio alchemico. Viene descritto il cammino del vecchio eremita verso l’illuminazione finale che giunge dopo che, per sette giorni, ha vissuto terribili prove fisiche e spirituali necessarie a proseguire verso la strada che conduce alla salvezza, a trovare la parola perduta e a realizzare la Grande Opera.
Il sette è un numero che ricorre a caratterizzare l’intera opera Rosicruciana; sette sono i giorni dell’avventura del pellegrino, sette i pesi, sette i battelli, sette le vergini e sette i piani della Torre del palazzo reale dove si compie la resurrezione del Re e della Regina. Il sette, oltre ad essere un numero importantissimo nella tradizione esoterico – alchemica, ha proprietà particolari: è indivisibile, è un numero spirituale ed è considerato dai pitagorici un simbolo di santità. Sette sono i giorni della settimana e il settimo, nella tradizione religiosa, è quello dedicato al riposo. I gradi della perfezione, i cieli, le gerarchie angeliche, i peccati capitali e le virtù, sono sette. Nell’alfabeto ebraico il numero sette corrisponde alla Zàin che rappresenta il numero perfetto dell’androgino ermetico, quindi, dell’iniziato che, giungendo al termine dell’esperienza iniziatica, nella sua perfezione si fonde nell’accoppiamento degli opposti. In sette anni Re Salomone costruisce il suo Tempio. Sette sono le braccia della Menorah, il candeliere ebraico che si accende con olio consacrato nel Tempio di Gerusalemme. Il numero sette ne ‘Le nozze chimiche’ rappresenta un numero d’iniziazione e ascesa a quella conoscenza considerata superiore e accessibile solo ai pochi e meritevoli eletti, perché queste sono ardue, pregne di ostacoli e di sacrifici.
Mentre Corso e la ragazza impegnano tutte queste energie nell’innalzare la kundalini attraverso i sette chakra multidimensionali, nel castello dietro di loro vediamo l’emergere di tre nuove fiammelle, simbolo dell’unione di Anima e Spirito. L’unione delle sette sephiroth inferiori con le tre energie Trascendenti della Triade Superna dell’Albero. Ciò rappresenta la riunione di tutte le energie dell’Albero con l’attraversamento e l’annientamento dell’Abisso.
Nell’interpretare le espressioni che vediamo sul volto di Corso e le variazioni nei modi in cui la ragazza gli appare, ricordiamo che c’è una parte di lui, la sua funzione dell’Io, che entra temporaneamente nell’oscurità, all’attraversamento dell’Abisso, che l’Ego o Mente Inferiore sperimenta come “morte”. Quando questa funzione “risorge”, assumerà una nuova forma, come vedremo più avanti nel “Viaggio di ritorno dall’Illuminazione”.
Dal drammatico culmine della “coniunctio alchemica”, con il castello in fiamme sullo sfondo, il film ci riporta successivamente alla normale luce del giorno e al banale sedile anteriore di un’auto che, per la prima volta, Corso guida con la ragazza come passeggero. Corso sembra apparentemente aver ripreso coscienza dal suo rito di passaggio metafisico, ma questa è solo un’illusione. In realtà sperimenterà uno stato di negazione per almeno diversi giorni, una forma psicologicamente protettiva, equivalente spirituale dello “shock” fisico, durante i quali agirà come se tutto fosse “tornato alla normalità” pur essendo acutamente consapevole, nel profondo della sua stessa psiche, che non lo sia. Corso chiede, quasi con disinvoltura: “Tutto qui? Il gioco è finito?” La ragazza risponde che è finita per Balkan, ma non per lui. Corso chiede perché Balkan non ha avuto successo. La ragazza gli spiega che l’incisione della Nona Porta era un falso. Corso subito risponde: “Dov’è quella vera? La voglio”.
Bene, in previsione di questo momento rivelatorio tanto atteso, la ragazza “tergiversa” dicendo: “Sei a corto di benzina” – e si fermano in una stazione di servizio “Shell”. Nel contesto del “viaggio di ritorno” di Corso lungo l’Albero della Vita, la parola “shell” – “guscio” – sottende tutt’altro significato. Esistono varie versioni della collocazione e funzione simbolica dei gusci – chiamati “qlippoth” nella tradizione cabalistica lurianica. Alcuni li vedono sotto forma di un “Albero della Morte” in cui ogni sephirah ha una corrispondente versione “guscio”, la cui energia è fatalmente sbilanciata in modo da produrre effetti malevoli piuttosto che benefici. Altri vedono nel mondo inferiore di Assiah – quello materiale sul quale Corso ha viaggiato – la rappresentazione del “regno dei gusci” o “Regno delle Ombre”, poiché l’energia Divina che originariamente discendeva dalla sua Sorgente Trascendente, ha raggiunto in Assiah il punto di massima incarnazione nella forma. A questo livello più basso dell’Albero, la natura Divina della Creazione può essere virtualmente non rilevabile dalla prospettiva della coscienza dell’Ego e il mondo, come l’ego lo sperimenta, può sembrare qualcosa di più simile all’Inferno.
In epoca medievale la paura dell’Inferno e il desiderio di scappare da esso erano certamente un fattore motivante per i cristiani che s’incamminavano in lunghi viaggi, verso determinate destinazioni spirituali, per espiare i propri peccati o acquisire facoltà spirituali. La grande conchiglia o guscio, che la società Shell ha adottato come logo, è probabilmente anche la forma più conosciuta distintiva del pellegrino. Significava che un cristiano avesse completato un pellegrinaggio sino al popolare santuario di Santiago di Compostela, in Spagna. Quindi, per ricapitolare, le prime due associazioni con questo simbolo della conchiglia o guscio riguardano l’esperienza di una forma di “Inferno sulla Terra” e la determinazione ad intraprendere un viaggio, a volte arduo, per sfuggire all’Inferno. La prima volta che vediamo il simbolo della conchiglia è sul terreno della villa Fargas, dove figura come motivo decorativo centrale della fontana – in cui è stato scoperto il corpo di Fargas.
La seconda volta compare su un piccolo cartello fuori dall’hotel di Parigi, dove Corso si reca per far visita alla Baronessa Kessler.
In entrambi i casi, Corso si stava lasciando alle spalle la prospettiva dell’Ego di questo mondo intesa come “regno infernale” e stava facendo un viaggio che lo avrebbe aiutato a sfuggire al regno dell’Ego “Infernale”. Fargas rappresentava la funzione del Sentimento Superiore, il primo contatto di Corso (oltre alla ragazza) con il Regno dell’Anima. La Baronessa Kessler rappresentava almeno un parziale raggiungimento delle facoltà della Mente Superiore, anch’esse nel Regno dell’Anima. Il terzo incontro con il simbolo della conchiglia arriva mentre Corso si prepara a fare una transizione che lo porterà completamente fuori dal mondo di Assiah, il Regno Qlippotico. Questa sosta per fare rifornimento dà anche l’opportunità alla ragazza di scomparire, poiché Corso ormai ha tutto ciò di cui aveva bisogno per portare a termine il suo viaggio e da questo punto in poi, dovrà procedere da solo.
La ragazza, gli lascia un’ultima indicazione su dove trovare l’autentica incisione della Nona Porta, in una nota scritta sulla copia contraffatta e conficcata sotto il tergicristallo, che palesa: “Ceniza Bros”.
Mentre Corso percorre il vicolo, diretto al laboratorio dei Ceniza, sentiamo ancora una volta la voce del ragazzino: “Si, si, Mama”, ma questa volta suona più lontana, quasi come un’eco o un ricordo. Quando Corso arriva alla bottega, si accorge che è stata sgomberata ed è in fase di smantellamento. Tutti i libri sono spariti e i due operai, che stanno smontando un’ultima libreria (uomini con cognomi diversi, quindi non sono gemelli), non parlano la lingua di Corso e non hanno niente di utile da dirgli. La risposta che stava cercando arriva inaspettatamente “dall’alto”. Quando la libreria viene ribaltata, un foglio di carta fluttua giù dalla sua sommità: l’autentica incisione della Nona Porta mostra una stella a otto punte (o Sole, anch’esso una stella) il cui splendore giunge dal castello.
“La Stella” è il XVII Trionfo degli Arcani Maggiori dei Tarocchi ed è tradizionalmente rappresentato come una stella ad otto punte accompagnata dalla figura di una fanciulla nuda con due brocche: una che versa acqua in uno stagno e l’altra che versa acqua sulla riva a terra.
Questo è un simbolo che può essere interpretato come l’azione dell’Anima che congiunge i regni della Materia e dello Spirito – così come nell’Albero Cabalistico l’Anima si interpone tra il regno dell’Ego Materiale e il regno Divino Spirituale.
La stella a otto punte è simbolo di pienezza e completamento ed è stata associata agli otto trigrammi base dell’I Ching cinese, le cui combinazioni producono il ciclo completo di sessantaquattro esagrammi. Questi esagrammi rappresentano tutte le possibili interazioni tra le energie duali e polari dello yang attivo/solare (linea continua) e dello yin ricettivo/lunare (linea spezzata), tutte interazioni ancora riconoscibili come riflessi dell’Unità.
La stella a otto punte è anche tradizionalmente usata per rappresentare la Stella di Betlemme (la nascita del Cristo bambino – umano e divino) ed è identificata con la rigenerazione e la rinascita nello Spirito. La sua forma correlata, l’ottagono, è considerata la figura intermedia tra il quadrato e il cerchio (unendo simbolicamente il quattro e il tre, Materia e Spirito). È anche la forma tradizionale dei battisteri e delle fonti battesimali in cui il corpo viene sigillato con il segno dello Spirito attraverso l’azione dell’acqua. Quindi, oltre che il simbolo della Luce/Spirito Trascendente emanata dal castello (materia), nell’incisione originale, troviamo un riferimento non tanto alla trascendenza della materia e dell’ego, ma piuttosto alla sottostante coagulazione di Ego/Anima/Spirito con la forma materiale esterna della Creazione e dell’energia Creativa Divina – che la informa e la anima.
I “gemelli”, come simbolo del segno dei Gemelli, rappresentano la Mente Inferiore dell’Ego, la coscienza duale della Bestia (Thaumiel). Dalla prospettiva di questa Mente Inferiore, in termini di esistenza autonoma, la fine del viaggio è l’annichilimento. Polanski ce ne ha dato un indizio nel nome Ceniza – che in spagnolo significa “cenere” – e nell’unico gemello che fumava e faceva cadere in modo piuttosto spettacolare la cenere sul prezioso libro di Balkan.
Aristide Torchia, l’autore delle versioni Mente Inferiore/AT delle incisioni – e tutti e tre i suoi libri – furono ridotti in cenere (ad eccezione delle incisioni Mente Superiore/LCF che furono salvate da Corso. Nella liturgia cristiana del Mercoledì delle Ceneri, mettere le ceneri sulla testa o addirittura sedersi sul di esse era considerato un gesto di penitenza, di pentimento dei peccati e di ritorno a Dio. Quando una croce di cenere viene incisa sulla fronte, si recita: “Ricordati, uomo, che polvere sei e in polvere ritornerai”. Questo è un promemoria per la coscienza della Mente Inferiore (mente/ego/corpo) affinché si allinei con gli scopi dell’Anima in preparazione alla sua resurrezione pasquale nello Spirito.
Quando la coscienza non guarda più dal punto di vista limitato della Mente Inferiore, ma dalla prospettiva illuminata della Mente Superiore, il negozio dei “gemelli” (Gemini), che rappresenta la vecchia visione limitata, simbolicamente si svuota: la sua visione del mondo non è più adeguata*. Solo una volta che questa trasformazione sia avvenuta, la vera visione viene rivelata da una fonte simbolicamente “superiore”; l’autentica incisione della Nona Porta cade giù fluttuando dal ripiano superiore della libreria.
*“Pedro y Paolo Ceniza”, un riferimento simbolico ai santi Pietro e Paolo – padri fondatori della Chiesa Cattolica.
Come più volte abbiamo avuto modo di notare, l’ego di Boris Balkan, come per scherzo del destino, lo conduce a seguire alla lettera le indicazioni raffigurate nelle incisioni di Aristide Torchia – “AT”, anziché quelle di Lucifero “LCF”. L’ultima incisione AT della Nona Porta raffigura infatti un castello in fiamme, l’esatto esito finale del film e dell’avventura diabolica di Balkan. Infatti, l’apparizione del Principe delle Tenebre, evocata da Balkan, non si concretizza ai suoi occhi come sperata.
“Ti dono la mia devozione, Maestro. Mi offro completamente a Te, non farmi temere né cappio, né fiamme, né veleno. Cancellami dal libro della Vita, e iscrivimi nel libro nero della Morte. Ammettimi alla Nona Porta, e così sia… e così sia, ora!”
(Boris Balkan)
Balkan aspettandosi di assistere alla materializzazione fisica di Lucifero innanzi a sé, si prostra in ginocchio supplicandolo di apparire. Lucifero, in realtà, appare a Balkan, ma lui non riuscirà a realizzare mai chi fosse.
Corso: “Cosa si aspettava, un’apparizione?”
Corso: “Sono l’unica apparizione che avrà stanotte.”
Ecco un altro indizio, dove la Baronessa Kessler ammette di aver veduto il Diavolo, quando era ancora quindicenne (Trionfo XV, Il Diavolo)… Esattamente come lo rivede adesso in questo fotogramma.
Il libro “Le Nove Porte” è il cammino designato a Lucifero per ritornare nel Regno dei Cieli, il posto in cui risiedeva prima di essere cacciato. Nei panni di un uomo, Lucifero non riconosce la propria vera identità, per mezzo delle limitazioni della consapevolezza umana. Questa non-coscienza o stato di non-illuminazione è simboleggiata nei Tarocchi nella carta “Il Matto”. “Il Matto” indossa sempre un fagotto e una sorta di cappuccio.
Dean Corso, va in giro sempre con lo stesso soprabito ed una borsa per tutto il tempo. Il libro è stato progettato non per evocare il diavolo, ma per il diavolo allo scopo di fare ritorno in Paradiso. Dean Corso, che nella versione bibliografica si chiama Lucas Corso (LC), è Lucifero. Corso, così come Lucifero, non è mai secondo a nessuno, né schiavo di un’ipotetica entità malefica o Maestro, a differenza di Balkan.
La ragione per cui Polanski o gli sceneggiatori del film abbiano rinominato il nome di Corso – da “Lucas” in “Dean” – facendo apparentemente perdere traccia dell’accostamento a Lucifero, come desumibile dal romanzo – è un po’ articolata.
La gematria è un aspetto della visione teologica dell’ebraismo che studia le parole scritte in lingua ebraica e assegna loro valori numerici: questo sistema afferma che parole e/o frasi con valore numerico identico siano correlate tra loro o dimostrino una qualche relazione col numero stesso. Se attraverso questo sistema di corrispondenza tra lettere e numeri calcoliamo il nome: “Dean Corso”, otteniamo il seguente valore numerico:
4 + 5 + 1 + 40 + 0 + 3 + 50 + 80 + 90 = 323
Adesso, sempre con lo stesso metodo, di seguito calcoliamo il valore numerico della parola: “Lucifer”:
20 + 200 + 3 + 9 + 6 + 5 + 80 = 323
In entrambi i casi abbiamo ottenuto lo stesso valore numerico di 323. Questo stratagemma architettato dagli sceneggiatori del film, avvalora nuovamente la tesi che esiste una correlazione intrinseca tra Dean Corso e Lucifero.
Un altro espediente che ci permette di associare il personaggio di Dean Corso a Lucifero, ce lo fornisce il seguente fotogramma:
I tre segni di sangue volutamente impressi sulla fronte di Corso ad opera della ragazza, rappresentano un simbolo di iniziazione caratteristico.
La lettera ebraica vav si disegna similmente ad un trattino – ו. Possiamo dunque ipotizzare i tre segni sulla fronte di Corso come tre ו ו ו. Siccome questa lettera nella gematria è associata al numero 6, tre vav equivalgono al numero 666.
Nel libro della Rivelazione di San Giovanni si legge:
- “Faceva sì che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi ricevessero un marchio sulla mano destra e sulla fronte;
- e che nessuno potesse comprare o vendere senza avere tale marchio, cioè il nome della bestia o il numero del suo nome.
- Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza calcoli il numero della bestia: essa rappresenta un nome d’uomo. E tal cifra è seicentosessantasei.”
Quello dipinto sulla fronte di Corso è dunque il c. d. “marchio della bestia”. La bestia è lui, Corso – Lucifero. Alla stregua di quanto raffigurato nell’incisione: ecco un’immagine che ritrae la ragazza a cavalcioni della “Bestia”:
Tre segni verticali sulla fronte sono anche il tradizionale segno indù di iniziazione della trimurti (tre aspetti). Dunque gli aspetti di “creazione”, “conservazione” e “distruzione” nella forma di tre divinità: ovvero Brahmā il creatore, Viṣṇu il conservatore e Śiva il distruttore. La striscia di sangue centrale, che dalla fronte giunge fino al naso di Corso, rappresenta l’aspetto di Viṣṇu – “il conservatore” – le cui qualità (come quelle di Chesed) sono la grazia e la misericordia. Tali segni vengono anche mantenuti in ricordo della consacrazione del corpo come tempio dello Spirito e nel caso di Corso potrebbero rappresentare un segno della sua iniziazione al Sentimento Superiore e al Regno dell’Anima; la fronte macchiata di sangue di Corso non viene immediatamente pulita.
Nel contesto dell’Albero della Vita i tre segni simbolici si riferiscono alle tre energie Creatrici Trascendenti della Triade Superna che, quando il corpo umano (microcosmo) è sovrapposto all’Albero, combaciano con la testa. Il segno centrale allungato simboleggia il Pilastro Mediano che si estende verso il basso dalla più alta sephirah centrale della Divinità, ovvero Kether (Corona) – che rappresenta il “Sentiero di Ritorno” che Corso sta percorrendo.
La ragazza si mostra come una figura simbolica che modella per lui le qualità dell’anima in cui gradualmente evolve, ma una volta che Corso compie “le nozze chimiche” tra Ego ed Anima, la figura multidimensionale della ragazza si traduce in un simbolo della non dualità dello Spirito. L’unione con lei in questa veste lo condurrà oltre l’Abisso.
“Le Nozze Chimiche” tra il Re e la Regina rappresentano un tema alchemico e sul piano spirituale, simbolizzano l’unione fra il Cielo e la Terra, il legame tra differenti Mondi, le relazioni dell’uomo con l’Universo e la connessione tra il principio maschile e quello femminile che realizza l’essere androgino primordiale. La donna misteriosa che guida Corso durante il suo viaggio nel Regno delle Ombre, impersona quella Vergine che svolge il ruolo di mediatrice tra l’uomo e Dio e non è altro che Babalon, la Donna Scarlatta o “la meretrice sacra”, la sua controparte femminea che da “Figlia” (Malkuth) ritorna alla Madre (Binah) per sedere sul trono lasciato vacante (Daath).
Dean Corso, alla stregua di Christian Rosenkreutz, sperimenterà che l’anima, pur separata dal corpo, perfezionandosi, può entrare in rapporto con il mondo spirituale, nello stesso modo in cui egli stesso, mediante i sensi, entra in connessione con la natura. Guardandolo, percepiamo che è consapevole, mediante la “visione corporea”, di essere in procinto di riunificarsi con lo Spirito:
Il viandante segue quindi le tracce di una vergine che, incarnando la divinità che sconfigge le tenebre e le inviluppa entro i suoi limiti, prima accende le lampade che illuminano il cammino del protagonista. Ecco un fotogramma in cui il portiere/custode della “Balkan Press” indica la lampada grazie alla penna che tiene in mano, mentre rivolge lo sguardo a Corso:
L’ultimo passo che dà accesso alla Nona Porta è il raggiungimento del Rebis, il grado di Magus, che si esprime attraverso colui ormai in grado di padroneggiare le sincronicità e di sapersi trovare nel posto giusto al momento giusto. La scena finale del film culmina in un momento preciso nello spazio e nel tempo che Corso evince grazie alla corretta litografia della nona incisione – che raffigura quel preciso luogo ed istante, ovvero l’ora esatta in cui il sole fa capolino sbucando da dietro le mura del castello.
Il castello in cui Corso entra alla fine del suo viaggio è una versione del simbolo della Nuova Gerusalemme. Come il “Tempio di Salomone” che allo stesso tempo esiste sia come “Macrocosmo” (la Creazione perfetta) che come “microcosmo” (la coscienza individuale illuminata). L’essenza del nostro Essere e del mondo creato è sempre stata Divina. Solo la prospettiva temporanea e limitata della nostra coscienza legata all’ego, ci ha impedito di sperimentare questa verità. Una volta che Corso è finalmente in grado di guardare attraverso gli occhi dello Spirito/Anima, sperimenta ciò che è sempre stato lì per coloro che “hanno occhi per vedere”: la Luce Divina del Cielo che arde continuamente nel cuore di tutte le forme create.
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FONTI E APPROFONDIMENTI BIBLIOGRAFICI:
- Aleister Crowley, “Liber CCCXXXIII: Il Libro delle Menzogne”;
- Arturo Pérez-Reverte, “Il club Dumas”, Rizzoli, 2014;
- Claudio Marucchi, “I Tarocchi e l’Albero della Vita”, Psiche 2, 2010;
- Dante Alighieri, “La Divina Commedia”;
- Donald Tyson, “Magia Enochiana”, Ed. Mediterranee, 2014;
- Francesco Colonna, “Hypnerotomachia Poliphili”, Adelphi, 2004;
- Giordano Berti, “I Tarocchi di Aleister Crowley”, Lo Scarabeo, 2004;
- Johann-Valentin Andreae, “Le nozze chimiche di Christian Rosenkreutz”, SE, 2014;
- Julius Evola, “La Tradizione Ermetica”, Ed. Mediterranee, 1996;
- Lady Frieda Harris, “Tarocco Thoth di Aleister Crowley”, Lo Scarabeo, 2019;
- René Guénon, “Simboli della Scienza sacra”, Adelphi, 1990;
- L. MacGregor Mathers, “Magia della Cabala. Vol. 1”, Ed. Mediterranee, 1983.
– a cura di Frank Tudisco