Pitagora ed il Pitagorismo: la filosofia come disciplina sacra – Luigi Angelino
Il “Pitagora storico”, che nei secoli successivi sarebbe diventato una sorta di figura mitica, nacque nell’isola di Samo intorno al 570 a.C., emigrando poi verso le coste della Magna Grecia nel 532, a causa dell’incombente minaccia rappresentata dalle truppe persiane. Nel 530 fondò a Crotone una vera e propria “Scuola”, destinata ad influenzare la vita politica della città e dei territori limitrofi, contribuendo in maniera ideologica ed operativa all’insediamento di un governo aristocratico nella stessa Crotone. Una rivolta democratica, tuttavia, rovesciò il regime politico della città ionica, con il conseguente incendio della “Scuola”, simbolo dell’elite sconfitta. Il drammatico episodio costrinse Pitagora a cercare rifugio prima a Locri, poi a Taranto ed, infine, a Metaponto, dove passò a miglior vita nel 490 a.C. circa. Il “saggio di Samo”, così come veniva chiamato Pitagora, è una delle figure più controverse della Grecia antica, a causa della limitata attendibilità delle fonti che lo riguardano., anche se menzionata da autori suoi contemporanei o di poco successivi, come Senofane, Eraclito ed Erodoto (1).
Al di là delle poche fonti storiche esistenti intorno alla figura di Pitagora, grazie al prestigio che il suo nome avrebbe acquisito presso i circoli culturali ellenici nel tempo a venire, aleggiano numerose leggende che la rendono misterioso ed affascinante. Della sua formazione si narra, innanzitutto, che intraprese numerosi viaggi, visitando territori altamente civilizzati, come l’Egitto, Babilonia, la regione caldea ed altre aree del Mediterraneo orientale. Dai sacerdoti/filosofi egizi avrebbe appreso la geometria, l’arte ed i significati semantici dei sacrifici, nonché i principali sistemi rituali attuati nel corso delle cerimonie religiose; in Mesopotamia avrebbe approfondito le conoscenze di aritmetica e di logica; con i Fenici si sarebbe confrontato su tematiche astrologiche ed astronomiche (2). E’ importante sottolineare che Pitagora, come Socrate, non lasciò nulla di scritto di suo pugno e che tutti i testi che gli sono stati attribuiti hanno un’origine senza dubbio pseudo-epigrafica.
Il personaggio di Pitagora, come si diceva in precedenza fu avvolto, già negli anni immediatamente successivi alla sua morte, da un’aura leggendaria ed enigmatica. La sua autorevolezza intellettuale si era così radicata nell’immaginario collettivo al punto che si era diffusa la voce che il “sapere” gli fosse stato rivelato da una divinità e che nessun mortale ne potesse modificare i contenuti. In alcune opere composte nel periodo del tardo Neoplatonismo e Neopitagorismo,il filosofo viene indicato come “figlio di Apollo” (3). Il suo nome era considerato derivante dall’unione di due termini. Pythios, uno degli appellativi del dio Apollo ed agorà (piazza), tanto da poter essere reso con l’espressione “annunciatore del Pizio”. Altri glottologi ritengono più plausibile ricollegare il primo termine al verbo pèitho, persuadere, in modo da ottenere un significato che suona come “colui che parla in piazza”, “colui che persuade in piazza” o più semplicemente “oratore della piazza”. Il principale motto pitagorico, tradotto in lingua latina (4), suona come ipse dixit che si può rendere, in italiano corrente, con l’espressione “l’ha detto proprio lui!”. Questo significativo brocardo esprime in pieno l’autorevolezza del pensiero di Pitagora e l’impossibilità di mettere in discussione i suoi insegnamenti.
Non avendo lasciato nulla di scritto dalla sua mano, si pensa che i primi “scritti pitagorici” ad essere conosciuti e divulgati siano stati quelli di Filolao (5), uno dei più attivi tra i giovani discepoli del Maestro, fuggito verso la Grecia continentale dopo la rivoluzione dei “Democratici”. Il movimento che derivò dagli insegnamenti di Pitagora prese il nome di “Pitagorismo”, configurandosi come un’associazione con finalità filosofiche, politiche e religiose, se vogliamo utilizzare un linguaggio moderno, comunque poco adatto ad esprimere l’effettivo spirito che animava i seguaci del Maestro. Nell’ambito dell’organizzazione era possibile distinguere diverse categorie di discepoli: gli acusmatici che, come l’etimologia del termine ricorda in maniera inequivocabile, dovevano rimanere in silenzio ed ascoltare gli insegnamenti che venivano impartiti loro; i matematici, che avevano già raggiunto un buon livello di apprendimento, potevano chiedere spiegazioni ed intervenire attivamente nelle discussioni. Questi ultimi erano coloro che avevano l’accesso alle dottrine più segrete della Scuola. Nelle fonti si trovano riferimenti anche ad altre tipologie di distinzioni: i discepoli esoterici, ossia i veri e propri iniziati che potevano essere ammessi anche alla presenza di Pitagora, mentre i discepoli essoterici erano i novizi che potevano ascoltare il Maestro, ma non potevano vederlo (6). Risulta chiaro che si tratta di un’ulteriore distinzione, basata non tanto sul livello di apprendimento, quanto sulla possibilità o meno di incontrare il capo indiscusso della “Scuola”, in base a valutazioni che, con ogni ragionevole probabilità, erano ponderate da un gruppo di accoliti che avevano guadagnato la fiducia di Pitagora. Una evidente particolarità del “gruppo pitagorico”, rispetto ad altre associazioni antiche, era il fatto che era ammessa la presenza delle donne, in aggiunta all’obbligo del celibato e della comunione dei beni. Tutti gli adepti erano obbligati a rispettare determinate regole ed a mettere in pratica alcune azioni, come la purificazione del corpo e la vestizione di certi capi di abbigliamento nei templi durante le funzioni religiose. Si tratta di consuetudini mutuate dalla tradizione liturgica egizia, capaci di influenzare tutte le dottrine misteriche ellenistiche e perfino la struttura portante della liturgia cristiana.
La storiografia moderna tende a distinguere il “Pitagorismo”, a seconda dell’evoluzione nei progressivi periodi storici: il Pitagorismo antico andrebbe collocato tra il VI ed il V secolo a.C. ed il Neopitagorismo che si sarebbe sviluppato intorno al I secolo a.C. Per quanto riguarda i lineamenti generali del pensiero pitagorico, è forse superfluo ricordare che l’originaria dottrina impartita dal Maestro era segreta e la norma che ne vietava la divulgazione prevedeva severe sanzioni, come l’espulsione immediata, in caso di inosservanza. Per questi motivi, non si hanno a disposizione descrizioni dirette della sua filosofia e quanto sappiamo deriva dagli scritti dei suoi discepoli che, molto probabilmente, tendevano a mescolare le proprie convinzioni personali con quelle del grande Maestro. Premesso ciò, ne consegue che è quasi impossibile discernere l’originaria dottrina di Pitagora da quella dei “Pitagorici”. Gli studiosi ritengono, però, che l’unico insegnamento che si può far risalire a Pitagora, con ragionevole certezza, è quello relativo alla metempsicosi. Si tratta della cosiddetta ipotesi della trasmigrazione delle anime fino a raggiungere la purificazione finale. Nelle proprie convinzioni in merito alla metempsicosi (7), Pitagora fu profondamente influenzato dall’Orfismo (8), ritenendo che l’anima dell’uomo sia immortale e che dopo la morte abbia la capacità di entrare nel corpo di un animale. Nella sua visione, il ciclo completo, per raggiungere la purificazione finale, si compirebbe in tremila anni, dopo che l’anima sia riuscita a trasmigrare in tutte le specie animali della terra, del mare e dell’aria (o le principali, considerata la vastissima varietà di specie animali). E’ una dottrina, altamente simbolica che, con alcune differenze, fu ripresa anche da Platone.
Un altro insegnamento che la tradizione tende a collegare direttamente a Pitagora è la cosiddetta “teoria dei numeri”, da intendere come l’espressione della sostanza delle cose. Secondo questa teoria, i principi della matematica si impongono come i principi di tutta la realtà. In riferimento alla teoria dei numeri, si parla anche di “metafisica”, in quanto il numero può essere considerato anche come modello originario, cioè come l’archè, la prima misura di tutte le cose. La teoria dei numeri sarà superata, almeno in apparenza, soltanto da Aristotele, secondo il quale il numero non sarebbe altro che un “principio materiale”. Entrando nel merito delle scoperte matematiche di Pitagora, si ritiene che il famoso teorema fosse già noto agli Egizi ed ai Babilonesi e che il Maestro l’abbia appreso durante uno dei suoi tanti viaggi. Al “teorema” che prende il suo nome, Pitagora avrebbe attribuito un “valore logico”, compiendo un salto di qualità epistemologico rispetto ad una conoscenza empirica acquisita presso le precitate civiltà (9).
Ai Pitagorici si deve soprattutto la concezione del numero come un insieme di più unità, peraltro rappresentato anche nella sua dimensione spaziale. In relazione a tale aspetto peculiare, molti studiosi parlano della matematica pitagorica come di un’aritmo-geometria. I numeri racchiuderebbero in sé proprietà morali, cosmologiche e magiche, anche se poi la valenza dei sistemi aritmo-geometrici perderebbe di consistenza con la scoperta delle grandezze incommensurabili, cioè il rapporto tra la diagonale ed il lato di un quadrato. Di conseguenza, per risolvere il problema dell’infinito e del continuo, l’aritmetica si separa dalla geometria: la prima si dedica all’analisi dei rapporti numerici, mentre la seconda si lancia alla scoperta del “continuo spaziale”.
Per quanto riguarda l’elaborazione delle teorie astronomiche e cosmologiche, la maggior parte di esse, così come codificate nei secoli successivi, sono attribuite a Filolao, già menzionato come uno dei discepoli di Pitagora più attivi e prolifici. Secondo la sua opinione, l’universo ha come centro un Fuoco in grado di determinare il movimento degli astri. Intorno al Fuoco si muoverebbe una sorta di Antiterra, che spiegherebbe le eclissi, nonché la Terra, la Luna, il Sole, i cinque pianeti, fino ad allora individuati, e le stelle fisse. La somma dei corpi celesti indicati darebbe il numero “dieci”, considerato sommamente sacro dalla dottrina pitagorica. Al di là della ricostruzione cosmologica fantasiosa e per l’epoca contemporanea ingenua, in considerazione del fatto che in quel tempo non si avevano a diposizione dati scientifici, quello che risulta importante ed innovativo nell’ambito della dottrina pitagorica è il tentativo di spiegare la struttura dell’universo seguendo un metodo razionale, rinunciando a spiegazioni di carattere mitologico in stile esiodeo e ponendo le basi, altresì, per l’elaborazione di una prima bozza di un compiuto sistema eliocentrico. Nell’immaginario dei Pitagorici, infatti, al centro dell’universo vi è un “Fuoco”, non la Terra (10).
La concezione pitagorica del tempo è molto diversa da quella “lineare” propria delle tre religioni abramitiche, di seguito elencate in ordine di diffusione cronologica: Ebraismo, Cristianesimo, Islam. Per i Pitagorici, il tempo ha un’impostazione ciclica, poiché, trascorso un determinato periodo, ogni evento è destinato a ripetersi come già avvenuto in precedenza, almeno nelle sue caratteristiche eziologiche essenziali. Anche in tale convinzione, è facile intuire un tentativo di razionalizzare i concetti del finito, “di limitato e di ordinato”, in contrapposizione all’idea di caos, abbracciata con una certa disinvoltura da alcuni pensatori dell’antichità. Peraltro, la visione del tempo come sequenza ciclica o “a spirale” esprime anche una valutazione del pensiero pitagorico nel campo sociale e politico. In tale contesto, i Pitagorici ritenevano che fosse inutile e fuorviante credere che una rivoluzione potesse essere definitiva, in quanto i rapporti tra le diverse classi sociali sarebbero stati sempre destinati a cambiare nel susseguirsi di ogni ciclo storico (11).
Di grande impatto sarà l’influenza del Pitagorismo sulle scuole filosofiche ed iniziatiche successive, in special modo in relazione agli aspetti di carattere etico. L’etica pitagorica è essenzialmente incentrata sul principio della giustizia, che è rappresentata simbolicamente dal numero quattro, ossia il prodotto dell’eguale con l’eguale. Il fulcro della credenza etica pitagorica consiste nell’affermazione della superiorità della vita contemplativa rispetto a quella pratica. Le discipline del sapere, nella visione pitagorica, si estendono dalla matematica alla geometria, dall’astronomia alla cosmologia, dalla musica alla medicina, dalla poesia alle arti divinatorie. Per gli eredi di Pitagora, l’iniziazione e la purificazione, che possono consentire il raggiungimento dell’ideale della vita contemplativa, possono essere ottenute soltanto con l’acquisizione di un adeguato livello di conoscenza, dopo aver superato determinate prove progressive. L’amore per il sapere, cioè la filosofia (risulta che Pitagora sia stato il primo ad usare tale termine), diventa lo strumento più importante ed efficace per poter conseguire una completa purificazione. In quest’ottica, la filosofia conquista la dignità di “disciplina sacra”, da riservare soltanto a pochi iniziati che diano prova di possedere le adeguate capacità per osservare e comprendere il mondo, oltre l’apparenza delle esperienze meramente sensibili (12).
Il “Pitagorismo esoterico” che iniziò a svilupparsi qualche secolo dopo la morte del Maestro, si basava sui cosiddetti “versi aurei”, che non possono essere direttamente attribuiti al filosofo, ma che costituiscono una sorta di compendio dei dogmi elaborati dalla “Scuola Italica”, messi per iscritto dai seguaci di Pitagora, allo scopo di istruire i discepoli delle generazioni successive (13). Si trattava dell’unico strumento che permetteva agli adepti di seguire la via divina e di elevazione dello spirito, allo scopo di ottenere, almeno in parte, l’estinzione delle sofferenze umane, mediante l’unione dello spirito individuale con quello divino, considerato come unica fonte dell’intera realtà. In qualche modo, tale visione anticipa l’ipotesi del motore immobile, atto puro, pensiero di pensiero che troverà espressione compiuta in Aristotele e che influenzerà l’intero pensiero occidentale. L’ermetismo pitagorico è stato fonte di ispirazione per molteplici organizzazioni formatesi nei secoli dell’era cristiana: dai Templari alle Logge massoniche, anche se il campo è così vasto da meritare trattazioni specifiche e mirate. Alle comunità pitagoriche, risale, comunque, l’usanza della rigida formazione dei novizi, che dovevano prepararsi con grande impegno per attraversare i quattro gradi di consapevolezza iniziatica e, pertanto, essere ammessi all’applicazione delle dottrine apprese nei gradi precedenti (14).
Note:
1 – Giovanni Battista Arnone, Pythagoras. Il Samio, Il Pizio, Il Savio, Ed. Pellegrini, Milano 2020;
2 – Giamblico, curatore M. Giangiulio, Ed. Rizzoli, Milano 1991;
3 – Gianfranco Bertagni, Porfirio- Vita di Pitagora, su http://www.gianfrancobertagni.it, consultato in data 16/08/2023;
4 – Corrisponde al greco “autòs èpsa”. In ambiente latino fu soprattutto Cicerone ad attribuire il brocardo, tradotto in lingua latina, ai Pitagorici. In epoca medievale lo stesso motto fu adoperato con riferimento ad Aristotele, considerato il massimo esponente della filosofia;
5 – Su Filolao le fonti sono discordanti. Diogene Laerzio sosteneva che fosse nativo di Crotone, mentre altri autori gli attribuivano Taranto come città di nascita;
6 – Cfr. Nuccio D’Anna, Pitagora e il Pitagorismo. Fenomenologia dell’iniziazione religiosa, Edizioni Arkeios, Roma 2022;
7 – La testimonianza risale ad uno scritto di Senofane;
8 – L’Orfismo è un vero e proprio movimento religioso e misterico sorto in Grecia nel VI sec. a.C., ma che affonda radici in tradizioni più antiche;
9 – Arturo Reghini, Introduzione ai numeri pitagorici, Edizioni Tipheret, Rimini 2017;
10 – Si tratta di una visione molto diversa da quella aristotelica-tolemaica che prevarrà fino al tardo Medioevo;
11 – Christiane L. Joast-Gaugler, traduttore Pasquale Faccia, Pitagora ed il suo influsso sul pensiero e sull’arte, Edizioni Arkeios, Roma 2008;
12 – Luigi Angelino, La ricerca del divino, Edizioni CTL, Livorno 2021;
13 – curatore Antonio Farina, I versi aurei. Testo greco a fronte, Edizioni La Vita Felice, Milano 2023;
14 – nota nr. 6.
(in foto di testata le famose Tavole Palatine, site in prossimità di Metaponto: sono i resti di un tempio dorico periptero esastilo del VI secolo a.C. dedicato alla divinità di Hera, sede un tempo della scuola di Pitagora)
Luigi Angelino,
nasce a Napoli, consegue la maturità classica e la laurea in giurisprudenza, ottiene l’abilitazione all’esercizio della professione forense e due master di secondo livello in diritto internazionale, conseguendo anche una laurea magistrale in scienze religiose. Nel 2022 ha pubblicato con la Stamperia del Valentino 8 volumi: Caccia alle streghe, Divagazioni sul mito, L’epica cavalleresca, Gesù e Maria Maddalena, L’epopea assiro-babilonese, Campania felix, Il diluvio e Sulla fine dei tempi. Con altre case editrici ha pubblicato vari libri, tra cui il romanzo horror/apocalittico “Le tenebre dell’anima” e la sua versione inglese “The darkness of the soul”; la raccolta di saggi “I miti: luci e ombre”; la trilogia thriller- filosofica “La redenzione di Satana” (Apocatastasi-Apostasia-Apocalisse); il saggio teologico/artistico “L’arazzo dell’apocalisse di Angers”; il racconto dedicato a sua madre “Anna”; un viaggio onirico nel sistema solare “Nel braccio di Orione”ed una trattazione antologica di argomenti religiosi “La ricerca del divino”. Con auralcrave ha pubblicato la raccolta di storie “Viaggio nei più affascinanti luoghi d’Europa” ed ha collaborato al “Sipario strappato”. Nel 2021 è stato insignito dell’onorificenza di Cavaliere al merito della Repubblica italiana.