Antitesi tra dialettica del politicamente corretto e lingua taumaturgica –
Melencolia – Luigi Angelino
Melencolia I, o nella variante denominativa Melancholia I, è una famosa incisione “a bulino” eseguita dall’artista tedesco Albrecht Durer (1) nel 1514. Tra le migliori copie esistenti dell’opera, si annovera quella custodita presso la “Staatliche Kunsthalle” (2) della città di Karlsruhe in Germania. L’incisione fa parte di un progetto più ampio concepito dall’artista, in quanto è una delle opere del trittico cosiddetto “Meisterstiche”, insieme al “San Girolamo nella cella” ed al “Cavaliere, la morte ed il diavolo”. I critici ritengono che ragionevolmente le tre opere non si ispirino totalmente allo stesso filo conduttore ideale, ma che, comunque, si riferiscano a tre modelli esistenziali distinti: alle virtù morali, a quelle teologiche e a quelle intellettuali.
“Melencolia I” raffigura un soggetto femminile alato che siede con aria meditabonda dinanzi ad una specie di costruzione in pietra circondata da svariati oggetti, per lo più connessi in maniera simbolica all’ambiente alchemico. L’osservatore, prestando la dovuta attenzione, può distinguere una bilancia, una cane magrissimo, alcuni utensili adoperati dai falegnami, una clessidra, un putto, un coltello, una scala a pioli, una campana ed un solido geometrico, identificato nel dettaglio come “romboedrico” o, ancora più nello specifico, chiamato “rombo di Durer”. In linea generale, si sostiene che l’incisione voglia rievocare le grandi difficoltà che si devono affrontare, qualora si cerchi di trasformare il piombo in oro e, pertanto, in maniera più traslata e spirituale, nel voler condurre le anime dalle tenebre verso la luce (3).
E’ giusto chiedersi, a questo punto, il perchè del titolo “Melencolia”. Ciò sembrerebbe trarre origine dal fatto che, nella tradizione astrologica ed esoterica, le azioni alchemiche sono dominate dal pianeta Saturno, associato al sentimento che noi tendiamo a chiamare “malinconia”. Tuttavia, a temperare questo “stato d’animo”, spiccano altri elementi presenti nell’incisione: l’arcobaleno e la cometa che sono il segno della speranza e della rinascita, nonchè le chiavi che sono l’emblema della conoscenza, capace di elevare l’animo umano verso uno stadio superiore di consapevolezza ed il pipistrello che appare illuminato da un raggio di luce in grado, pertanto, di diradare l’oscurità. Nella scena dell’incisione tutto appare immobile, come in un momento di somma sospensione, in un’atmosfera di silenzio e di abbandono. Il levriero scheletrico, appoggiato ai piedi dell’angelo dalle sembianze femminili, sottolinea la solennità di quello strano quadretto, come compagno di impareggiabile fedeltà, non eguagliabile da nessun essere umano. L’opera evidenzia l’influenza del “De Occulta Philosophia” scritta da Heinrich Cornelio Agrippa (4), una sorta di rielaborazione generale di tutte le nozioni esoteriche dell’età rinascimentale. Agrippa aveva suddiviso l’ispirazione malinconica in tre diversi livelli ascendenti e ciò potrebbe far luce sulla presenza della cifra “I” nel titolo, spiegando nel contempo lo stato contemplativo dell’angelo alato. Forse Durer aveva in progetto di eseguire anche “Melancholia II” e “Melancholia III”, ma poi decise di desistere o non fece in tempo ad ultimarle, oppure si può azzardare che le abbia eseguite e che siano andate perdute.
A destare maggiore interesse nell’opera è, però, soprattutto un altro elemento: il quadrato magico. Si tratta di una versione geometrica molto difficile da interpretare, in quanto essa non forma la somma dei numeri disposti sulle linee orizzontali, verticali o oblique, come nelle riproduzioni più consuete e popolari, ma presenta anche la somma dei quattro settori quadrati, in cui si può scomporre lo stesso oggetto. Inoltre, si nota che anche i quattro numeri al centro, se sommati danno il famigerato “34” come, del resto, la stessa somma dei quattro numeri collocati agli angoli. Procedendo nell’analisi, si osserva che il numero 34 compare per ben sedici volte, pari al numero totale dei riquadri presenti. In maniera sorprendente, la stessa caratteristica si trova nella “Tabula Jovis” di Henricus Cornelius Agrippa di Nettesheim, anche se a tale proprietà non era stata data particolare enfasi da parte dello suo stesso esecutore. Il quadrato magico di Durer si avvicina, peraltro, ad importanti raffigurazioni della tradizione ermetica, come ai quadrati di Mescupolo e di Paracelso che, in maniera analoga, presentano la medesima caratteristica di ottenere il numero 34 dalle somme di ciascun settore dell’oggetto. Nella credenza rinascimentale, in linea generale, si pensava che il quadrato magico avesse la capacità di combattere la malinconia di origine saturnina, collegandosi al pianeta Giove, ispiratore, al contrario, di pensieri positivi.
Secondo il famoso critico d’arte Panofsky (6), attribuendo il titolo di “Melencolia”, l’autore avrebbe voluto far riferimento alla teoria dei “quattro umori”, diffusa in età classica, secondo la quale il corpo umano sarebbe condizionato principalmente da quattro fluidi, che corrispondono, in realtà, ai quattro elementi, ai quattro venti, alle quattro stagioni ed, in maniera figurativa, alle quattro fasi dell’esistenza. Nell’ambito di questi quattro fluidi, l’umore melanconico, detto anche “bile nera”, era associato alla terra, all’autunno, al crepuscolo ed all’età matura dell’uomo. Gli artisti precedenti, che si erano cimentati nella raffigurazione dell’ “umore melanconico”, avevano per lo più adoperato figure femminili e languide, allo scopo di esprimere lo stato d’animo di struggente riflessione e di introspezione emotiva. Con Durer, invece, la complessiva teorizzazione della melanconia sembra assurgere ad un livello più alto, in quanto l’artista si serve di una creatura quasi soprannaturale, dotata di segni fisici superiori come le ali, ma che si distingue dagli altri soprattutto per la sua intelligenza e per la sua straordinaria capacità di ideazione. Come si evince da alcuni elementi già descritti, all’immagine spirituale della “melanconia”, Durer unisce anche aspetti geometrici, ottenendo, secondo il già citato Panofsky un risultato sorprendente: “l’intellettualizzazione della malinconia e l’umanizzazione della geometria”.
Il Calvesi (7) attribuisce una lettura più di carattere “alchemico” all’intera opera, dando maggiore importanza alla simmetrica collocazione dei diversi oggetti presenti in essa. Nella parte sinistra dell’incisione, il processo di trasmutazione della massa confusa si dirige verso la promessa di serenità rappresentata dall’arcobaleno, mentre nella parte destra lo stesso processo si svolge all’interno del forno, dove è nascosto il vaso, somigliante nella forma alla “testa umana” ad indicare una sorta di travagliata riflessione sullo stato malinconico.
L’incisione appare nel complesso un chiaro compendio di ideali neoplatonici, così come sviluppati in seno all’Accademia fiorentina fondata nel sedicesimo secolo, grazie al filosofo Marsilio Ficino, nonchè espressa nella pittura veneziana da artisti del calibro di Giovanni Bellini e di Andrea Mantegna. La malinconia, nell’opera di Durer, non corrisponde ad un sentimento di mera tristezza o, ancora peggio, all’anticamera della depressione. La “melancolia” dell’artista/alchimista è, al contrario, uno stato d’animo quasi privilegiato, destinato a rivelare la genialità del soggetto. Potremmo mutuare, a tale proposito, la felice e poetica espressione che utilizzerà Victor Hugo circa tre secoli dopo: “la malinconia è la gioia di sentirsi tristi”, una sorta di condizione propositiva che assorbe emozioni dal mondo esterno e le rielabora attraverso un profondo processo interiore e che tende ad infondere vita, non morte.
Note:
1 – Albrecht Durer (1471-1528) non è ricordato solo come pittore ed incisore, ma anche come insigne matematico;
2 – Si tratta di un celebre “museo d’arte” inaugurato già nel 1846;
3 – Rivista “Schifanoia”, a cura dell’Istituto di studi rinascimentali di Ferrara, vol. 48-49/2015, Fabrizio Serra editore, Pisa-Roma 2016;
3 – 3 volumi a cura di Arturo Reghini, La filosofia occulta o la Magia, Edizioni Mediterranee, Roma 1972;
4 – I quadrati di Durer, su https://www.coelum.com, consultato in data 04/02/2023;
5 – Erwin Panofsky (1892-1968), eminente storico dell’arte di origine tedesca, naturalizzato statunitense;
6 – Maurizio Calvesi (1927-2020) è annoverato tra i più importanti storici dell’arte del Novecento;
7 – La Melancholia di Durer è un’opera intrisa di sensibilità, su https://deprestop.it, consultato il 5 febbraio 2023.
Luigi Angelino,
nasce a Napoli, consegue la maturità classica e la laurea in giurisprudenza, ottiene l’abilitazione all’esercizio della professione forense e due master di secondo livello in diritto internazionale, conseguendo anche una laurea magistrale in scienze religiose. Nel 2022 ha pubblicato con la Stamperia del Valentino 8 volumi: Caccia alle streghe, Divagazioni sul mito, L’epica cavalleresca, Gesù e Maria Maddalena, L’epopea assiro-babilonese, Campania felix, Il diluvio e Sulla fine dei tempi. Con altre case editrici ha pubblicato vari libri, tra cui il romanzo horror/apocalittico “Le tenebre dell’anima” e la sua versione inglese “The darkness of the soul”; la raccolta di saggi “I miti: luci e ombre”; la trilogia thriller- filosofica “La redenzione di Satana” (Apocatastasi-Apostasia-Apocalisse); il saggio teologico/artistico “L’arazzo dell’apocalisse di Angers”; il racconto dedicato a sua madre “Anna”; un viaggio onirico nel sistema solare “Nel braccio di Orione”ed una trattazione antologica di argomenti religiosi “La ricerca del divino”. Con auralcrave ha pubblicato la raccolta di storie “Viaggio nei più affascinanti luoghi d’Europa” ed ha collaborato al “Sipario strappato”. Nel 2021 è stato insignito dell’onorificenza di Cavaliere al merito della Repubblica italiana.