L’uomo residuo: riflessioni su un saggio di Valerio Savioli – Giovanni Sessa
Tra gli studiosi dell’area non conforme, un ruolo rilevante va attribuito a Velerio Savioli. La nostra affermazione trova conferma nella lettura della sua ultima fatica, L’Uomo Residuo. Cancel culture, “politicamente corretto”, morte dell’Europa, nelle librerie per i tipi de il Cerchio (per ordini: info@cerchio.it, pp. 283, euro 25,00). Si tratta di un lavoro nel quale l’autore instaura un confronto a tutto campo con la cultura contemporanea, soffermandosi, in particolare, a delineare i tratti di quello che definisce l’Uomo Residuo, specie antropologica prodotta in un lungo iter storico dalla convergenza degli pseudo valori afferenti al “politicamente corretto”, radicalizzati dalla più recente Cancel culture. Anni fa, Giuliano Borghi, in un saggio profetico, preconizzò l’avvento dell’homo vacuus, succedaneo dell’ homo religiosus e dell’homo oeconomicus, il cui tratto fluido e spiritualmente inconsistente, non è dissimile da quello connotante di sé l’ “uomo dalla razza sfuggente” di cui scrisse Evola.
Il libro di Savioli si segnala, oltre che per i contenuti, anche per la qualità scrittoria. Pur essendo ricco di rifermenti bibliografici, il narrato non ne risulta appesantito e la lettura risulta gradevole. L’autore traccia, innanzitutto, la storia del “politicamente corretto”: uno stile politico i: «cui membri più radicali […] tentano di regolare il discorso politico definendo opinioni opposte come bigotte ed illegittime» (pp. 24-25). Per comprendere la situazione entro la quale si muoveva, fin dagli anni Settanta, il mondo occidentale è bene far tesoro di quanto Solženicyn sostenne nel discorso tenuto ad Harvard nel 1978: «Un tempo ho vissuto in un sistema in cui non si poteva dire niente, sono arrivato in un sistema dove si può dire tutto e ciò non serve a niente» (p. 25). Chiosa Savioli: «Una diagnosi […] superata: siamo infatti giunti in quella fase in cui anche da noi non si può più dire nulla» (p. 25). I confini dogmatici e invalicabili tracciati dal “politicamente corretto” sono l’esito dell’inverarsi dell’escatologia rivoluzionaria marxista nell’escatologia propria del capitalismo computazionale, cognitivo, neo-liberista. Ciò ha dato luogo all’ “uomo a una sola dimensione”, quella desiderante, relegato nel presente invalicabile della produzione-consumo etero diretta, che annulla qualsivoglia mediazione simbolica. Il filosofo francese Bernard Stiegler ha definito il nostro presente, età della “miseria simbolica”.
Tutto ciò ha trovato un momento di svolta nel 1968 e nel pensiero dei francofortesi. Non è casuale, quindi, che le analisi puntuali di Savioli prendano avvio da una critica di tali filosofie. Con la contestazione giovanile, funzionale al sistema capitalistico e ai suoi bisogni, con la “rivoluzione sessuale”, con il motto “proibito proibire”, si è realizzato, per dirla con Del Noce, l’assassinio del Padre. Questi è, per antonomasia, il tedoforo della Tradizione: il suo assassinio ha impedito la trasmissione dei valori condivisi sui quali si è sviluppata la storia dell’umanità. Da allora i “padroni del vapore” hanno posto quale unico riferimento, lo ha sostenuto tra gli altri de Benoist, ricordato dall’autore, la “religione dei diritti”, da imporsi attraverso il controllo delle coscienze e la censura nei confronti di ogni dissenso intellettuale. La società contemporanea globalizzata è l’esito ultimo dello neo-gnosticismo (Voegelin) dogmatico e intollerante. Non è casuale che proprio gli USA neo-puritani siano stati il volano del “polticamente corretto” e della Cancel culture. Tutto mira a dissolvere l’identità personale, perfino l’identità sessuale, relegando catagogicamente la vita nella pura immanenza. Da qui le critiche di Savioli alla degenerazione del femminismo in lotta aperta contro il “Maschio”, con l’obiettivo di svirilizzarlo.
A ciò hanno contribuito in modalità fattiva i movimenti LGBTQ+ e i loro succedanei legati alla teoria di genere miranti, addirittura, alla normalizzazione della pedofilia: «L’agenda neo-progressista radicale, detta anche Woke, ad oggi, non ha cambiato direzione» (p. 61), pertanto: «ogni retaggio tradizionale e identitario deve cedere il posto al conformismo corretto» (p. 62). In tale prospettiva: «È […] diffusa la convinzione che l’industria pornografica sia un mezzo devirilizzante per dissipare la […] forza vitale» (p. 65). Nel contempo la donna, come colse Evola, sta andando incontro a una progressiva mascolinizzazione. Il tutto supportato da una divinizzazione dogmatica della scienza, al servizio dell’Impianto del capitalismo finanziario, come ha mostrato l’epidemia da Covid 19. Come se non bastasse, in questo connubio di potere e falsa cultura, si è insediato l’ambientalismo sistemico, che ha contribuito in modo rilevante all’oblio del senso sacro della physis. La sorveglianza mediatica, la censura praticata ad ogni livello, non solo nel mondo accademico, hanno diffuso il mero safetism, la ricerca della sicurezza materiale, il puro sopravvivere biologico, attraverso l’oblio del limite, della morte. Allo scopo, il potere ha utilizzato ciò che Guy Hermet definì la “lingua macedonia”, la “guerra delle parole”, mirata a connotare negativamente i termini afferenti a una visione anagogica della vita: sacro, eroe, onore sono ritenute espressioni disdicevoli ed escludenti.
Per la Cancel culture: «il passato è imputabile dei peccati definiti dalla religione del “politicamente corretto” […] nulla è potenzialmente salvabile» (p. 211). Ecco, allora, il vilipendio delle statue di Cristoforo Colombo e/o di Montanelli, ritenuti esempi del dominio dell’uomo bianco. L’europeo vive oggi nella vergogna della propria storia. Si è transitati dalla censura all’autocensura ideologica, prodotto estremo del soft power. La “colonizzazione dell’immaginario”, praticata dall’industria culturale in ambito musicale, con i cartoni animati, con i mass media asserviti e, cosa più grave, con la collaborazione esplicita degli Istituti culturali deputati all’istruzione pubblica, ha agito pervasivamente sulle Generazione Y e Z. Si sta tentando una riscrittura della letteratura universale: sotto la lente d’ ingrandimento censoria della Cancel culture sono finite le fiabe, Dante, Pound e molti grandi del passato. Il risultato antropologico di tale azione concentrica e sovversiva è sotto gli occhi di tutti, l’ uomo dimidiato, Residuo.
Questi: «non pensa che un giorno potrebbe pentirsi di avere condiviso pubblicamente la rinuncia al proprio pudore» (p. 272), alla propria dignità. Che fare di fronte a tutto ciò? Savioli, a riguardo, è esplicito: «Arrendersi è […] da Uomo Residuo, lottare per vedere il cielo, anche se la sconfitta è assicurata, è da Uomo» (p. 277). Al pessimismo della ragione, deve far seguito l’ottimismo etico dell’azione. Non è cosa da poco…
Giovanni Sessa