L’ipocrisia del pinnacolo – Andrea Solari
Passeggiando per il centro storico di Piacenza arrivo davanti alla Basilica di San Francesco d’Assisi, una delle chiese principali della città. L’imponenza della facciata e i suoi archi acuti mi spingono a guardare in alto. E lassù, accettando l’invito, vengo quasi sedotto da tre pinnacoli rotondi che completano lo stile architettonico di gusto gotico lombardo. Tutto mi porta a guardare in alto in quella direzione verticale che non desta più interesse nei passanti, ormai costantemente con gli occhi inabissati nei telefoni cellulari. Ma quella che a prima impressione potrebbe sembrare una discrepanza inspiegabile, in realtà non la è e anzi, stimola una riflessione che ritengo valga la pena affrontare.
Com’è possibile che l’arte occidentale, in accordo con la sensibilità religiosa che l’ha animata, abbia cercato per secoli di orientare l’uomo verso il cielo per poi accorgersi di aver ottenuto l’esatto contrario? Nonostante le nostre città siano costellate di simboli impressi nella pietra che rimandano a immagini di ascensione spirituale, l’uomo moderno pare declinare la sua anima alla più scialba e annoiante orizzontalità.
Una possibile risposta l’ho avuta lo stesso giorno mentre mi apprestavo ad uscire dalla città per tornare a casa. Laddove la cementificazione progredisce come un virus mangiando tutto il verde che trova, un tempo c’erano alberi frondosi che sapevano incutere rispetto in chi condivideva il pianeta insieme a loro. Ma oggi l’abbattere un albero per costruire un parcheggio, o buttare immondizia nei boschi con la più sprezzante indifferenza, è diventato quasi uno sport nazionale che vede vincere il più furbo. Non ci si accorge purtroppo che recidere un albero per alimentare le proprie finanze e sostenere inavvertitamente il sistema economico occidentale basato sul disprezzo per la Natura, vuol dire depotenziare inconsapevolmente la forza inconscia che esso esprime. Un processo di indebolimento che favorisce una frattura insanabile tra pensiero scientifico e visione sapienziale.
Se l’uomo da sempre ha attinto dal proprio inconscio la presenza vivente del movimento dell’anima nell’immagine dell’albero e non solo, è perché l’anima si manifesta soltanto come Natura. Abbatterlo significa alimentare una frattura dolorosa tra mente e inconscio. Questa scissione proietta l’albero nella coscienza razionale come una bieca copia della sua forza originaria latente nel profondo. Da qui vediamo il sorgere dell’intelligenza artificiale. A cosa serve poi appellarci alla nostra sublime arte dispensatrice di pinnacoli se questa è vissuta soltanto come effige da mostrare ai turisti? L’uomo moderno si riconosce in simboli che in realtà hanno perso la loro forza archetipica in quanto sono soltanto una copia inefficace di quelle che sono le vere potenze psichiche.
Da tale prospettiva ritengo sia necessario muoverci per comprendere il pericolo del transumanesimo. Infatti, risulta molto strano quell’uomo tutto moderno accecato nel suo inconscio ma in grado di vedere benissimo i pinnacoli delle chiese. Sia chiaro, non è una critica all’una o all’altra religione ma il percepire di un dramma che è una maledizione. Nel pinnacolo scorgo la trasposizione devitalizzante del simbolo nel tempo virtuale: l’uomo che ha ucciso la Natura dentro di sé e che difende la propria cultura, riconoscendosi in simboli che la esprimono soltanto attraverso immagini evanescenti, simulate, artificiali.
Si deve rilevare che il panorama filosofico dei nostri tempi è particolarmente allineato alle speranze del pensiero digitale. Ma non è possibile che il mondo accademico sia ancora fanatico di un certo modo di intendere la filosofia, completamente slegata dal momento presente. Il transumanesimo deve produrre dibattito, non siamo nell’ottocento o nel novecento! Il pensiero digitale ci sta aprendo a un nuovo orizzonte d’essere sconosciuto ai nostri predecessori: e questo già sarebbe sufficiente per argomentare. Ma il problema è cosa ci ha portato a questa nuova realtà d’esistenza, e per quanto mi riguarda, ritengo che l’origine in potenza dell’essere digitale sia una involuzione archetipica.
L’uomo che vede soltanto una parte della propria psiche, ossia quella che definiamo razionale e che sostiene il pensiero scientifico, poi vede il rimanente come fantasia o superstizione. Tutto deve essere delimitato da specifiche leggi razionali fondate sul numero e sul pensiero linguistico. Questa precisa funzione del cervello non è altro che l’antesignano del computer e del pensiero computazionale. Quando l’homo sapiens vede il nostro ormai famoso pinnacolo non fa altro che attivare questa parte del cervello, mentre invece l’albero, ossia la vera forza che è parte inscindibile della psiche, rimane nascosto.
Tuttavia abbiamo la fortuna di avere ereditato una conoscenza imprescindibile tra le tante proveniente dal mondo antico, ossia il mito. In esso la scienza moderna è soltanto un “pinnacolo” in quanto è totalmente superflua, e a prova di questo è una delle sue caratteristiche più importanti cioè la divinazione. Il mito cambia faccia in ogni epoca storica in quanto è connesso a potenze ancestrali ma ci offre la possibilità di renderci conto del nostro momento psichico.
Come ho scritto altrove (Il linguaggio degli ummuni, Agorà & Co. 2022) nell’Edipo di Sofocle ho visto la risoluzione degli indovinelli da parte di Edipo come il tentativo di far prevalere la logica del pensiero razionale sul potere del silenzio rappresentato dalla Sfinge. A causa di ciò la maledizione ha perseguitato l’eroe fino all’esilio, immagine dell’isolamento della coscienza incapace di riunirsi alla forza inconscia naturale. Ritengo urgente nel nostro mondo una terapeutica del silenzio in grado di depotenziare il veleno della parola razionale, anche se ovviamente non significa eliminare il linguaggio o non usare più il buon senso.
Cosa diventa l’uomo nel silenzio? Sostengo che in esso venga svelata la vera origine dell’essere e che possa indurre a una via di guarigione collettiva. Nel silenzio l’uomo può riattivare il suo centro che è fuoco. La nostra Natura è calore che si esprime in molteplici possibilità di temperamenti che vanno a dirigere il piano psichico. Il medico romano Galeno, sottovalutato dal punto di vista sapienziale, ha descritto molto bene nella sua opera “Sui temperamenti” come il calore determini l’attività fisica e cerebrale da cui deve partire una analisi medica. Il fuoco è ciò che anima prima di qualsiasi possibile intendimento razionale, è il calore che organizzandosi può solo successivamente divenire mentale, è azione che diviene forza.
Il pensiero razionale della nostra epoca è la maledizione che gli dei hanno inflitto all’uomo per aver deciso di dominare la Natura. Così, la logica ci ha guidato dai pinnacoli all’era del moderno dove diminuendo progressivamente il calore pompato dal cuore predomina il gelo cerebrale, con la conseguente plastificazione della mente che renderà l’uomo un Cyborg senza vita.
Andrea Solari