Le fortune della Religione Romana nel Rinascimento – Umberto Bianchi
“Felice colui che rende grazie agli Dei dei benefici che gli accordano
e che, al di sopra di tutto,
ringrazia Giove, fonte, prima del bene e del bello”
(Giorgio Gemisto Pletone, Trattato delle Leggi, III, Inno XXVII, Edizioni Victrix, 2012)
Quello del Rinascimento è stato un periodo unico nella storia dell’intera umanità e non solo di quella europea. Un periodo che può trovare un parallelo solo, probabilmente, con la fioritura culturale Ellenica che trovò, in seguito, la propria naturale concretizzazione nell’opera civilizzatrice di Roma e del suo Imperium. Quello della Rinascenza è un periodo che copre un arco temporale che va, approssimativamente, dalla fine del 14° secolo a quella del 18° secolo. Il termine Rinascimento ci riporta all’idea di una “rinascita” delle arti della filosofia e della politica stessa, tutta all’insegna di un antropocentrismo che non può non riportare la nostra memoria alla cultura classica. Quella stessa cultura classica che ebbe la sua silenziosa riscoperta in quel Principato di Mistrà, nel Peloponneso della dinastia dei Paleologhi, grazie all’opera di rielaborazione di Gemisto Pletone prima e del Cardinal Bessarione poi che, assieme all’opera di Michele Psello, contribuirono a far pervenire nella Firenze di Cosimo Dè Medici le opere dei grandi autori classici, sino ad allora obliate da secoli di censura cattolico-romana. Ma a pervenire in Italia, non furono solamente dei vuoti e barbosi testi, impolverati da secoli di storia, non furono quelle che sarebbero poi divenute le noiose versioni, croce e delizia per gli studenti dei secoli a venire. No, fu qualcos’altro di molto più importante: fu un retaggio di cultura, radici e spiritualità.
Tanto l’Evo Medio fu gnostico, aristotelico e tomistico, quanto la Rinascenza fu neoplatonica, esoterica e superomistica. All’insegna di un individuo uomo, guerriero, principe, artista al contempo, collocato al centro di un universo magico, le varie scienze si fecero strumenti per l’autorealizzazione di quest’ultimo. Le scienze esoteriche legate al Neoplatonismo, tra Ermetismo, Alchimia e Cabala, trovarono la ragione della loro riscoperta proprio nel farsi strumento di autorealizzazione e potenziamento dell’individuo, oltre qualsiasi castrante limite teologico. La pittura e le arti figurative si caricarono di simboli e significati reconditi, animando figure e paesaggi come prima, nell’Evo Medio con la rigida arte Bizantina, non avrebbe mai potuto essere. Nel nome di uno strisciante Neoplatonismo, si aprirono Accademie in ogni dove, i Signori dei vari staterelli della penisola furono i coraggiosi mecenati di questa rinascita senza precedenti. Cosimo e Lorenzo De Medici, Isabella D’Este, Sigismondo da Malatesta, Federico Da Montefeltro, ma anche le corti dei Pontefici della Rinascenza, tra mille tentennamenti ed ambiguità, dettero il loro decisivo contributo a questa immortale epopea. Le Accademie si fecero in breve, veri e propri centri di elaborazione intellettuale, assumendo via via, delle specifiche connotazioni culturali.
Se quella fiorentina di Marsilio Ficino, attirò artisti e personalità del mondo culturale all’insegna di un soffuso Neoplatonismo, coniugato all’insegna di una altrettanto “soft” “Magia Naturalis”, l’Accademia Romana di Pomponio Leto, rappresentò, invece, una vera e propria deriva in direzione della riscoperta della antica “Religio” Romana. Personalità dalla immensa cultura umanistica, insegnante presso l’Università di Roma, pubblicò le storie delle vite degli imperatori romani e bizantini, oltre a studi su autori come Columella, Stazio, Virgilio e fu il primo, esplicito rivalutatore della figura di Giuliano Imperatore, dall’apologetica cristiana sprezzantemente definito l’ “Apostata”. Ma, più di tutte, la cosa che lo rese più famoso, fu la sua pratica della Religio dei Quiriti, assieme agli altri appartenenti all’Accademia, dai quali fu anche insignito del titolo di “Pontifex” o “Pantagathus”, a coronamento delle celebrazioni ivi svolte ogni 21 Aprile, in occasione del Natale di Roma. La vicenda si concluse presto ed in malo modo, a causa della vicenda della lettera minatoria di Bartolomeo Sacchi, detto il Platina, contro il Pontefice Paolo II, che scatenò un’azione repressiva che, nello scoprire un complotto contro quest’ultimo, al fine di instaurare la Repubblica, portò all’arresto di molti aderenti all’Accademia Romana ed allo scioglimento di questa. Per una serie di fortuite coincidenze, Pomponio Leto, estradato da Venezia dove era già detenuto con l’accusa di sodomia, rimase per poco tempo in carcere a Roma e fu, alfine, rilasciato. La vicenda di Leto, non può e non deve essere valutata come cosa fine a sé stessa, sulla falsariga del “colpo di testa” di un personaggio strampalato, bensì va inquadrata e compresa tutta all’interna del fenomeno rinascimentale di cui, senza dubbio, costituì una manifestazione di tutto rispetto.
Il Rinascimento rappresenta quella prepotente istanza di ritorno al molteplice, di contro agli omnicomprensivi ed universalizzanti modelli di Ecclesia ed Imperium di medioevale memoria. La Natura si fa Magnum Mysterium, tra i cui risvolti fanno apparizione figure divine, eteree sagome femminili, Madonne ingentilite da sorrisi misterici, che sempre più sembrano allontanarsi dai classici canoni pietisti. Figure umane, che il genio di Michelangelo renderà ipertrofiche, gigantesche, quasi a voler silenziosamente sottolineare il ruolo prometeico di un Uomo che, in quell’allungar la mano verso Dio, sembra farsi Dio egli stesso, nel nome di quella strisciante tentazione di ermetica memoria, di quell’ “io sono te…”. E proprio come in tutte le sin troppo belle storie che si rispettino, una fine ingloriosa ed inaspettata: quel Prometeo evocato dai fasti michelangioleschi, il ricomparire di quegli Dei dimenticati da secoli bui, un genio ed un talento divini, finiscono con l’essere ignominiosamente messi al servizio e sviliti dalla nascente civiltà mercantilista, dall’oscuro Regno della Quantità, di contro a quello luminoso della Qualità. “Scientia est Potentia” e nasce una Modernità Materialista e Meccanicista, ma non priva di quel pizzico di ambiguità che ne farà un vero e proprio “unicum”.
A parte nei richiami pittorici, gli Dei continueranno, nonostante tutto, a sopravvivere nelle istanze Romantiche, Vitaliste, Irrazionaliste ed in genere “non conformi” che, come un uragano spazzeranno e continuano a spazzare tuttora, periodicamente l’Occidente, travagliandone e agitandone la vita, come mai probabilmente sarebbe accaduto per altre civiltà. Che si rassegnino i Signori del Vapore: quella dell’Occidente è una incurabile patologia. Quella dell’Eterno Ritorno, è cosa che non si può comperare né controllare in maniera alcuna. Dal Chaos Creatore, che tutto sovrasta e circonda, si affacciano di continuo, maliziosamente e silenziosamente, deità che avevamo creduto relegate nei polverosi recessi di qualche biblioteca ed invece sono qui, vive, tra noi, pronte a meravigliarci ed a stupirci, una volta ancora.
Bibliografia di riferimento:
- Edgar Wind, Misteri pagani nel Rinascimento, Edizioni Adelphi;
- Vincenzo Capodiferro, La Citta di Giove (Giorgio Gemisto Pletone e il disegno di riforma socialista e neopagana del secolo XV), Edizioni Aracne;
- Giorgio Gemisto Pletone, Trattato delle Leggi, Edizioni Victrix.
(In testata “Il Trionfo della Virtù” di Andrea Mantegna, con la sacra Minerva)
Umberto Bianchi