L’Astrale e il paradigma olografico – Federico D’Andrea (*)
Poniti dinanzi agli eventi come un bambino,e sii pronto
ad abbandonare ogni preconcetto,vai umilmente
dovunque e in qualunqueabisso la Natura
ti conduca,o non apprenderai nulla.
(T.H. Huxley)
Il Kremmerz ne “La Porta Ermetica” (La Scienza dei Magi – Ed. Mediterranee – II Vol., p. 219), indica una nuova direzione per il ricercatore della Tradizione. Egli scrive:
“Al secolo XX , innanzi alla libera investigazione della scienza positiva, voi cercate di evocare o l’India di Budda, o il fumoso medioevo della tregenda o la teologia dell’isterismo cristiano cattolico. Questo è un mondo morto che non ha parola viva se la scienza non lo sfronda dalle soperchierie delle favole, delle allucinazioni, dei sogni. Mutate via e vi troverete la verità. Io sono lo spirito del tempo e parlo della ricerca della verità nella scienza umana con la liberalità che il criterio moderno consiglia. Però io biasimo apertamente coloro che facendo professione di scienza positiva, con criteri ristretti alla mentalità della vita sensista ordinaria vogliono analizzare un mondo che altri sensi svelano e non comuni – come detesto i mistici, i poeti, gli empirici dello spiritualismo che si accingono a creare castelli di carte da gioco. Filosofi, parolai e scienziati di limitati sensi indagativi, devono far posto ad una scuola razionale di cultura che indicherà la via alla massa perché segni il limite in cui il filosofo deve fondersi allo scienziato e camminare alla conquista della verità pro salute populi“.
E più oltre Kremmerz scrive (La Scienza dei Magi – Ed. Mediterranee – II Vol., p. 311):
“Così un nuovo orizzonte si apre alla scienza ufficialmente accettata, e si affaccia un compito elettissimo di integrare in un sol fascio di dottrina sperimentata tutta la potestà della materia umana di cui la religione, sconfinando, ne ha denaturata la concezione”.
Sempre il Kremmerz (La Scienza dei Magi – Ed. Mediterranee – II Vol., p. 336):
“La scuola nuovissima darà carattere al pensiero dell’interpretazione Pitagorica italica del magismo, e al di là, al disopra del magismo, sormontando le particolarità dei rituali, affermerà la immortalità luminosa dello spirito intelligente della materia, passando dalla concezione simbolica della sfinge umana o umanizzata al raggiungimento divino di un atomo materia pensiero“.
Se ciò poteva essere considerato vero al tempo in cui Kremmerz scriveva, in piena scienza meccanicista, tanto più vero è oggi, in un’epoca in cui la scienza sta delineando frontiere ritenute incredibili solo alcuni decenni fa, frontiere che indicano una costituzione dell’universo e dell’uomo, completamente diverse da quello che il senso comune e la normale formazione scolastica ci indicano, e sempre più in consonanza con quanto indicato dalla Tradizione. Scrive Ervin Laszlo., filosofo della scienza (Alle radici dell’universo – Ed. Sperling e Kupfer – p. 181 e succ.):
“Nella seconda metà del XX secolo la base metafisica della scienza è divenuta molto oscura. Gli scienziati non solo non sono riusciti a identificare le entità fondamentali che stanno alla base della diversità dei fenomeni manifesti; non sono nemmeno riusciti a dire se queste entità esistano in natura. Chiaramente né l’atomo di Democrito né il punto-massa newtoniano erano alla base della realtà fisica”.
J. Jeans (Interview, in Living Philosophers, Simon & Schuster, New York 1931) scrive:
” … le prove aggiuntive derivanti dai vari frammenti di ragionamenti verosimili fanno apparire sempre più probabile che la realtà sia meglio descrivibile in termini mentali che materiali. ….. L’universo sembra più simile a un grande pensiero che a una grande macchina“.
La visione dell’universo oggi, nella scienza d’avanguardia, si presenta molto diversa dalla visione newtoniana, dove si presuppongono oggetti solidi sistemati in uno spazio ed un tempo definiti e che interagiscono seguendo leggi meccaniche. Purtroppo questa è ancora la visione dell’universo che abbiamo nella vita di tutti i giorni. Ma le cose non stanno così. Scrive M. Talbot – (Tutto è Uno – Ed. URRA, p. 3):
“… Alcuni scienziati stanno iniziando a credere che l’universo stesso sia una sorta di ologramma gigante, un’illusione straordinariamente dettagliata. … In altre parole, vi sono prove che suggeriscono che il nostro mondo e tutte le cose in esso contenute – dai fiocchi di neve agli aceri, alle stelle cadenti e agli elettroni in rotazione – siano anch’esse immagini spettrali, proiezioni provenienti da un livello di realtà talmente lontano dal nostro, da essere letteralmente al di là dello spazio e del tempo. … I principali artefici di questa stupefacente idea sono due fra i più eminenti pensatori del mondo: David Bohm, fisico presso la University of London, un protetto di Einstein ed uno dei fisici quantistici più stimati del mondo; e Karl Pribram, un neurofisiologo presso la Stanford University e autore del testo di neuropsicologia, ora un classico, Languages of the Brain. E’ interessante il fatto che Bohm e Pribram siano giunti alle proprie conclusioni indipendentemente e partendo da due direzioni molto differenti. Bohm si convinse della natura olografica dell’universo solo dopo anni di insoddisfazione per l’incapacità delle teorie correnti di spiegare tutti i fenomeni che si incontrano nella fisica quantistica. Pribram se ne convinse a causa dell’incapacità delle comuni teorie sul cervello di spiegare vari enigmi neurofisiologici“.
Scrive il Dr. Stanislav Grof sui fenomeni olografici in ‘The Adventure of Self-Discovery’:
“I nuovi dati sono di così lungimirante attualità che potrebbero rivoluzionare la nostra comprensione della psiche umana, della psicopatologia e del processo terapeutico. Alcune delle osservazioni trascendono nel proprio significato lo schema della psicologia e della psichiatria e rappresentano una vera sfida per l’attuale paradigma newton-cartesiano della scienza occidentale. Esse potrebbero mutare drasticamente la nostra immagine della natura umana, della cultura, della storia, e della realtà“.
Il fisico Fred Alan Wolf (incontro annuale dell’Association for the Study of Dreams – Washington D.C. – 1967) sostiene che “il modello olografico ci permetterà infine di sviluppare una ‘fisica della coscienza’ che ci fornirà la possibilità di iniziare ad esplorare più pienamente questi livelli di esistenza appartenenti ad altre dimensioni”.
Ma che cos’è un ologramma? Cerchiamo di spiegarlo e di capirne le proprietà seguendo quanto scrive M. Talbot (Tutto è Uno – Ed. URRA, p. 20 e segg.):
“Un ologramma è prodotto quando un’unica luce laser viene divisa in due raggi separati. Il primo raggio viene fatto rimbalzare dall’oggetto per essere fotografato. Poi il secondo raggio viene lasciato collidere con la luce riflessa del primo. Quando questo accade essi creano uno schema di interferenza che viene poi registrato su una porzione di pellicola. A occhio nudo l’immagine sulla pellicola non somiglia affatto a quella dell’oggetto fotografato. In effetti, è anche un po’ simile ai cerchi concentrici che si formano quando una manciata di sassi viene buttata in uno stagno. Ma appena un altro raggio laser (o in alcuni casi solo una sorgente di luce intensa) viene proiettato attraverso la pellicola, riappare un’immagine tridimensionale dell’oggetto originale. La tridimensionalità di questo tipo di immagini è spesso fantasticamente convincente. Potete davvero girare intorno a una proiezione olografica e osservarla da diverse angolazioni come fareste con un vero oggetto. La tridimensionalità non è il solo aspetto straordinario degli ologrammi. Se una porzione di pellicola olografica contenente l’immagine di una mela viene tagliata in due e viene poi illuminata da un laser, si troverà che ciascuna metà conterrà ancora l’intera immagine della mela! Anche se le metà vengono divise nuovamente e poi ancora, un’intera mela può ugualmente essere ricostruita da ogni piccola porzione di pellicola. … A differenza delle normali fotografie, ogni piccolo frammento di un pezzo di pellicola olografica contiene la completa informazione registrata dell’intero.
E’ interessante notare che gli ologrammi possiedono una fantastica capacità di immagazzinare informazione. Mutando l’angolazione nella quale i due laser colpiscono una porzione di pellicola olografica, è possibile registrare molte immagini differenti sulla stessa superficie. Ogni immagine così registrata può essere recuperata semplicemente illuminando la pellicola con un raggio laser che abbia la stessa angolazione dei due raggi originali. … Quando una porzione di pellicola di questo tipo viene esposta alla luce di un raggio laser e viene fatta oscillare avanti e indietro, le varie immagini che contiene appaiono e scompaiono in un flusso scintillante“.
Dagli studi di Bohm e Pribram sembra che l’Universo ed il cervello umano abbiano una struttura olografica. Scrive ancora Talbot (Tutto è Uno – ed. URRA, p. 57):
“Proprio come ciascuna porzione di un ologramma contiene l’immagine dell’intero, ogni porzione dell’universo cela l’intero. Questo significa che, se sapessimo come accedervi, potremmo trovare la galassia di Andromeda nell’unghia del pollice della nostra mano sinistra. Potremmo anche trovarvi il primo incontro di Cesare e Cleopatra, perché in linea di massima l’intero passato e le implicazioni per l’intero futuro sono anch’esse celate in ciascuna piccola parte di spazio e tempo. Ogni cellula nel nostro corpo cela l’intero cosmo. Così come ogni foglia, ogni goccia di pioggia e ogni granellino di polvere“.
Ma tutto ciò a cui la scienza attuale sta giungendo ricorda in modo molto evidente quanto la Tradizione attribuisce al campo astrale. Vediamo come lo descrive Kremmerz (La Scienza dei Magi – II Vol., p. 117):
“Si chiama astrale o campo astrale o zona astrale un campo occulto, ignorato, inaccessibile alla prima mentalità volgare di tutti gli uomini che si occupano della vita oggettiva. – Astron, cioè a-stron, non luminoso, celato, nascosto, l’ombra e il suo regno. Astrale quindi è sinonimo di campo oscuro, da cui emergono le forme ideali delle cose o le idee. Nel campo oggettivo delle forme materiali del mondo sensibile, dal conflitto fra la luce e l’ombra, appaiono ai nostri occhi le cose reali.
Invece l’immagine delle cose si conserva in noi in un campo inesplorato che appena oggi comincia ad attirare l’attenzione dei psichisti. Questo campo che è in noi e fuor di noi, è la riserva da cui la nostra coscienza umana attinge la memoria di tutte le cose viste e conosciute con uno dei sensi fisici. E rappresenta la parte più misteriosa del nostro essere, la camera oscura, per dir così, della fotografia dei nostri prodotti di origine sensoria, tanto di questa vita che delle precedenti. Quelle che un gruppo di filosofi chiamò idee innate, che si manifestano spontaneamente nei fanciulli, che insorgono negli adulti nei momenti critici della vita, che in alcune nature prendono la forza dell’ossessione e in altre quelle della demenza, appartengono al tesoro di questa misteriosa macchina fotografica che edita, ad occasioni determinate, i ricordi.
La memoria, dal punto di vista ermetico, non deve essere considerata che come il meccanismo evocatorio delle idee o immaginate, o foniche o olfattive, o tattili, o saporifiche, che giacciono inerti nel campo misterioso suddetto; la esistenza del qual campo in noi e intorno a noi è provata da noi in ogni istante della vita quando parliamo, evocando contemporaneamente parole e idee e suoni, quando provvediamo ai nostri bisogni più umili, quando – ragionando – associamo idee complesse.
Come chiamarlo? – I più moderni l’hanno chiamato incosciente, ma nel linguaggio ermetico e magico è il campo astrale o campo oscuro, fonte e riserva di tutta la nostra coscienza, ma della quale fonte e riserva non abbiamo certezza che solamente pei ricordi che vi attingiamo con le continue evocazioni, per mezzo del meccanismo della memoria. Dice Mamo Rosar Amru, maestro di Izar caldeo: ‘Il punto nero, insondabile, che riunisce l’essere umano alla coscienza o anima del mondo, tu non lo troverai mai, perché è un dedalo misterioso senza luce, in cui per ogni voluta più nera si aggroviglia un serpe che ha mille teste, e cento occhi per ogni testa, ma ogni occhio è nero e non sfavilla perché la luce non sia fatta.’
E Izar domanda: ‘Chi volle così?’
E Mamo:‘Nargal (la legge unica), poiché tu sappia che quando in quell’abisso tu potessi guardare, tutto conosceresti, ciò che fosti e fu, ciò che sei ed è, ciò che sarai e sarà, e distruggeresti la tua individualità umana che è un fuoco che si alimenta di oscurità e di ignoranza, cioè di non sapere. Il dio che vuol saggiare le gioie della vita, deve essere plasmato uomo nell’utero di una femmina dove, per l’oscurità completa, perde la conoscenza di ciò che fu, e nasce alla vita con un raro senso indefinito di ciò che conobbe, e si trastulla a farne la conquista…. Poiché tu sappia che il sapere porta con sé il dispregio dell’essere e lo mummifica, perché vede il passato come l’avvenire nella stessa faccia, e le piccole vicende del giorno di Astante pari alle grandi di una notte di Beel e, se vuol vivere, deve non sapere la vita che è il fuoco da cui è nato.’
E Izar: ‘Onde è precluso al sacerdote di visitare il labirinto e toccarne il serpente?’
E Mamo: ‘No, perché da Nebo (Ermete) può ottenere il secreto di rendere luminoso un occhio per volta dell’oscuro rettile, e vedere in un lampo fugace quella parte di verità che non satolla la sua fame e che lo rende più avido di conoscenza.’
Il campo astrale, oscuro, misterioso che è in noi, cioè in ognuno degli esseri umani, è anche nell’immensa sintesi dell’universo. Nell’uomo è la riserva occulta della sua storia, nell’universo è la matrice di tutte le vite vissute, di tutte le forme immaginate, di tutti i pensieri voluti. Il campo o zona o corrente astrale universale comprende in sé i campi parziali di tutti gli uomini. Quindi dalla zona o campo astrale proprio, si può penetrare in quello universale, da questo discendere in ognuno dei particolari.
In questa legge si trovano le spiegazioni di tutti i fenomeni mentali di lucidità o chiaroveggenza e di profezia, telepatia, lettura di pensiero, premonizioni“.
Ciò che noi consideriamo realtà è costantemente formato dall’osservatore. Cerchiamo di spiegare meglio questo punto citando Talbot (Tutto è Uno – Ed. URRA, p. 61 e segg.):
“Considerate insieme le teorie di Bohm e Pribram forniscono un nuovo, profondo modo di osservare il mondo: I nostri cervelli costruiscono matematicamente la realtà oggettiva, interpretando frequenze che sono in definitiva proiezioni provenienti da un’altra dimensione, un ordine di esistenza più profondo al di là dello spazio e del tempo: il cervello è un ologramma celato in un universo olografico. Per Pribram, questa sintesi lo ha reso consapevole che il mondo oggettivo non esiste, o perlomeno, non nel modo in cui siamo abituati a credere.
Ciò che esiste ‘là fuori’ è un vasto oceano di onde e frequenze e la realtà ci appare concreta soltanto perché i nostri cervelli sono capaci di trasformare questa forma olografica indistinta negli elementi più basilari e negli oggetti familiari che formano il nostro mondo.
Secondo Pribram questo non significa che non esistano tazze di porcellana e granelli di sabbia sulla spiaggia. Vuole semplicemente dire che una tazza di porcellana ha due aspetti molto differenti della propria realtà. Quando viene filtrata attraverso la lente del nostro cervello si manifesta sotto forma di tazza. Ma se potessimo eliminare le nostre lenti, ne avremmo esperienza come di uno schema di interferenza. Quale è reale e quale è un’illusione? ‘Per me entrambi sono reali’, dice Pribram, ‘o, se volete, nessuno dei due è reale’.
Anche noi abbiamo due aspetti ben differenti della nostra realtà. Possiamo vederci come corpi materiali che si muovono attraverso lo spazio. O possiamo vederci come un’immagine indistinta di schemi di interferenza celati attraverso l’intero ologramma cosmico.
Bohm crede che questo secondo punto di vista possa addirittura essere quello più corretto, perché pensare a noi stessi come a una mente/cervello olografico che osserva un universo olografico è nuovamente un’astrazione, un tentativo di separare due cose che sono fondamentalmente inseparabili.
Non siate turbati se questo è difficile da afferrare. E’ relativamente facile comprendere l’idea di olismo in qualcosa di esterno a noi, come una mela in un ologramma. Ciò che lo rende difficile è che in questo caso non stiamo osservando l’ologramma. Siamo parte dell’ologramma. La difficoltà indica anche quanto radicale sia la correzione che Bohm e Pribram stanno cercando di apportare nel nostro modo di pensare. Ma non è la sola correzione radicale. L’asserzione di Pribram che i nostri cervelli costruiscono oggetti impallidisce di fronte a un’altra conclusione di Bohm: che costruiamo perfino lo spazio e il tempo”.
Il fisico Nick Herbert dice che questa capacità di estrarre e fissare la realtà da questo oceano di onde gli ha fatto immaginare che dietro le sue spalle il mondo sia sempre ‘un brodo quantico radicalmente ambiguo in continuo fluire’. Ma che ogni volta che gira la testa per veder il ‘brodo’ il suo sguardo – la percezione che crea, l’osservatore che crea – blocca il fenomeno istantaneamente facendolo precipitare nello spazio e tempo ordinari e per noi concreti. Egli ritiene che questo ci renda un po’ simili a Mida, il re leggendario che non conobbe mai la sensazione tattile della seta o la carezza di una mano, perché tutto ciò che toccava si trasformava in oro. “In modo analogo, gli esseri umani non possono mai sperimentare la vera testura della realtà quantica”, dice Herbert, “poiché qualunque cosa tocchiamo si trasforma in materia“.
Confrontiamo questa visione dell’universo e dell’uomo, che percependo in realtà crea la realtà che percepisce con quanto ci tramanda la Tradizione.Nell’antico Egitto dare il nome alle cose significava ‘crearle’ e la parola ‘nome’ (RN) era rappresentata da una bocca al di sopra delle acque, come se la ‘giusta voce’ estraesse – percependola, nominandola – una cosa da un mare indistinto di energia, vibrazione, frequenza. Scrive il Kremmerz (La Scienza dei Magi – Ed. Mediterranee – II Vol., p 303):
“L’Essere unitario immenso è globale – l’Universo grande è il pieno, il riempito, il gonfio. Etereo o pesante, è complesso di materia; superbamente evaporante e determinante correnti di sottili intelligentissime forme e forze, moto, vibrazione, armonia, dove ogni spostamento di molecole planetarie e stellari ha un riflesso e una reazione sui limiti più infinitamente lontani del grande corpo. Bisogna intendere questo immenso che diventa finito, cioè determinato e delineato per semplice virtù della espressione. Il numero che tutto contiene in sé è l’1; ma la espressione grafica o orale è già concretazione dell’infinito nel finito. Di qui l’unità microcosmica, l’uomo“.
Sottolineiamo che questo profondo avvicinamento della scienza moderna con la visione della Tradizione era già stato preannunciato da Kremmerz (La Scienza dei Magi – Ed. Mediterranee – II Vol., p. 305 nota 2):
“Questo io scrivevo nel 1905; dopo 16 anni si accenna a una nuova rivoluzione dello scibile con le teorie nuovissime di Einstein a carattere matematico … ma a contenuto schiettamente cabalistico. La teoria della relatività nella determinazione di spazio e di tempo, la concezione antieuclidea, le negazioni delle verità assiomatiche accettate come assolute, lo sfacelo della dottrina Newtoniana e la concezione scientifica di una visione dell’esistente in natura a 4 dimensioni formano il cumulo di percezioni … cabalistiche. Ora la portata di queste teorie nuove sarà immessa sulle scienze biologiche, sulla discussione intorno ai fenomeni fisici e sui valori capovolti dei principi di base nei giudizi sulle esperienze scientifiche“.
Concludo questo scritto con la Prefazione, che Carlos Castaneda pose nel suo ultimo libro “Il lato attivo dell’infinito” – Ed. Rizzoli, p. 7:
“Sintassi
Fissando le sue equazioni
un uomo dichiarò che l’universo aveva avuto un inizio.
C’era stata un’esplosione, disse.
Un’esplosione primordiale e l’universo era nato.
E si sta espandendo, aggiunse.
Calcolò perfino la durata della sua esistenza:
dieci miliardi di rivoluzioni della Terra intorno al sole.
L’intero globo applaudì;
stabilirono che i suoi calcoli erano scienza.
Nessuno pensò che suggerendo l’idea dell’inizio dell’universo
quell’uomo aveva semplicemente rispecchiato la sintassi della sua lingua madre;
una sintassi che esige un inizio, come la nascita, e uno sviluppo, come la maturazione,
e una fine, come la morte, in qualità di fatti.
L’universo è nato
e sta invecchiando, ci assicurò l’uomo,
e morirà, così come muoiono tutte le cose,
come lui stesso morì dopo aver confermato a livello matematico
la sintassi della sua lingua madre”.
“L’altra sintassi
L’universo è davvero iniziato?
La teoria dell’esplosione primordiale è esatta?
Queste non sono domande, anche se possono apparire tali.
E’ la sintassi che ha bisogno di un inizio, uno sviluppo e una fine come affermazioni del fatto che solo la sintassi esiste?
Questa è la vera domanda.
Ci sono altre sintassi.
Ce n’è una, per esempio, che richiede che vari livelli di intensità, siano accettati come fatti.
In questa sintassi niente inizia e niente finisce;
di conseguenza, la nascita non è un evento chiaro e ben definito,
ma uno specifico tipo di intensità,
così come lo sono la maturità e la morte.
Esaminando le sue equazioni, un uomo di tale sintassi scopre
di aver calcolato una varietà sufficiente di livelli di intensità
per poter affermare con certezza
che l’universo non è mai iniziato
e non finirà mai,
ma che è passato, sta passando e passerà
attraverso infinite fluttuazioni di intensità.
Quell’uomo potrebbe giungere alla conclusione che l’universo stesso
è il carro dell’intensità
e che ci si può salire a bordo
per viaggiare attraverso cambiamenti senza fine.
Egli trarrà tale conclusione, e molte altre,
senza magari rendersi conto
che sta semplicemente confermando
la sintassi della sua lingua madre“.
Federico D’Andrea
*Il presente saggio con il titolo è stato pubblicato nel testo “La Via Ermetica”, a cura dell’AHKU, per le Edizioni Rebis di Viareggio, che ringraziamo per l’autorizzazione alla pubblicazione.