L’Assoluto, il Tempo e il Divenire in Hegel – Giandomenico Casalino
Nella Prefazione alla Fenomenologia dello Spirito, Hegel, in un passo famoso, esprime il seguente pensiero: “Il Vero è l’Intero. L’Intero però, è solo l’essenza che si compie mediante il proprio sviluppo. Dell’Assoluto, infatti, bisogna dire che è essenzialmente un risultato, che solo alla fine è ciò che è in verità”. Qui sono esplicitati tre concetti fondamentali del Sapere secondo Hegel: il primo è il principio assiomatico che il Vero non può che essere l’Intero e non certamente la parte; il secondo chiarisce che l’Intero è l’essenza della Cosa e che tale essenza si compie, nel senso che si perfeziona, per mezzo del suo sviluppo; il terzo definisce l’Assoluto, per lo effetto dei primi due pensieri, il Risultato che solo alla fine del suo “processo” è la Verità, quindi ciò che è! Cosa si è dedotto da o “concluso” su tali concetti in quasi due secoli di esegesi dell’opera del sapiente Svevo? Che apparirebbe evidente che nel concetto-realtà dell’Assoluto, che è l’Intero, vi sarebbero il movimento, il processo e quindi la dialettica in quanto storia delle forme e dei vari risultati e che, quindi, quello di Hegel sarebbe uno storicismo ateo e progressista, nel quale l’Assoluto si scioglierebbe nell’evento anzi sarebbe “frutto” degli eventi storici medesimi e del loro succedersi sino al risultato degli stessi, in un orizzontalismo diveniristico di natura ottimisticamente seriale.
Questa è in buona sostanza la lettura superficiale, in quanto moderna, di tale tematica che è centrale nel pensiero di Hegel. In verità il passo su dedotto se lo si considera nel contesto del sistema hegeliano, conoscendone il lessico, che è neoplatonico e di natura iniziatico-ermetica, appare di una chiarezza lancinante: l’Intero che è l’Assoluto ed è il Risultato si compie nel tempo mediante il suo sviluppo poiché l’Essere è movimento; ed in ciò si riaffermano sia Platone (Sofista 248e, 249a) che Aristotele (Fisica, 2,201,b28) (1) con i suoi concetti di dynamis e del ti en èinai. Nel chiuso Athanor che è l’Intero cioè il Vero, quindi, avviene la successione dialettica dei vari risultati che sono gli enti, metalli, dove il successivo è la verità del precedente: la pianta è in un “momento” germe, poi fiore ed in seguito frutto, ma la pianta non è nessuno di questi “momenti” che sono i vari risultati ma non il Risultato di tutti i risultati che è l’Idea e cioè la Pianta; ed essa non è nemmeno tutti quei “momenti” nel loro insieme.
Allora cos’è e dov’è la Pianta? Essa è il non-essere di quei “momenti” del suo sviluppo, il negativo di ognuno di essi, ma per essere “poi” Pianta deve esserlo “già stata” come Realtà “permanente” in tutte quelle determinazioni: insomma per poter essere Pianta deve “esserlo già stata” prima di tutti i suoi “momenti” che la contenevano pur non essendo essa stessa; ovvero deve “esserlo già stata” in quanto Essenza metatemporale e metaspaziale della Pianta. Pertanto l’Essere della stessa è la sua Essenza che è ciò che l’Essere “era” da sempre! Quell’“era” non ha assolutamente un significato temporale ma bensì intemporale; ciò vuol dire che il Risultato Pianta è l’Assoluto quindi la sua Essenza che si compie nel suo sviluppo, cioè nel tempo ma è fuori dal tempo (altro che storicismo diveniristico…!); in altre parole l’Essenza della Pianta è ab aeterno già perfetta e compiuta ed è in tutti i suoi “momenti” (che possono essere Ere, Mondi, Metalli, stati della Coscienza, Civiltà…) che si negano dialetticamente gli uni con gli altri per “poi” realizzare la Pianta. Essa non potrebbe, quindi, esistere come essere se la sua essenza non fosse presente metafisicamente da sempre e fuori dal tempo e dallo spazio poiché è Eterna pur divenendo nel tempo mediante il suo sviluppo. Bergson, neoplatonico anch’egli come Hegel, esprime il medesimo concetto, affermando che la Conoscenza suprema è presente nella dimensione dello Spirito, in un “luogo” metafisico, dall’Eternità, altrimenti non solo tutta la vicenda umana non avrebbe alcun senso ma l’uomo medesimo non la cercherebbe e non vi potrebbe mai attingere.
Se, quindi, l’Essenza è “l’essere stato” fuori dal tempo e cioè da sempre, l’Assoluto è tale da sempre ed è il Risultato che è presente, ma questo non è la Fine del processo, del movimento come quello non è l’Inizio, poiché non vi è né Cominciamento né Fine, in quanto non vi è alcun processo nella realtà se non come Fenomenologia dello Spirito che è pedagogia, educazione, insegnamento, “percorso” iniziatico che non è un “percorso” in quanto appare tale ma non è reale, per giungere al Sapere assoluto cioè al “ciò che si è stato” da sempre, a quell’Essenza che è “l’essere passato” ma nel significato intemporale.
Appare pertanto evidente che Hegel sempre nel passo succitato, pur parlando, platonicamente, di movimento dell’Essere, nel quale si compie l’Essenza che è l’Intero ed è l’Assoluto, questo è presente nel tempo e nello spazio ma è ab aeterno fuori dagli stessi; l’evento sviluppo, cioè la storia, i movimenti e le dimensioni del Cosmo, sia micro che macro, nella sua universalità, sono solo pedagogicamente presenti ma non sono veri poiché il Vero in quanto reale cioè eterno è l’Intero e cioè il Cosmo, in quanto Idea che è il Bene come Risultato dello stesso e non i suoi “momenti”, pur essendo esso come Idea presente ed Invisibile ad occhi fisici, in tutti gli stessi. Qui vi è in Hegel l’intera sapienza ellenica ed in particolare i concetti aristotelici di enèrgheia ed entelècheia il che vuol dire: potenza ed atto. Tale è la visualizzazione del Sapere come cammino iniziatico in Hegel: nel circolo che va dal germe alla Pianta, se quest’ultima fosse pensante, sarebbe solo questione di consapevolezza ovvero il discrimine, in questa arcaica Dottrina, è Sapere o non Sapere di essere, nell’esistenza, l’Essenza che è da sempre, da “prima” dell’Inizio e sino ed oltre la Fine dello stesso; il che vuol dire acquisire la conoscenza di essere eterni! Nella Scienza della Logica di Hegel, pertanto, l’Idea assoluta non “appare” alla fine del “processo” circolare e non è niente di nuovo! Essa non è la “rivelazione” di qualcosa di nuovo e di assoluto; essa è, quindi, la Verità che si palesa e che “era” tale sin dall’inizio della Logica in quanto “era” l’Essere poiché appariva tale ma dall’eternità è sempre “stata” Idea assoluta.
Hegel stesso, con parole nette, esplicita tutto ciò, pur nella cecità e nella incapacità di comprensione di gran parte dei suoi interpreti: “quando si parla dell’Idea assoluta, si può credere che qui per la prima volta arrivi il giusto e che ci si debba tutti arrendere…il vero contenuto [dell’Idea assoluta] non è nient’altro che l’intero sistema il cui sviluppo abbiamo considerato finora… inoltre la maniera filosofica di vedere le cose consiste nel capire che tutto ciò che si manifesta, preso per se, come limitato, acquista il suo valore in quanto appartiene al Tutto ed è un momento dell’Idea…” (Enciclopedia delle Scienze Filosofiche in compendio, I, 409, paragr. 237, aggiunta). Qui è manifesto che non vi è alcun movimento e che lo stesso è apparentemente reale solo per colui che è spiritualmente nel divenire cioè nel movimento, mentre per colui che è nella Visione-Intuizione dell’Intero e quindi nell’Istante che è l’Eterno e pertanto nella Verità, il divenire è non-essere e il sistema del Sapere che è il Sistema dell’Essere come Cosmo vivente, è sempre in atto ed è egli stesso in quanto identificazione con Ciò che, a causa della sua Ignoranza, gli appariva Altro.
Note:
1 – C. LO CASTO, L’essere come dynamis, Pisa 2019; H. MARCUSE, L’ontologia di Hegel, Firenze 1969, pp. 87-89 e 210 ss..
Giandomenico Casalino