L’Amanuense e il Perturbante: il Codice K – Alessandra Biagini
Diari Esoterici di un Amanuense
Il Codice K (1)
Ciò che può e non può dirsi Koinnà.
In vero, le possibilità sono miriadi,
pur non infinite
[da: Definizioni Trilineari]
Nella tradizione amanuense la lettera possiede un suo εἶδος eidos configurato secondo gli austeri codici monastici, dal rispetto dei quali si genera nel lettore del testo un’armonia dal sapore profondamente contemplativo; il carattere calligrafico e in generale la scrittura che compone una Bibbia, assume la stessa aura sacra respirata nelle architetture delle cattedrali romaniche e gotiche. Ciascun segno usato dall’amanuense per costruire una lettera, possiede un suo preciso spazio nel campo di scrittura. Nella Textura, la principale famiglia della littera testualis (la lettera gotica, fig. 0), le strette guglie interne create dalla perfetta misura degli spazi occupati dall’inchiostro fra una lettera e l’altra, regala a chi sperde gli occhi dentro un manoscritto l’idea d’una cattedrale maestosa, in cui cori sacri e possenti si spandono in ogni angolo, penetrando nell’anima. La Textura, concepita nel dodicesimo secolo per i volumi di filosofia e di sapere in generale, richiama i palazzi interiori del pensiero che in quell’epoca riemergevano dalle memorie delle antiche accademie, dando vita alle università. Nella Textura si cela un profondo simbolismo, del cui argomento sfioro solo i margini, parlando degli occhielli di forma esagonale, che richiamano la radice geometrica dell’esagono ermetico, poi trasmesso nelle diverse tradizioni come stella (o fiore) a sei punte.
Anatomia della Lettera Gotica (Littera Testualis) negli appunti del quaderno ‘Dentro la Calligrafia’.
Nell’Ermete Trismegisto compare la chiave esoterica della figura: “Ciò che è in basso è come ciò che è in alto, e ciò che è in alto è come ciò che è in basso, per fare i miracoli della realtà Una. E poiché tutte le realtà sono e provengono da una, per la mediazione di una, così tutte le realtà sono nate da questa realtà unica mediante adattamento .” Mentre in oriente l’esagono ermetico è Nara-Narayana, e rimanda al perfetto stato meditativo, al raggiungimento di un equilibrio supremo fra l’uomo e Dio che introduce alla liberazione ( Moksha Nirvana) dai limiti del mondo. Una lettera da me creata per scrivere alcune pagine della Bibbia accompagnate da glosse esoteriche [Fig.1, a, b] , si fondò sulla Littera Testualis, prendendo la chiave simbolica dell’esagono. Ciascun canone calligrafico possiede misure precise, per determinare l’armonia del segno, così nel comporre un carattere in Textura si prevede una certa importanza di proporzioni. Invertendo la regola, ne miniaturizzai il segno con un pennino sottile, affinché le lettere somigliassero a stelle remote nel firmamento. Conservai però la radice esagonale.
Figura 1 (a) e (b).Particolari di una pagine manoscritte della Bibbia con glosse e chiavi esoteriche.
Fig.2. (a) e (b): particolari dal Quaderni di Piccolo Canone Gotico, il lavoro che introduce all’architettura esoterica della lettera creata per i lavori di trascrizione della Bibbia e di altri testi antichi.
Nella visione che ho inteso trasmettere nei miei manoscritti vi è l’idea che la lettera funzioni come un geroglifico; estremizzando il pensiero sono giunta alla composizione del segno con il quale ho scritto il Codice K, una raccolta di fogli dentro cui ho narrato lo sviluppo in possibili esistenze di mondi. Ogni cannone calligrafico ha una sua anima che trascende dalla sua forma, conducendo in meditazione l’osservatore. Una lettera creata con una forma non adatta al suo compito all’interno della parola, sembrerebbe dunque tradire il primitivo scopo di trascendenza del suo elemento interiore. Nei manoscritti del Codice K. [fig.3] la forma è disallineata con l’immagine che ci siamo fatti di quello che una lettera dovrebbe essere; non è disarmonia ciò che cerco, bensì una nuova forma, ovvero una nuova possibilità di meditare sulla scrittura, al di là della struttura, oltre il concatenamento delle idee di etica ed estetica. Riepilogando, ciò che all’occhio in superficie appare come un tratto disarmonico, nel canone testuale d’un manoscritto è la possibilità di una nuova armonia in germe. Lo spostamento della lettera sino in una forma irriconoscibile, è il fondamento della Porta della Percezione, attraversando quell’ apparente disarmonia l’osservatore s’inoltra nei regni di una nuova immaginazione. La lettera viene dunque immaginata in un contesto nuovo rispetto al fine di servire la composizione della parola entro cui era stata ancorata. Non più servizio della parola e del significato che essa porta in sé, ma puro servizio dell’elemento interiore; cioè un servizio divino, sciamanico.
Nella scrittura digitale la lettera possiede un ritmo invariabile che si ripete lungo tutto il foglio di lavoro. Esteticamente un foglio digitato ha un’armonia monocorde e monocromatica, se prendiamo l’idea del colore e suono spiegata da Kandinsky in Spiritualità nell’Arte. Un lavoro manoscritto possiede un ritmo variabile e policromo, somigliante quasi al tracciato di un elettrocardiogramma, e, nel caso di un’opera di calligrafia, a uno spartito musicale. L’elemento interiore della lettere nella scrittura digitale è confinato in ciascuna forma, che diviene una battuta, una ripetizione. In musica la battuta è la misura del ritmo. Nel caso della digitazione il ritmo è binario, cioè formato da due tempi: il momento in cui il polpastrello batte sul tasto e invia l’input e il momento di rilascio; questo ritmo binario da luogo alla lettera. Cambia tutto con la scrittura a mano. Il tempo non è facilmente quantificabile, cade il discorso dell’armonia musicale, sorge quello del ritmo interiore. Nella grafia naturale, il modo di scrivere caratteristico di ciascun individuo, il ritmo interiore esprime la potenzialità, i momenti in cui la penna tocca il foglio e vi si alza, non sono quantificabili in un ritmo che sia unico per tutti. È in questo punto che la scrittura può divenire Tamburo Sciamanico.
La lettera nel Codice K. contiene due estremi, la forma stretta e la forma astratta. Il carattere testuale ha origine in una forma stretta, cioè in un carattere calligrafico preciso. In certe pagine alla radice del segno vi è la lettera gotica. Su tale radice si innestano elementi di altre forme strette, ad esempio segni propri di scritture non latine[fig.4].
Figura3: particolare da una pagina del Codice K. tratta dal Volume della Vie Geroglifiche.
Figura 4: Pagina del Codice K., dal Volume: Gli Oscillatori
Figura 5: Pagina dal Volume dei Nodi, nel Codice K.
I caratteri di scrittura si fanno sempre più lontani dal loro aspetto originario, sino a divenire forme astratte [Figure 5 e 6]. L’incontro dei due estremi, forma stretta e forma astratta, nella lettera infonde vita a un processo che conduce nella zona cognitiva dell’indeterminatezza. La forma stretta è l’elemento familiare, che può trasparire nella lettera a un occhio che osservi attentamente; mentre la forma astratta è il suo lato non familiare, ciò che sfugge allo stesso occhio che ha colto la radice del carattere. Quest’ultimo è l’elemento perturbante della scrittura nel Codice K. Fu Freud a scrivere nel suo Das Unheimliche di come si poteva traslocare nel lettore un senso di ansia e straniamento, se, durante un racconto, lo si fosse lasciato nell’incertezza circa il sapere se l’autore sia un essere umano o un automa. Il cervello umano è fatto per processare ciò che gli proviene dagli impulsi elettromagnetici e stabilirne l’informazione in base all’esperienza che si è consolidata nella memoria durante l’arco dell’esistenza di un individuo. Gli impulsi assumeranno una collocazione all’interno di un campo di immagini a seconda di quanto si sono vissuti. In parole più stringate la mente dell’uomo processa la realtà grazie all’esperienza che ha di essa. Al cervello non servono campi indefiniti dell’informazione, ciò che cattura non può rimanere una forma vaga, ma deve consolidarsi un contorno riconoscibile fra le categorie di forme insite nella memoria. Se ciò non avviene la realtà rimane un campo dai confini sfumati, un vapore dai vaghi lembi fluttuanti di cui cerca disperatamente di trovare un senso, appunto, una forma. È ciò che accade guardando le nubi o una colonna di fumo che si solleva da un incendio. L’informe terrifica la mente, costringendo il cervello a processare una pseudo forma, scavando fra ciò che risulta più convincente, in genere si tratta di volti, poiché l’umano deve anzitutto riconoscere se stesso nella realtà captata, altrimenti non rimane che l’idea di un mondo nel quale è assente ogni sua immagine, non più un cosmo perciò, ma un a-cosmo. Il caos effettivamente cos’è, se non uno spazio senza categorie di riconoscimento antropiche? Esteticamente il Codice K. è strana zona lasciata all’indeterminatezza, ove libere circonvoluzioni di strani vapori giocano come elemento terrifico nella mente, da qui si entra nel suo spazio etico. Tanto più vogliamo che essa sia ‘simile’ a una lettera, tanto più si entrerà in una zona inquietante dell’emotività. È qualcosa di simile al paradosso affrontato da Masahiro Mori, sviluppato nell’ipotesi Uncanny Valley (Fenomeno della Valle Perturbante). Lo studioso giapponese ha intercettato uno sprofondo dentro cui la psiche umana viene risucchiata, alla crescente conformità degli automi alle fattezze umane fino ad un punto in cui l’eccessiva somiglianza produce una brusca flessione (zona perturbante) del gradimento sino ad assumere valori negativi che corrispondono alle sensazioni negative (repulsione, turbamento) provate dal campione; la reazione di avversione maggiore si ha nei confronti di personificazioni di zombi. Ciò che crea una caduta emotiva nella Valle del Perturbante è l’esperienza stessa che viene a mancare, quando in un qualcosa di sconosciuto captiamo un’affinità profonda (come il volto), ma della non riusciamo a definire la categoria d’appartenenza. Ad esempio: il volto dell’androide sembra come il mio, ma non riesco a identificarne lo stato emotivo. Sembra allegro, ma in quella faccia manca una luce familiare che mi confermi il suo stato gioioso. Dunque se non fosse allegria ciò che prova, che cos’è? Ed ecco che il nostro pensiero cade nei burroni della Valle. La mente umana non sostiene l’assenza di senso nella realtà che processa.
Nei Volumi Le Vie Geroglifiche, le Vie dei Nodi e Gli Oscillatori del Codice K. la calligrafia si fa quasi incomprensibile. Il segno latino si mischia al geroglifico che sta descrivendo. La calligrafia diviene un tutt’uno con i disegni e con i geroglifici: un’unica mappa estesa dalle cognizioni insite nel testo ai pittogrammi che è essa stessa un tema e un insieme di insiemi. Questi capitoli non possono venire letti soltanto decifrando la scrittura, in quanto sono collegati con tutti gli altri elementi della pagina, persino con le piane in cornice. Nella pagina della Figura 5 i Demoni dell’Inchiostro occhieggiano fra le parole, sono entità generate dallo spontaneo spandersi dell’inchiostro.
Sospeso in una scrittura fra l’intellegibile e l’oscuro, il soggetto stesso della dissertazione si vaporizza mescolandosi alle nebbie dell’immaginazione. Il cammino per il lettore si fa ostile, quasi ripugnante, sul margine dello strapiombo dell’incertezza mentre cerca di capire la forma d’una lettera. I segni si fondono con la scrittura, e da tale fusione si genera un altro segno; un caos, forse, o forse una complessità; oppure caos e complessità si sovrappongono, dissipando proprio la struttura del soggetto. È un atto di tracotanza e ignoranza da parte dell’autore ‘ spiegare ciò che accade in una pagina del Codice poiché il foglio non è Flatland, ma la Sphaera della memoria alchemica. Complessità è Chaos, voragine, origine e orizzonte degli eventi. L’esoterismo stesso scompare inghiottito dalla Voragine di vita e morte di ogni cosa; rimane sull’ orizzonte degli eventi solo la singolarità: l’attimo nel tempo che nessun’immaginazione può raggiungere. Nulla ora rimane di confortante. Ciò che sappiamo, si è disgregato e fuso in un tutt’uno irriconoscibile, prima di entrare nella Grande Gola. Quell’ infinitesimo senza dimensioni, sta oltre la Porta di tutti gli Arcani, oltre ciò che è sia fine che inizio. Dalla Voragine di Ciò-che-può-Essere, emergono tutte le possibilità d’espressione d’un segno. Non solo simbolo. Non solo un legame. Possibilità: la definizione rende ciò che è possibile in ciò che è; la definizione nella Tavola è sfuggente, o no, diviene essa stessa un’opera del lettore.
Nota:
(1) Il manoscritto chiamato Codice K. contiene i geroglifici realizzati con Koinnà, una scrittura esoterica creata dell’autrice per veicolare visioni esoteriche. Da Koinnà proviene la K. nel titolo del lavoro.
Bibliografia di riferimento:
- Agnieszka Kossowska – Quaderni di Calligrafia Medioevale, Kellermann editore
- David Harris – Enciclopedia della Calligrafia , ed. Il Castello
- Giulio Battelli – Lezioni di Paleografia, Libreria Editrice Vaticana
- Edward Maunde Thompson- Paleografia Greca e Latina , Hoepli
- Kandinsky- Lo spirituale nell’arte, a cura di E. Pontiggia, SE edizioni
- Sigmund Freud – Ossessioni, Fobie e Paranoie , Balducci-Agozzino, New Compton editore
- Aldo Carotenuto- Freud il Perturbante , Bompiani
- E.W. Abbott – Flatlandia, Adelphi
- La Bibbia di Gerusalemme, EDB
- Poggi-Zappella-Vangeli e Atti degli Apostoli, Edizione Interlineare, San Paolo Edizioni
Alessandra Biagini.