Antitesi tra dialettica del politicamente corretto e lingua taumaturgica –
La Terra, gli Dei, l’Anima e la Conoscenza – Giandomenico Casalino
«… E infatti la medesima cosa è il pensare e l’essere…»
(Parmenide)
Qual è il rapporto, il legame ed insieme, per lo effetto, il senso che tiene le dimensioni dello Spirito, della Vita e del Mondo, racchiuse nelle parole di cui al titolo della presente riflessione? Se è vero, come ho sempre sostenuto nei miei libri, che l’etimologia, la semantica e la filologia sono necessariamente propedeutiche al Sapere, la risposta alla domanda posta, risiede nella nostra Tradizione; è lì da sempre, silenziosa e pur loquace per colui il quale con erotico rapporto filiale, la interroga e ne ascolta il Logos.
Essa manifesta, pertanto, ciò che, nei termini a cui fanno riferimento le scienze predette, ci viene rivelato, tutto intero nella sua semplice fisicità (dal greco phýsis), dal verbo latino colo-coluis, cultum, colere! Questo termine è un verbo e quindi fa riferimento ad una parte variabile del discorso che indica un’azione e questa azione è la coltivazione e quindi l’Agri-coltura in relazione alla Terra, il Culto in relazione agli Dei e la Cultura in relazione all’Anima e alla Conoscenza: ecco il legame che tiene insieme le parole, e quindi le dimensioni di cui al nostro tema; ed è un legame sia etimologico che semantico quanto filologico; in buona sostanza il verbo colo e il suo participio passato cultum sono alla base, sia come origine che come significato quanto come uso nel linguaggio, così come parlato e scritto dai nostri Padri, del senso profondo, spirituale, metafisico e quindi tradizionale, tanto nella dimensione esoterica, cioè interiore quanto in quella essoterica poiché accessibile all’intera Comunità, del sorprendente (solo per noi stupidi moderni…!) intreccio che è la trama stessa della Tradizione Romana, in quanto complessità organica dello Spirito, dell’Anima e della Vita. E tale complessità è tensione teleologica (ecco l’azione racchiusa nel verbo colere che significa: coltivare, curare, custodire, avendo come fine la nascita del frutto!) verso l’Alto, tanto nella Comunione quanto nella Identificazione con il Divino.
La trama intera della narrazione, che è la verticalità del Logos tradizionale, risiede nell’Azione Sacra del colere-coltivare che si intreccia con l’ordito, che è l’orizzontalità, degli organi-strumenti che l’Uomo Romano usa tanto nella coltivazione agricola, come nel culto dovuto agli Dei quanto nel coltivare, curare e preparare l’Animo per l’Azione Guerriera e la Conoscenza. Appare, pertanto, l’evidenza del significato, proprio come semantema, dell’Azione nella sua unicità, ed è l’inseminazione (del Padre Cielo nella Madre Terra, come dell’Uomo nella Donna) quale generatrice della Vita-Zòe che nella sua Forma è Bìos e nella sua Idea è lo Spirito, tanto nella Natura, come manifestazione in essa della stessa Idea, quanto nell’uomo come Idea che ritorna in Sé e si conosce come Spirito Assoluto, si sa come Dio ed è l’Uomo di Luce: dalla Terra (agri-Coltura) agli Dei (Culto religioso) alla Cultura dell’Anima come coltivazione della stessa: ecco la Tradizione, forse nella guisa stessa in cui era vissuta, vista e sperimentata dai nostri Padri ed è un unico e complesso Logos interamente pervaso di Sacro Furor, come entusiasmo nell’agire sia del Contadino che del Sacerdote come del Guerriero, Furor che è foriero del buon esito stesso dell’Azione nonché signum della presenza del Dio come Comes nell’Azione medesima, tanto in colui il quale insemina e feconda la Madre Terra, (Simbolo dell’unione sessuale del maschio con la femmina) quanto nel Sacerdote che esegue, nel Culto degli Dei, il Rito giuridico-religioso e feconda, insemina e coltiva l’abbraccio fraterno e filiale con il Divino, quale comunione dei pasti nel momento festivo e magico della reale presenza dello stesso Divino in mezzo agli uomini, in ciò rinnovando necessariamente l’unione e la fratellanza Primordiale tra l’uomo e gli Dei; come nella fecondazione e nella coltivazione dell’Animo mediante l’inseminazione nello stesso dei Simboli, dei Miti e dei Logoi, al fine di far nascere sempre il medesimo Frutto che è il Risveglio della Vita ed alla Vita dello Spirito, che sia il Frutto della Terra, il Frutto del Culto agli Dei come di quello della rinascita dell’Uomo a Ciò che è da sempre!
È la coltivazione dell’Animo come Cultura, è il Mèghiston Màthema di cui parla Platone nella Repubblica, è la vetta della montagna, è, se si riflette, la meta, il Paradigma nei Cieli, di tutta la trama intrecciata all’ordito, della Parola coniugata all’Azione, unite per fare il basso come l’Alto; la verità di tale Logos si chiama Divinificazione che è il fine ultimo, la ragione stessa della Tradizione, Divinificare la Terra è la Grande Opera ermetico-alchemica della Nascita rituale e ciclica del Dio quale Vita e Forma, dal Seme al Frutto, dal freddo Inverno alla Luce della Primavera come Alba della nuova e rinnovata Vita che si perfezionerà nella maturità calda della piena Estate dell’Aureo Saturno.
Ri-divinificare il Dio è il rinnovo nel Culto e mediante il Rito, dell’Azione Primordiale in cui il Dio “si fece” tale, Azione che si riverbera nella dimensione esoterica, come Cultura dell’Animo in quanto ridivinificazione dello stesso affinché rinasca, risorga, si risvegli Colui che nel Profondo dell’Animo dorme nell’ignoranza di Sé e della sua vera natura: coltivare, cultura, culto e cioè inseminazione, hanno un unico e maestoso significato: la Teogonia dell’Uomo, nella dimensione microcosmica e la Teogonia del Mondo in quella macrocosmica, che sono un’unica realtà anche se, nella dimensione essoterica appaiono distinte; è da evidenziare che quando si afferma: “Teogonia dell’Uomo e del Mondo” si tratta di genitivo soggettivo…!
L’Azione del Rito sia nella Terra che nel Cielo come nell’Animo, che è la Divinificazione, cioè fare il Dio, è l’essenza intima, il fine ultimo della Tradizione in senso universale, è la Restaurazione dell’Età dell’Oro, dell’Età dell’Essere, dell’Età degli Dei: nella Romanità tutto ciò si storicizza e si traduce nel Culto della Terra, nel Culto degli Dei, nel Culto dell’Animo, il che è come dire: il Contadino base fondamentale, culturale e antropologica quindi spirituale della Res Publica sia come Civis che come Miles, il Sacerdote, sapiente conoscitore dell’Invisibile ed Agente, nel Rito giuridico-religioso, al fine di creare magicamente la sacralizzazione del visibile in quanto conforme all’Invisibile, il Guerriero che coltiva e realizza il Sé nella Via eroica al Sacro: Roma è tutta racchiusa nel verbo colo-coluis-cultum-colere: Terra, Guerra, Rito, Conoscenza magico-sacrale e Pax Deorum!
Giandomenico Casalino