La religione universalistica di Trithemius – Brando Impallomeni
Nel “De septem Secundeis” (Delle sette Cause Seconde) noto anche come “Chronologia Mystica”, testo scritto in un latino geroglifico e cabalistico, Trithemius, riporta una cosmogonia (che assumerà valenza pratica nel terzo libro della Steganografia) divisa in cicli che si ripetono, ogni ciclo è caratterizzato da sette età della durata di 354 anni e 4 mesi, ogni età è governata da un Angelo, entità collettiva dei pensieri dello spirito del pianeta. Infatti nel terzo libro della Steganografia leggiamo “Disse infatti Menastor: Sette sono i pianeti ai quali presiedono sette angeli, che hanno al loro comando 21 spiriti, attraverso i quali vengono annunciati tutti i segreti”; e poi “I 7 Angeli hanno al loro comando 21 spiriti, 3 ciascuno attraverso i quali compiamo le nostre operazioni”. Ma tornando alla “Chronologia Mystica”, Trithemius, al fine di introdurre le sette seconde intelligenze (sotto la prima intelligenza che è Dio) all’imperatore Massimo I d’Asburgo (1459-1519), riporta un passaggio chiarificatore del “Conciliator Medicorum” di Pietro d’Abano: “al principio della creazione del cielo e della terra sette Spiriti furono messi a capo di sette pianeti”. Questo simbolismo planetario è antico, e affonda le sue radici nella cosiddetta “sequenza planetaria caldaica” (Saturno, Giove, Marte, Sole, Venere, Mercurio, Luna); i Caldei erano gli astronomi e astrologi del periodo persiano e alessandrino, anche se successivamente il termine assumerà l’accezione di “saggio”. La venerazione del numero sette trae origine dai Caldei, basti qui ricordare il cosiddetto poema di Ishtar, o meglio “La discesa di Ishtar agli Inferi”, che come ci ricorda Claudio Saporetti ha un suo precedente noto come “La Discesa di Inanna agli Inferi” (Inanna era il nome sumero di Ishtar). Qui ricorderò solo il passaggio evidentemente legato al numero sette riportato sulla rivista internazionale di Alchimia n.13 “Kemi Hathor, l’articolo in questione di Angelo Angelini riguarda la “sequenza planetaria caldaica”: “nel suo viaggio Inanna deve attraversare sette porte e ad ogni porta Inanna deve lasciare un gioiello e un capo personale. Alla fine, varcata l’ultima porta, completamente denudata, è trascinata in ginocchio davanti ad Ereshkigal e ai sette terribili giudici che, fissandola con il loro sguardo di more, la riducono un cadavere. Essa può risorgere a vita, dopo tre giorni e tre notti, quando viene versato sul suo corpo il “cibo della vita” e “l’acqua della vita”.
L’assiriologo Claudio Saporetti sembrerebbe supportare l’intuizione di Oswald Wirth, “che ha pensato ad una iniziazione e ha paragonato la perdita dei gioielli e dei vestiti alla cessione dei “metalli” dell’iniziando prima della sua “discesa” nel luogo della temporanea morte, da cui uscirà vivificato”. La purificazione dei sette metalli ci rimanda poi alla concezione medievale di “purificazione alchimica”, che ancora Angelo Angelini molto attentamente associa alle sette forze, espressioni della sostanza, “che nel racconto sumerico sono chiaramente localizzate nei sette centri endocrinici, luogo dove sono posti i gioielli: ” SATURNO – CORONA – EPIFISI GIOVE – FERMAGLI DEI RICCI – IPOFISI MARTE – COLLANA – TIROIDE SOLE – PIETRE NUNUZ – CUORE VENERE – CINTURA – SURRENALI MERCURIO – FASCIATURA GREMBO – PANCREAS LUNA – VESTE – GONADI”.
Secondo questa concezione “gnostica” del mondo, sostenuta da Trithemius, a detta di Culianu “con spirito profondamente Ficiniano”, lo dimostrano le asserzioni all’inizio e alla fine del trattato: “pur non dichiarandomi d’accordo con essa, ma riferendola soltanto”; “Di mio pugno attesto, e con la mia bocca professo, che non credo a nessuna di queste cose, e non ammetto se non ciò a cui crede la Chiesa Cattolica, e che rifiuto e disprezzo tutte le altre cose come vane, inventate e superstiziose”), viene riportata anche una fine dei tempi che secondo i calcoli dell’abate si verificherà nel 2235, quando la stella fissa Algol, chiamata Testa di Medusa, si troverà in un determinato punto in Gemelli. Il terzo libro incompleto dell’opera steganografica, che risente degli influssi di Libanio e Pelagio, di cui mi sono precedentemente occupato, sarà dedicato interamente al pianeta Saturno, il sole che si fa materia nei suoi molteplici simbolismi, come leggiamo “Orifiel è l’Angelo di Saturno, che governò il mondo dall’inizio della creazione per 354 anni e 4 mesi”, come abbiamo già visto nel “de septem secundeis”. Ed è sempre nel terzo libro che Trithemius si servirà di una tavola delle ore magiche di natura solare, mediante la quale è possibile verificare le variazioni magnetiche nelle 24 ore del giorno del pianeta della sequenza caldaica in questione, in questo caso Saturno (molto probabilmente il prosieguo dell’opera steganografica andato perduto ci avrebbe fornito altrettante informazioni sugli altri sei Maestri delle ore planetarie).
Già da questo esempio si evince come l’Astrologia utilizzata dall’Abate non è una disciplina a sé stante, ma Tradizione (non umana), attraverso la quale il magista riusciva con esattezza a prevedere il tempo fausto o infausto, per quell’unica pratica alchemica divisa per convenzione nei tre rami operativi dell’iter iniziatico: nell’alchimia verde o Spagiria, alchimia metallurgica, alchimia spirituale. Le ore magiche planetarie venivano utilizzate dai Caldei, o meglio dai Chaldaim (i Sacerdoti Iniziati del Tempio) per praticare la magia, generalmente per compiere cose mirabili nel giusto istante, attraverso l’osservazione dei signori o maestri delle cosiddette ore planetarie, “la cosa giusta nel momento giusto”. Trithemius attingeva da fonti medievali che permarranno per tutto il Quattrocento, che sotto una denominazione comune distinguevano “scientia quantitatum figurarum” (Astronomia) e “scientia iudiciorum” (Astrologia). Il Maestro delle ore planetarie, di cui Trithemius si serviva (che come abbiamo sopra accennato è rappresentato da Saturno nel terzo libro della Steganografia,), è legato all’astronomia giudiziaria, meno nota rispetto a quella onomantica. Le ore magiche si basano sul fenomeno celeste del percorso giornaliero del sole (24 ore nel suo apparente movimento intorno alla terra). Nello Speculum Astrologiae (1581) il teologo e astrologo carmelitano Giuntino scriveva: “Si ammette che ogni dodicesima parte del giorno e della notte sia sotto il dominio di un pianeta. Da questo principio è nata la denominazione di ore planetarie, o ineguali, dei ventiquattro settori in cui è divisa la giornata. Ma occorre avere presente che la loro durata non è di un’ora esatta (60’)”. Conoscendo il pianeta che governa l’ora in cui ha luogo un certo avvertimento, è possibile – aiutandosi con i significati analogici del pianeta stesso, che descriveremo – trarre determinate previsioni concernenti le possibilità o gli sviluppi futuri dell’avvenimento considerato. E’bene ugualmente, prima d’intraprendere un qualsiasi affare, scegliere l’ora planetaria il cui governatore (pianeta) è favorevole a quel tipo d’affare”. L’astrologia cui si rifaceva Trithemius non era l’astrologia materialistica e psicologizzante oggi conosciuta, ma attingeva da fonti egizie tradizionali; l’astrologia tradizionale sembrerebbe uno strumento per la Mantica, dove le previsioni non sono sempre positive per allietare il cliente (come l’astrologia nota e in voga oggi), ma le sette forze (pianeti) sono qui positive o negative in base alla posizione in cui si collocano nello Zodiaco. Basti qui ricordare che Trithemius riporterà uno Zodiaco basato sulla rosa dei venti a 16 punte, associando 16 Dei Azonici, spiriti dei venti esiodei riferiti alle posizioni zodiacali o “punti cardinali celesti”, riportando i momenti fausti o infausti per l’operatività.
L’Astrologia di Trithemius, in quanto tradizionale, è inscindibile dalla medicina dell’epoca, il medico-astrologo diventava Terapeuta, massimo grado della scuola Pitagorica; il Terapeuta si rivolgeva alla natura per trarne gli “Arcana” di paracelsiana memoria, medicina che sarebbe andata a curare la parte fisiologica squilibrata corrispondente, risalendo così alle cause mediante analogia. Pertanto quando si parla di una magia filosofica “dotta”, distinta dalla mera superstizione o ciarlateneria, Trithemius faceva riferimento al significato tradizionale e incorrotto del termine, derivante dal caldeo “Maghdim” che significa saggezza, “Magheia” in greco, come venivano indicati i Magi, gli antichi Sacerdoti Zoroastriani della Persia.
Come già precedentemente riportato, il Corpus Hermeticum e la figura archetipa di Ermete Trismegisto, saranno la fonte essenziale per questa rivelazione misterica e più in generale per la rinascita del magico, oltre a dare il via ad una Religione Universalistica in contrasto con un “Cristianesimo provinciale”; basti qui citare, come contributo al progressivo allargamento della conoscenza: l’Asclepio, il Pimandro, tradotti in latino dal greco “Logos Teleios” (Discorso Perfetto), e ancora più rilevanti sono i ritrovamenti dei testi in copto presso la biblioteca gnostica di Nag Hammadi dell’Ogdoade e dell’Enneade. Per avere una più chiara idea di cosa intendesse per magia l’Abate Trithemius riporterò di seguito dei passi scritti dallo stesso in una missiva al Principe di Brandeburgo: “Ma noi vediamo che oggi il nome della magia è odioso e detestato da quasi tutti gli uomini, a tal punto che essi condannano chi vi si applica, e pensano che l’uso della magia sia assolutamente opposto e contrario alla religione cristiana”; “dopo che questi antichi saggi e filosofi, principi e re, perfettamente istruiti nella scienza della magia naturale, hanno chiuso gli occhi alla luce, essi hanno lasciato questa scienza velata allo studio, per mezzo di misteri molto occulti e nascosti, perché l’ingresso fosse vietato agli indegni”; “In effetti , alcuni di loro, avendo letto le esperienze meravigliose dei saggi nel dominio della magia, attirati dal desiderio e dalla curiosità, hanno cominciato ad operare seguendo il senso esteriore degli scritti, ma non comprendendo ci che essi leggevano, non ottennero alcun risultato promesso dall’operazione, a causa della loro ignoranza totale, per ciò hanno rigettato e condannato dei libri eccellenti come vuoti, falsi, mentitori, e frivoli”: “Altri ancora, lavorando senza ottenere alcun risultato dopo aver eseguito i procedimenti descritti, poiché non riuscivano a trarre alcun profitto da queste opere magiche e considerando di essere stati ingannati, per mostrare che non erano fuori strada, e volendo avere dei compagni nei loro errori, hanno promesso più di quello che avevano scoperto, ed hanno messo, nei libri dei saggi, delle indicazioni frivole. Hanno inserito figure con nomi sconosciuti…”; “Altri ancora, non contenti di ingannare gli uomini con i procedimenti detti prima, con lo scopo di rendere ancor più confusa la magia naturale, che essi non riuscivano a comprendere, hanno aggiunto dottrine diaboliche, in modo che le opere dei saggi sono diventate oscure a tal punto, non solo da non poter più essere corrette da studiosi seri, ma ciò che è più nefasto, è che esse sono condannate come opere superstiziose, diaboliche, riprovevoli, contrarie alla nostra sacra fede…”. “Risulta che la magia, santa e buona, scritta da autori in modo retto e puro, sebbene occulto è a tal punto sfigurata e confusa che il suo nome è divenuto oggetto di orrore; Io ho letto molti libri di magia, ho percorso molti dei processi che permettevano di operare dei prodigi; e tutto questo lo dichiaro a voce alta, ne sono uscito sempre più fortificato nella mia fede cristiana, poiché ho compreso quel tanto che potevo comprenderla, grazie ad un dono divino”
Brando Impallomeni (21/03/1985), da anni coinvolto attivamente nella ricerca spirituale, laureatosi in Storia presso l’Università degli Studi di Firenze, con la tesi “Dall’Abate Trithemius alla Spiritual Technology”, che vuole rendere dignità allo scomodo tema della “Magia”, insabbiato dalla cultura dominante, religiosa e laicista, dalla caccia alle streghe alla banalizzazione cripto-positivista. Dall’Abate Trithemius alla Spiritual Technology, vuole ripercorrere un Iter-magico che va dalle prime coraggiose teorizzazioni della Magia, alla sua riproposta e attualizzazione nei vari periodi storici; assistiamo così ad un graduale passaggio, da una forma di magia che potremmo definire antropocentrica, cristiana, dualista (magia bianca, magia nera, magia divina, magia naturale e magia transnaturale, magia cristiana, magia divina, angelica e demonica ecc.), quella dei filosofi rinascimentali, ad una magia o “magick” (termine codificato da Aleister Crowley per designare la sua Opera, k=Kteis) stellare, che a detta del pittore inglese Austin Osman Spare, “è piena di colori”, dove gli antichi Dei diventano l’ipotesi di scenari non più terrestri, ma caso mai Extra-Terrestri e multidimensionali.