La precessione degli Equinozi e le Piramidi – Luigi Angelino
Il fenomeno astronomico della precessione degli equinozi era già conosciuto presso le civiltà antiche, che ne intuivano le caratteristiche fondamentali e ne calcolavano, con una certa precisione, le influenze future. Ma consideriamo, in via preliminare, in che cosa consiste, dal punto di vista scientifico, il fenomeno conosciuto con l’espressione “precessione degli equinozi”. Esso si identifica con quel movimento della Terra che fa mutare in modo lento, ma continuo, l’orientamento del suo asse di rotazione rispetto alla sfera ideale delle stelle fisse. A tale proposito, si può sintetizzare affermando che l’asse terrestre sia sottoposto ad una forma di “precessione”, a causa dell’interazione soprattutto di due fattori: la configurazione non perfettamente sferica del nostro pianeta e le concomitanti forze gravitazionali del Sole e della Luna che influiscono sull’allineamento dell’asse della Terra con la perpendicolare al piano dell’eclittica. Questo lento, ma costante movimento, che potrebbe sembrare una sequenza di informazioni matematiche ha, invece, un’importanza notevolissima sulla ciclicità dell’esistenza della Terra. Il moto di precessione, infatti, compie un giro completo ogni 25.765 anni, un periodo conosciuto anche con il nome di “anno platonico”(1), nel corso del quale la posizione delle stelle sulla sfera celeste cambia e, di conseguenza, aspetto ancora più importante, muta pure la posizione dei poli celesti (2).
Gli studiosi hanno calcolato che, in base al moto di “precessione”, fra circa 13.000 anni non sarà più la stella Polaris (3) ad indicare il polo nord, bensì “Vega” (4). Chiediamoci anche: come mai tale fenomeno è stato denominato “precessione degli equinozi”? In virtù del descritto movimento, la linea degli equinozi si anticipa di anno in anno (precessione dal verbo latino “praecedo”, cioè “anticipo”), ma viene modificata soltanto la posizione sull’orbita in cui si verifica l’equinozio, dispiegando i suoi effetti sulla dimensione spaziale, mentre la data non cambia (dimensione temporale). Ad esempio nell’emisfero boreale l’equinozio di primavera cadrà sempre tra il 20 ed il 21 marzo, mentre quello d’autunno tra il 22 ed il 23 settembre. E’ importante ricordare che, anche se il fenomeno della precessione determina un cambiamento delle stelle in maniera lenta, gli astronomi devono avere, comunque, dei chiari punti di riferimento per calcolare con ragionevole precisione le coordinate stellari. Nella seconda parte del XX secolo si è fatto riferimento alla posizione degli astri nel 1950, mentre al momento si adopera quella riferita all’anno 2000.
In relazione al cambiamento della posizione delle stelle, cambia anche la collocazione delle costellazioni interessando, pertanto, lo zodiaco astronomico, inteso come porzione della sfera celeste in cui si susseguono i percorsi apparenti del Sole, della Luna e dei principali pianeti. Come è ben noto, l’astrologia del mondo occidentale si riferisce ai 12 segni tradizionali che sono l’espressione ideale di altrettante costellazioni: per convenzione, ma soprattutto per motivi mitologici legati al ciclo naturale, l’anno zodiacale inizia con il segno dell’Ariete, il giorno dell’equinozio di primavera, che cade tra il 20 ed il 21 marzo. L’attuale esatta corrispondenza dei segni zodiacali alle costellazioni non è, tuttavia, quella di classica definizione, in quanto oggi risulterebbero, in base alle osservazioni, spostati di circa trenta gradi. Ciò avviene, a causa del fatto che tra l’inizio di un determinato segno zodiacale e l’entrata del Sole nella stessa costellazione, passa mediamente un mese. Negli ultimi 2150 anni la precessione ha spostato gli equinozi e i solstizi proprio di trenta gradi, provocando il “ritardo” di un mese. Dobbiamo tenere in debita considerazione, perciò, un importantissimo aspetto: quando una tavola astrologica ci dice che un certo pianeta entra in un segno zodiacale, in realtà fa riferimento ad una parte di cielo dove è collocata una costellazione appartenente al segno precedente. Per esempio, se ci riferiamo al segno della Vergine, nella realtà astronomica il Sole sarà posizionato nel segno del Leone.
Come si diceva in apertura, gli osservatori delle più evolute civiltà dell’antichità conoscevano il fenomeno della precessione degli equinozi. Già i Babilonesi, secondo Albategnius (5), distinguevano la differente durata dell’anno tropico e dell’anno siderale, per cui, presumibilmente, erano già al corrente del moto di precessione. Alcuni esegeti ritengono che furono gli Egizi, molto tempo prima di Ipparco, a sviluppare le osservazioni più compiute sul movimento lento e costante del nostro pianeta. Gli archeologi hanno osservato che alcune costruzioni dell’antico Egitto, in particolare il tempio di Karnak, erano posizionate verso punti dell’orizzonte in cui alcune stelle apparivano in momenti particolari dell’anno, che rivestivano un fondamentale significato mistico o religioso. Sembra addirittura che importanti templi, quando l’inesorabile incedere della precessione rendeva la rispettiva posizione non più rispondente all’aspettativa rituale del complesso cerimoniale egizio, fossero demoliti e ricostruiti nelle esatte posizioni, rispetto agli obiettivi celesti. Un altro esempio evidente, che può confermarci che gli Egizi fossero a conoscenza del fenomeno della precessione, è dimostrato dalla presenza della raffigurazione dello Zodiaco nel tempio di Hathor a Dendera nel periodo tolemaico (dal III secolo a.C. al 30 a.C., in pratica dalla disgregazione della caduta dell’impero fondato da Alessandro Magno alla battaglia di Azio, che segnò la sconfitta di Cleopatra e di Marco Antonio, ad opera di Ottaviano). Si pensa che la mappa dello zodiaco collocata in tale tempio servisse proprio a registrare i passaggi determinati dalla precessione degli equinozi (6). Ma la scienza ufficiale, pur ammettendo che gli Egizi possano aver conosciuto il fenomeno, fa leva sul fatto che gli stessi non abbiano tramandato alcuna documentazione ufficiale in merito, attribuendone la scoperta ad Ipparco di Nicea, intorno al 130 a.C.. L’astronomo greco ne diede una descrizione abbastanza dettagliata nella sua opera “Sullo spostamento dei segni solstiziali ed equinoziali”, poi andata perduta, ma il metodo da lui adottato è stato diffuso tramite il più famoso “Almagesto”(7) di Claudio Tolomeo, noto astronomo del secondo secolo d.C..
(La Dea egizia Hathor)
E’ ormai ampiamente risaputo come non tutti gli studiosi concordino con gli esponenti della scienza accademica, alla luce del fatto che la misteriosa ed evolutissima civiltà egizia ci ha riservato, ci riserva e ci continuerà sempre a riservare sorprese sconvolgenti, che non possono essere liquidate con superficialità come il frutto di mere coincidenze.
Osservando la valle di Giza, dove sorgono le tre principali Piramidi e la Sfinge, la posizione delle imponenti costruzioni non appare affatto casuale, sembrando in stretta correlazione con la costellazione di Orione, mentre il vicino fiume Nilo esprimerebbe l’idea della Via Lattea. E’ superfluo ribadire che, nella religiosità egizia, le stelle della cintura di Orione rivestono un’importanza straordinaria, essendo associate ad Osiride, il dio-sole della rinascita e signore dell’oltretomba. Il concetto originario, presentato al grande pubblico, da Hancock (8), nel libro “Impronta degli dei”, è che le tre piramidi fossero allineate in modo da disegnare una mappa delle tre stelle principali della cintura d’Orione (9). Questa affascinante ricostruzione è stata messa in relazione con la datazione incerta della stessa costruzione delle piramidi che, per convenzione accademica, è stata fissata intorno al 2500 a.C.. L’egittologia tradizionale, infatti, ritiene che la grande piramide, l’unica delle sette meraviglie del mondo antico ancora intatta, fu edificata come tomba per il faraone Khufu, ellenizzato in “Cheope”. Essa per secoli è stata la più alta struttura artificiale esistente al mondo, fino alla costruzione, intorno al 1300, della cattedrale di Lincoln in Inghilterra, a sua volta più volte superata da altri edifici in età moderna.
In realtà, a destare maggiore interesse e notevole perplessità, agli occhi dei più attenti simbolisti, è stata la composita imponenza della Sfinge, forse il monumento più enigmatico della valle di Giza. Di grande importanza esoterica è la sua strana forma: il viso umano ed il corpo di leone. Gli scrittori Hancock e Bauval, nel testo “The Mars Mystery” (10), pubblicato nel 1998, hanno cercato di dimostrare che la mappa di edifici delineata nella Valle di Giza, come scopo principale, volesse rappresentare la costellazione della cintura di Orione, cosi’ come osservata all’alba dell’equinozio di primavera durante l’era astronomica del Leone. Alla luce delle considerazioni esposte in precedenza, si potrebbe dedurre che, come tutte le epoche precessionali, l’età del Leone durò per un periodo di 2160 anni, arrivando alla sconvolgente conclusione di tentare di retrodatare la costruzione delle Piramidi e della Sfinge, ad un’epoca risalente tra 10.970 e l’8.810 a.C.. In quel remoto passato, un’ipotetica civiltà super-rmondiale, poi scomparsa, avrebbe trasmesso una profonda conoscenza tecnologica ed astronomica, che sarebbe arrivata in maniera trasfigurata, attraverso miti e leggende, ma con caratteristiche comuni, in vari luoghi del globo, come l’Egitto, l’India, l’Estremo Oriente, la Mesopotamia, l’America Centrale e Meridionale. La scomparsa di quest’ipotetica civiltà può essere messa in relazione con il mito di Atlantide, di cui abbiamo parlato in diverse sedi (11).
Ed ancora, non può passare inosservata l’importanza che le civiltà antiche riconoscevano al numero 72, in considerazione che il Sole equinoziale impiega proprio 72 anni per spostarsi di un grado. Nel mito di Osiride furono 71 i cospiratori che aiutarono Seth (72 in totale) ad uccidere il grande Re. Il numero 72 ricorre nella mitologia dei Taoisti, nei racconti indiani, dove sono 72 gli spiriti benefici per poter invocare i poteri divini, nonché 72 erano le lingue confuse sulla torre di Babele, così come le colonne dell’Apadana sulla grande Terrazza di Persepoli. 72 sono inoltre i gradini della scala di Giacobbe, come 72 sono i libri che compongono la Bibbia, per non parlare della grande importanza che a questo numero attribuivano i Maya, nella loro dottrina dei cicli cosmici. In buona sostanza, gli antichi individuavano nel Sole equinoziale una sorta di lancetta cosmica, in grado di scandire le grandi ere, non necessariamente con una concezione “lineare”, quanto piuttosto ciclica e ricorrente. Non sembra neanche affatto casuale la particolare cura che uno dei più grandi geni della storia mondiale, Leonardo da Vinci, abbia riservato al fatidico numero 72. Nel suo dipinto, forse più famoso, “la Gioconda”, sotto l’arco di un ponte che completa lo sfondo della raffigurazione principale, si può distinguere proprio il numero 72. Alcuni esegeti, tuttavia, hanno voluto spiegare la presenza di quel numero per un evento verificatosi alcuni anni prima. L’artista avrebbe voluto, pertanto, apporre il numero 72. sotto l’arcata del ponte Gobbo, nei pressi di Piacenza, per ricordare una piena devastante del fiume Trebbia verificatasi nel 1472, lasciando che qualche ammiratore del dipinto riconoscesse la località. Altri, invece, sostengono che Leonardo non visitò mai il ponte piacentino e che lo sfondo della Gioconda rievocasse un luogo nelle vicinanze di Arezzo. Il ponte avrebbe, per l’artista, una funzione emblematica di “congiunzione degli opposti” o di “passaggio di condizione” tra la vita e l’aldilà, interpretazione molto più in sintonia con quella del numero 72, come segno del ciclo cosmico.
Il legame della scoperta del moto precessionale, da parte degli Antichi, con le credenze esoteriche-religiose, si rinviene anche in altri importanti culti. Alcuni studi sull’iconografia mitraica, soprattutto a partire dal 1970, si sono orientati verso la comprensione del significato “astronomico” di tale enigmatica e suggestiva credenza misterica. Una parte di autori ha supposto che l’immagine dell’uccisione del toro volesse rievocare il sorgere eliaco della costellazione del Toro. Il dio Mitra potrebbe essere identificato con la costellazione dedicata a Perseo, attestata già nel V secolo a.C. e raffigurata con l’immagine di un guerriero provvisto di un copricapo grigio a punta, di chiara matrice orientale, molto simile a quella classica del dio che trafigge il toro con una spada. Se la scena vuole contestualizzare un “Cielo” dove il “Toro” soccombe, anche l’immagine dello scorpione deve essere legata alla costellazione omonima, al punto che si può ragionevolmente fantasticare sul fatto che l’intero quadro mistico voglia focalizzare il momento della fine dell’era precessionale del Toro, più o meno tra il 4.000 ed il 2000 a.C.., quando le due costellazioni equinoziali erano proprio il Toro e lo Scorpione (12).
Molto suggestiva è la tesi, secondo la quale le vicende narrate nell’ “Epopea” di Gilgamesh andrebbero collocate nelle strade del cielo, piuttosto che tra i monti ed i fiumi della Mesopotamia al tempo dei Sumeri, interpretando in chiave simbolica i luoghi ed i personaggi incontrati dall’eroe. Uno degli elementi più significativi da mettere in relazione con il fenomeno della precessione degli equinozi e che farebbe chiarezza sul periodo di effettiva ambientazione della vicenda, è lo scontro con il Toro celeste, inviato per placare le ire della dea Isthar, delusa per l’amore non corrisposto da parte di Gilgamesh (13). Al termine della lotta con il fiero animale, Enkidu. l’antagonista/amico dell’eroe, gli strappa la coscia ed il membro. Per alcuni studiosi, si tratterebbe di un’indicazione esplicita della costellazione del Toro, che non è raffigurata con la sagoma di un esemplare intero, ma tagliato a metà della vita, mancante proprio della parte posteriore. Questa scena potrebbe raccontarci il passaggio dall’età dei Gemelli a quella del Toro, avvenuta all’incirca nella seconda metà del quinto millennio a.C.. Non a caso, nel racconto, poco dopo l’uccisione dell’animale sacro, Enkidu muore ed il toro, così come era stato menomato, viene assunto in cielo, come ad imprimere la sua forma nella sfera celeste. Parimenti, la denominazione del mostro “Khumbaba” tenderebbe a rievocare la divinità elamitica “Hmba”, legata a sua volta alla stella Procione, l’alfa della costellazione del Cane Minore, dai Sumeri annoverata tra quelle appartenenti al Cancro. Ed è proprio in quest’ultimo segno che è collocata la porta dello Zodiaco collegata al genere umano, mentre al suo opposto, nel segno del Capricorno, è individuata la porta dove si incarnano gli dèi. Seguendo tale schema, il viaggio di Gilgamesh e di Enkidu potrebbe essere letto come un percorso spirituale dal mondo materiale a quello celeste. Di straordinaria importanza, inoltre, appare la descrizione del passo Masu, alle cui porte sono posti di guardia i cosiddetti “uomini-scorpione”. Il termine “masu” è traducibile come “gemelli” e, tra le stelle gemelle visibili, i Babilonesi elencavano quelle che attualmente sono contraddistinte come “lambda” ed “ipslon” Scorpii, cioè le stelle del “pungiglione” della costellazione dello Scorpione. In più, non bisogna dimenticare che, dal punto di vista astrologico, l’ottavo segno è quello associato alla morte fisica, mentre i successivi quattro sono quelli legati all’elevazione dell’anima per poi portare alla rinascita primaverile dell’Ariete. Nel testo è riportato che Gilgamesh “entrò in un’oscurità come mai non si era vista prima”, che possiamo collocare tra la costellazione dello Scorpione e quella del Sagittario, con una simbologia quanto mai dettagliata, in cui ricorre il numero 120 (i pali che corrispondono alle remate che servono all’eroe per raggiungere la destinazione finale), equivalente ai 120 gradi dei quattro segni rimanenti, per arrivare al termine dello Zodiaco situato al confine estremo della costellazione dei Pesci, dove lo aspetta Utanapistim(14), prima della rinascita verso primavera.
Anche la narrazione mitologica riguardante Ercole, uno dei principali eroi solari dell’epoca classica, può essere immaginata in cielo piuttosto che sulla terra. Ercole intraprese lo straordinario percorso delle “dodici fatiche”, a mezzogiorno, quando il Sole era arrivato al massimo della sua irradiazione diurna. Secondo alcuni interpreti, tale posizione deve essere considerata in ambito stagionale, cioè al periodo estivo, quando il nostro astro scalda maggiormente. In termini siderali, si potrebbe pensare che le dodici fatiche siano da inquadrare in un’età in cui il solstizio estivo cadeva nella costellazione del Leone, con il Sole equinoziale in Toro, ovvero intorno al 4500 a.C., o forse, ipotesi più attendibile, che sia da inquadrare nel momento in cui il solstizio passò dal Leone al Cancro, con il sole equinoziale in Ariete, più o meno intorno al 2300 a.C.. Questo passaggio sarebbe simbolicamente espresso nell’uccisione del leone di Nemea, ritenuta appunto la prima delle dodici fatiche (15).
Secondo alcuni autori, il moto precessionale, determinando nel tempo un cambiamento della posizione delle costellazioni rispetto al punto di vista geocentrico, dimostrerebbe la completa infondatezza delle discipline astrologiche. A tale proposito, si precisa che l’astrologia occidentale, fondata dai Caldei circa tremila anni fa, si riferisce ad un ritmo stagionale mediterraneo, molto diverso da quello percepito in India o in Cina. Come sistema di calcolo, si prende come riferimento il punto celeste in cui si trova il Sole all’inizio della primavera. Da questo punto si disegna un cerchio, divisibile in 12 settori, ciascuno dei quali misura 30 gradi che corrispondono ai segni tradizionali. La suddivisione è di carattere convenzionale, indipendentemente dalla reale ampiezza di ciascuna costellazione, la cui estensione è stata sempre differente. Pertanto, si può dire che la corrispondenza tra i 12 segni e le costellazioni sia puramente simbolica. Negli ultimi decenni del ventesimo secolo si è diffusa l’idea di introdurre un tredicesimo segno, l’Ofiuco, per i nati tra il 29 novembre ed il 18 dicembre, tra lo Scorpione ed il Sagittario, con la conseguenza di determinare la variazione periodale di tutti gli altri segni. L’inserimento dell’Ofiuco nell’anno astrologico ha trovato ampio consenso in Giappone, dove è conosciuto anche come “portatore di serpenti”. Si ritiene che il tredicesimo segno fosse già noto ai Babilonesi che, tuttavia, preferirono il sistema di suddivisione in 12 settori, per motivazioni di carattere simbolico e per facilitare una difficile sovrapposizione degli studi astronomici con quelli astrologici (16).
Se dalla suggestiva costruzione delle piramidi intorno al 10.000 a.C., vogliamo compiere un viaggio ideale verso i nostri giorni, osserviamo che l’umanità, dopo il segno del Leone, è passata nel torpore dell’era del Cancro e di quella dei Gemelli. Poi, nell’età del Toro e, ancora di più, sotto il segno dell’Ariete, sono cominciate a fiorire le civiltà storiche, per culminare nell’era classico/cristiana del periodo dei Pesci, che ha caratterizzato in maniera esponenziale lo sviluppo culturale, scientifico e tecnologico dell’umanità. Attualmente stiamo entrando, o siamo già entrati, nell’era dell’Acquario, simbolo delle rivoluzioni, dell’anticonformismo e della rinnovata consapevolezza spirituale. Da notare che l’Acquario rappresenta proprio l’opposto astronomico del Leone, da cui abbiamo cominciato l’ ipotetico viaggio.
Note:
(1) L’origine della denominazione di “anno platonico” si deve al celebre filosofo ateniese che, nel dialogo “Timeo”, definisce “anno perfetto”, quel ciclo dopo il quale tutta la volta celeste torna uguale,
(2) Cfr. Luigi Angelino, “I Miti-Luci e Ombre”, Editore Cavinato International, Brescia 2018;
(3) Polaris è un sistema stellare triplo situato nella costellazione dell’Orsa Minore. Polaris è anche il nome della stella più luminosa vicina al polo nord celeste;
(4)Vega è la stella più brillante della costellazione della Lira, la quinta più luminosa del cielo notturno;
(5) Albatagenius è il nome latinizzato di Muhammadibn-Jabir al-Harrani-al-Battani (858-929 d.C.), matematico, astronomo ed astrologo arabo;
(6) Cfr. Otto Neugebauer, “Le scienze esatte nell’Antichità”, Ed. Feltrinelli, Milano 1974;
(7) Il titolo originale greco è “Mathematikè syntaxis” (Trattato matematico). Almagesto, traducibile con “magnifico” o “grandissimo”, è la versione araba dell’originale greco, poi diffusa in Europa;
(8) Graham Hancock (1950), giornalista e scrittore scozzese;
(9) La costellazione di Orione, chiamata anche del “Cacciatore”, è forse la più conosciuta della volta celeste, grazie alle sue stelle brillanti ed alla sua posizione prossima all’equatore celeste. La costellazione è composta da circa 130 stelle visibili ad occhio nudo, ma si identifica per l’allineamento di tre stelle maggiori, che formano la cosiddetta “Cintura di Orione”;
(10) The Mars Mystery fu pubblicato dai citati Hancock e Bauval, in collaborazione con John Grigsby;
(11) Cfr. Luigi Angelino, “La ricerca del divino”, Ed. CTL, Livorno 2021;
(12) Cfr. David Ulansey, “I misteri di Mitra: cosmologia e salvazione del mondo antico”, a cura di Gianfranco de Turris, Edizioni Mediterranee, Roma 2001;
(13) Cfr. Luigi Angelino, “L’epopea di Gilgamesh”, su https://www.paginefilosofali.it, pubblicato il 19 novembre 2021;
(14) Utanapistim, nell’epopea di Gilgamesh, avrebbe guadagnato l’immortalità, dopo essere sopravvissuto al diluvio;
(15) Cfr. Luigi Angelino, “Divagazioni sul mito”, Ed. La stamperia del Valentino, Napoli 2022;
(16) Cfr. Piergiorgio Odifreddi, “Costellazioni, segni e pianeti”, in “la Repubblica”, pubblicato il 2 ottobre 2010.
Luigi Angelino,
nasce a Napoli, consegue la maturità classica e la laurea in giurisprudenza, ottiene l’abilitazione all’esercizio della professione forense ed un master di secondo livello in diritto internazionale, conseguendo anche una laurea magistrale in scienze religiose. Nei primi mesi del 2022 ha pubblicato con la Stamperia del Valentino 7 volumi (Caccia alle streghe, Divagazioni sul mito, L’epica cavalleresca, Gesù e Maria Maddalena, L’epopea assiro-babilonese, Campania felix, Il diluvio). In precedenza con altre case editrici ha pubblicato vari libri, tra cui il romanzo horror/apocalittico “Le tenebre dell’anima” e la sua versione inglese “The darkness of the soul”; la raccolta di saggi “I miti: luci e ombre”; i thriller filosofici “La redenzione di Satana I-Apocatastasi” e “La redenzione di Satana II- Apostasia”; il saggio teologico/artistico “L’arazzo dell’apocalisse di Angers” ; il racconto dedicato a sua madre “Anna”; la raccolta di storie “Viaggio nei più affascinanti luoghi d’Europa”; un viaggio onirico nel sistema solare “Nel braccio di Orione”; una trattazione antologica di argomenti religiosi “La ricerca del divino”. Di recente è stato insignito dell’onorificenza di Cavaliere al merito della Repubblica italiana.