La Natura in Ralph Waldo Emerson: le conferenze del padre del trascendentalismo – Giovanni Sessa
Ralph Waldo Emerson, padre spirituale del trascendentalismo e punto di riferimento indiscusso di Thoreau, è uno dei filosofi più significativi della storia degli Stati Uniti. A conferma della nostra affermazione, consigliamo la lettura del suo, Quattro conferenze sulla storia naturale (1833-1834), comparso nelle librerie per Mimesis. Il volume è corredato dalla prefazione di David M. Robinson, da un ampio saggio introduttivo di Agnese Maria Fortuna e dalla postfazione di Giacomo Scarpelli (per ordini: mimesis@mimesisedizioni.it, 02/24861657, pp. 199, euro 18,00).
Sappia il lettore che Emerson, dopo la morte della moglie, intraprese un viaggio in Europa, tra il dicembre del 1932 e il settembre del 1833, che lo portò ad attraversare il vecchio continente dall’Italia alla Scozia e a incontrare gli esponenti più significativi della cultura europea del tempo, Carlyle, Gay-Lussac, Jouffroy. Tale viaggio conobbe il suo momento apicale nella visita al Collège Royale de France e al Jardin des Plantes di Parigi. In questi due luoghi, il 13 luglio, il filosofo fu colpito dall’impressionante varietà degli esseri viventi: «Queste esposizioni lo spronarono a un riconoscimento cruciale: l’immensa diversità della vita è del tutto interconnessa e unificata» (p. 9). Data la forza di tale constatazione, si lasciò alle spalle l’originaria vocazione di predicatore ecclesiastico, decidendo di dedicarsi allo studio delle scienze della natura. Tenne, in argomento, quattro conferenze, che sono ora raccolte nel volume che presentiamo. Lo stile espositivo risente dalla formazione oratoria, che aveva ricevuto negli anni precedenti. Nell’incedere argomentativo emergono riferimenti a esperienze personali. I contenuti sono presentati e distinti in sezioni. In queste conferenze, Emerson mise sulla carta quelli che, con la pubblicazione di Nature, sua opera principale, sarebbero diventati i temi portanti del trascendentalismo. Leggere le loro pagine dà accesso al laboratorio teoretico del pensatore.
Maria Agnese Fortuna chiarisce come, in questi scritti, l’autore presenti tesi ancora avvolte da ambiguità teorica o non aliene da contraddizioni. La prima conferenza, The Uses of Natural History, fu tenuta presso il Tempio massonico di Boston il 5 novembre del 1833. In essa, lo studioso: «si preoccupa […] di evidenziare l’utilità e le funzioni, ovvero i benefici effetti intellettuali e morali che possiamo derivare dalla consuetudine con la natura mediata […] dall’approccio scientifico» (p. 17). L’argomento è articolato in cinque punti: salute, utile conoscenza, piacere, miglioramento della mente e del carattere, correlazione interiore tra esseri umani e natura. Insomma: «La natura […] non è considerata un campo di ricerca in sé, ma un mezzo per far luce sulla posizione umana» (p. 18). Il “naturalista”si fa filosofo: la natura, da un lato, incarna il linguaggio dello Spirito, ma dall’altro, come aveva sostenuto Wordswortrh, sembra essere in possesso di linguaggio proprio. Duplice, in queste pagine, è l’atteggiamento di Emerson anche nei confronti della tecnologia: l’entusiasmo per i progressi tecnici, si accompagna alla sfiducia: «per la tendenza della tecnologia a distogliere l’uomo da fini […] degni della vita umana» (p. 20). La scienza è intesa quale conoscenza prometeica mirata al dominio, il cui correlato negativo può essere individuato nel disabituare gli uomini, adusi ai nuovi mezzi, ad utilizzare al meglio i propri organi. Ciò dà luogo all’atrofia della vita, propria della civilizzazione e dell’urbanesimo (Thoreau).
La scienza della natura consente, a chi la pratichi, di condurre la vita all’aria aperta e ciò è bene per la salute. La salus sorge, come insegna il mito di Anteo, dalla stabile relazione con le potenze telluriche, atte a rinvigorire corpo e spirito. Guai ad allontanarsi dal suolo, dalla realtà naturale! Da essa gli uomini traggono benefici anche economici, attraverso lo sfruttamento delle risorse, ma il bene più prezioso è rappresentato dal: «piacere che scaturisce dalla contemplazione della verità» (p. 25), a cui la natura apre. In tale contesto, i fatti naturali sono esperiti quali metafore di stati mentali: l’uomo diviene, come nelle corde del neoplatonismo, copula mundi, istitutore di legami simpatetici.
La seconda conferenza, On the Relation of Man to Globe, fu tenuta a Boston il 6 gennaio 1934 ed è divisa in nove sezioni. Da essa si evincono il marcato teleologismo ed antropocentrismo della concezione emersoniana della natura. Le tesi di Herder rappresentano il termine di confronto di queste pagine, da cui si comprende come la questione antropologica trovi la propria definizione nella contrapposizione dell’essere umano agli altri animali. Per Emerson, l’essere umano è comparso sulla Terra solo dopo che l’ambiente naturale era stato predisposto ad hoc. La storia geologica della Terra altro non è stata se non provvidenziale e progressiva preparazione dell’avvento dell’uomo: «Emerson sembra assumere un punto di vista organicista ed epigenetista molto simile a quello di Herder» (p. 48). I sensi e la ragione umana sono adeguati al confronto con le potenze naturali, e concedono all’uomo di sfidare ogni tipo di pericolo (Carlyle).
La più importante delle conferenze è, a nostro parere, la terza, Water, tenuta a Boston il 17 gennaio 1834. Per Emerson, l’acqua, elemento proteiforme, adattabile, cedevole ma potente, è natura attiva, dinamica. Non casualmente, l’acqua è all’origine di ogni cambiamento: il suo ciclo vitale è l’essenza della natura, rappresentando simbolicamente il suo fluire. Essa rappresentava, a dire del trascendentalista, lo Spirito come attività. L’acqua è l’arché presente in ogni ente, atta a creare e a distruggere. L’ultima conferenza, The Naturalist, fu letta a Boston il 7 maggio 1834. Il testo chiarisce come le posizioni emersoniane fossero in via di definitivo chiarimento. Da queste pagine si evince come il limite della scienza moderna dovesse esser individuato nella parcellizzazione della natura, che le procedure analitiche realizzavano. L’approccio di Emerson appare olistico, il “poeta” sostituisce ormai il naturalista, Goethe ha preso definitivamente il posto di Cuvier, la mentalità analogica delle scienze dello spirito ha sostituito l’approccio descrittivo della scienza moderna. L’Uomo resta ancora per lui il centro del Tutto, grazie: «alla sua fede nell’antropocentrismo d’ispirazione swedenborgiana […] qui presentato come una versione, notevolmente modificata, della classica scala naturae» (p. 80).
Nonostante qualche ambiguità teorica, questi testi di Emerson risultano fondamentali nel percorso di riscoperta della physis, imprescindibile per l’uomo contemporaneo.
Giovanni Sessa