Antitesi tra dialettica del politicamente corretto e lingua taumaturgica –
La filosofia prima della filosofia: uno studio innovativo di Luca Grecchi – Giovanni Sessa
Attorno alle origini della filosofia, antichisti e filologi dibattono da secoli. Per convenzione manualistica, i più ritengono che questa forma di pensiero, connotante di sé, fino ai nostri giorni, l’iter storico dell’uomo europeo, sia sorta con i Presocratici, nel VI secolo a.C., nelle colonie ioniche dell’Asia Minore. A partire dagli anni Settanta del secolo scorso, la lezione di Giorgio Colli spostò l’attenzione su epoche più arcaiche, in quanto l’insigne studioso della Sapienza greca, disse il filosofare esser sorto in continuità con il mito, non in contrapposizione a esso. E’ da poco apparso nel catalogo di Scholé, uno studio di Luca Grecchi che, in tema, risulta latore di importanti novità. Ci riferiamo a, La filosofia prima della filosofia. Creta, XX secolo a.C., Magna Grecia, VIII secolo a.C. (pp. 198, euro 22,00). Il volume è preceduto dall’introduzione dell’archeologa Daniela Lefèvre-Novaro. L’autore, docente all’Università di Milano-Bicocca, ha già all’attivo diverse pubblicazioni in tema.
In queste pagine, egli muove dall’assunto aristotelico che ciò che è in atto deve essere stato in potenza. Ora, se tutti gli esegeti concordano nel riferire che è possibile parlare dell’attualizzarsi del filosofare, a muovere dal VI secolo a.C., risulta necessario spingere l’indagine ai secoli precedenti per individuare il terreno “potenziale” dal quale la filosofia sarebbe sorta. Grecchi pone, quale fil rouge del proprio lavoro esegetico, questa definizione della filosofia: «un sapere finalizzato alla ricerca della verità dell’intero, caratterizzato da metodo dialettico, avente come fondamento di senso e di valore l’uomo inteso nella sua universalità» (p. 13). Il filosofare si occupa di due contenuti, trascurati dalle scienze, la verità e il bene: è disciplina che richiede una prassi atta a inverare nell’azione virtuosa, le acquisizioni del piano teoretico. Tale era la filosofia nel mondo antico, perciò: «Non può essere casuale […] che la philosophia si sia formata nell’antica Grecia» (p. 17) e non in Oriente, dove mancava il pre-requisito politico e sociale di un tale sviluppo, la polis.
Servendosi di un approccio multidisciplinare, nel quale un ruolo di rilievo è attribuito ai dati archeologici, Grecchi muove a dimostrare che il processo di incubazione del seme filosofico è databile ad un’epoca molto antica: «e in un luogo inaspettato, ossia nel XX secolo a.C. a Creta. Tale radicamento ha influenzato, in maniera determinante, l’intera cultura greca fino all’epoca classica» (p. 16). E se la polis fu l’ambiente che permise al fiore filosofico di manifestarsi in tutto il suo rigoglio, è ancora una volta a Creta che è possibile rintracciare l’origine della città-stato, in particolare alla luce degli studi storici-archeologici di Doro Levi e Henri Van Effenterre. La filosofia è già in fieri nei frammenti dei Presocratici ed è sapere in qualche modo presente, prima che il termine stesso diventi d’uso comune con Platone. Omero ed Esiodo ne avevano contezza, ma essa ebbe il proprio antecedente nella: «Creta dei primi palazzi che costituisce, in terra ellenica, l’esperienza politico culturale più antica di cui conserviamo traccia» (p. 24). L’autore rigetta la consueta lettura dell’età minoica, tendente a vedere nell’isola, in quel frangente storico, il realizzarsi di un sistema monarchico rigido. Al contrario: «La civiltà palaziale […] costituì […] una delle esperienze politico-culturali più comunitarie che siano mai esistite all’interno di tutto il mondo antico» (p. 25).
Nei Palazzi, per la prima volta in Grecia, fu posta in essere una riflessione sull’intero inteso nei suoi tre elementi costitutivi: la natura, il divino e l’umano. Gli uomini di quel tempo decisero come vivere, su quali valori fondare la convivenza civile, si chiesero quali rapporti intrattenere con gli dei e con la natura e, soprattutto, si interrogarono sulla ripartizione di risorse, spazi e beni. Giunsero a: «una elaborata “pianificazione comunitaria” […] Essa fu […] organizzata in maniera tale che tutti contribuissero, in maniera cooperativa, al miglior svolgimento della vita sociale» (p. 29). Il sistema palaziale cretese divenne paradigma dell’intera civiltà ellenica. L’autore rintraccia segni di continuità tra la civiltà minoica e quella micenea e altrettanto rilevanti testimonianze della relazione tra questa e l’epoca classica. L’esperienza politico-sociale di Creta: «con i suoi palazzi che fungevano da centro di coordinamento insieme politico, economico, sociale, culturale e religioso, costituì […] il modello per i secoli a venire» (p. 31), il modello delle poleis classiche, nel cui clima spirituale fiorirono le scuole filosofiche fondate sul co-filosofare e la dimensione dialogica.
Sull’isola, si comprese che il processo economico deve essere affidato alla pianificazione comunitaria, e non lasciato in balia del gioco degli interessi particolaristici. La filosofia non sorse solo di fronte alla meraviglia indotta dall’incontro con la physis, ma fu un tentativo di tacitazione dell’angoscia esistenziale, sorta negli uomini dalla coscienza che le nostre vite sono esposte al pericolo e alla morte. Grecchi, con pertinenza argomentativa, descrive gli aspetti più rilevanti della civiltà minoica, muovendo dal neolitico e facendo rilevare i contributi che essa seppe trarre dall’Oriente, ne loda l’armonia sociale e traccia un quadro chiaro dell’origine della scrittura. Attraversa i secoli che la storiografia ufficiale si ostina a definire “oscuri”, per entrare nelle vive cose dell’opera di Omero. Infine, mostra lo stretto nesso che legava le dinamiche sociali e quelle culturali nelle poleis sorte nell’VIII secolo a. C. in Magna Grecia e Sicilia, dove la filosofia trovò il terreno adatto per sbocciare definitivamente.
Il volume ha il merito di rendere manifesto che l’età contemporanea è strutturalmente antitetica, sul piano economico-sociale, così come dal punto di vista esistenziale, al prosperare della filosofia. Tale sapere, se realmente praticato, in quanto ricerca della vita buona, produrrebbe un’eco dissonate nei confronti dell’Impianto della tecno-scienza, rispetto al quale, invece, le “filosofie” su piazza, svolgono ruolo ancillare. L’analisi, pur innovativa di Grecchi, ci pare trascurare la rilevanza del mito nella nascita della filosofia. Per rintracciare le origini della Sapienza è in quella direzione che è necessario tornare a guardare: allora, dietro l’armonia sociale cretese, si rivelerà il volto conflittuale, caotico della vita. Il volto di Dioniso, dio nato in una spelonca del monte Ida.
Giovanni Sessa