La Dotta Magia nelle opere di Stephen Skinner – Luca Valentini
“Or io affermo esserci magia divina che l’uomo senza grazia di Dio non intende né opera , e questa fu quella di Mosè e d’altri santi gloriosi amici di Dio, che con poca scienza fecero tanti miracoli , obbedendo a loro la natura come a messaggeri di Dio”[1]
Notoria è la tripartizione operata da Tommaso Campanella della Magia in cui tra gli opposti rappresentati dall’opera divina e da quella diabolica, si pone l’arte naturale che spesso si qualifica nelle sue determinazioni stellari, medicali e fisiche. Differentemente da Cornelio Agrippa, che nel suo De Occulta Philosophia, riporta una tripartizione tra la sfera naturale, quella celeste e quella cerimoniale, il sapiente calabrese pone come discrimine tra i vari ambiti dell’Opus Magnum non solo l’ambito di applicazione, ma anche la predisposizione con cui si opera. Se la magia divina o dotta, come la definiremo in seguito, ha una pregnanza specificatamente centripeta, di risveglio del dato microcosmico tramite il contatto con archetipi trascendenti, la sfera naturale è propria volta alla conoscibilità delle medesime forze archetipali occultate nel cosmo, indi una predisposizione centrifuga che, se adoperata “con sapienza”, sempre secondo il Campanella, rende meritevoli dell’ascesa verso “li superi” ovvero verso la dimensione prettamente sovrannaturale. Poi, si presenta esservi la magia diabolica (goeteia), in cui non vi è solo l’utilizzo volontario dell’arte del demonio, ma anche, senza demonio, senza sapienza, con astuzia, l’inganno stregonico dei “cantambanchi in presenza di sciocchi” ovvero ciò che Platone definiva i trucchi dell’indovino randagio, l’άγύρης [2], che va ben oltre la sfera del μάντις, dell’operatore dedito alle pratiche di divinazioni (non troppo ben considerate dallo stesso Platone), caratterizzandosi per i servigi offerti a creduloni possidenti, obnubilati dalla superstizione. Sinteticamente, pertanto, è facilmente intuibile come il termine Magia in sé possa significare tutto e il contrario di tutto, senza che vi sia un preciso orientamento che sappia differenziare ambiti di applicazioni molto differenti tra loro.
A tale compito, negli ultimi anni, con rara competenza d’analisi e profondità documentaria, si è dedicato uno studioso di origine australiana, Stephen Skinner, autore di numerose pubblicazioni dedicate alla cabala, appunto alla magia, a variegate tradizioni del mondo antico. Per il pubblico italiano, è importante segnalare due opere, edite per Venexia Editrice (Roma), che riteniamo debbano essere studiate insieme, per una più approfondita ed organica comprensione della materia: Tecniche di magia greco – egizia (2022) e Tecniche di magia salomonica (2024). Anche se in entrambi i testi non si presentano procedure specifiche di operatività trasmutatoria – che spesso neanche nei manoscritti, nei grimori sono presenti o spesso con indicazioni volutamente limitate -, si esplicita un quadro davvero amplio e con tante preziose informazioni sulla nascita e lo sviluppo della pratica magica nel mondo occidentale, dalle prime testimonianze misteriche inerenti alle tradizioni del bacino del Mediterraneo fino allo sviluppo salomonico insito nella storia prima medievale, poi rinascimentale e poi moderna della stessa.
In Tecniche di magia greco – egizia, lo Skinner conduce un’analisi precisa delle dinamiche che traghettarono le conoscenze ieratiche dall’antico Egitto al mondo ellenico, con una delle disamine più puntuali sui celebri Papiri Magici Greci, il corpus documentario tra i più importanti dell’evo antico, nei suoi rapporti con la tradizione romana, con lo gnosticismo e l’ebraismo:
“I contenuti sono una mescolanza di diverse tradizioni magiche: egizia, greca, copta, gnostica, ebraica e cristiana. Queste tradizioni possono essere facilmente riconosciute in base al genere di creature spirituali o divine che vengono invocate”[3].
Da tale documentazione, schemi ed elenchi molto utili sono riportati sull’uso rituali di erbe, piante, incensi, sulle gerarchie spirituali delle entità con cui il mago interagiva, con informazioni dettagliate sull’aspetto cerimoniale, inerenti ad alcuni strumenti utilizzati o circa la consacrazione di amuleti e talismani. Dettagli similari, trasposti nell’ambito della magia salomonica, è possibile ritrovarli in capitoli specifici del secondo testo dello Skinner in riferimento, con evidenti, palesi e non casuali analogie. L’autore, infatti, pone il variegato corpus documentario della magia greco – egizia (PMG ma non solo), quale fonte primaria della successiva magia salomonica, in processo continuo di aggiornamento, tramite si palesa una linea rossa di continuità liturgica, con innesti di natura ebraico – cristiana, anche volti a sopperire elementi funzionali dispersi nella trasmissione dei manoscritti:
“Il cerchio protettivo è un tema ricorrente nella storia della magia, dall’epoca mesopotamica fino ai giorni nostri, ma solo con la magia salomonica che viene imposta in via definitiva l’iscrizione dettagliata dei nomi di divinità e angeli all’interno del cerchio, diventando certamente una parte essenziale dei grimori bizantini e dell’Europa occidentale”[4].
Al di là dei dettagli, alcune costanti nelle due opere possono essere segnalate e contribuiscono a suffragare tutta l’importanza che questi studi dello Skinner devono ricoprire per chiunque sia appassionato ma saggio indagatore delle scienze esoteriche. Nella tradizione magica occidentale, nei PMG, convivono operatività diverse, finalità diverse e predisposizioni diverse, che, se per omogeneità ermeneutica vengono ricomprese unitariamente, impropriamente vengono spesso accumunate, proprio per quella schematizzazione di Campanella precedentemente riportata. Se la Magia è l’arte di produrre cambiamenti tramite l’intervento di entità spirituali[5], essa si differenzia in base alla “sapienza” con cui viene esercitata e che separa gli strumenti di pura divinazione o di bassa stregoneria, da una cerimonalità Dotta, volta al conseguimento di specifiche qualificazioni spirituali ed interiori, in un preciso rapporto gerarchico tra entità invocate e realizzazioni conseguite. Se come indicava sempre Platone nell’Alcibiade Primo, la magia è essenzialmente il culto verso gli Dei praticato dai Re Persiani, è comprensibile la differenziazione operata dall’autore tra Magia Dotta e forme inferiori e spurie di stregonerie. Lo Skinner ripropone l’opposizione già operata da Evola tra Alta e bassa Magia[6], una Magia Dotta che si contrappone escatologicamente sia alla magia popolare sia alla stregoneria:
“Oltre ad eliminare la divinazione dalla nostra disamina, vorrei escludere la cosiddetta ‘magia di paese’ , ‘bassa magia’ o ‘magia popolare’, simboleggiata dai ‘fattucchieri’ e dagli ‘stregoni’ hoodoo….La magia dotta è molto meglio documentata, visto che in genere era praticata in ogni cultura dai membri colti della classe dominante o di quella sacerdotale. La magia popolare invece, per sua stessa natura, è stata trasmessa oralmente, spesso da praticanti incolti”[7].
Ivi si palesa uno dei cardini dell’Opus Magnum ovvero la dignificazione del mago[8], come specificato da Agrippa nel suo libro III dedicato alla magia cerimoniale, e che ci aiuta a comprendere tutta la valenza di quel “con sapienza” di Tommaso Campanella. Tutto ciò che lo Skinner riporta nelle descrizioni delle procedure preliminare inerenti alla magia salomonica[9] conferma quanto nell’arte trasmutatoria si debba necessariamente procedere conoscendo non solo tempistiche e strumenti rituali, ma soprattutto affinando la propria sensibilità sottile grazie ad un vero e proprio addestramento animico, volto alla somiglianza cosmica tra operatore ed entità da invocare – evocare, perché se è vero che è il mago a caratterizzare il rito e non il contrario, è anche vero che i Numi si confidano solo con i loro simili. E in tal senso, l’addestramento docetico si specifica essere la pitagorica palestra spirituale che consente anche la giusta vocalizzazione e la giusta respirazione nella pronuncia dei Nomina Magica:
”Ecco ciò che Orfeo chiama le chiavi che aprono le porte degli elementi e dei cieli, per permettere all’uomo di penetrare nel mondo superceleste e alle intelligenze celesti e ai demoni degli elementi di scendere verso lui”[10].
In ciò, forse si esplicita un limite della ricerca dello Skinner che, nell’ambito della propria esemplare disamina, nel dimostrare una linea di continuità tra PMG, Hygromanteia e Clavicula Salomonis, reputa che il sapere magico si sia perpetuato per un mero passaggio di manoscritti e documenti, e non anche e soprattutto per un insegnamento non verbale, senza l’ammaestramento al quale ogni singolo grimorio costituisce un mero carteggio di letteratura esoterica, senza alcuna valenza operativa.
Inoltre, un grave fraintendimento dell’autore si evidenzia quando egli si accosta ad esaminare l’ambito spirituale romano[11], specificando erroneamente come siano da intendere l’invocazione e l’evocazione. Contrariamente a quanto sostiene lo Skinner, l’invocare (da in – voco, chiamo a me) determina una condizione di dualità ancora presente tra mago ed entità, di passività e ricettività, a differenza dell’evocazione (ex – voco, chiamo fuori di me), in cui lungi da essere una mera chiamati di spiriti dei morti e demoni, il mago, come il sacerdote romano, chiama a raccolta quella trascendente unità tra microcosmo e macrocosmo ed dove il lare costituiva l’antenato divinizzato di una gens, e non un mero spirito di un defunto[12] – i Lares Augusti erano entità tutelari dell’Imperatore e dello stesso Impero – e la divinità tutelare l’espressione inconoscibile e arcana dell’Urbe stessa. I Numi si mostrano per identità, ognuno si identifica con ciò che è nella propria coscienza profonda. Non casualmente infatti il carmen evocationis, come riporta Macrobio[13], era inserito nel mos vetustissimus, Romanus, arcanus, multis ignotus e annoverato tra gli occultissima sacra[14]:
“E’ il centro di ogni centro, il simbolo di ogni simbolo, l’essenza di ogni essenza”[15].
I testi dello studioso inglese, in conclusione, costituiscono riferimenti essenziali e di pregio per tutti coloro che si vogliano accostare alle diversificate modalità dell’arte magica – e di ciò va tributato il pieno merito a Venexia Editrice per la pubblicazione -, pregustandone la parte più nobile, quale Opus dei Saggi, non confinata a quel sottobosco faunesco che imperversa nel mondo del neospiritualismo contemporaneo, ove alla democrazia dell’esoterico, quale palese ossimoro di chi vuol diventare mago al supermercato dell’occulto, si staglia e differisce la figura archetipale di Salomone, come osserva acutamente l’autore, simbolo, non solo ebraico ma universale, di come la Dotta Magia sia riservata a coloro che patendo come Prometeo hanno conosciuto la severità, la disciplina e l’eros che conducono alla philia con il Divino, quale autoemanazione di sè stessi [16].
Note:
[1] Tommaso Campanella, Del senso delle cose e della magia, Editori Laternza, Bari 2007, p. 165.
[2] Platone, Repubblica, 364b
[3] Stephen Skinner, Tecniche di magia greco – egizia, Venexia, Roma 2022, p. 54.
[4] Stephen Skinner, Tecniche di di magia salomonica, Venexia, Roma 2024, p. 194.
[5] Stephen Skinner, Tecniche di magia greco – egizia, op. cit., p. 10ss.
[6] Julius Evola, Maschera e Volto dello spiritualismo contemporanee, Edizioni Mediterranee, Roma 1990, p. 188.
[7] Stephen Skinner, Tecniche di di magia salomonica, op. cit., 13ss.
[8] CORNELIO AGRIPPA, La Filosofia Occulta o la Magia, Edizioni Mediterranee, Roma 2008, vol. II, p. 169. :”Ecco ciò che Orfeo chiama le chiavi che aprono le porte degli elementi e dei cieli, per permettere all’uomo di penetrare nel mondo superceleste e alle intelligenze celesti e ai demoni degli elementi di scendere verso lui”.
[9] Stephen Skinner, Tecniche di di magia salomonica, op. cit, p. 160ss.
[10] CORNELIO AGRIPPA, vol. II, op. cit., p. 334.
[11] Stephen Skinner, Tecniche di di magia salomonica, op. cit, p. 27 – 8,
[12] Si veda il nostro saggio Il Lar Victor e la sublimazione dei Mani: i Numina nella Sapienza Ermetica Romana, in Politica Romana n. 10, Lucca 2018, p. 89ss.
[13] Macrobio, Saturnalia, III, 9, 1 – 2.
[14] Giorgio Ferri, Tutela segreta ed evocatio nel politeismo romano, Bulzoni Editore, Roma 2010, p. 33.
[15] O. dè Rampazi, Essere un uomo – l’autorealizzazione nella condizione umana secondo gli insegnamenti di Julius Evola, Edizioni Settimo Sigillo, Roma 1998, p. 150.
[16] Giamblico, I Misteri Egiziani, Libro I, 16-20:”…ciò che è divino in noi, intelligente o intelligibile, si risveglia allora chiaramente nelle preghiere, e, risvegliandosi tende distintamente a ciò che gli è simile e si unisce con la perfezione in sé”.
Luca Valentini