Antitesi tra dialettica del politicamente corretto e lingua taumaturgica –
Il simbolismo dei Solstizi – Stefano Mayorca
Il Sole immortale nasce, feconda e dissipa il buio. La sua forza vitale conferisce rigenerazione e rinascita. Il simbolismo dei solstizi si fonde con i miti solari e stranamente non coincide con il carattere generale delle stagioni corrispondenti. Anche in questo caso sono presenti all’interno di queste manifestazioni due aspetti opposti, luminosi e oscuri. Il solstizio d’inverno, infatti, apre la fase ascendente del ciclo annuale, il solstizio d’estate, invece, apre la fase discendente. Di qui il simbolismo greco-latino delle porte solstiziali, rappresentato dalle due facce di Giano e successivamente dai due San Giovanni, invernale ed estivo.
Appare chiaro, da questo punto di vista, che la porta invernale introduce alla fase luminosa del ciclo e la porta estiva alla fase oscura. Non bisogna sottovalutare a riguardo, che la nascita di Cristo si determina nel solstizio d’inverno e quella del Battista durante il solstizio d’estate, come recita la formula evangelica:
“Bisogna che egli cresca e io decada” (Giovanni, 3, 30).
Nella simbolica cinese il solstizio d’estate corrisponde al trigramma Li, al fuoco, al Sole, alla testa. Il solstizio d’inverno, viceversa, è legato al trigramma K’an, all’acqua, all’abisso, ai piedi. Il primo è l’origine della decadenza del principio Yang, il secondo l’origine della sua crescita. Nell’alchimia interna la corrente di energia sale da K’an a Li, discende da Li a K’an. Si dice anche che la linea Yang del trigramma K’an tende a spostarsi verso il trigramma Ch’ien che configura il puro Yang, la perfezione attiva. Mentre, a sua volta, la linea Yin di Li tenda verso K’un, il puro Yin, la perfezione passiva. Nel primo caso si tratta di un movimento ascendente, nel secondo di un movimento discendente.
In altri ambiti, il solstizio d’inverno è connesso con il regno dei morti e segna la loro rinascita. L’Oltretomba in questo caso è associato alla gestazione, al parto, allude al tempo favorevole per il concepimento. In modo analogo, nella tradizione indù, il solstizio invernale apre la devàyana, la via degli dèi, e il solstizio estivo la pitri-yana, la via degli antenati, corrispondenti alle porte degli dèi e degli uomini del simbolismo pitagorico. Anche nell’iconografia cristiana il solstizio incorpora interessanti funzioni.
Il solstizio d’estate segna l’apogeo del corso solare: il Sole è allo Zenith, nel punto più alto del cielo. Questo giorno è stato scelto per celebrare la festa del Sole. Poiché il Cristo è paragonato al Sole, viene rappresentato dal Cancro solstiziale. Di qui deriva tutto il simbolismo del Cristo governatore del tempo. Tutte queste considerazioni si raccordano al mito di Apollo, e interagiscono con il simbolismo espresso dal Santuario di Delfo e dalla Sibilla. Apollo, è da considerarsi uno degli dèi più importanti dell’Olimpo greco, quasi quanto lo stesso Zeus. Il mito di questo dio solare è intimamente legato a quello di Artemide, che nonostante le differenze costituite dal sesso mostrava un carattere parallelo al suo. Entrambe le divinità risultano distaccate e inavvicinabili, promanando un che di misterioso, capace di incutere un timoroso rispetto. Tutte e due prediligevano l’arco, e le loro frecce, lanciate da lontano, avevano la caratteristica di conferire una morte dolce, senza sofferenze.
Uno dei nomi coniati dai poeti per questa divinità di luce era: Lungisaettante, che ben calza al dio solare.
Si narra nella leggenda che parla del dio, che Apollo e Artemide per una metà dell’anno si ritirassero nel favoloso e remoto paese degli Iperborei (la cosiddetta apodemia o migrazione), dove abitava un popolo sacro che non conosceva né malattia né vecchiaia, né fatiche né lotte. Da questo luogo incantato, sul suo carro tirato da cigni, Apollo ritornava a Delfo, in concomitanza con la stagione degli usignoli, delle rondini e delle cicale. Nella spiegazione di questo mito rinveniamo la ciclicità che sottende al ritorno e al passare dell’estate, ponendo in rilievo quel senso di “lontananza”, propria ad Apollo. Il dio di luce incarna l’autocontrollo, l’autoconoscenza, l’equilibrio interno e la misura (“Conosci te stesso”). E’ dunque colui che concede la purificazione, l’espiazione che segue al male perpetrato volontariamente o involontariamente. Egli è il dio risanatore e guaritore, che cura tanto le malattie di ordine fisico, quanto gli squilibri interiori e i disordini psichici. In veste profetica si esprime raramente e quando ciò accade parla per interposta persona, per esempio servendosi di veggenti come Calcante, Cassandra e naturalmente le Pitonesse. Dio della musica -espressione più pura dell’ordine armonioso- Apollo allietava i banchetti degli dèi suonando la sua divina lira. Capo delle Muse (o Musagete), era in grado, con le sue melodie, di far dimenticare agli uomini le fatiche quotidiane.
Esiodo descrivendo il dio aureato così scriveva:
“Dalle Muse e da Apollo lungisaettante discendono tutti i cantori e citaristi”.
Apollo veniva raffigurato sotto l’aspetto di un bellissimo giovane nudo, oppure con il busto coperto da una clamide. Le sue raffigurazioni non lo ritraggono mai seduto, perché stanchezza e pigrizia sono aspetti lontani dal suo essere divino. I Romani lo veneravano sotto le spoglie di Esculapio (nel mito figlio di Apollo) dio della Medicina. A Roma, dunque, veniva considerato protettore della salute, ma anche dio della divinazione, arte per la quale il popolo romano mostrava una certa predilezione. Il culto apollineo giunse a Roma presumibilmente attorno al 500 a.C. E nel 212 a.C. vennero instituiti in suo onore i giochi detti Ludi Apollinares. Tra gli altri epiteti che riguardano il dio solare, troviamo: Febo, Abreo, Abroto, Agieo, Cinzio, Delio, Licio, Parnopio, Smintèo, Targello. Le connessioni con Apollo sono palesi e vanno ricondotte all’astro diurno quale dispensatore di vita e fecondità. Il Santuario di Delfo, dunque, era il luogo sovrano dove la Luce, sorgente vitale, si manifestava copiosamente, apportando salute e calore. La Sibilla, ancella e sacerdotessa, Pitonessa e Pizia, Profetessa e veggente, parlava per bocca del dio, l’Aureo Apollo, consegnando dal mondo sacrale del santuario responsi e vaticini a coloro che cercavano risposte.
Nel silenzio del pertugio divino, assorta tra gli incensi sacri, la Sibilla si estraniava per entrare nel mondo delle cause.
– Stefano Mayorca –
Riproduzione Riservata, già pubblicato sul Giornale dei Misteri, Agosto 2011