Antitesi tra dialettica del politicamente corretto e lingua taumaturgica –
Il serpente e la croce: una storia della gnosi – Giovanni Sessa
Di gnosi, antica e moderna, si è molto discusso. Di più, la categoria di “neo-gnosticismo” è diventata un riferimento imprescindibile, al fine di spiegare la drammatica storia del secolo XX. Nell’ultimo periodo, le cronache giornalistiche seguite al decesso di Roberto Calasso, direttore della Adelphi, hanno riaperto il dibattito in tema, tenuto conto del tratto “gnostico” che taluni hanno voluto attribuire alla casa editrice milanese. E’ora a disposizione del lettore un interessante volume di Paolo Riberi, Il serpente e la croce. Duemila anni di gnosi: dai vangeli apocrifi ai Catari, da Faust ai Supereroi, comparso nel catalogo Lindau (pp. 334, euro 24,00), che fa chiarezza in tema. Non si tratta, come sostiene opportunamente Domenico Devoti in prefazione, di una semplice ricostruzione filologica ed organica della storia della gnosi, in quanto: «non ultimo intendimento (dell’autore) è […] il cercare di cogliere il volto perennemente vivo […] di eventi, mentalità e realtà che si radicano nel lontano passato» dello gnosticismo (p. 5).
Lo gnosticismo, a dire di Riberi, è: «fenomeno filosofico-religioso di matrice esoterica che, a partire dai vangeli apocrifi, ha esercitato una profonda influenza sull’umanità intera» (p. 24). E’ possibile definirlo “quarta grande religione” ora dimenticata, in quanto la gnosi non assunse mai il ruolo di credo istituzionalizzato, non fu mai chiesa. Tale constatazione lascia comprendere il tratto eterogeneo che ha contraddistinto l’evolversi delle sette gnostiche, che non condivisero un patrimonio ideale definito. La stessa condizione, vivevano, al tramonto del mondo antico, anche i cristiani, i quali pervennero solo attorno al IV secolo d.C. a stabilizzare la propria visione del mondo. A partire da quella data, gli gnostici vissero nell’ombra. Stando ai loro Vangeli, ritrovati da due beduini nel 1945 nei pressi del villaggio egiziano di Nag Hammadi in una giara e raccolti in tredici volumi scritti in copto, Gesù avrebbe trasmesso due diverse dottrine: «una pubblica […] e coincidente con il cristianesimo, e una segreta, trasmessa solo ad alcuni prescelti – Giacomo, Tommaso, Maria Maddalena, Salomè e Giuda – e destinata a un ristretto numero di eletti» (p. 26). Il tratto essoterico del cristianesimo, ricorda Riberi, lo si evince dal linguaggio, piano e divulgativo, dei quattro vangeli, quello esoterico, proprio degli gnostici, dai loro scritti ricchi di simbologia e astrazioni teoriche di non immediata comprensione.
La concezione gnostica è riducibile ad un dualismo radicale, centrato sul disprezzo del corporeo, del materiale. Il mondo terreno è connotato dall’eterno cambiamento. In esso ogni cosa è destinata a patire e a morire. D’altro lato vi è la realtà dello Spirito, mondo luminoso, eterno e perfetto. Due i mondi, due i sovrani: la realtà inferiore è retta da un demone (Demiurgo, Primo Arconte) invidioso del Dio vero, che è signore del regno dello Spirito. L’uomo spirituale, colui che ha in sé, nonostante la prigione del corpo, la scintilla divina, può liberarsi dal dolore procuratogli dalla vita mondana: «soltanto mediante la Conquista della Conoscenza segreta, rivelata dal serpente e da Gesù» (p. 32), sottoponendosi ad un processo di continuo auto-perfezionamento. Molte sette gnostiche ritenevano, infatti, che la Conoscenza salvifica fosse stata rivelata a Eva dal serpente nell’Eden. Per questo, molti li chiamavano “ofiti”. Queste sette respingevano l’idea: «che Dio abbia salvato l’umanità mediante la sofferenza terrena del suo Figlio incarnato» (pp. 31-32) e morto in croce. Solo il risveglio dal torpore e dall’inconsapevolezza in cui gli uomini sono avvolti alla nascita, può condurre alla liberazione. Sotto il profilo dell’esegesi dei testi biblici, mentre: «la chiave di lettura cristiana tende ad appianare gli elementi problematici della Bibbia ebraica […] I vangeli gnostici […] fanno esplodere queste contraddizioni, proponendo una rilettura rivoluzionaria […] così da rovesciarne sistematicamente l’interpretazione» (p. 47).
La sopravvivenza carsica della gnosi nella storia d’Occidente è ben simbolizzata proprio dal serpente, animale la cui vita si rinnova attraverso la “muta”, il cambio periodico della pelle. Le esigue minoranze aderenti a tale setta hanno saputo, di epoca in epoca, rinnovarsi mantenendo intatta la propria identità culturale. Ecco, così, Riberi attraversare e discutere i presupposti teorici delle “quattro vie della gnosi” e soffermarsi su personaggi quali Mani, Ermete, i neoplatonici di età ellenistica, i mistici giudaici, la cui azione ha influito sul patrimonio ideale della gnosi. Per non parlare della trattazione organica e persuasiva dei tratti gnostici riemergenti nel bogomilismo, nel catarismo (si pensi a riguardo al rito dell’endura, consistente nel lasciarsi morire d’inedia per liberare l’anima dal corpo), negli ismailiti, nonché nell’Accademia neoplatonica di Careggi e in artisti e letterati di varie epoche.
Nell’ultimo capitolo, il nostro autore si occupa della presenza della gnosi nella società contemporanea, sostenendo che essa ha trovato accoglienza nella cultura pop, nella fantascienza, in certe forme musicali e finanche nei Supereroi. Emblematico il caso dello scrittore Philip K. Dick, autore di Ubik e di Valis che, dapprima, si è avvicinato a forme disparate di esoterismo e, successivamente, ha abbracciato lo gnosticismo: «I suoi mondi fantastici […] sono popolati da esseri ibridi […] alla costante ricerca dell’illuminazione e della libertà» (pp. 10-11), in un’inedita simbiosi di gnosi salvifica e cibernetica. Tale commistione riemerge anche nella cinematografia contemporanea, nella trilogia di Matrix. Da essa si evince quel senso di angoscia che caratterizzò la fine del mondo antico, ma che è riemerso prepotentemente alle soglie del secolo XXI. In questo senso, lo gnosticismo mostra il tratto di cartina al tornasole della crisi. Lo si comprende, ricorda Riberi, anche dal fenomeno musicale dell’heavy metal, nei pezzi dei Black Sabbath e dei Judas Priest. In essi, l’esoterismo acquisisce spesso tratti satanici: «questo tipo di musica trova in molti temi dell’immaginario gnostico precise corrispondenze dei propri vissuti […] di ingiusta condizione di vita» (p. 13). Più vicino alla tradizione gnostica antica risulta essere il gruppo musicale tedesco dei Blind Guardian.
La gnosi si affaccia anche nei fumetti di Alan Moore, Marv Wolfman e Grant Morrison. Moore si proclama “moderno gnostico”, seguace del dio-serpente Glicone. L’apocalittica gnostica connota di sé il notissimo fumetto di Wolfman e Pèrez, Crisi sulle terre infinite. In esso, supereroi quali Batman e Superman: «sono chiamati a difendere il multiverso da una minaccia di distruzione globale» (p. 16). Certo, la gnosi è sopravvissuta carsicamente nella modernità. Guardando bene le cose, tanto il serpente gnostico quanto la croce cristiana, hanno espresso, in modalità diversa, la stessa visione della realtà. Il mondo è male, deve essere redento! Chi scrive ritiene si debba, al contrario, per essere “fedeli alla terra”, tornare a guardare alla physis quale unica trascendenza possibile.
Giovanni Sessa