Il Rituale Mitraico quale costruzione del Sè – Umberto Bianchi
Quando usualmente si adopera il termine “rito”, bisognerebbe sempre cercare di andare a fondo dell’etimo del termine, per comprenderne sino in fondo le relazioni con la realtà a cui cisi riferisce. Il termine “Rito”, che trova le proprie origini nel sanscrito “Rtah/Dar ordine (al mondo)”, può esser considerato l’espressione del consolidamento e della continuazione di una determinata consuetudine, umana, rivolta sia alla sfera politica, economica, sociale, che a quella del sovrannaturale. Se per alcuni autori, la radice prima del rito sta nel sentire religioso, per altri invece, è unicamente dalla sua funzione di atto rivolto all’ambito prettamente sociale che deriva, invece, la sua applicazione all’ambito religioso.
A detta di studiosi quali il De Martino ed Emile Durkheim dalla religione deriva anche la funzione sociale di questo. Per A. Van Gennep, invece, il rito possiede una primaria funzione sociale, che solo posteriormente, assume una connotazione religiosa. L’ambito religioso, a sua volta, conosce una doppia sfera di applicazione dell’azione rituale, di cui una rivolta ad un ambito prettamente legato alla sfera liturgico-devozionale, nella quale l’azione rituale è volta a riconfermare e consolidare le linee-guida dei propri aspetti ufficiali (exoterici). Vi è poi un secondo ambito all’interno dell’azione religiosa, legato, invece, ai suoi aspetti più prettamente esoterici (laddove ve ne siano, è chiaro…). Quella di Mithra, può esser considerata una di quelle particolari forme di religiosità che, nel possedere ambedue le valenze a cui abbiamo poc’anzi accennato, si fa portatrice di sviluppi del tutto inusitati rispetto ad altre consimili forme.
Nel parlare del Mitraismo dovremmo, anzitutto, prenderne in considerazione il particolare ambito di crescita e sviluppo, che trova il proprio momento apicale in quel complesso ed articolato fenomeno, rappresentato dall’Ellenismo. La genesi di questa particolare forma di religiosità, va rinvenuta nel pantheon indo-iranico, in cui Mithra si presenta quale divinità a tutela dei patti e dei legami, accanto a Varuna, invece inteso in una veste di giustiziere, assumendo anche la valenza di protettore delle mandrie. Successivamente, con l’arrivo dell’età ellenistica, il Mitraismo estenderà la propria area di influenza dall’ambito indo iranico, direttamente a quello romano, senza passare per la Grecia. L’unica testimonianza di una presenza di questo culto, in un’area adiacente a quella ellenica, sarà nella località anatolica di Doura Europos (nell’attuale Siria) e nel complesso archeologico di Nemruth Dhag, presso la tomba di Antioco III di Siria. Come il culto del dio indo iranico sia arrivato a Roma è, ad oggi, un mistero. Forse portato da schiavi e servi provenienti dalla Cilicia o da quegli stessi pirati, dal console Caio Mario combattuti in Età Repubblicana, o da comunità straniere di cultura ellenistica, insediatesi in Roma in Età tardo-repubblicana, per l’appunto. Fatto sta che, in Roma il culto assume una particolare valenza misteriosofica, ad esso precedentemente sconosciuta. Imperniato tutto sul motivo del giovane Dio Mithra petrogenito (cioè nato dalla pietra) che, intento ad inseguire il toro primordiale, sotto richiesta della divinità solare, cattura l’animale in un antro ove questi si era rifugiato e riportatolo all’aperto lo sacrifica, afferrandolo per le froge del naso e alfine, squarciando il collo di quest’ultimo, sotto gli occhi del Dio Sole, di due dadofori e di un corvo.
Tra le svariate versioni del mito, Mithra affronta il Dio Sole e lo sconfigge. Il Sole allora stringe con lui un patto di alleanza donandogli la corona raggiata. In un’altra impresa, Mitra cattura il Toro e lo conduce in una caverna, ma il Toro fugge e il Sole, memore del patto, manda al Dio un corvo messaggero con il consiglio di ucciderlo. Grazie all’aiuto di un cane, Mitra raggiunge il Toro, lo afferra per le froge e gli pianta un coltello nel fianco. Dal corpo del toro nascono tutte le piante benefiche per l’uomo, dal midollo nasce il grano e dal sangue la vite. Ma Ahriman Dio del Male, invia un serpente e uno scorpione per contrastare questa profusione di vita. Lo scorpione cerca di ferire i testicoli del toro mentre il serpente ne beve il sangue, ma invano. Alla fine il Toro ascende alla Luna dando così origine a tutte le specie animali. Così, Mithra e il Sole suggellano la vittoria con un pasto che rimarrà nel culto con il nome di Agape. Sovente, Mithra è anche descritto come un uomo nato, o rinato, da una pietra, definita quale Petra Genitrix, o Petra Virginis, intorno alla quale è attorcigliato il primordiale serpente “Ouroboros”.
La tradizione per la quale Mithra sarebbe nato da una vergine, vede nella pietra di cui sopra, l’ “onphalos”, quale “ombelico del mondo”, o della Grande Madre Terra, che è poi la medesima cosa. A Preneste infatti, abbiamo un Mithra infante che sta su una roccia a rombi: l’onphalos a rete come la pelle di serpente. Nella propria iconografia, Mithra è frequentemente associato a Varuna, insieme al quale personifica i due aspetti del cielo, diurno e notturno, nonché l’ordine cosmico e umano: Varuna punisce i malvagi e i trasgressori, mentre Mithra è protettore della giustizia e dei patti, del bestiame (cui garantisce buoni pascoli) e degli uomini giusti. Oltre agli aspetti celesti e solari la sua originaria personalità connessa con la giustizia assunse anche una connotazione cosmogonica e soteriologica, mirante cioè alla salvezza dell’uomo. Oltre alle proprie varie versioni, come tutte le narrazioni mitologiche, anche quella del mitraismo, si presta a varie interpretazioni e letture.
Tra queste, una di tipo astronomico, proposta da David Ulansey, osserva che tutti i personaggi che compaiono nel mito corrispondono a costellazioni: Mithra sarebbe associato con Perseo, la cui costellazione si trova al di sopra di quella del Toro. Ma un motivo del genere, non può interamente giustificare un mito. E’ come asserire che Cristo con i 12 apostoli sia un’allegoria del sole e le 12 costellazioni. Sempre secondo un’altra di queste interpretazioni, sempre di valenza astronomica, il Mitraismo affonderebbe le proprie radici dal motivo della scoperta della “precessione degli equinozi” da parte di Ipparco di Nicea, nella quale Mithra sarebbe la potenza celeste che causa il fenomeno. Il culto di Mithra simboleggerebbe la forza del Sole all’uscita dell’Equinozio di Primavera dalla costellazione del Toro verso la costellazione dell’Ariete, avvenuta nel XIX secolo a.c. La morte del toro genera la vita e la fecondità dell’universo, il quale rappresentando pure il segno di Venere, mostra come l’astro con la sua energia, rigenera la natura. In effetti, in molte rappresentazioni della tauroctonia (uccisione col toro), sono compresi anche i simboli del Sole, della Luna, dei sette pianeti, delle costellazioni zodiacali, dei venti e delle stagioni.
Ma anche qui, va osservato che non si può adorare un Dio, in base alle semplice osservazione di un fenomeno, come quello della “precessione degli equinozi”, che in pochi sanno cosa sia (spostamento dei segni zodiacali per il movimento della Terra che fa cambiare molto lentamente l’orientamento del suo asse di rotazione rispetto al cielo zodiacale). In passato, il Turcan ha posto delle forti obiezioni alla visione “astronomica” del Mitraismo, così come rappresentataci dall’Ulansey, osservando che la suddetta precessione non avrebbe affatto impressionato le menti dei popoli che la poterono osservare.Dal canto suo egli ha preferito attenersi alle steli a figure multiple del tipo retico-renano dalle quali emergerebbe il racconto di una vera e propria storia del mondo che cominciata con Aiôn leontocefalo-Saturno, finisce con il suo ritorno. In mezzo, l’intervento di Mithra. Da tutto ciò Turcan ricava che quella del mitraismo è la religione dell’eterno ritorno.
Ulansey ha ulteriormente precisato che nel dio del mitraismo andrebbe riconosciuto il sole iperuranio dei platonici, forza che non può essere contenuta nella caverna cosmica dalla quale erompe e la governa, quasi un dio eroico con il potere di sovrastare e di invertire il corso degli astri. Se dietro il toro si celasse Saturno-Aiôn la tauroctonia corrisponderebbe al mito del sacrificio primordiale, con il quale si dà inizio all’ordine cosmico.Tuttavia alcuni studiosi hanno ritenuto che Mithra si ponga in contrasto non tanto con Crono-Saturno quanto con Ahriman, dio di questo mondo, e nella figura con la testa di leone circondata da segni zodiacali hanno preferito vedere quest’ultima potenza. Naturalmente, una simile lettura comporta che l’uccisore del toro (saturnino) sia quella di Ahriman.
Come abbiamo già avuto modo di osservare all’inizio del nostro scritto, al di là del motivo mitopopietico, il mitraismo si offre in una doppia natura: devozionale-liturgica, da una parte e più spiccatamente iniziatica dall’altro. A detta di vari studiosi come Dieterich, Mead e Cumont a prevalere, nel mitraismo, sarebbe proprio il primo aspetto. Mentre per il secondo aspetto, andrebbe presa in considerazione un’altra serie di aspetti, il primo dei quali è legato a quella simbologia astrale che, strettamente collegata al mito ci riporta continuamente al numero sette ed al suo continuo esser associato ai vari aspetti del mito. Il numero sette è pertanto, associato ai gradi di iniziazione, ai pianeti ed ai metalli ad essi collegati, in una determinata progressione alchemico-astrologica. Difatti, secondo alcune versioni del mito, a ogni grado era associata una porta, una sfera planetaria, un giorno della settimana e un metallo. Le varie versioni a volte differiscono per l’associazione dei pianeti. Il tutto senza dimenticare la forte valenza simbolica data dalla presenza dei due dadofori, gli eroti Pates e Cautopates, rispettivamente portanti una fiaccola tenuta verso l’alto, da parte del primo e verso il basso, da parte del secondo e rispettivamente rappresentanti l’inizio e la fine del ciclo vitale, associato a quello solare. La luna stessa, è qui a simboleggiare la presenza dell’elemento acqueo e femminino in una forma di simbiotico contrasto con la divinità solare.
A conferire, però, un carattere iniziatico all’intero mito mitraico, sarà Julius Evola, nell’interpretazione che, su “Ur” del 1927. Nell’analizzare l’ Apathanatismòs, il papiro Magico di Parigi, l’unico testo di un rituale dei Misteri Maggiori, pervenuto intero sino ai giorni nostri, Evola sottolinea i limiti e gli errori rappresentati da un’interpretazione esclusivamente “liturgica” del rito, al pari di una sua interpretazione esclusivamente “magica”, ovverosia agente sul mondo esterno. Al di là dell’aspetto puramente liturgico, la reale natura del mitraismo, sarebbe quella di teurgico rituale di perfezionamento e realizzazione del “Sè”, (Ur 1927) sino alla sua elevazione verso la dimensione del sovrannaturale. Scopo questo, da realizzarsi attraverso nove passaggi o “Lògoi” che, via via, porteranno il miste alla propria palingenesi, attraverso una serie di passaggi, consistenti in invocazioni, “parole di potenza”, sovente salmodiate e veri e propri esercizi di respirazione , tramite inspirazioni ed espirazioni ritmate.
Ed anche qui, andrebbe sottolineato il particolare significato che al termine “Logos-pl.Lògoi” viene qui conferito. “Logos/Ragione”, in ambito filosofico assume il particolare significato di ultima ratio, di senso ultimo e recondito che presiede all’intero ordine cosmico. Nell’ambito che stiamo trattando, pertanto, i “Lògoi” altro non sono che i significati reconditi dei vari stadi dell’Essere che, nel suo percorso iniziatico, il miste deve attraversare. Lo stesso ripetere il suono del mugghiare da toro, da parte dell’adepto, è qui inteso quale vero e proprio “mantra”. L’apparizione e l’espansione del disco solare, così come raffigurato nel testo mitraico, altri non è che la rappresentazione dell’espansione della coscienza del miste che, intimamente legata ad una dimensione di “solare” pienezza va, ad ogni stadio attraversato, completandosi e perfezionandosi. Le figura delle sette dee e dei sette dei, così come appaiono nel testo mitraico, ricollegati al continuo comparire del numero 7, altro elemento dalla potente valenza simbolica, sono lì a conferire una garanzia di maggior efficienza e potenza all’intera azione dell’iniziando.
Scopo ultimo e recondito del rituale mitraico quindi, è quello di elevare il praticante ad una dimensione di espansione e potenziamento “solare” della coscienza tale, da fare di quest’ultimo un nume. Questo, proprio a causa del raggiungimento di quella dimensione del sovrasensibile, rappresentata dal superamento della semplice dimensione egoica, in favore del raggiungimento e completamento di quell’ “Io” sovrasensibile, ( l’Atman degli Indù, sic!) che trova la sua miglior definizione nel termine “Sè”, inteso nel senso di pienezza e realizzazione di un determinato percorso iniziatico. Il Mitraismo finisce con l’assumere, quindi, la valenza di una pratica in grado di operare anche e specialmente, sugli aspetti psichici più reconditi della nostra personalità. Il motivo dell’uccisione del toro (tauroctonia) nel rappresentare la vittoria dell’elemento solare e razionale sulle forze del Chaòs cosmico, in quello che può esser considerato un ambito macrocosmico, può esser tranquillamente letto quale eliminazione o escissione dell’elemento più infimo della nostra personalità, legato ad un’accezione puramente e brutalmente legata ai sensi, in tal modo determinando la vittoria di quello che può esser tranquillamente definito quale l’elemento “solare” e raziocinante più puro della nostra psiche, portando quest’ultima ad avvicinarsi via via alla dimensione del sovrasensibile.
Quello dell’uccisione o sacrificio primordiale, è un motivo presente in un po’ tutti i mitologemi del mondo tradizionale, a partire dal mesopotamico motivo del sacrificio della mostruosa Tiamat, passando per lo scandinavo mito del sacrificio del gigante Ymir, sino alla lotta di Zeus contro i Titani, passando anche attraverso il motivo dei mitici gemelli Castore e Polluce, Romolo e Remo e via discorrendo. Un motivo che sottintende sicuramente la vittoria del lato numinoso della psiche su quella negatività che però, ad essa deve esser necessariamente associata,nel nome di una perenne interazione e simbiosi tra positivo e negativo, tra luce ed ombra. Rispetto ai motivi a cui abbiamo precedentemente accennato, il Mitraismo porta a maggior compimento e raffinamento la propria valenza misterica e formativa, durante quel periodo di sincretistiche rivisitazioni, rappresentato dall’Ellenismo. La stessa immagine della caverna, all’interno della quale si svolge la tauroctonia, rappresenta l’oscura e limitante dimensione dell’ “Io”, da cui si fuoriesce solo attraverso il recupero della dimensione “solare” del “Sè”, della quale il sacrificio costituisce l’atto principiale. Il Mitraismo sta quindi lì, con il suo fascino, ad indicarci una via d’uscita all’alienazione di una contemporaneità, tutta imperniata sul culto di un’esteriorità di superficie e della quale, quel duro lavoro sull’ “Io” per addivenire ad una trasformazione qualitativa dell’esistenza, rappresenta la via maestra.
BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO:
- Stefano Arcella, I misteri del sole. Il culto di Mithra nell’Italia antica, Controcorrente, Napoli;
- Stefano Arcella, Il Dio splendente – I misteri romani di Mithra fra Oriente e Occidente, Arkeios, Roma;
- Julius Evola, La via della realizzazione di sé secondo i misteri di Mithra, Fondazione Julius Evola, Roma;
- Franz Cumont, Le religioni orientali nel paganesimo romano, Laterza, Bari.
Umberto Bianchi