Il Maestro e Margherita – Luigi Angelino
Il Maestro e Margherita, romanzo composto da Michail Bulgakov in diverse versioni tra il 1928 ed il 1940, nonché pubblicato postumo tra il 1966 ed il 1967, rappresenta uno dei più grandi capolavori della ricchissima produzione letteraria russa, per l’originalità dell’intreccio narrativo e la complessa simbologia dei contenuti (1). Per cercare di comprendere meglio i significati emblematici del romanzo, non limitandoci ad una mera analisi testuale, è necessario riassumerne brevemente i punti salienti della trama. La storia narrata dall’autore ha come sfondo principale la vicenda sentimentale tra uno scrittore anonimo ed una donna affascinante, Margherita Nikolaevna. Alla suggestione delicata della vicenda amorosa fra i due protagonisti, si oppongono le persecuzioni politiche nei confronti dello scrittore, messe in atto dalle autorità politiche sovietiche della Mosca anni Trenta del secolo scorso. Ma non tutto è perduto, Satana in persona decide di aiutare il malcapitato, piombando magicamente nella capitale dell’ateismo materialista ed ideologico di quell’epoca. In una dimensione parallela, si intreccia la narrazione del processo più famoso della storia, quello narrato nei Vangeli a proposito di Gesù di Nazareth, con le inevitabili frizioni tra l’evoluto sistema giuridico romano ed il teocratico impianto accusatorio di stampo giudaico. Nel testo di Bulgakov, lo stesso Maestro impazzisce, dopo il rifiuto della censura sovietica di pubblicare il suo scritto sulla tematica religiosa appunto relativa al processo di Gesù.
Gran parte della critica, forse in modo troppo generalizzato, ha definito l’opera come appartenente al genere “satirico”, pur riconoscendone i notevoli pregi letterari e simbolici. In effetti un buon numero dei personaggi è tratteggiato con caratteristiche cosiddette “satiriche”, a cominciare dallo stesso diavolo che maschera la sua reale identità, presentandosi nella vita moscovita come un misterioso professore (Woland), venuto dall’estero ed esperto in magia nera. Anche i personaggi che lo circondano sono decisamente grotteschi, come il valletto soprannominato Fagotto, il sicario Azazello, il bianchissimo Abadonna dallo sguardo mortifero, il gatto Behemot e la vivace strega Hella (2). Nella parte finale del romanzo, l’autore opera una felice sintesi tra la vicenda “moderna” e quella “antica”. Woland ed i suoi compagni, dopo aver ripreso le loro reali sembianze, la mattina della domenica di Pasqua, portano i due amanti in un luogo nascosto della Giudea, dove vive in solitudine con il suo cane, il tormentato procuratore Ponzio Pilato. Questi da millenni non sa darsi pace per aver fatto giustiziare Gesù di Nazareth, invece di dare ascolto alle sue parole di somma saggezza. Il Maestro, tuttavia, perora la causa di Pilato, ottenendo che questi sia liberato dalle proprie afflizioni interiori. Nello stesso tempo, i due amanti vengono condotti in una sorta di luogo mistico, chiamato “eterno rifugio”, dove hanno la possibilità di ritrovare la propria serenità. Risulta di immediata evidenza come Bulgakov, nella stesura del romanzo, sia profondamente influenzato dal Faust di Goethe, dal quale peraltro ricava la stessa “epigrafe” del suo testo ed il nome della protagonista femminile, Margherita. Nella stesura del 1933 al Maestro era stato attribuito addirittura il nome di Faust. Le stesse tematiche principali affrontate dall’autore russo, come l’amore, il tradimento, la redenzione e similari, richiamano la grande opera tedesca.
Il Maestro e Margherita è un libro che colpisce per la molteplicità di chiavi interpretative che quasi stordiscono il lettore, spaziando con disinvoltura dall’allegoria mistico-religiosa alla caustica satira sociale e politica che, partendo da una critica disincantata al regime sovietico, intende riferirsi a qualsiasi aspetto banale della vita moderna. In quest’ottica il romanzo di Bulgakov comprende tematiche quanto mai attuali ed all’ordine del giorno nella nostra epoca contemporanea, costellata dal consumismo e dalla vanità delle immagini e delle informazioni. La satira appare ancora più spietata nei confronti dell’alta borghesia letteraria moscovita, trasfigurata nell’associazione “Massolit”, descritta come un cenacolo di poeti scarsamente dotati, critici interessati e falsi intellettuali pomposi e preoccupati soltanto di assicurarsi una buona dose di fama e di agiatezza.
Come il Faust di Goethe, anche Il Maestro e Margherita può essere inteso come “testo di formazione” e di “ascesa spirituale”, quasi si trattasse di un percorso iniziatico compiuto dal protagonista, per affrancarsi dalla mediocrità ed acquisire un più elevato livello di consapevolezza. In ambito religioso, le modalità espressive sono tutt’altro che ortodosse e ben lontane dalla visione tradizionale propinata dalla Chiesa di Roma. Attraverso l’espediente letterario che introduce i fantomatici scritti di un certo Levi Matteo, lo stesso Gesù afferma che i testi redatti sul suo conto sono inesatti e fantasiosi, lasciando intravedere un riferimento dell’autore all’intero Nuovo Testamento biblico. I dialoghi tra Gesù e Pilato portano a riflettere sulla differenza tra la verità di facciata e quella reale. Del resto la valutazione così soggettiva della verità è ben riassunta nel motto evangelico messo sulle labbra del procuratore della Giudea: “Veritas…Quid est veritas?” (3). La figura diabolica, il Satana/Woland, pur ricordandoci il Mefistofele goethiano, non appare in totale contrapposizione a Dio, ma sembra quasi un’entità beffarda ed al di sopra di ogni morale che dedica la sua esistenza a punire le persone corrotte e meschine, alterandone a proprio piacimento i destini. Il diavolo non si pone come “il grande seduttore” o “il grande mentitore” delle Sacre Scritture, ma come una figura saggia e sarcastica che ben conosce le componenti più intime dell’animo umano, di cui evidenzia colpe e tratteggia punizioni che ne possano derivare (4). Di grande spessore semantico è la scena in cui Satana/Woland mostra a Margherita gli uomini e le donne da lui stesso destinati alle punizioni infernali per aver commesso gravi peccati nel corso della loro esistenza. Davanti alla compassione struggente della donna, il diavolo la invita a non lasciarsi incantare dai lamenti dei dannati, ma a considerare le loro gravi colpe che, per una legge di giuste proporzioni morali, possono essere emendate soltanto con equi castighi. L’intero testo si muove sul terreno accidentato della contrapposizione, mai così chiara e netta, tra bene e male. Se da un lato il tenebroso Satana ci stupisce con la sua saggia benevolenza, dall’altro desta meraviglia il comportamento dell’avvenente e dolce Margherita che, invece, evidenzia i suoi lati oscuri e distruttivi. Quest’ultima si distingue come un’eroina senza tempo, antica e moderna, come il prodotto di un’epoca culturalmente rivoluzionaria, ma senza perdere gli ingredienti di classica memoria. L’amore che nutre per il Maestro costituisce un dono inaspettato del suo destino, la salvezza dalla più tetra solitudine. Margherita non ha la possibilità di risolvere tutti i guai della travagliata vita del Maestro, ma si adopera in ogni modo per combattere la terribile malattia che lo rende infelice. Si tratta di un morbo oscuro ed inspiegabile, che lo stesso Maestro definisce “paura”. Quando, avvelenato dall’angoscia, il Maestro getta il manoscritto nel fuoco (5), soltanto Margherita riesce a consolarlo, strappando dal forno i resti del libercolo carbonizzato e ridando all’amato la speranza di riemergere dalla propria confusione psichica. Margherita entra in scena soltanto nella seconda parte del romanzo, ma si impone immediatamente come uno dei suoi attori principali. Satana/Woland le concede la possibilità di tornare a com’era a vent’anni, grazie alla prodigiosa azione di una crema miracolosa, chiedendole nel contempo di esprimere un desiderio, soltanto però dopo che la donna accetti di sottoporsi ad un’enigmatica iniziazione alle arti occulte e superi con successo una prova mistica. L’accordo tra Woland e Margherita che, per qualche aspetto, ricorda il patto tra Faust e Mefistofele, si muove in una dimensione più umana e terrena, mettendo in luce l’insoddisfazione della donna nei confronti della noiosa vita coniugale e dei vincoli imposti dal rigido apparato sovietico.
Un’analisi attenta e senza pregiudizi dell’opera di Bulgakov, tuttavia, può portare a pensare che la chiave interpretativa più profonda, oltrepassi gli apparenti schemi concettuali legati alla denuncia del regime socio-politico sovietico o alla disquisizione su tematiche etiche e religiose (6). L’approccio culturale dell’autore sembra molto vicino a quello del pensatore Gurdjieff (7), di cui potrebbe essere stato allievo. In tale contesto, non appare casuale la prima scelta del titolo del romanzo “Il mago nero” che, dopo successive riflessioni, sarebbe diventato “Il Maestro e Margherita”. Il testo, pertanto, assumerebbe un valore “ermetico” ed “iniziatico” che richiamerebbe il pensiero filosofico di Gurdjeff mediante l’esposizione di simboli, capaci di formare una sorta di “arte oggettiva”, allo scopo di potenziare i centri superiori dell’essere, intesi come più forti e significativi delle capacità logico-razionali. Secondo Gurdjeff l’uomo sarebbe addormentato anche da sveglio, recitando una serie di “parti” determinate dalla propria posizione nell’ambito delle consuetudini sociali. L’unico essere sveglio e cosciente sarebbe solo il bambino, il cui cervello è ancora “tabula rasa”, non contaminato dalle pericolose e condizionanti influenze esterne sul suo comportamento. L’esistenza del bambino splenderebbe, perché il suo cervello costituisce un’autentica unità, senza la distinzione tra le capacità emozionali/intuitive e quelle logico/razionali. Già però intorno ai sei anni, nel bambino avrebbe inizio un inarrestabile processo di decadenza che progressivamente lo porterebbe verso lo “stato dormiente”. Nonostante questo schema sinestetico, per Gurdjeff l’uomo ha la possibilità di “risvegliarsi” e di “ricostruire la propria essenza” anche in età adulta, soltanto se avrà accumulato soddisfacenti energie cosmiche. Il filosofo ne fa comprendere le modalità nella sua suggestiva opera “I racconti di Belzebù al suo piccolo nipote” (8).
Se vogliamo azzardare una descrizione della struttura simbolica del libro, notiamo come ogni personaggio abbia una funzione didascalica peculiare. Innanzitutto partirei da Berlioz, direttore di una rivista letteraria e presidente di una delle più importanti associazioni della capitale russa, che rappresenta la ragione, individuabile come centro intellettivo inferiore, a sua volta oppressore del poeta Bezdomnyi, emblema del centro emozionale. Ma accade un evento inatteso: la testa di Berlioz viene tranciata dalle ruote del tram ed il poeta impazzisce, rifugiandosi nella religione e venendo internato in un manicomio che simboleggia la parte più nascosta della sua essenza. E’ proprio in un luogo all’apparenza così infausto che il poeta “trova” il Maestro, che lo sa indirizzare verso la genuinità delle emozioni e gli mostra una nuova via per riscattarsi ed ottenere la salvezza. La seducente Margherita non è altro che la “coscienza” del Maestro, senza la quale l’uomo non può fare nulla. La stessa Margherita saprà far emergere le qualità migliori del Maestro, con l’aiuto del beffardo Satana/Woland, simbolo del male che opera il bene, come la stessa epigrafe del romanzo, citando i versi del Faust, mette sulla bocca di Mefistofele: “Io sono parte di quella forza che eternamente vuole il male ed eternamente opera il bene”. L’unione finale tra Il Maestro e Margherita, nel loro onirico rifugio, è un’unione di coscienza ed essenza in un’unica entità nuova, riforgiata da un cammino iniziatico duro ed impegnativo, irto di ostacoli e di difficoltà.
Rispetto alle altre narrazioni dei grandi scrittori russi del diciannovesimo e del ventesimo secolo, così intrise di tinte cupe e di pessimismo esistenziale, il Maestro e Margherita rompe gli schemi e ne rappresenta un’originale eccezione. Con le sue battute tragicomiche e la sottile ironia dei personaggi, strambi e variegati, il romanzo sorprende e fa sorridere, lasciando l’immaginazione del lettore libera di spaziare da una vicenda all’altra. Le caratteristiche del Gesù del romanzo, pur richiamando alcuni elementi dei vangeli canonici ed apocrifi, delineano una figura acronica e metastorica, funzionale al complesso intreccio voluto dall’autore. L’età del Nazareno, quando giunge all’estremo sacrificio della croce, è di 27 anni, a differenza dei 33 narrati nei testi tradizionali, forse rivelando un’approfondita conoscenza di Bulgakov sul tema della effettiva storicità della vita del Cristo e sulle diatribe relative al suo anno di nascita (9). Il contesto è poi marcatamente più intimistico e spirituale: nel “Maestro e Margherita”, Gesù non è dapprima seguito dalle folle, poi osannato ed alla fine tradito e consegnato alla morte. A testimoniare la sua missione, vi è soltanto un personaggio particolare, Levi Matteo, il cui nome non sembra scelto in maniera casuale, costituendo un sincretico connubio tra le tradizioni cultuali dell’Antico e del Nuovo Testamento biblico. La stessa morte di Yeshua, nell’economia generale del romanzo, non si pone come un trionfo momentaneo del male sul bene, ma piuttosto come una sorta di tradimento del bene, in quanto il procuratore della Giudea, Ponzio Pilato, non ha la forza di sconfiggere la paura e di compiere la scelta giusta, rifiutando di ascoltare la voce della propria coscienza.
In buona sostanza, un’esegesi complessiva del complicato testo di Bulgakov evidenzia come i mondi di Gesù e del Maestro non siano così lontani l’uno dall’altro, a parte le inevitabili discrasie spazio-temporali. Le due diverse narrazioni tendono ad abbracciare i medesimi temi: comprensione del bene e del male, equilibrio tra le forme di libertà e di responsabilità, creatività e difesa dei propri ideali. A Mosca come a Gerusalemme, il potere politico e culturale è descritto come oppressivo ed oscurantista, non favorevole allo sviluppo della genialità del vero artista. Il Maestro e Margherita, pertanto, respinge il canone consueto del romanzo classico, non limitandosi a parlare del destino di singoli individui e dei relativi gruppi sociali, ma espande la sua “vis” narrativa fino a voler trasfigurare l’intera sorte dell’umanità, così sospesa tra luce ed oscurità, tra sonno cosciente e veglia incosciente.
Note:
(1) Una delle prime pubblicazioni italiane risale al 1967, a cura della Einaudi, con traduzione di Vera Dridso e prefazione di Vittorio Strada;
(2) Si tratta di appellativi mutuati in parte dalla mitologia norrena ed in parte adattati dall’Antico Testamento biblico;
(3) La frase è riportata nella “Vulgata” latina e precisamente nel vangelo attribuito a Giovanni (18,38), pronunciata da Ponzio Pilato durante l’interrogatorio a Gesù, dopo l’affermazione dell’imputato “sono venuto al mondo per rendere testimonianza alla verità”;
(4) Il Satana di Bulgakov richiama il concetto di “oppositore” così come delineato nell’Antico Testamento, ben lontano dalle funzioni mitologiche luciferiane delineate nel Nuovo Testamento (soprattutto nel libro dell’Apocalisse) e sviluppate dai primi Padri della Chiesa;
(5) L’episodio richiama un evento autobiografico dell’autore che, oppresso dalla feroce censura sovietica, aveva bruciato una delle stesure del romanzo;
(6) Cfr. “Il significato occulto del Maestro e Margherita”, su http://www.arcarussa.it, consultato in data 02/08/2022;
(7) Georges Ivanovic Gurdjieff (1872-1949), in estrema sintesi, attinse al sufismo ed alle tradizioni religiose orientali, nonché cristiane, tracciando la cosiddetta “Quarta Via” come una sorta di cammino esoterico e spirituale per sviluppare la coscienza e favorire l’evoluzione interiore dell’essere umano;
(8) Il libro fu pubblicato nel 1948, un anno prima della morte del filosofo;
(9) Alcuni studi che incrociano vari dettagli storici con i fatti narrati nei vangeli sembrerebbero datare la nascita di Gesù proprio intorno all’anno 4 o 5 d.C..
Luigi Angelino,
nasce a Napoli, consegue la maturità classica e la laurea in giurisprudenza, ottiene l’abilitazione all’esercizio della professione forense ed un master di secondo livello in diritto internazionale, conseguendo anche una laurea magistrale in scienze religiose. Nei primi mesi del 2022 ha pubblicato con la Stamperia del Valentino 7 volumi (Caccia alle streghe, Divagazioni sul mito, L’epica cavalleresca, Gesù e Maria Maddalena, L’epopea assiro-babilonese, Campania felix, Il diluvio). In precedenza con altre case editrici ha pubblicato vari libri, tra cui il romanzo horror/apocalittico “Le tenebre dell’anima” e la sua versione inglese “The darkness of the soul”; la raccolta di saggi “I miti: luci e ombre”; i thriller filosofici “La redenzione di Satana I-Apocatastasi” e “La redenzione di Satana II- Apostasia”; il saggio teologico/artistico “L’arazzo dell’apocalisse di Angers” ; il racconto dedicato a sua madre “Anna”; la raccolta di storie “Viaggio nei più affascinanti luoghi d’Europa”; un viaggio onirico nel sistema solare “Nel braccio di Orione”; una trattazione antologica di argomenti religiosi “La ricerca del divino”. Di recente è stato insignito dell’onorificenza di Cavaliere al merito della Repubblica italiana.