I Misteri di Ezechiele – Luigi Angelino
Il libro dell’Antico Testamento biblico intitolato ad “Ezechiele” è legato alla misteriosa figura del profeta omonimo, figlio di un certo Budi (1), il cui nome evocherebbe la forza di Dio. Alcuni esegeti hanno messo in relazione il nome di Ezechiele con la stringente necessità, per lo stesso profeta, di conservare la fede in Dio, nell’ambito del popolo d’Israele: una necessità, pertanto, che costituirebbe il presupposto della sua missione (2). Figlio di un sacerdote, Ezechiele avrebbe adempiuto al suo apostolato durante il traumatico periodo dell’esilio babilonese, al tempo del potente imperatore Nabucodonosor. Contrariamente alle legittime aspettative di molti dei suoi contemporanei, Ezechiele si oppose ai tentativi di rovesciare il dominio babilonese, cercando, invece, di convincere il popolo d’Israele ad osservare i precetti divini, indipendentemente dal regime politico dominante. In quest’ottica, il pensiero del profeta si presenta quasi come rivoluzionario, intendendo proporre una fede religiosa non per forza legata agli obblighi politici degli Ebrei, ma permeata da una profonda spiritualità. Un’attenta analisi storica evidenzia come, in realtà, Ezechiele avesse vissuto il travaglio emotivo del popolo d’Israele, tra la fine del Regno di Giuda ed il primo esilio babilonese, tentando di proporre un programma di riforma e di ricostruzione che fosse capace di sopravvivere alla rovina. Per questa sua collocazione storica e per la lucidità del pensiero, con una certa frequenza, Ezechiele è stato additato come il padre del Giudaismo moderno.
Il complesso ed enigmatico libro di Ezechiele, come è ben noto, inserito sia nel canone ebraico che in quello cristiano, si articola, in linea generale, in tre grandi parti, ciascuna avente delle caratteristiche particolari: 1) la prima riguarda soprattutto gli oracoli di condanna pronunciati nei confronti di Israele; 2) la seconda gli oracoli estesi a tutte le nazioni; 3) le profezie di restaurazione. In un’opera così vasta ed ambiziosa, si osserva l’utilizzo, da parte dell’autore, di svariate forme letterarie, tra le quali spicca quella adoperata nell’ultima parte, in particolare nei resoconti delle visioni, che appaiono come veri e propri viaggi dello spirito, ricchi di simbologia e che si possono annoverare nel genere “apocalittico”. Con un’espressione più specifica, gli studiosi tendono a riconoscere agli scritti di Ezechiele il cosiddetto “misticismo del carro”, che si focalizza appunto su visioni estatiche, principalmente mediante la descrizione di ascese verso “palazzi celesti” e verso il “trono di Dio”(3).
Il messaggio fondamentale di Ezechiele si orienta a sottolineare con enfasi la gloria del Signore, in qualità di sacerdote formato per custodire e preservare i valori della santità del tempio. Il profeta descrive la struttura di un “carro”, formato da ruote e da una lastra posta al di sotto di esso che, nell’immaginario collettivo, corrisponde alla tipica astronave aliena, associando lo stesso movimento delle ruote “all’andare e al ritornare”, quindi ad una tipologia di movimento di carattere circolare (4). Le figure che accompagnano il profeta Ezechiele, come i cosiddetti “viventi”, sono state interpretate dai biblisti ebraici e cristiani con valore allegorico, Queste figure assumerebbero sembianze determinate e precise, ma resterebbero pur sempre misteriose ed in costante movimento (5). Nel “viaggio” di Ezechiele, Dio si manifesterebbe nella nube e nel fuoco, più o meno con le stesse modalità care a tutta la tradizione letteraria ebraica e codificate soprattutto nel libro dell’Esodo. Il profeta vuole testimoniare la santità di Dio che è stata costantemente violata dall’ingiustizia, dal peccato, dall’inosservanza delle leggi e dall’idolatria, fino a provocare l’abbandono del “tempio” da parte del Signore (6). Ezechiele, in qualche modo, cerca di delineare il quadro di una giustificazione teologica all’occupazione delle truppe di Nabucodonosor: egli è potuto penetrare nel sacro del popolo d’Israele, solo perché questo era rimasto vuoto, a causa dell’abbandono di Dio, oltraggiato dall’ingiustizia dei suoi seguaci infedeli. Nel messaggio di Ezechiele non manca, però, la speranza, in quanto, se da un lato la lontananza da Dio conduce verso la morte e la perdizione, il rinnovamento si potrà avere solo con un cambiamento radicale della mentalità del popolo d’Israele, in grado di riavvicinarlo al reale significato del “sacro”. Ed il profeta si fa interprete e promotore di questa rinascita, facendo riflettere i suoi compagni sull’infinita misericordia di Dio e sulla possibilità di ottenere un insperato perdono, dopo che Gerusalemme avrà subito la giusta punizione (7).
Dal punto di vista letterario, il libro di Ezechiele, pur evidenziando chiare impronte della tradizione ebraica, in particolar modo della cosiddetta linea “sacerdotale”, risente in maniera notevole degli influssi della cultura mesopotamica, come ad esempio la presenza di un vero e proprio inno sumerico, denominato “allegoria dell’aquila”. Ma vi è di più, si riscontrano alcune similitudini mutuate da famose opere della mitologia sumera e babilonese, come l’epopea di Erra, che narra di Marduk, il più glorioso degli dei, il quale apprende in rivelazione che la città di Accad, devastata per l’azione del dio nemico Erra, sarebbe stata restaurata con la conseguente sconfitta degli assediatori. Si può dire che l’opera di Ezechiele, pur nata dall’ispirazione di molteplici testi precedenti, segna, comunque, il passaggio verso nuove esperienze letterarie (8). Le visioni profetiche si arricchiscono rispetto a quelle narrate dai precedenti autori, comprendendo figure celesti che diventano sempre più familiari, descritte con un’inedita e fervida fantasia apocalittica. Nella descrizione, chiamata “alla città santa”, immagine che sarà ripresa, adattata e sviluppata da Giovanni di Patmos nel libro dell’Apocalisse, Ezechiele vuole trasmettere al lettore l’idea del viaggio, secondo una struttura che può essere definita, forse in maniera volutamente provocatoria, delle “esplorazioni cosmologiche”, ulteriore aspetto che ne rivela l’appartenenza “in nuce” al genere apocalittico (9).
I Padri della Chiesa hanno creduto di vedere, nel libro di Ezechiele, l’annuncio della salvezza che si attuerà in maniera compiuta soltanto con Gesù Cristo, Santo di Dio, il quale assumerà su di sé l’impurità del peccato e della morte, per poi sconfiggerla e portare l’umanità al cospetto di Dio. Dal cadavere di Gesù, scaturirà l’acqua della vita, di cui parla il profeta, che avrà la capacità di purificare e di infondere lo spirito che cambia definitivamente il cuore umano, per orientarlo alla nuova alleanza, che non si limiterà al popolo di Israele, ma che sarà estesa a tutte le genti (10). Riguardo al reale significato del libro di Ezechiele e, con particolare riferimento ad alcuni passi criptici ed enigmatici, sono state elaborate le più svariate congetture, rendendolo un testo affascinante e ricco d simboli esoterici. In effetti, non si può trascurare di osservare che la descrizione del “carro del fuoco”, è colorata con dovizie di dettagli, in un’epoca, invece, in cui le uniche “macchine” conosciute erano rappresentate da semplici e rudimentali carrucole. Pertanto, è stato sottolineato come Ezechiele non potesse richiamarsi a modelli concreti, né allora era di moda scrivere racconti di intrattenimento di tipo fantasioso. I teologi, tuttavia, già nella tradizione più antica, si sono sforzati nell’affermare che le visioni del profeta, figlio di Buda, debbano essere considerate di carattere estatico, in pratica come se Ezechiele fosse entrato, in più occasioni, in una sorta di stato allucinogeno.
Vale la pena considerare anche le ipotesi contrarie alla visione confessionale e tradizionale. I fautori della colonizzazione aliena della terra e del plagio biblico di alcuni racconti mesopotamici più antichi, è inutile dirlo, sostengono che il profeta Ezechiele assistette all’apparizione in cielo di vere e proprie macchine volanti, dalle quali sarebbero usciti i “viventi”, ovvero creature di razza aliena. Nel testo è ancora più emblematica l’espressione: “uno spirito mi acciuffò per i capelli da terra verso il cielo e mi portò in visioni divine” (11). Nella lingua ebraica l’espressione “mar’ot “elohim” può essere tranquillamente tradotta in “estasi”, nel senso che Ezechiele era stato condotto dallo spirito divino a mezz’aria, mentre gli appassionati dell’interpretazione extraterrestre ritengono il racconto come il resoconto di un vero e proprio viaggio in cielo, Il tenore complessivo della narrazione andrebbe analizzato anche alla luce del concetto antropologico dualista di matrice ebraica e, in generale, di tutto il mondo antico: nel senso che quando la divinità entrava nella persona, si impossessava del suo spirito, sostituendosi ad essa. L’antropologia cristiana, invece, si presenterà come “ternaria”, in quanto oltre al “corpo” e all’ “anima” dell’individuo, si può aggiungere lo spirito di Dio, che può travolgere il soggetto ma non ne sostituisce l’essenza. Inoltre, nell’ambito della mistica cristiana, l’esperienza vissuta da Ezechiele è nota come “bilocazione”. Secondo tale fenomeno, una persona potrebbe trovarsi contemporaneamente in due luoghi come, ad esempio, potrebbe essere accaduto in alcuni episodi della vita di Padre Pio da Petralcina. In merito alla possibilità concreta di tali ricostruzioni, la comunità scientifica ha mostrato un marcato scetticismo, poiché nei casi addotti, come appartenenti alla categoria della “bilocazione”, la persona è apparsa a grande distanza dall’originale, mentre in nessun caso lo sdoppiamento di sé si è verificato a pochi passi, potendo consentire un’adeguata verifica sperimentale (12).
In buona sostanza, anche per quanto riguarda le visioni di Ezechiele, può valere quanto ho già affermato in altri scritti a proposito di una presunta “vita aliena” sulla terra. Non vi sono, al momento, prove scientifiche inconfutabili che possano suffragare la certezza di queste ipotesi, anche se alcune coincidenze narrative suscitano interesse e destano meraviglia. La teologia moderna non esclude che Dio abbia creato altri mondi e, di conseguenza, non si esclude la possibilità dell’esistenza di forme di vita extraterrestre su altri pianeti, alla luce soprattutto delle attuali conoscenze dell’universo che rivelano la presenza di miliardi di pianeti, più o meno simili alla terra oppure adatti a forme di vita diverse. Ciò nonostante, i continui accostamenti dei racconti biblici a vicende dal sapore fantascientifico possono risultare stucchevoli, in quanto uccidono la “metafisica” oppure rinviano ad uno “status quo ante” , la presunta creazione/visita/invasione aliena.
Dai racconti delle visioni di Ezechiele, deriva il cosiddetto misticismo della “merkavah” (misticismo del carro) che ha rappresentato, a partire dal I secolo, una delle più antiche correnti del misticismo ebraico. La parola ebraica merkavah ricorre ben 44 volte nel testo masoretico della Bibbia ebraica, con il significato generale di cocchio/carro da trasporto terrestre. E’ da notare come il concetto della merkavah sia soltanto associato semanticamente alla visione di Ezechiele, il cui termine, tuttavia, non viene utilizzato in maniera espressa nel testo attribuito al profeta. L’autore del libro di Ezechiele, invece, per descrivere la visione onirica del trono di Dio, si serve del termine chayyot (esseri viventi), alludendo appunto ad una quadriga trainata dalle quattro creature, provvista ciascuna di quattro ali e di volti rispettivamente simili ad un uomo, un leone, un bue ed un’aquila. I primi commentari rabbinici redatti sui temi cari alla merkavah formano, per lo più, raccolte contenenti esposizioni esegetiche relative alle visioni profetiche di Dio nei cieli, del corteo divino degli angeli, nonché delle schiere e delle creature celesti che graviterebbero intorno all’Essere Supremo (13). Molto probabilmente, pur derivando dalle immagini ideali del libro di Ezechiele, questi scritti si discostarono notevolmente dal suo primigenio significato, andando a costituire una sorta di veri e propri manuali di “angelologia”. Tale orientamento mistico si diffuse soprattutto, tra il VII e l’ VIII secolo, nell’ambito del Talmud babilonese (14), con la formulazione della regola, secondo la quale il “segreto della merkavah” poteva essere rivelato soltanto ad alcuni soggetti di particolare elevazione spirituale, che evidenziassero delle qualità pregevoli in termini di carismi e di talenti. Questa ferrea disciplina farebbe pensare ad una dottrina segreta e/o esoterica, a cui potevano essere ammessi solo persone sagge e sapienti che erano a conoscenza delle leggende che ammonivano circa i rischi di un’attività meditativa troppo intensa. A tale proposito, lo studioso “amora”(15) Rabbi Ammi sosteneva che la dottrina segreta doveva essere condivisa soltanto con colui che possedeva le necessarie qualità morali richieste agli uomini probi ed irreprensibili.
Al misticismo della “merkavah” non si interessò soltanto la comunità rabbinica, ma anche gli autori “apocalittici”, che aspettavano l’avvento definitivo del Regno di Dio. Tra i testi rinvenuti nella celebre località di Qumran, furono rinvenute evidenti tracce che anche il sodalizio degli Esseni era, in qualche modo, impegnato nello sviluppo della meditazione estatica e mistica. L’idea di compiere un viaggio verso l’hekal, ossia il palazzo celeste, culminò nella composizione della Ma’aseh Merkabah, risalente al tardo periodo ellenistico, dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme avvenuta nel 70 d.C.. Si tratta di una sorta di inno spirituale per i pellegrini che vogliano compiere un viaggio sublime verso Dio, superando i limiti imposti dalla dimensione spaziale e temporale umana. Molti hanno considerato questo prodotto letterario, come un chiaro indizio di misticismo pre-cabalista, individuando in esso sia gli insegnamenti esoterici per ascendere verso Dio, sia quelli per attirare i poteri divini verso la terra (16). Al giorno d’oggi, i seguaci della religione ebraica recitano i passi biblici riguardanti la “merkavah” con cadenza annuale, in occasione della festa di Shavuot, traducibile nella nostra lingua come “festa delle settimane”.
Le visioni narrate nel libro di Ezechiele sono state da sempre associate all’esoterismo iniziatico di numerosi movimenti fin dall’antichità. In età antidiluviana, già il profeta Enoch ascese verso il cielo con il suo “carro di fuoco” e fu rapito verso le sfere celesti. Conoscenze simili alla “merkavah” biblica, si riscontrano nell’Egitto faraonico. A tale proposito, sottolineo come il termine che meglio esprime, in lingua egizia, il concetto di rotazione è “mer”, che ha anche il significato di suono. La parola “merkavah”, scomposta foneticamente, può essere tradotta come “luce, corpo e spirito” ed, in maniera traslata, potrebbe intendersi come un modo di connettersi ultradimensionale mediante il simbolo di questo veicolo. In ambito cristiano, i tre elementi citati, possono essere paragonati alle tre persone della Santissima Trinità. Se si vuole dare una veste matematica a tale antichissimo emblema, ne potremmo ricavare una figura tridimensionale, a sua volta composta da due triangoli che si trovano di fronte in direzioni opposte e che si collegano nella parte centrale. Il triangolo inferiore è associato al principio femminile, ruotando in senso antiorario, mentre quello superiore si riferisce al principio maschile, ruotando in senso orario. La figura complessiva potrebbe apparire come una stella a sei punte, qualora osservata in un’ottica bidimensionale.
Il viaggio onirico di Ezechiele, pertanto, ben può essere considerato come la metafora di un percorso iniziatico che culmina nel raggiungimento della consapevolezza del proprio sé spirituale, attraverso un’esperienza estatica e mistica. Nella tradizione esoterica, infatti, il fuoco rappresenta l’energia vitale, intesa come coscienza universale, ed il “carro di fuoco” può costituire il mezzo emblematico che l’essere umano elabora, al fine di ascendere verso dimensioni superiori.
Note:
1 – Budi era un sacerdote del tempio che iniziò suo figlio Ezechiele alla formazione religiosa tradizionale del popolo ebraico;
2 – Nome di chiara derivazione ebraica, adattato in greco come “Ezekiel. E’ formato dalle radici del verbo “hazaq” (rafforzare) ed El (Dio);
3 – Walter Eichrodt, Ezechiele, traduzione italiana di Enea Riboldi e Franco Ronchi, Edizioni Paideia, Brescia 2001;
4 – Ezechiele, 1,4;
5 – Ezechiele, 1,5-12;
6 – Ezechiele, 10,18;
7 – Ezechiele, 11,19-21;
8 – Erich Zenger, Introduzione all’Antico Testamento, Queriniana Edizioni, Brescia 2005;
9 – Luigi Angelino, L’arazzo dell’apocalisse di Angers, Cavinato editore International, Brescia 2020;
10 – Ezechiele, 47, 1-9;
11 – Ezechiele, 8,3;
12 – Antonio Clementi, Dalla mistica alla teologia. Un itinerario spirituale insieme ai mistici cristiani, Phasar Edizioni, Firenze 2020;
13 – Giulio Busi, Città di luce. La mistica ebraica dei palazzi celesti, Edizioni Einaudi, Torino 2019;
14 – Il Talmud babilonese fu redatto dalle scuole rabbiniche mesopotamiche a partire dal III secolo;
15 – Gli “amoraim” erano stimati studiosi ebraici (dalla radice aramaica “coloro che dicono” o”coloro che parlano”) che esaminavano la tradizione dei racconti orali, dopo la codificazione scritta;
16 – Giuseppe Laras, La mistica ebraica, Edizioni Jaca Book, Milano 2018.
Luigi Angelino,
nasce a Napoli, consegue la maturità classica e la laurea in giurisprudenza, ottiene l’abilitazione all’esercizio della professione forense e due master di secondo livello in diritto internazionale, conseguendo anche una laurea magistrale in scienze religiose. Nel 2022 ha pubblicato con la Stamperia del Valentino 8 volumi: Caccia alle streghe, Divagazioni sul mito, L’epica cavalleresca, Gesù e Maria Maddalena, L’epopea assiro-babilonese, Campania felix, Il diluvio e Sulla fine dei tempi. Con altre case editrici ha pubblicato vari libri, tra cui il romanzo horror/apocalittico “Le tenebre dell’anima” e la sua versione inglese “The darkness of the soul”; la raccolta di saggi “I miti: luci e ombre”; la trilogia thriller- filosofica “La redenzione di Satana” (Apocatastasi-Apostasia-Apocalisse); il saggio teologico/artistico “L’arazzo dell’apocalisse di Angers”; il racconto dedicato a sua madre “Anna”; un viaggio onirico nel sistema solare “Nel braccio di Orione”ed una trattazione antologica di argomenti religiosi “La ricerca del divino”. Con auralcrave ha pubblicato la raccolta di storie “Viaggio nei più affascinanti luoghi d’Europa” ed ha collaborato al “Sipario strappato”. Nel 2021 è stato insignito dell’onorificenza di Cavaliere al merito della Repubblica italiana.