Antitesi tra dialettica del politicamente corretto e lingua taumaturgica –
I Catari e la dottrina dualista – Luigi Angelino
Quando si fa riferimento alla dottrina religiosa dei Catari, viene immediatamente alla mente la sua presunta appartenenza al coacervo di movimenti considerati “eretici” dalla Chiesa di Roma, nonché alle terribili persecuzioni messe in atto nei suoi confronti. In realtà, il pensiero di fondo dei Catari affonda radici filosofiche antiche, adattando alla fede cristiana simbologie gnostiche già ben distinguibili negli scritti di alcuni studiosi di classica memoria. Lo stesso termine derivante dal latino medievale “catharus” è strettamente legato all’aggettivo greco “catharòs”, che possiamo rendere in lingua italiana con “puro”, come si erano già definiti i primi seguaci del movimento del vescovo Novaziano verso la metà del terzo secolo. Nella documentazione ufficiale, il termine “catharoi” fu adoperato per la prima volta nel 325, in occasione dell’importantissimo concilio di Nicea, presieduto dall’imperatore Costantino per motivi politici, quando per la prima volta si pensò a fissare il “credo” della costituenda dottrina cristiana. (1). Vi è una ricostruzione etimologica alternativa e dispregiativa, non accolta dalla comunità accademica. Si tratta di quella proposta dal famoso teologo Alano di Lilla (2), all’inizio del tredicesimo secolo, nel pieno della crociata sferrata contro i Catari da parte di Papa Innocenzo III, che ricollega il termine alla preposizione greca “catà”, traducibile in maniera traslata e forzata in “spurgo”. Secondo la definizione coniata dal menzionato teologo, “i Catari trasudano tutti i loro vizi”, accusandoli perfino di sodomia e di adorare i gatti come incarnazione di Lucifero. Risulta evidente come fosse facile, per i vertici della Chiesa medievale, giocare con l’ignoranza, la superstizione e l’analfabetismo dilaganti in tutti i ceti sociali, per cercare di stroncare sul nascere qualsiasi movimento che potesse scalfire il proprio sistema istituzionale.
In ambito popolare, i Catari furono conosciuti anche con l’appellativo di “Albigesi” dal nome della cittadina francese di Albi (3), uno dei centri in cui, a partire dal dodicesimo secolo, si diffusero maggiormente. All’inizio del secondo millennio, l’eresia dei Catari fu parzialmente tollerata dalla Chiesa di Roma che, recependone alcune critiche, iniziò a combatterla con le stesse armi, cioè con una predicazione costante, con il rifiuto dell’ostentazione del lusso e con la fondazione di nuovi ordini monastici, come quello che diventerà celebre e potente dei “domenicani”. Le prime persecuzioni a danno dei Catari furono sferrate dal potere politico, in quanto gli adepti della “nuova setta” tendevano a scardinare l’ordine sociale tradizionalmente accettato. In tale contesto, severi provvedimenti contro cittadini che professavano questa nuova forma di credo religioso furono presi dal re di Francia Roberto il Pio e dall’imperatore germanico Enrico III, all’inizio dell’undicesimo secolo (4). Non mancarono violenti atti di rivolta da parte dei Catari, come la sedizione organizzata da Tanchelmo, a capo di circa tremila proseliti che portò confusione e devastazione nei Paesi Bassi, scatenando una tremenda repressione da parte del duca di Lorena. Tuttavia, il Catarismo incontrò il suo miglior successo in alcuni territori della Francia meridionale come la Linguadoca e la Provenza, raggiungendo alti livelli di densità anche nell’Italia settentrionale, soprattutto in Lombardia. La prima condanna ufficiale da parte della Chiesa di Roma fu pronunciata da papa Alessandro III nel 1179, quando i Catari furono oggetto di “anatema”, con relativa confisca dei loro beni e contemporaneo invito a tutti i sovrani ad attuare le più severe misure di repressione (5). Le persecuzioni raggiunsero l’apice, come si è accennato in precedenza, quando sul soglio pontificio salì Innocenzo III che, nel 1208, affidò ad un inviato di sua fiducia, Raniero da Ponza, il compito di sconfiggere l’eresia imperante nella Francia meridionale. Ai Catari furono applicati gli istituti della “scomunica” e dell’”interdetto”, con la possibilità di redimersi prima della morte. A tali misure di carattere, in prevalenza morale, se ne applicarono altre due di natura sostanziale: la confisca dei beni e l’esilio. Nonostante la costante repressione ecclesiastica, i Catari non abiurarono dalle loro idee gnostiche e manichee, dimostrando non comuni qualità di tenacia e di perseveranza. Le loro invettive si scagliavano soprattutto contro il sistema dogmatico e rituale della Chiesa di Roma che conservava enormi privilegi e forme esteriori di culto poco in sintonia con il genuino messaggio evangelico.
Nel 1203 i Catari furono accusati di aver assassinato l’ambasciatore pontificio, Pietro di Castelnau: questo episodio creò i presupposti per la cosiddetta “crociata contro gli Albigesi”. Pur non essendo questa la sede per procedere ad una dettagliata analisi storiografica delle cause del conflitto, non vi è dubbio che dietro ai pretesti religiosi vi fossero forti motivazioni economiche. Per circa trent’anni, fino al 1230, la crociata contro i Catari diventò un vero e proprio genocidio condotto dai nobili del nord della Francia contro le fiorenti contee provenzali. Gli eretici, tuttavia, resistettero strenuamente in alcune comunità piuttosto isolate, fino a capitolare in maniera definitiva, almeno secondo la tradizione ufficiale, nel 1244 con la presa del fortino cataro di “Montsegur”.
Tra i massacri più efferati, si ricorda la conquista della città di Beziers (6), durante la quale furono trucidate alcune migliaia di Catari, anche se la propaganda cattolica tentò di esagerarne il numero. Manco a dirlo, le fonti contemporanee, come la cronaca redatta da Guillame de Puylaurens e la Historia albingensis del frate Pietro di Vaux de Cernay erano tutte dalla parte dei crociati inviati da Roma, esaltandone le gesta e cercando di giustificare le orrende stragi. La Chanson de la Croisade albigeoise, invece, appare più obiettiva, in quanto tende ad evidenziare l’angoscia ed il tormento degli abitanti delle regioni francesi martoriate dal conflitto. A proposito della conquista di Beziers, lo storico Pietro di Vaux de Cernay racconta che nella chiesa di Santa Maria Maddalena, si sarebbero rifugiate circa 7000 persone, tra Cattolici e Catari insieme. Con riferimento a questo episodio, al legato pontificio Arnaud Amaury, non potendo distinguere chi fossero i Cattolici e chi, invece, i Catari, è attribuita la frase: “Caedite eos! Novit enim Dominus qui sunt eius” (Uccideteli tutti! Dio riconoscerà i suoi) (7). Alcuni studiosi come Jean Dumont hanno messo in discussione l’autenticità di tale frase, ritenendo che il massacro di Beziers fosse avvenuto nel contesto di una guerra feudale tra nobili della Francia meridionale.
Qualche decennio dopo, la persecuzione a danno dei Catari fu perpetrata anche in Italia, dove i seguaci per un certo periodo erano stati protetti dall’imperatore Federico II. Le città maggiormente colpite furono Vicenza, Treviso, Milano, Orvieto, Firenze e Viterbo, città tanto cara ai papi eppure tanto ribelle. All’inizio del quattordicesimo secolo il Catarismo sembrò estinto, almeno la forma di esso professata in maniera manifesta. La dottrina dualista dei Catari si basava principalmente sulla contrapposizione tra materia e spirito, interpretando in maniera letterale alcuni passi dei vangeli dove Gesù rimarca la differenza tra il suo Regno celeste ed il Regno di questo mondo che, secondo l’esegesi cattolica, invece, avrebbero soltanto una funzione esemplificativa e paradigmatica. All’opposizione tra la materia e lo spirito, per gli Albigesi faceva eco l’opposizione tra il Re dell’amore (Dio) ed il Re del male (Rex mundi), impegnati in una strenua lotta per la conquista delle anime umane e, riprendendo alcune posizioni docetiste, sostenevano con fermezza che Gesù avesse assunto una forma umana soltanto in apparenza. In particolare, i Catari estremizzavano alcuni concetti espressi nel Vangelo di Giovanni, considerandone il prologo, il famoso “inno al logos”, come una chiara indicazione della superiorità dello spirito rispetto alla materia e, sviluppando, in chiave cristiana, il dualismo iranico-zoroastriano della lotta tra il bene ed il male (8).
Il Satana cataro non sarebbe l’angelo caduto o l’oppositore, ribelle a Dio e, comunque, una creatura da Lui stesso creato, ma una sorta di anti-Dio che, attraverso i beni materiali presenti nel mondo visbile, cercherebbe di incantare l’uomo e di allontanarlo dalla sua essenza spirituale. In più gli Albigesi ripescarono la credenza di Marcione (9), condannata dai primi Padri del Cristianesimo, secondo la quale lo stesso Dio malvagio e vendicativo dell’Antico Testamento corrisponderebbe alla figura di Satana, mentre il Dio dell’amore sarebbe solo quello predicato da Gesù e codificato nei libri del Nuovo Testamento, in particolare nei Vangeli. Come accennato in precedenza, i Catari non credevano nell’aspetto forse più importante della dottrina cristiana, cioè nell’incarnazione di Gesù di Nazareth e nella sua duplice natura divina ed umana. Gli Albigesi, infatti, ritenevano che il Cristo fosse apparso sulla Terra come puro spirito, una specie di creatura angelica o, preferendo usare un linguaggio neo-platonico, che fosse un eone derivato direttamente da Dio e dalla Luce. La stessa natura angelica era riconosciuta anche a Maria, risolvendo in un modo del tutto spirituale, la diatriba secolare cristiana della donna, come Vergine e Madre di Dio. Vi è anche da aggiungere che il sistema dialettico dei Catari imitava, in un certo senso, quello della Chiesa di Roma che essi stessi accusavano di essere al servizio di Satana, in quanto corrotta, opulenta e dedita ai piaceri materiali.
Anche dal punto di vista istituzionale, mirarono a conquistare popolarità creando sul territorio un vero e proprio apparato che intendeva opporsi a quello ecclesiastico. Per dare coerenza al proprio rifiuto della materia, i Catari rifiutavano i sette sacramenti, basati su segni e simboli visibili, ritenendo che l’intero creato fosse un prodotto del Maligno, dal quale bisognava rimanere distanti in attesa della morte fisica che avrebbe liberato la scintilla divina presente in ciascuno. L’eresia catara approdò perfino all’elaborazione di idee aberranti, come quella che rifiutava il matrimonio, perchè foriero dell’unione carnale tra due soggetti. Le pratiche sessuali, secondo la loro fede religiosa, dovevano essere assolutamente evitate e considerate abominio, in quanto responsabili della nascita di persone in carne ed ossa che si sarebbero rese colpevoli di imprigionare puri spiriti.
In quest’ottica deviata, i Catari non mangiavano carni di animali e suoi derivati, come il latte e le uova, perchè originate da atti sessuali, limitandosi al consumo di frutta, di verdura e di pesce, di cui in epoca medievale non si conoscevano le modalità di riproduzione. Rifiutando ogni progetto umano, come opera di Satana, i Catari arrivarono a proclamare che la massima vittoria del Bene contro il Male consisteva nella morte: molti seguaci fanatici si lasciarono morire di fame, per ottenere la presunta liberazione della propria anima ed il ritorno all’Onnipotente. Sotto il profilo storico e sociale, gli esegeti sono abbastanza concordi nel ritenere che il catarismo si diffuse sia tra i ceti più umili che tra i nobili più colti, come strumento politico di opposizione al potere dei principi della Francia settentrionale.
Per certi versi, nell’ambiente più povero, l’ideologia dei Catari si confuse con quella dei Patarini (10), un movimento religioso che predicava la povertà ed il ritorno alle origini della Chiesa primitiva. Le comunità dei Catari si dividevano essenzialmente in due gruppi: i “credenti” che formavano una sorta di schiera di simpatizzanti, non ancora obbligati ad osservare la rigida disciplina catara ed i “perfetti”, coloro che, dopo un lungo periodo di iniziazione, rinunciavano ad ogni forma di proprietà per poter condurre la propria esistenza soltanto grazie all’elemosina. Tra i pochi segni sacramentali catari, è da menzionare il cosiddetto “consolamentum”, ovvero una presunta comunicazione pentecostale dello Spirito Santo e la “confessione collettiva” che avveniva periodicamente e serviva ad avvicinare la stessa comunità a Dio. Questa sorta di confronto aperto tra gli adepti fa pensare a numerose sette fanatiche, diffuse soprattutto nell’America settentrionale in epoca contemporanea.
Come la maggior parte dei movimenti religiosi, anche i Catari consideravano che gli eletti fossero solo una ristretta cerchia di persone, cioè i pochi creati direttamente dalla presunta divinità del bene ma che, a seguito della tentazione del diavolo, sarebbero stati imprigionati in un corpo materiale. Gli eletti, attraverso la trasmigrazione in vari corpi, sarebbero finiti nelle sembianze degli appartenenti alla setta e destinati alla liberazione dall’ingombrante involucro materiale dopo la morte. Si nota come gli Albigesi credessero nella “reincarnazione”, seppure finalizzata a giustificare il proprio marchio divino originato dal dio buono. Il resto degli uomini, invece, non si sarebbe mai potuto salvare, in quanto anche la loro anima era stata forgiata dal principio del male. Questi sventurati sarebbero stati condannati ad estinguersi in maniera definitiva, quando l’universo materiale sarebbe ripiombato nel suo stato di caos primordiale (11).
I Catari rifiutavano la possibilità che all’uomo fosse stato concesso alcun tipo di libero arbitrio: i cosiddetti “figli del male” non avrebbero avuto alcuna speranza di salvarsi, né mediante le opere, né mediante la conversione e nemmeno ricevendo una grazia postuma da parte del dio del bene. I seguaci del catarismo ostentavano una completa estraneità ad ogni tipo di attività sociale. Secondo la loro distorta visione, ogni autorità umana aveva una derivazione satanica e, per questo, si opponevano a qualsiasi sentenza emessa dai tribunali o all’obbligo di difendere la propria patria con le armi. La maggior parte viveva in totale isolamento, ritenendo illecita ogni relazione con gli estranei alla setta, se non motivata dalla necessità di reclutare nuovi proseliti. Pur non volendo giustificare i massacri, si capisce, quindi, come il comportamento anarchico ed autarchico dei Catari abbia spaventato i governanti dell’epoca, tendendo a provocare la paralisi di ogni settore della vita comune.
Abbiamo già sottolineato come gli Albigesi fossero ostili alla Chiesa di Roma, da loro indicata come la meretrice di Babilonia, menzionata nel libro della Rivelazione (Apocalisse) di Giovanni di Patmos. A questa loro avversione cercarono anche di dare una spiegazione razionale basata su eventi storici: la caduta della Chiesa fondata da Pietro, su mandato dell’eone Gesù di Nazareth, sarebbe avvenuta ai tempi dell’imperatore romano Costantino. Il papa di allora, Silvestro, avrebbe intrapreso la scalata del potere temporale e blasfemo della Chiesa, adoperando l’espediente della “falsa donazione”, un documento secondo il quale il precitato imperatore romano avrebbe ceduto il suo potere al vescovo di Roma. Si tratta, come è ben noto, di uno scritto grossolano, la cui falsità fu già provata da Lorenzo Valla qualche secolo dopo la diffusione del pensiero cataro (12).
Se da un lato la repressione della Chiesa di Roma provocò la strage di migliaia di persone, dall’altro anche il comportamento di alcuni gruppi di Catari particolarmente fanatici non si distinse per pietà cristiana. Alcune organizzazioni interne, come quella dei Catarelli e dei Rotari, si abbandonarono a continui saccheggi e devastazioni delle chiese, come successe a Brescia e a Mantova nella prima metà del tredicesimo secolo.
In particolare, gli Albigesi consideravano la croce come il simbolo del dio del male, come se volesse simboleggiare il simulacro del potere del principe delle tenebre. Dalle considerazioni fino ad ora espresse, si comprende come il movimento dei Catari possa annoverarsi tra le derive fanatiche delle dottrine gnostiche. “Gnosi” è un termine greco, traducibile letteralmente con il vocabolo italiano “conoscenza” ma. con riferimento al fine perseguito, è da rendere in maniera più significativa con l’espressione “conoscenza salvifica”. Anche gli Albigesi, come tutti gli gnostici, credevano di possedere la sapienza del “mito cosmico” che governava il mondo, mediante la quale come eletti potevano accedere alla salvezza.
I primi studi evidenziarono lo gnosticismo come una vera e propria “eresia cristiana”, in quanto le più copiose trattazioni in merito furono tramandate dagli autori cristiani in funzione apologetica contro i vari movimenti rientranti in quel filone. In realtà, il fenomeno gnostico è molto più complesso ed affonda radici decisamente più antiche. L’adattamento gnostico, infatti, si diffuse sia tra le filosofie ellenistiche che in ambito giudaico-cristiano, nonché assumendo peculiari sfumature anche tra le religioni orientali. Gli approfondimenti più recenti sul movimento dei Catari si sono concentrati soprattutto sugli elementi in comune tra lo stesso e l’Origenismo (13), come la convinzione della preesistenza delle anime, la metempsicosi, la corporeità degli angeli, la doppia creazione ed i mondi paralleli (uno dei quali era opera del principio positivo, mentre l’altro del principio negativo). Come nell’Origenismo, anche nel Catarismo si credeva che il corpo della resurrezione degli eletti avrebbe assunto una forma diversa rispetto al corpo posseduto in vita. Vi è da dire, tuttavia, che Origene ed i suoi seguaci non arrivarono mai ad avanzare l’ipotesi dell’esistenza di un altro principio opposto e diverso dall’Onnipotente.
Per quanto riguarda la letteratura di riferimento, gli Albigesi adottavano nella propria liturgia soltanto il Nuovo Testamento, considerato ispirato dal dio del bene, a differenza dell’Antico, reputato il compendio delle gesta del dio del male. Effettivamente, al di là delle speculazioni dottrinali, la differenza abissale di contenuto tra le due parti della raccolta sacra, chiamata “Bibbia”, fa molto riflettere e desta numerosi interrogativi di coerenza religiosa, filosofica, storica, filologica e strutturale. Durante il periodo di maggiore diffusione, i Catari produssero una vasta letteratura, per la maggior parte distrutta a seguito delle persecuzioni da parte della Chiesa di Roma. Tuttavia, qualche scritto è sopravvissuto fino ai nostri giorni, come il “liber de duobus principiis” attribuito a Giovanni di Luigio, vescovo cataro della diocesi di Desenzano, oppure la “interrogatio Iohannis”, uno scritto bogomilo di paternità ignota, portato in Italia da Nazario, vescovo della Chiesa di Concorezzo, nonché la “Visione di Isaia”, tradotto in lingua provenzale da Pietro Authier.
Le apparenti analogie fra la tradizione orale del sacro graal custodito dai Catari ed il racconto contenuto nell’opera di Wolfram von Eschenbach, il Parzifal, hanno suggerito ad alcuni studiosi che la setta gnostica fosse in qualche modo legata ad un gruppo di Templari eretici (14). L’ipotesi, tuttavia, non trova certo riscontro in alcuna fonte storica, anche se è doveroso aggiungere che i Templari non presero parte attiva alla persecuzione nei confronti delle comunità catare, rifiutando di alzare le armi contro altri cristiani, seppure eretici. Alcuni documenti attestano che i Templari in svariate occasioni custodirono beni di proprietà dei Catari e che di frequente offrivano rifugio agli eretici che cercavano di scampare alle feroci persecuzioni.
Se non si può parlare con sicurezza di appoggio dei Templari nelle attività dei Catari, è più verosimile pensare ad una sorta di neutralità, tenendo in debito conto lo statuto segreto del suddetto ordine di Cavalieri, quello di Maitre Roncelin, che sottolineava apertamente la libertà di religione ed un rapporto di fraterna tolleranza nei confronti di coloro che professavano altre fedi, semprechè il loro comportamento fosse orientato verso la giustizia ed il bene comune. Negli ultimi decenni è stata avanzata anche l’ipotesi che la tanto discussa chiesa di Rennes-le-Chateau (15), distante soltanto circa 40 km da Montsegur, sia stata il rifugio di un colossale tesoro lasciato dai Catari e che in essa vi fosse contenuto qualcosa di assolutamente pericoloso per la Chiesa di Roma, E’ superfluo precisare che si tratta di illazioni che ancora non trovano risposte esaustive.
Se si analizza in maniera attenta il pensiero cataro, soprattutto nelle sue manifestazioni più estreme, ci si rende conto che esso rappresentò qualcosa di profondamente diverso dal Cristianesimo, tanto da non poterne neanche essere definito una sua devianza eretica. L’apparente ricerca della purificazione spirituale si traduceva in una perversa demonizzazione della materia, considerata opera del maligno. La stessa vita umana era considerata un’aberrazione ed i “perfetti”, per poter raggiungere il più alto livello di perfezione, dovevano intraprendere ogni percorso che potesse condurli più facilmente verso la morte, come l’orribile pratica di lasciarsi morire di fame, denominata “endura” (16). Dal punto di vista filosofico, la spiegazione dell’origine del male proposta dai Catari va troppo oltre le tollerabili e poetiche posizioni gnostiche e neoplatoniche che, attraverso gli eoni, conducono alla figura del Demiurgo, con l’unico merito di non accontentarsi del rigido schematismo della tradizionale mitologia cristiana che attribuisce all’angelo caduto Lucifero la responsabilità, diretta o indiretta, di ogni azione malvagia.
Ed in epoca relativamente recente, a partire dal XIX secolo, grandi autori come William Blake, Arthur Schopenauer ed Albert Pike, hanno approfondito una parte del pensiero gnostico, evidenziandone i pregi nell’affrontare il problema dell’esistenza del male, senza dover necessariamente rifiutare dottrine teiste, ovvero quelle che considerano Dio come soggetto attivo nell’organizzazione architettonica dell’universo.
Note:
-
- Cfr. Jean Duvernoy, La religione dei Catari. Fede, dottrine, riti, Edizioni Mediterranee, Roma 2000;
- Alano di Lilla (1125-1202), beatificato dalla Chiesa Cattolica, nella sua concezione cosmologica attinge a molti elementi della filosofia neoplatonica e della tradizione ermetica;
- La città francese di Albi conta circa 50.000 abitanti ed è tuttora il capoluogo del dipartimento del Tarn, nella regione dell’Occitania. Tra i suoi edifici, spicca la basilica di Santa Cecilia che può vantare il primato di essere la più grande costruzione in mattoni al mondo;
- Cfr. Bernard Marillier, traduzione di Franca Genta Bonelli, I Catari, Origini, Storia, Dottrina, Edizione L’età dell’Acquario, Torino 2020;
- Cfr. Malcolm Lambert, I Catari, Piemme edizioni, Milano 2001;
- Anche Beziers è una città francese della regione dell’Occitania, seconda per numero di abitanti (poco più di 70.000) del dipartimento dell’Herault.
- La frase attribuita al monaco cistercense Arnaud Amaury, che gli sarebbe stata rivolta da un soldato che chiedeva come poter distinguere i Cattolici dagli eretici, non risulta nelle cronache originarie degli eventi, ma fu introdotta con una prudente espressione “fertur dixisse” (si riporta che abbia detto) nel Dialogus Miraculorum, scritto più di dieci anni dopo i fatti di riferimento;
- Cfr. Anne Brenon, I Catari, Edizioni Convivio, Catania 1991;
- Il teologo Marcione (85-160 d.C.) anelava ad un Cristianesimo puro, non corrotto dai legami con il Giudaismo e con il suo dio vendicatore ed implacabile. Tuttavia, Marcione non fu uno gnostico e, pertanto, non elaborò una relazione tra il dio del bene ed il demiurgo in chiave eonica/neoplatonica;
- Il movimento dei Patarini si diffuse soprattutto a Milano nell’XI secolo, come reazione alla corruzione ed alla simonia che imperversava nella chiesa di Roma;
- Cfr. Eduard Berga Salomò, Il Catarismo, Edizioni Lectorium Rosacrocianum, Roma 2015;
- Lorenzo Valla (1407-1457) fu uno dei più grandi esponenti della filologia umanista nel panorama culturale italiano. Egli scrisse in merito alla falsa donazione di Costantino un accurato saggio nel 1440, stampato per la prima volta postumo nel 1517;
- Origene (185-254) fu uno dei più grandi filosofi delle origini del Cristianesimo, non annoverato tra i “Padri della Chiesa”, per alcune sue posizioni considerate eretiche, in particolare per la sua dottrina sull’apocatastasi, che preannunciava la redenzione finale di tutte le creature, perfino di Satana;
- Cfr. Michel Roquebert, traduzione di B. Pistocchi, I Catari e il Graal. Il mistero di una grande leggenda e l’eresia albigese, Alba 2007;
- La moderna leggenda di Rennes-le-Chateau, un piccolo paesino situato nel dipartimento dell’Aude in Occitania, è legata alla chiesa locale dedicata a Maria Maddalena ed al misterioso curato Berenger Sauniere che la resse tra la fine del diciannovesimo e l’inizio del ventesimo secolo;
- L’endura consisteva in un digiuno totalizzante che prevedeva l’astensione dal cibo e dall’acqua, fino alle conseguenze estreme di una morte per stenti.
Luigi Angelino,
nasce a Napoli, consegue la maturità classica e la laurea in giurisprudenza, ottiene l’abilitazione all’esercizio della professione forense ed un master di secondo livello in diritto internazionale, conseguendo anche una laurea magistrale in scienze religiose. Nei primi mesi del 2022 ha pubblicato con la stamperia del Valentino 7 volumi (Caccia alle streghe, Divagazioni sul mito, L’epica cavalleresca, Gesù e Maria Maddalena, L’epopea assiro-babilonese, Campania felix, Il diluvio). In precedenza con altre case editrici ha pubblicato vari libri, tra cui il romanzo horror/apocalittico “Le tenebre dell’anima” e la sua versione inglese “The darkness of the soul”; la raccolta di saggi “I miti: luci e ombre”; i thriller filosofici “La redenzione di Satana I-Apocatastasi” e “La redenzione di Satana II- Apostasia”; il saggio teologico/artistico “L’arazzo dell’apocalisse di Angers” ; il racconto dedicato a sua madre “Anna”; la raccolta di storie “Viaggio nei più affascinanti luoghi d’Europa”; un viaggio onirico nel sistema solare “Nel braccio di Orione”; una trattazione antologica di argomenti religiosi “La ricerca del divino”. Di recente è stato insignito dell’onorificenza di Cavaliere al merito della Repubblica italiana.