Gli Equites: il Ludus Troiae e l’asse equinoziale – Paolo Galiano ©
Il giorno dopo le Eidus di Settembre, e quindi a stretto contatto con la celebrazione del dies natalis del tempio di Juppiter O M e del lectisternium offerto al Dio in tale giorno dal Collegio degli Epulones (ben diversi nella loro sacralità dal “ricco epulone” della tradizione evangelica cristiana), si teneva la Equorum Probatio, la solenne cerimonia degli Equites, distinta dalla Transvectio Equitum di Luglio: questa coincidenza di tempi dimostra il particolare rapporto tra Giove e gli Equites (1)e tra questi e l’Urbe, di cui assumevano la funzione, come vedremo, di protettori nei giorni degli Equinozi.
La Equorum Probatio era “una specie di prova iniziatica [dei giovani] per essere ammessi, una volta in età, all’ordine equestre” (2), giovani nobili che dovevano dimostrare la loro abilità nel condurre i cavalli come sembra dalle parole di Dione Cassio (3): “I figli dei patrizi fecero una giostra a cavallo, chiamata Troia, secondo l’antico costume”. Tale “prova iniziatica”, detta ludus Troiae, aveva quindi anche un risvolto “tecnico” nell’abilità di condurre la cavalcatura (simile al “capo d’opera” che l’apprendista doveva presentare ai Maestri per essere ammesso nella Corporazione), che forse comportava anche la dimostrazione della capacità del giovane di usare la lancia montando il cavallo senza le staffe (che compariranno solo alla fine dell’Impero portate in Europa dagli Àvari 4); infatti la cavalleria romana, contrariamente a quanto si ritiene, agiva come vera e propria cavalleria e solo in caso di necessità quale “fanteria smontata da cavallo”, come altrove abbiamo scritto (5).
Cosa sia il ludus Troiae o semplicemente Troia non è certo: sembra trattarsi di un arcaico rituale italico o etrusco, forse raffigurato su di una oinochoe FOTO 1
ritrovata a Caere nella necropoli della Tragliatella (6): il vaso presenta nella fascia centrale un labirinto a sette giri sul più esterno dei quali è scritta la parola “Truia”; dal labirinto sembrano uscire due cavalieri imberbi con una gru disegnata sugli scudi FOTO 2 (incerto il significato della figura seduta dietro il primo cavaliere:
un dèmone?). Davanti a loro marciano sette guerrieri FOTO 3, anch’essi raffigurati senza barba, armati con sette corte lance, o forse giavellotti, e scudo, su cui è disegnata la parte anteriore di un cinghiale, preceduti da un “istruttore” (?) nudo e seguiti da un sacerdote che porta un bastone, forse un Àugure. Dietro il disegno del labirinto vi sono due coppie impegnate in un rapporto sessuale.
La “Troia” in questione potrebbe anche non essere la città di Enea ma una località del Lazio, il cui nome per vicinanza di suono venne assimilato al nome della città da cui veniva l’eroe (7). Infatti la Vanotti ritiene che, nel passo in cui Dionisio di Alicarnasso parla del “campo fortificato” costruito da Enea nella zona attualmente del Fosso di Pratica di Mare (ove si trova il tempio di Sol Indiges), la frase di Dionisio, scritta in greco, possa avere il senso che il luogo in cui era stato costruito il campo fortificato si chiamasse Troia già prima dell’arrivo di Enea, il che significherebbe che il toponimo “Troia”
era già in uso nel Lazio (8).
Del ludus Troiae parla Virgilio nell’Eneide (9), ricordando l’esibizione dei giovani a cavallo guidati da Ascanio, prima per i funerali di Anchise in Sicilia e poi in occasione della fondazione di Albalonga, città tramite la quale il rito sarebbe giunto a Roma; i movimenti
eseguiti vengono paragonati dal poeta al disegno del Labirinto di Creta e Virgilio identifica senza esitazione il nome del rituale come derivato da quello della città di Enea.
Di sicuro il ludus è “un antico costume”, come scrive Dione, ed è collegato ad un “movimento labirintico”, il quale potrebbe essere la raffigurazione dei movimenti che i cavalieri dovevano far fare al loro cavallo per dimostrare la perfetta capacità nel guidarlo.
Il labirinto, “uno schema magico difensivo che solo a particolari condizioni permetteva il passaggio verso l’interno” (10), ha un significato misterico in quanto cammino verso un centro nascosto ai più, ed il nome stesso, da labrys, la scure a doppia lama, ci rimanda alla civiltà minoico-micenea che così spesso ritroviamo alla base dei riti più arcaici di Roma (11). La “danza delle gru” di Teseo, eseguita a Delo in onore di Afrodite per celebrare la vittoria sul Minotauro a Creta e dipinta sul Vaso François FOTO 4 e 5, era detta seguire un percorso labirintico e costituiva il prototipo della danza pirrica dei Sacerdotes Saliares in onore di Marte.
La presenza degli Equites all’Equinozio d’Autunno a nostra parere non è casuale, né d’altronde vi è “casualità” nel modo in cui i Romani costruirono il loro Calendario.
Se infatti consideriamo in una visione d’insieme l’anno romano, ci sembra di poter rilevare in rapporto con gli Equites la presenza di due assi che si intersecano: un asse temporale collega l’Equinozio di Primavera e i due Equirria connessi al Novilunio di Febbraio ed al Plenilunio di Marzo con l’Equinozio di Autunno e l’Equorum Probatio correlata al Plenilunio di Settembre;
un asse sacrale unisce, e sempre a sei mesi di distanza, la Juno Sospita (= Protettrice) delle Kalendae di Febbraio, di cui gli Equites sono i Sacerdoti, con la Transvectio Equitum delle Eidus di Luglio, commemorazione della vittoria del Lago Regillo ottenuta grazie agli Equites e allo stesso tempo momento di revisione delle centurie dei Cavalieri da parte dei Censori, revisione della loro capacità economica di mantenere l’equipaggiamento, ma soprattutto della loro condotta per stabilirne la conformità alle qualità morali indispensabili per mantenere il ruolo di eques romanus (12).
Sulla base di questi elementi il Cavaliere potrebbe rappresentare quindi il custode in armi della sacralità dell’Urbe nel tempo e nello spazio, il tempo ritmato dagli Equinozi e lo spazio protetto dall’azione guerriera degli Equites, su cui si estende la presenza salvifica degli Dèi ed il potere vittorioso di Roma (13).
Note:
1) Tale rapporto tra il Dio e gli equites non può nascere, secondo noi, se non dalla fine dell’età monarchica, con il ruolo assunto da Giove come primo tra gli Dèi di Roma: la Cavalleria di Roma era stata fondata dallo stesso Romolo e quindi essa alle sue origini, anche per il suo significato guerriero, doveva avere in Marte, divino Padre di Romolo, il suo Dio di riferimento;
2) SABBATUCCI La religione di Roma antica, Milano 1988 pag. 313;
3) DIONE CASSIO XLIII, 23;
4)
Le prime citazioni della staffa risalgono all’opera in dodici volumi sull’arte della guerra attribuita all’imperatore bizantino Maurizio, il quale combatté contro gli Àvari nel 584 (GIBBON Storia della decadenza dell’Impero romano, Roma 1973 cap. XLVI);
5) GALIANO Sciamani e Cavalieri, in www.simmetria.org;
6) Un’accurata descrizione del vaso e delle scene in VANOTTI L’altro Enea, Roma 1995. Sul ludus Troiae si veda anche BAISTROCCHI Il Cerchio magico, riti circumambulatori in Roma antica, Roma s.d. (ma probabilmente 2010, a quanto scrive Del Ponte nella prefazione), pagg. 72-88; questo Autore sembra dare al ludus Troiae un’interpretazione esclusiva di rito funerario connesso alla fondazione di città, non mettendo in risalto il particolare significato iniziatico di esso in rapporto alla classe degli equites;
7) ROSS Virgil’s Aeneid, ed. Blackwell, Oxford 2007, pag. 102;
8) VANOTTI pag. 190; il riferimento è a DIONISIO DI ALICARNASSO Ant rom I, 53, 3: “Alla fine sbarcarono in Italia a Laurento… e costruirono un campo trincerato. La località in cui si accamparono fu chiamata da allora Troia”. Anche Catone e Livio attestano il toponimo Troia in Italia, ma è impossibile dire se nel loro caso si tratti di un toponimo preesistente o successivo allo sviluppo del mito di Enea in Italia;
9) VIRGILIO Aen V, 545–560 (trad. A. Caro): “In quante si discorre / per le molte intricate e cieche strade / del labirinto che si dice in Creta / esser costrutto; in tante s’aggiraro, / si confusero insieme, e si spartiro / de’ Teucri i figli… / Questi torniamenti e queste giostre / rinnovò poscia Ascanio, allor ch’eresse / Alba la lunga; appresongli i Latini; / gli mantenner gli Albani; e d’Alba a Roma / fur trasportati, e vi son oggi; e come / e l’uso e Roma e i giuochi derivati / son da’ Troiani, hanno or di Troia il nome”;
10) BAISTROCCHI cit. pag. 76;
11) Ad esempio la cerimonia degli Argei a Maggio, arcaico rito espiatorio e purificatorio, è da molti Autori espressamente collegata ad Argo, città micenea;
12) Il titolo di eques romanus lo ritroviamo su di un cippo commemorativo dedicato a Lucio Licinio Fabio Valeriano, eques romanus, patronus et curator della città di Forum Clodii sul lago di Bracciano, praefectus, aedilis et praetor di Laurentum e Lavinium, la città di Enea, sacerdos di Mars Gradivus FOTO 6;
13) Sulla sacralità della Cavalleria e in particolare sugli Equites romani rimandiamo a GALIANO La mistica della Cavalleria medievale, in “Simmetria” n° 8 2005, Le origini della Cavalleria, in “Simmetria” 11 2007, e Galgano e la spada nella roccia, Roma 2015 (prima ed. 2007).
PAOLO GALIANO