Finis Austriae: le memorie di E. Rüdiger Starhemberg, nobile combattente della Mitteleuropa – Giovanni Sessa
Alcuni uomini incarnano un’intera epoca. Essi sono gli interpreti dell’anima di un popolo di cui conoscono e tentano di realizzare i bisogni e le aspirazioni più profonde. E’ quanto ci siamo detti dopo aver chiuso le memorie di Ernst Rüdiger Starhemberg, Finis Austriae. Memorie di un nobile combattente, nelle librerie per OAKS editrice, con prefazione di Maddalena Guiotto (per ordini: info@oakseditrice.it, pp. 381, euro 25,00). Si tratta di una nuova edizione, la prima uscì nel 1980, che riproduce i due manoscritti dell’autore, pubblicati in tedesco nel 1971. Il libro si legge d’un fiato. Starhemberg, discendente di una delle più nobili casate austriache, distintasi nella difesa di Vienna dall’assedio turco nel 1683, aduso, come tutti gli appartenenti al suo rango, alla frequenza mondana, era capace di sentirsi a casa in qualsiasi corte d’Europa. Nonostante ciò, condusse un’esistenza sobria e dedita al riscatto politico del Mondo di ieri.
Nato nel 1899, ebbe in sorte di vivere in un tempo di povertà spirituale, politica, esistenziale. Ricevette, e ne fu fiero, un’educazione severa, improntata ai valori militari. Ricorda la prefatrice: «nel 1917 […] abbandonò la scuola per entrare come aspirante cadetto volontario nel quarto reggimento Dragoni a Wels» (p. IX). Combatté sul fronte del Piave, ma il crollo della monarchia absburgica lo colse a Linz, dove era stato ricoverato in ospedale per problemi di salute: «Deluso e scontento della situazione nella quale era venuto a trovarsi il suo Paese, egli non riuscì ad adattarsi alla nuova atmosfera dei luoghi natali» (p. IX). Il Mondo di ieri, del quale ha lasciato indelebile memoria Stefan Zweig, il mondo nostalgicamente anelato in tante pagine di Finis Austriae, si era dissolto con l’impero dell’Aquila bicipite al termine del primo conflitto mondiale. Su quali valori si fondasse, che cosa significasse vivere nell’Impero, è stato reso esplicito in modo cristallino da Joseph Roth nel romanzo epocale, La marcia di Radetzky. In esso si legge: “Così era allora! Tutto ciò che cresceva aveva bisogno di tanto tempo per crescere; e tutto ciò che finiva aveva bisogno di lungo tempo per essere dimenticato. Ma tutto ciò che un giorno era esistito aveva lasciato le sue tracce, e in quell’epoca si viveva di ricordi come oggigiorno si vive della capacità di dimenticare alla svelta e senza esitazione” (Adelphi, Milano 1987, p. 28).
Eppure, in quel mondo ordinato, placido, ripetitivo nei ritmi e nei riti della quotidianità, apparentemente naturali come la pioggia incessante che bagnava le giornate del capostazione Fallmerayer nell’omonimo racconto di Roth (Il mercante di coralli, Adelphi, Milano, 1991, pp. 99-126) o come il risuonare dei passi dei Direttori nei lunghi e silenziosi corridoi dei licei Imperial-Regi, descritti con nostalgica commozione da Elias Canetti (La lingua salvata, Adelphi, Milano 1990), Giani Stuparich (Un anno di scuola, Einaudi, Torino 1961) e Franz Werfel (Anniversario dell’esame di maturità, Guanda, parma 1988), improvvisamente irrompevano le devastanti pulsioni di eros e thanatos, quasi in legame simbiotico, a travolgere i destini e le vite inamovibili di capaci e devoti funzionari.
Questi sono i due poli che agirono sul mondo interiore di Starhemberg: la nostalgia dell’ordine ed il confronto con l’emergere del disordine nella nuova realtà. Abbandonati gli studi in Giurisprudenza intrapresi a Innsbruck, si dette, anima e corpo, alla militanza nelle Heimwehren, associazioni di difesa paramilitare che, alla metà degli anni Venti, si contrapposero alle milizie della socialdemocrazia austriaca. Nel 1930, Starhemberg ne divenne il Capo federale. Nel 1921, inoltre, egli si recò a Monaco di Baviera e si unì a un Freikorps, al seguito del quale fu in Alta Slesia a combattere, dalla parte tedesca, contro i polacchi. A Monaco frequentò gli ambienti nazionalisti, combattentistici, fu testimone dell’ascesa di Hitler, tanto da partecipare al colpo di mano, ordito dal “caporale”, nel 1923. Momento dirimente per la vita del Principe Starhemberg fu la morte di suo padre dal quale ereditò, non solo il titolo, ma un patrimonio considerevole, che impiegò a beneficio delle Heimwehren. Nel 1928, tale federazione, compì un salto di qualità determinato dalla situazione internazionale. Infatti, dopo l’incontro avvenuto a Milano nella primavera di quell’anno, tra Mussolini ed il leader ungherese Bethlen, questi decisero di finanziare ed appoggiare politicamente le Heimwehren affinché propiziassero l’ascesa al potere di un governo di “destra” nel paese dell’ex Impero. L’Italia, per esercitare influenza nella Mitteleuropa, avrebbe dovuto eliminare l’ingerenza francese da quell’area. I socialisti austriaci tentarono di ostacolare il progetto di egemonia italiana. In tale frangente storico, il presidente austriaco Schober intervenne per far nominare Starhemberg alla direzione delle Heimwehren. Grazie all’intercessione di sua madre Fanny, che aveva consolidati rapporti con il Duce, Starhemberg venne ricevuto da Mussolini, che dette il proprio beneplacito alla sua leadership nel movimento austriaco.
Nonostante tale appoggio, le diverse anime che si fronteggiavano all’interno dell’organizzazione e il carattere ondivago, per certi tratti, ambivalente ed irresoluto dell’uomo, frenarono, in più di una circostanza, la sua azione politica. Poco prima delle elezioni del 1930 permise che gli uomini delle Heimwehren confluissero, in parte, con i cristiano-sociali e, in parte, nelle liste del neo costituito Heimatblock. Non ci fu il successo elettorale sperato e Starhemberg, eletto deputato, si dimise, per mostrare il proprio disprezzo per il parlamentarismo. Aveva contratto una quota debitoria cospicua per la riorganizzazione delle milizie e fu costretto a dimettersi dalla carica di Capo federale. Il fallimento dell’operato del suo successore gli permise di tornare alla guida del movimento nel settembre del 1931. Nel 1932, a Berlino, incontrò Hitler: la stampa disse di un possibile avvicinamento del nostro al nazionalsocialismo. La condizione posta ad Hitler: «era il mantenimento di un’Austria indipendente» (p. XX). Avrebbe, del resto, mai potuto un nostalgico dell’Impero, aderire al progetto monocratico, etnico e geopolitico del nazismo? Di certo no! Dal 1932, si delineò un asse privilegiato tra il nostro e il cancelliere Dollfuss, favorito anche dai rapporti, mai venuti meno grazie all’intermediazione di Eugenio Morreale, con Mussolini.
All’inizio il duo si oppose energicamente alle intromissioni naziste e alle agitazioni messe in atto dai seguaci di Hitler in Austria. Al contempo, i due uomini politici erano convinti che sarebbe stato necessario: «concludere con loro una pace […] illudendosi che questo fosse possibile senza che l’Austria si piegasse al nazismo» (p. XXIX). Il 12 febbraio 1934, il governo chiuse i conti con la socialdemocrazia. Dopo una perquisizione mirata alla ricerca di armi clandestine in possesso delle milizie socialiste, esplose una rivolta che le autorità non ebbero difficoltà a reprimere. Molti gli arresti e le fucilazioni. Starhemberg nelle Memorie riconosce: «l’eroismo con cui si erano battuti i socialdemocratici» (p. XXX). Egli mirava alla creazione di un “Austro-fascismo”, ritenendo impossibile la pedissequa imitazione di forme politiche che erano risultate positive in altri paesi. Al fine di distinguersi dal nazismo, il Principe stemperò i toni nazionalisti e non fece più riferimento a tematiche che potessero richiamare l’antisemitismo. Quando i nazisti tentarono il putsch, il 25 luglio del 1934, il nostro rientrò precipitosamente da Venezia e rifiutò l’incarico di cancelliere: Dollfuss era stato assassinato.
All’interno del fronte patriottico, divenne il simbolo dell’indipendenza austriaca e della resistenza al nazismo, che egli definì: «la barbarie del XX secolo» (p. XXXIII). Il nuovo cancelliere Schuschnigg vedeva le Heimwehren come un contropotere all’interno del governo, pertanto, per indebolirle, reintrodusse il servizio militare obbligatorio: ciò determinò, nel 1935, la fine della collaborazione con Starhemberg, nel momento in cui Mussolini iniziava ad allontanarsi dallo scacchiere mitteleuropeo, per guardare con interesse all’Africa orientale. L’Austria con l’ “Accordo di luglio “ del 1936 divenne uno Stato satellite della Germania. In questo nuovo contesto storico, Starhemberg fu tentennate, si mostrò indeciso e, alla aperture nei suoi confronti da parte del cancelliere, rispose con la richiesta del Ministero degli Esteri, richiesta che, data la situazione, non poteva essere soddisfatta. Si tenga conto che, all’interno delle Heimwehren, cominciarono a farsi sentire le voci degli oppositori, guidati da Emil Frey. Questi strappò la carica di Capo federale al rivale. Starhemberg avrebbe voluto fondare un fronte nazionale-fascista capace di opporsi alla forza politica che i nazionalsocialisti andavano acquisendo. Tale fronte avrebbe dovuto agire per una politica estera: «pantedesca ma che prevedesse […] il mantenimento dell’indipendenza dell’Austria» (p. XL). Il risultato fu lo scioglimento delle Heimwehren deciso dal Consiglio dei ministri tra il 7 e il 9 ottobre del 1936. Questo il commento del Principe: «L’idea continua a vivere» (p. XL).
Starhemberg, per fedeltà a Mussolini che gli aveva chiesto di non provocare disordini, non fece opposizione al provvedimento di scioglimento. La patria austriaca, ne aveva consapevolezza, era attraversata da odio intestino che non andava rinfocolato. Odio e disordine furono fattori decisivi per l’occupazione dell’Austria da parte delle truppe tedesche, il 12 marzo 1938. Il plebiscito del 10 aprile decretò l’annessione del paese al Reich tedesco. Il primo provvedimento dei nazisti nei confronti del Principe fu il sequestro dei beni e dei possedimenti. Dopo aver tentato di costituire un governo in esilio, esperimento presto abortito, il nostro entrò nell’aviazione militare francese. Successivamente combatté per de Gaulle in Africa Centrale e, al congedo, andò a vivere in America Latina. Dopo la guerra, la sua richiesta di restituzione dei beni, vide l’opposizione della socialdemocrazia. Anche tra i vincitori si annidavano i nemici della libertà.
Starhemberg non riuscì a beneficiare della conclusione a suo vantaggio della disputa giudiziaria. Appena rientrato in patria, fu colto da infarto mortale dopo un’accesa discussione con un giornalista comunista. Con lui usciva di scena il Mondo di ieri. Non resta altra via per tornarvi se non quella dischiusa dalle pagine di libri come Finis Austriae. In essa si respira l’atmosfera di un’altra Europa, un’Europa, comunque, ancora possibile.
Giovanni Sessa