Evola ‘Metafisica del sesso’: Magnetismo, Magia, la Donna e il Rito * – Vitaldo Conte
Julius Evola scrive a proposito del suo libro Metafisica del sesso[1]: «In quest’opera il termine “metafisica” viene usato in un duplice senso. Il primo senso è quello corrente in filosofia, dove per “metafisica” s’intende generalmente la ricerca dei significati ultimi. Il secondo senso è quello quasi letterale, esso può riferirsi a ciò “che va al di là del fisico”, nel presente caso, nel sesso e nelle esperienze del sesso»[2]. Il magnetismo della magia sexualis si esplicita nei percorsi del testo, relazionandosi con il pensiero dell’autore.
L’energia superiore del sesso
La forma propria nella quale il mondo tradizionale esprime i significati ultimi dell’essere è stata, come chiave archetipica, “il mito”. Nell’amore sessuale è riconosciuta la forma più universale in cui gli esseri cercano oscuramente di superare momentaneamente, per un’appropriazione estatica dell’Unizione, la dualità e la frontiera fra Io e non-Io, l’Io e il Tu. In questi percorsi ricorre spesso il tema della dualità o polarità originaria, posto in termini metafisici o attraverso figure divine e mitologiche. L’essere cerca di scoprire, nella stessa divinità, il segreto e l’essenza del sesso. Questo, prima di esistere fisicamente, esisteva già come energia superindividuale e principio trascendente nelle sfere del sacro, del cosmico, dello spirituale. Nella molteplice varietà di figure differenziate di dei e dee si cerca di cogliere l’essenza dell’eterno mascolino e feminino, di cui l’opposta sessuazione degli esseri umani è soltanto un riflesso. La forza energetica del sesso, radice stessa dell’individuo vivente, non può essere realmente soppressa. Può essere affermata e trasmutata asceticamente in vista della sua sacralizzazione e realizzazione di ordine soprannaturale. Il fine è il trascendimento della condizione umana in una effettiva rigenerazione e in un mutamento. La trasformazione della forza, che si manifesta ordinariamente nel sesso, avverrà anzi da sé, senza interventi violenti o specifici. Il segno più sicuro di questo conseguimento non è l’avversione puritana per il sesso bensì l’indifferenza e la calma verso di esso. Non si tratta di nulla di ciò di cui si occupa la psicanalisi: il fine non è di guarire un nevropatico sessuale alle prese con i suoi complessi. L’abuso della sessualità può invece causare una prostrazione nervosa che può ripercuotersi sulle facoltà mentali, sull’intelligenza e sul carattere. Il seme è una energia dinamica che bisogna convertire in energia superiore. Un antico insegnamento esoterico indica che il padroneggiare ogni impulso, anche solo fisico, avente una certa intensità, libera una più ampia e sottile energia. Questa può essere utilizzata per la contemplazione e la realizzazione spirituale. L’aspetto rituale ed evocatorio del sesso ha sempre avuto una funzione fondamentale nei percorsi dell’eros sacralizzato e dell’uso non naturalistico del sesso. Nel congiungimento magico-rituale tantrico si può produrre l’affioramento del piacere in sé atemporale, legato allo stato non-duale, alla suprema unità, all’incondizionato. Il significato superiore dell’amore sessuale, che non va identificato con l’istinto alla riproduzione, deve aiutare i sessi a completarsi, a integrarsi interiormente nell’immagine umana che diviene originaria. Nello spirito dello yoga tantrico si legge in un testo: «Che bisogno ho io di una donna esterna? Ho una donna dentro di me»[3]. La differenza fra uomo e donna è presente nella tradizione classica: l’uomo è elemento unitario, spirito e cielo; la donna è elemento diadico, terra e materia. Lo yang è luce, sole, fuoco, vette, spirito. Lo yin è ombra, luna, acque, anima, l’abissale. Il predominio yin è la donna; lo yang è l’uomo. In questa dinamica i due principi puri s’incontrano, attribuendo allo yin la qualità fredda, umida e oscura, allo yang quella secca, chiara e luminosa.
Magnetismo dell’amore
Il fondo dell’eros è animato da un elemento magnetico. Questo determina una polarità essenziale, generatrice di uno speciale stato di ebbrezza e di esaltazione con corrispondente spostamento del livello ordinario della coscienza. Il principio magnetico può attivarsi attraverso lo sguardo con il suo fascinum: termine usato, anticamente ma anche oggi, per indicare una specie d’incantamento e di sortilegio che vi transita. Lo stato fluidifico, la forza tsing dell’insegnamento cinese, si accende inizialmente attraverso lo sguardo, passando poi a pervadere il sangue. A partire da qual momento l’amante porta, in un certo senso, nel proprio sangue l’amante e viceversa, incurante della distanza che eventualmente può separarli. Nella lingua universale degli amanti c’è: “Ti ho nel sangue”. Questa istanza sigilla l’immagine dell’altro negli strati superiori: nel grande occhio spirituale e nell’anima. Il processo ha un andamento a corto circuito nell’amore a primo sguardo e nel cosiddetto colpo di folgore Questa possibilità può avvenire anche inaspettatamente in un fuggevole incontro, nell’avventura di una notte con una donna sconosciuta e magari con una prostituta che non si rivedrà più, secondo un miracolo che può non ripetersi per tutta la vita, nonostante rapporti affettivi con altre donne. Secondo l’insegnamento di antiche tradizioni estremo-orientali, una speciale energia o “fluidità” immateriale detta tsing si desta, reciprocamente, nell’essere più profondo di un uomo e di una donna che si frequentano anche senza contatti fisici. In questa attrazione fluidifica “si combina” la loro corrispondenza e complementarietà di yin e yang: polarità e principi puri del femminile e maschile. Questa speciale energia, magneticamente indotta, ha per controparte lo stato di vibrazione, di diffusa ebbrezza e di desiderio proprio all’eros umano. La semplice presenza della donna, di fronte all’uomo, suscita dunque il grado elementare della forza tsing e dello stato corrispondente. Maggiore sarà l’energia di questa polarità nella magia sessuale, crescente in proporzione al grado di sessuazione dei rispettivi sessi, tanto più selvaggia sarà la forza del magnetismo e la quantità di energia che si libera attraverso l’unione sessuale.
L’eros, nel rapporto senza contatti fisici, può propiziare lo stato fluidifico, producendo una intensità-vertigine quasi inconcepibile per l’uomo e la donna comuni. Amarsi e desiderarsi senza movimento, in modo continuo, aspirandosi reciprocamente in una esaltazione che procede senza tema in possibili zone di vertigine. L’uomo sviluppa il dominio di sé, alimentando questa vicinanza, “sottilizzata” ed esasperata. Una ebbrezza s’impossessa così dell’amante sulla soglia di uno stato estatico, portato al limite. Questo può essere trovato nello stesso amplesso, nell’abbraccio della donna e nella immedesimazione dissolutiva con la sua sostanza fluidifica, mettendolo in condizione di arrestare il seme e di derivare l’onda nel punto apicale dell’orgasmo erotico. Il pericolo può essere quello di una completa intossicazione sessuale, senza scampo, avendo assorbito negli strati più profondi dell’essere la forza femminile con attivazione dell’energia elementare del sesso e del desiderio. Nelle pratiche superiori di tipo tantrico l’esperienza del sesso può essere usata come mezzo per avere contatti con il soprasensibile e per intensificare l’esperienza sessuale: in modo particolare per prolungare anormalmente la durata dell’orgasmo e del piacere. Nel taoismo cinese l’uomo cerca semplicemente la sostanza fluidifica complementare: da assorbire o usare come eccitante per rafforzare la propria qualità yang. L’incontro dell’alchimia magnetica fra due esseri di sesso opposto provoca una completa ubriacatura di luce astrale, la cui ebbrezza costituisce la base della fascinazione amorosa, in quanto gli amanti vivono in una dimensione fra sogno e morte. L’aspetto tipico “sognante” negli innamorati è frequente. Questa speciale forza magneticamente indotta ha lo stato di vibrazione diffusa nel desiderio dell’eros umano. Alcuni momenti dell’amore potrebbero non esistere più: questa è la tragedia esistenziale di ogni vero amore.
L’amplesso fluidico e l’amore magico entrano nell’eros: non solo come strumento di desiderio o brama sessuale, ma come Amore con qualcosa di più sottile e vasto. I fluidi energetici entrano nella “figurazione” della magia sexualis: nel suo atto di “sprofondare” e nel “sentirsi portare in alto”. L’atto magico “avviene” nello stesso momento in cui tutte le forze e le energie, unite, riescono a toccare la radice del sesso opposto. La donna accoglie il processo: la dissoluzione e l’amalgamazione estatica “entrano” nella fusione ascetica con l’uomo. Quando lo stato di magnetismo cessa si allontana irrimediabilmente anche la sua attrazione. Il sudore e l’olfatto sono significativi nella “intossicazione fluidifica” degli amanti. Nell’antichità e in certi popoli primitivi si ritiene che il fluido di un essere compenetri l’amante fino a impregnare, oltre il corpo, anche le vesti, che si associa, in alcuni casi, al feticismo degli indumenti. Da qui le pratiche degli amanti di aspirare l’odore e di prendere con sé le vesti indossate dall’altro: può essere un mezzo per mantenere il rapporto di fedeltà quando i due sono costretti a separarsi. Il caso-limite è quello di una intossicazione erotica suscettibile a prodursi, oltre che con lo sguardo, anche con l’olfatto.
Peculiarità della donna assoluta
La donna assoluta è totalmente femmina. Due tipi di donna risultano fondamentali per esprimere il principio femminile attraverso la molteplice varietà di immagini: l’afroditico e il demetrico. Questi si presentano come gli archetipi eterni dell’amante e della madre. Il tipo demetrico appare talvolta in immagini femminili nude, anche in quelle di antiche dee, in piedi o supine. Queste, con le gambe divaricate, mostrano il proprio organo per liberare e far fluire il sacrum sessuale attraverso un’energia magica e una fecondità primordiale. In certi popoli primitivi lo stesso tema ha un’espressione vicina al disegno stilizzato dell’organo sessuale: il triangolo rovesciato, talvolta con un tratto nel vertice inferiore, che allude all’inizio della fessura vulvare. Questo è posto come simbolo o crisma di una forza magica, intesa a fertilizzare e, insieme, a far indietreggiare chi non deve avvicinarsi. Un significato analogo si evince dal gesto femminile di sollevare la veste per mostrare il sesso: gesto che nella saga delle donne licie ha lo scopo di far indietreggiare le onde minacciose. I molteplici nomi attribuiti alla Grande Dea, la Madre Terra, la magna Mater Genitrix, sono immagini del principio demetrico e della sua forza incontenibile. Nelle epifanie indù della Grande Dea appaiono varie forme di sposa del maschio divino, che ha la migliore nel principio afroditico della femminilità primordiale, quale forza dissolvente, travolgente, estatica e abissale del sesso: opposta a quella della femminilità demetrica. Nel mondo mediterraneo le dee hanno questi tratti, come Ishtar: la dea dell’amore, che è contemporaneamente anche la “Grande Prostituta” e la “Prostituta Celeste”.
Nelle tradizioni di numerosi popoli il principio femminile è stato associato, non solo al principio della “seduzione”, anche all’elemento “demonico”, che ci conduce alla metafisica della sessualità umana. Questa natura tende ad asservire e assorbire il principio della virilità trascendente o magica in funzione demetrica o afroditica: non tanto sul piano materiale e umano, con riferimento alla procreazione e al desiderio, quanto su un piano occulto. Si può parlare, per questa sua demonìa essenziale, di “morte suggente”, che all’uomo può venire dalla donna. Il suggere stesso, nella pratica sessuale della fellatio, è un gesto che esprime l’essenza di questa natura e della sua inesorabilità. Questa tendenza del femminile è presente nelle forme “infere”, quanto in quelle “celesti”: la donna può dare la vita, ma può sbarrare l’accesso a ciò che sta al di là della vita. L’altra possibilità femminile corrisponde al tipo dell’amante che, in un clima eroico e trasfigurante, desidera l’uomo come il proprio “signore e sposo”, venerandolo anche come il proprio dio. Questa, superando ogni esclusivo egoismo personale, fa della propria offerta quasi un atto sacrificale: pur conservando il potenziale disgregatore, vivificante e demonico della donna assoluta afroditica, lo libera dal lato distruttivo e suggente. L’idea della morte suggente, che può venire dalla donna, non riguarda la semplice energia vitale o nervosa ma piuttosto il principio di essere dell’uomo, della sua virilità trascendente. In relazione a ciò è stata riconosciuta nell’asceta una forma superiore di virilità. Questa oscuramente eccita e risveglia la donna assoluta. Un esempio è rintracciabile nella Salomè di Oscar Wilde[4], che rifiuta il centurione, innamorato di lei, che tutto le offre e che per lei si uccide, perché “vuole” Jokanan, il profeta: «Ero casta, e mi hai contaminato; ero pura, e mi hai riempito le vene di fuoco… Che farò senza di te?».
Nudità rituale della donna
La contemplazione della donna nella sua nudità assoluta, anatomica e spirituale, è uno dei passaggi più importanti della cerimonia misterica ed erotica. La donna “aperta” non è quella che ha subito una deflorazione, ma è quella che ha avuto l’apertura più difficoltosa della vulva e vagina mentale. Nei riti antichi del Mistero Afroditico il centro del rito è costituito da una donna nuda, distesa sull’altare o facente essa stessa da altare. La posizione talvolta indicata è quella con le gambe fortemente divaricate in modo da mostrare il sesso: l’os sacrum, la “bocca sacra”. La donna dei misteri è sempre nuda. «La nudità rituale della yogini (…) – scrive Mircea Eliade – ha un valore mistico intrinseco: se davanti alla donna nuda non si sente sorgere nel proprio essere più profondo la stessa sensazione terrifica che si prova dinanzi alla rivelazione del Mistero cosmico, non vi è rito (nell’unione con lei)»[5]. Nella sua radice ultima la fascinazione esercitata dalla nudità femminile sta nel fatto che questa esprime, nella percezione oscura dei sensi, anche l’altra nudità. Nei misteri greci la visione delle immagini nude corrisponde al grado supremo dell’iniziazione. La donna scioglie, nella propria nudità, la sostanza del suo stato vergine e abissale. La vista della donna completamente nuda è consentita, nel rito, solo agli iniziati: a questi è consentito vedere l’abissale, vedere nuda la Vergine. È da intendere qui il senso profondo in cui nell’antichità è usato il termine “vergine”: non per designare la donna che non ha avuto ancora rapporti sessuali, ma piuttosto per esprimere la sua inafferrabilità. Come la donna, che perde la sua verginità fisica con il primo amplesso, così questa perde la sua verginità magica quando diviene madre. L’abissalità della femmina divina costituisce l’aspetto Durga. L’inaccessibile ha relazione anche con la qualità fredda, che può coesistere con quella ardente e fascinosa della natura afroditica: come la figura delle Sirene, che sono considerate sia vergini che incantatrici, con la loro parte inferiore umida e fredda. Si può anche considerare il significato della nudità della donna divina nel suo aspetto Durga, in opposto a quello della nudità dell’archetipo-materno, principio della fecondità. Il nudo abissale afroditico è legato anche alla danza sacra, come quella dei sette veli. Il suo fine è quello di raggiungere lo stato di completa nudità dell’essere, assoluto e semplice. Esprime il denudarsi della potenza femminile nella sua sostanza vergine, anteriore e superiore a ogni forma. L’immagine della nudità femminile abissale può anche agire in modo letale: la visione di alcune dee nude uccide o acceca.
L’orgia rituale
Nell’orgia rituale può “spezzarsi”, attraverso il suo circuito energetico, le barriere esistenti fra l’uomo e la società, la natura e gli dei, facendo circolare, con la propria la forza, la vita e i germi di un livello più alto. Gli stessi eccessi della frenesia dionisiaca illimitata entrano nel fuoco del sacro, favorendo lo spirito di chi vi partecipa: in talune iniziazioni orgiastiche c’è la possibile rivelazione di segreti e di procedimenti rituali. Queste “feste”, a parte i casi di regressione naturalistica o di riduzione libertina, tendono a divenire un’opera di catarsi e di “lavaggio” del mentale nell’informe, neutralizzando, per mezzo del sesso, le stratificazioni della coscienza empirica. Mircea Eliade sottolinea: «Come l’immersione nelle acque, l’orgia annulla la creazione e, in pari tempo, la rigenera; identificandosi con la totalità non differenziata, pre-cosmica, l’uomo spera di tornare a sé restaurato e rinnovato: in una parola, spera di divenire un “uomo nuovo”»[6]. Il termine di lavaggio permette di stabilire ulteriori significati, in quanto nei simboli della tradizione l’acqua rappresenta la sostanza indifferenziata di ogni vita: quella allo stato interiore a ogni forma, libero da tutti i limiti dell’individuazione. Il carattere proprio delle orge rituali ha un aspetto fondamentale in quella “regressione” liberatrice nell’informe, che si svolge sotto il segno del feminile. Nella promiscuità orgiastica la risultanza più immediata, evidente, è la neutralizzazione e l’esclusione di ciò che si riferisce all’individuo sociale, attraverso la rimozione temporanea di differenze, interdizioni, vincoli. In questo contesto l’erotismo può vivere in forma nuda, priva di inibizioni: l’inconscio complesso di colpa, legato all’uso del sesso, viene meno, in quanto le oscillazioni dell’eros sono risolte in senso sacrale, opposto al bisogno bramoso dell’individuo. Il solstizio d’estate viene scelto per la celebrazione di alcune feste del genere, in quanto in questo punto dell’anno c’è la possibilità di perdersi in un illimitato sfondo cosmico, adatto alla liberazione dionisiaca.
Non si deve escludere che nel Medioevo, ricorda Evola, ci siano stati residui di riti molto antichi, estatici, che culminavano nell’atto sessuale come in un sacramento avente caratteristiche attribuite al Sabba. Alcune giovani donne affermavano di essersi recate al rito per rapimento, nel cuore e nel volere del dio che era la suprema religione. Il Sabba diviene il paradiso elargitore di piaceri estatici che non potevano essere descritti. Nelle esperienze di questo convegno diabolico appariva la sua Regina: una giovane donna nuda, spesso una vergine di particolare bellezza. «Dall’ufficiante la vergine veniva iniziata con successivi sacramenti, veniva unta e poi stuprata su un altare, il che, secondo una testimonianza, le faceva vivere “un meraviglioso e orribile tormento”. Seguiva un’orgia generale»[7]. Il suo corpo disteso diveniva un altare palpitante che officiava il rituale.
*Il testo stralcia scritti dell’autore con cui attraversa il libro di Julius Evola Metafisica del sesso su pubblicazioni e su EreticaMente’ (sito web):
_I nudi di Evola come Metafisica del Sesso, in Body Writer: pulsione di sconfinamento, taccuino Gepas, 2010.
_I nudi di Julius Evola come ‘Metafisica del Sesso’, in Pulsional Gender Art, Avanguardia 21 Ed., 2011.
_I nudi di Evola come Metafisica del sesso, in AA.VV., Studi Evoliani 2010, Ed. Arktos, 2013.
_Magia sexualis nella Metafisica del sesso, in AA.VV., Studi Evoliani 2013, Ed. Arktos, 2015.
_Evola – Metafisica del sesso: denuncia, alchimia, arte e ritualità, ‘EreticaMente’, 8 settembre 2018.
_Evola – ‘Metafisica del Sesso’ in sguardi di Magia Sexualis (Randolph), ‘EreticaMente’, 6 novembre 2018.
_Metafisica del sesso in sguardi di magia sexualis, in AA.VV., Eros, Magia, Sacro in Julius Evola, a cura di G. de Turris, A. Scarabelli, G. Sessa, Fondazione Julius Evola / Pagine, 2020.
_Sguardi di Eros, Magia e Sacro in Julius Evola (Metafisica del Sesso), ‘EreticaMente’, 6 luglio 2020.
_Julius Evola / Vita Arte Poesia Eros come Pensiero e Virus, e-book, Tiemme Edizioni Digitali, 2021.
_Evola Eros-Sesso: Pensiero Virus, ‘EreticaMente’, 27 maggio 2021.
NOTE:
[1] J. Evola, Metafisica del sesso, 1958; Ed. Mediterranee, 1969.
[2] Ivi.
[3] J. Mangetus, Bibliotheca chemica curiosa, v. 1, 1702.
[4] O. Wilde, Salomè, tragedia in un atto unico, 1891.
[5] M. Eliade, Le Yoga: immortalité et liberté, Payot, Paris 1954.
[6] M. Eliade, Traité d’istoire des religions, Paris 1949.
[7] J. Evola, Metafisica del sesso, cit.
Vitaldo Conte