Antitesi tra dialettica del politicamente corretto e lingua taumaturgica –
Eliphas Levi, l’ultimo Adepto: la Magia del Sanctum Regnum – Stefano Mayorca
La Luce del sapere e i riflessi che promana nel buio dell’ignoranza, sono il faro ermetico che guida i coraggiosi iniziati verso le assolate spiagge della conoscenza, verso il divino. I postulati dell’antica scienza magica e luminosa sono ben espressi nelle parole immortali di un grande sapiente:
“Per raggiungere il Sanctum Regnum, vale a dire la sapienza e il potere dei maghi, vi sono quattro condizioni indispensabili: un’intelligenza illuminata dallo studio, un coraggio che nulla può far vacillare, una volontà che nulla può spezzare, e una discrezione che nulla può inquinare o corrompere: SAPERE, OSARE, VOLERE, TACERE. Queste sono le quattro parole del mago…”.
Le regole appena menzionate sono state formulate da Alphonse Louis Constant, che passerà alla storia con lo pseudonimo iniziatico di Eliphas Lévi, l’ultimo degli Adepti. La figura più influente nella moderna rinascita dell’Alta Magia nacque a Parigi nel 1810. Lèvi, ragazzo dal carattere tranquillo, dotato di una notevole intelligenza, era il figlio di un povero calzolaio. Fu avviato alla carriera ecclesiastica in un seminario il cui direttore era fermamente convinto che il magnetismo animale (legato a Mesmer), fosse una forza retta dal demonio. Il giovane seminarista ne fu più attratto che spaventato. Infine fu ordinato diacono, ma si innamorò di una fanciulla e decise di abiurare la sua vocazione. Si guadagnò faticosamente da vivere svolgendo l’attività di giornalista, politico e insegnante. A causa delle sue idee scontò delle brevi pene e per tre volte finì in carcere. Era la magia però, il suo principale interesse, l’argomento che lo coinvolgeva totalmente. Lévi lesse e assimilò le opere di autori come Swedenborg, Jacob Boeheme e St-Martin. Studiò a fondo la Kabbala Denudata, di Knorr von Rosenrroth e rimase profondamente affascinato dagli scritti di Paracelso e Guillaume Postel. Fu un fervente seguace di un illuminato saggio polacco, un certo Wronski, che lo iniziò alla dottrina martinista e alla Massoneria cabalistica di ceppo polacco e russo, a sua volta influenzate dalla rinascita cabalistico-religiosa in seno agli Ebrei polacchi del XVIII secolo. Josef Maria Hoene Wronski era un matematico un astronomo e un inventore, non particolarmente abbiente, considerato dai suoi discepoli un genio e da altri un lunatico.
Credeva nel potenziale divino celato nell’Essere umano. Era convinto di avere scoperto l’Assoluto o ultima verità e attendeva una riforma della conoscenza e della società umana alla luce di essa. Lévi lo ammirava grandemente e pensava che avesse raggiunto la tanto sospirata riconciliazione del razionalismo con la religione. Nel 1856 Lévi pubblicò il suo capolavoro d’occultismo, il celebre Dogme et Rituel de la Haute Magie (Il Dogma e il Rituale dell’Alta Magia). Un’opera straordinaria, poetica e piena di forza evocativa al tempo stesso. Questo testo affascinerà le generazioni di maghi che lo succederanno. I libri successivi del geniale iniziato comprendono una dettagliata e attendibile Storia della Magia e l’immortale La Clèf des Grandes Mystères (La Chiave dei Grandi Misteri). Il grande iniziato morì nel 1875. Tra i suoi allievi, ai quali dispensava a pagamento (viveva solo di questo) la sacra scienza, vi era anche la moglie del console britannico, che descrisse il maestro come un uomo che sprigionava una profonda pace interiore. Lévi fu un teorico più che un praticante, nel suo pensiero confluiscono le teorie del Mesmer accoppiate con il concetto di corpo astrale, identificando il magnetismo animale con la luce astrale. Quest’ultima, secondo l’esoterista, è il mezzo universale, per certi versi analogo all’Etere; fluido o sostanza primigenia che tutto pervade. Tale concezione gli permise di rivalutare l’antica opinione secondo cui la realtà ultima è un’unità formata da opposti. Come un magnete, la luce astrale possiede i poli contrari, apporta il bene e il male, trasmette la luce e propaga le tenebre. Risponde alla volontà umana e il corpo astrale, o mediatore plastico, è composto da essa. Come afferma nel suo La Clèf des Grandes Mystères, la luce astrale è l’oro fluidico e vivente dell’alchimia e controllarla equivale a dominare ogni cosa:
“Dirigere le forze magnetiche significa distruggere o creare delle forme; produrre tutti gli aspetti, o annullare i corpi; equivale a esercitare l’onnipotente forza della Natura”.
Influenzato dalla credenza di Mesmer – secondo il quale il magnetismo animale poteva essere controllato mentalmente – e forse anche dal pensiero di Agrippa, Eliphas Lévi attribuì un potere esente da limiti al mago capace di impossessarsi di tale energia:
“Affermare o volere l’esistenza di qualcosa equivale a crearlo; affermare o non volere l’esistenza di qualcosa significa distruggerla”.
Tutte le procedure e le forme della magia rituale erano per lui mezzi attraverso cui il mago concentrava e dirigeva la sua volontà. Esse rientravano nella trama di corrispondenze che Lévi riportò nella teoria magica in forma modificata, psicologica. Le corrispondenze, sotto questo profilo, rappresentavano i legami che intercorrevano tra l’universo e l’anima umana, che conteneva in miniatura tutti i fattori esistenti nel mondo esterno ad essa. Egli condivise l’attrazione dei contemporanei per l’antico Egitto e accettò, sebbene non del tutto provata, l’origine egizia dei Tarocchi. Era convinto però, che i Tarocchi che circolavano ai suoi tempi fossero di derivazione ebraica. Fu proprio lui a mettere in connessione i Tarocchi con la Cabala. Collegò le Ventidue Lame dei Trionfi con le lettere ebraiche quali aspetti di Dio e dell’universo. Nel marzo del 1875, dopo avere terminato Le Cathechisme de la Paix, le sue condizioni di salute, già precarie, peggiorano velocemente e il 31 maggio, all’età di 65 anni, Lévi spira, accomiatandosi serenamente dal mondo. Dobbiamo molto al grande maestro, l’uomo che ha aperto le frontiere della vera magia e del sapere, per mostrare la strada a coloro che sarebbero venuti dopo di lui. Eliphas Lévi, mente illuminata e innovatore del pensiero esoterico, l’ultimo degli Adepti, era ormai nella Luce.
Stefano Mayorca – Riproduzione Riservata