Dracula: Sara Alice Manis e l’esegesi di un mito – Luca Valentini
“L’antichità è popolata di esseri che,
per una caratteristica o per un’altra,
ricordano il vampiro…” (1)
Il critico teatrale, il romanziere irlandese Bram Stoker quando nel 1897 si ispirò alla figura di Vlad III, principe di Valacchia, per l’elaborazione del suo racconto sulla figura ormai mitica di Dracula, non attinse solo alle testimonianze folkloriche del Centro Europa, non volle semplicemente esprimere il proprio genio narratore, ma in pagine, che permangono sempre di più nella memoria dei buoni lettori, seppe enucleare un vero e proprio mondo archetipico, organicamente composto da antichi culti ancestrali, da una forte componente personale di natura introspettiva, persino di componenti legate all’attualità ed alla politica dei suoi tempi. Dopo la pubblicazione, in linea di continuità con Stoker, del romanzo dell’amico Cristian Guzzo (2), abbiamo scoperto con meraviglia e lieto stupore l’opera in merito di una ricercatrice serena, ma decisa, al suo esordio letterario, Sara Alice Manis (3), che, per la Casa Editrice Bookabook, ha presentato al pubblico dei lettori interessati il suo “Le origini di Dracula (Il capolavoro di Bram Stoker)”.
Come tematizzeremo di seguito, lo scritto della Manis non si presenta essere una mera descrizione dell’opera di Stoker né una semplice critica letteraria di essa, ma, con rara profondità, risulta nei fatti essere una seria e molto documentata esegesi antropologica di una fattispecie archetipale dello spirito, in cui radici remote, concernenti la letteratura, l’indagine sulla personalità dell’autore e la trama del romanzo, si armonizzano in un processo conoscitivo, che forse, tra i pochi, concede una penetrazione così acuta nel fondamento esistenziale, simbolico e cultuale dell’opera di Stoker. Il testo in questione, infatti, si suddivide in quattro capitoli specifici:
Capitolo Primo – Il vampiro nel folklore
Capitolo Secondo – Il vampiro nella letteratura prima di Stoker
Capitolo Terzo – Biografia di Bram Stoker
Capitolo Quarto – Dracula: il romanzo.
Che nelle religioni precristiane siano state rappresentate delle entità ctonie e sublunari, legate come Dracula alla morte e soprattutto al sangue, è un dato oggettivo ed acquisito. Nell’ambito delle conoscenze ieratiche la morte è sempre stata affine alla traslazione del corpo e dell’anima, in quelle che si definiscono la prima e la seconda morte, in cui oltre al disfacimento della struttura osseo – saturniana poteva verificarsi o il disfacimento completo dell’agglomerato psichico o la continuità di parte di esso o la sua olimpica sublimazione: in ciò le componenti spurie o scorie hanno sempre rivestito le sembianze spettrali di larve o di simulacri, svuotati dell’originaria essenza spirituale. In tale contesto, si inserisce la diffusa necessità rituale di placare la brama delle componenti sottili e scisse, rimaste nel limbo, per le quali si invocava un percorso magico di pacificazione:
“[Apuleio] afferma inoltre che anche l’anima umana è un demone e che gli uomini divengono Lari se hanno fatto del bene, fantasmi o spettri se hanno fatto del male e che sono considerati dèi Mani se è incerta la loro qualificazione” (4).
La morte come estinzione e come fine totalizzante dell’esperienza umana, così come falsamente raccontato dalla religione cattolica, era qualcosa di non riconosciuto dalle culture arcaiche o dai grandi insegnamenti sapienziali, come testimoniano i grandi poemi omerici e virgiliani:
“La morte non era, infatti, qualcosa di assolutamente definitivo e totale…” (5).
Virgilio, in merito, nel VI canto dell’Eneide, ben ci descrive l’esistenza di un trimondo, oltre l’esistenza terrena: Tartaro – Ade – Campi Elisi (Corpo – Anima – Spirito oppure Sale, Mercurio e Zolfo in Alchimia), ripercorrono sia la descrizione di Apuleio, sia la tradizionale tripartizione della personalità, avendo ogni dominio oltremondano connessione con la priorità che in vita si è assegnata ad una componente invece che ad un’altra.
Di seguito, come documenta approfonditamente la Manis (6), il sangue nei culti ancestrali è sempre stato considerato il simbolo ed il veicolo dello spirito vitale, il traghettatore nel corpo animico quanto degli istinti tanto delle virtù divine, ed è per tal motivo che l’uso del sangue in atti sacrificali, anche cruenti, ha sempre assunto una preminenza nelle procedure invocatorie sia di natura magica sia di natura stregonica. Figure mitiche evidenziate come Lilith o le Lamie romane (7) antropologicamente non determinavano solo l’esistenza di entità telluriche, bramose di forza di nutrimento sottile per la propria sussistenza ed il perpetuarsi della propria esistenza, ma anche evidenziavano alcune delle paure ataviche dell’essere umano di essere defraudato, dal mondo invisibile, oscuro in quanto inconoscibile, della propria vitalità terrena.
Nell’ambito dell’esegesi letteraria, inoltre, il testo in analisi puntualmente ricostruisce la genesi di una letteratura sia romantica sia prettamente gotica che predilige
“il gusto per l’orrido e il tenebroso, per il misterioso, per l’orrore e il terrore, per le ambientazioni arcaiche … per l’uso di tecniche di suspense letteraria” (8).
Le belle pagine dell’autrice, infatti, testimoniano un’esigenza innata nella cultura dell’umanità, radicata nel tempo, ovvero di comprendere e di raffigurarsi immaginativamente la sfera sottile e crepuscolare della psiche, che in greco è ψυχή «respiro, soffio», quindi vita, esistenza, veicolo di mediazione tra Terra e Cielo, di cui tutte le dottrine tradizionali avevano profonda conoscenza. Anche l’intreccio con il Frankenstein di Shelley (9) del 1817, nel suo timido titanismo e nella pur non troppo velata paura per la scienza, se considerato e meditato, per esempio, insieme con il Vampiro di John William Polidori (10) del 1819, in cui primariamente riemergono le trame simboliche riconducibili alle figure classiche di Eros e Thanatos, confermano lo sviluppo di una ricerca fenomenologica inerente ad una dimensione sublunare che esiste, che c’è e che non si può far finta non vi sia, con tutte le sue implicazioni e le sua indefinite e multiformi manifestazioni. Qui si potrebbe anche ipotizzare che una certa letteratura sia nata e prosperata, come via di fuga, per gli spiriti indomiti che non volevano sottostare alle caratterizzazioni forzose e dogmatiche della fede e dello scientismo.
(Vlad III, principe di Valacchia)
Come non si può, a tal punto, non integrare la comprensione del romanzo, senza capire la personalità (11), il carattere, le vicissitudini esistenziali che Bram Stoker ha dovuto affrontare. Lo scrittore liberale, dalla sua modesta condizione economica familiare, dal dramma del figlio mancato ed il rapporto delicato con la moglie, fino ai rapporti con Henry Irving e con l’esploratore Sir Richard Francis Burton, per giungere all’esperienza teatrale del Lyceum, maturò una sensibilità particolare, anche correlata con l’occultismo (12), che si esplicitò tutta nel suo Dracula.
Saggiamente la Manis non commette l’errore di catalogare forzosamente il romanzo di Stoker in un ristretto ambito letterario, ma ne considera le
“ mille sfaccettature che rendono il romanzo così dissimile dagli esempi precedenti (e futuri), ne fanno una sorta di unicum letterario” (13).
Pertanto, le radici, la personalità dell’autore, la sua trama, nelle sue tre componenti teatrale, politica ed erotica, in merito al Dracula, ci permettono di intendere come vi sia un sentire comune che permea l’arte, la poesia, anche la letteratura, in cui l’interiorità dei popoli, dei singoli, resistono all’aridità della tecnica, del mercantilismo, della società vittoriana dell’Inghilterra dell’800, alla superstizione della religione cristiana dominante, in cui la parola è ricordo di uno stato di coscienza, è timore e paura dell’anima in questo caso, ma è pur sempre espressione di emozioni reali, abissali, ma assolutamente non confondibili con l’apparenza, con la desacralizzazione della cultura. Leggendo, infatti, “Le origini di Dracula”, ci siamo ricordati, forse non casualmente, di una bella distinzione che un critico dell’arte, un altissimo filosofo della Tradizione come Coomaraswamy operò tra popolo e proletariato, che segna, ai nostri occhi, tutta l’irrimediabile diversità tra le società del passato, rammentate anche dal Romanticismo, e la vuota contemporaneità:
“Le ragioni che spiegano questa mentalità hanno le loro radici nella distinzione tra popolo (folk) e proletariato, cioè tra organismo sociale e formicaio umano. Per il proletariato, l’alfabetismo è una necessità pratica e culturale” (14).
(Bram Stoker)
In conclusione, le parole finali dell’autrice Sara Alice Manis, reputiamo siano le indicazioni migliori per un lettore che voglia non solo leggere un romanzo accattivante, ma entrare in piena empatia con certe dinamiche interiori insite nel sentire profondo di molti popoli del nostro continente, ed oltre:
“Stoker sottolinea in continuazione il carattere religioso della “missione” dei protagonisti” (15).
Note:
1 – Sara Alice Manis, Le origini di Dracula (Il capolavoro di Bram Stoker), Casa Editrice Bookabook, Vignate (MI) 2022, p. 39;
2 – Cristian Guzzo, L’ombra di Dracula, Amazon – Brindisi, 2022, con il video di presentazione visualizzabile sul canale Youtube di Pagine Filosofali;
3 – Sara Alice Manis, bolognese di adozione, sarda di origine, laureata in Lingue e Letterature straniere all’Università di Cagliari, ha conseguito una seconda laurea in Interpretariato di conferenza presso la scuola SSLMIT di Forlì;
4 – Agostino di Ippona, La città di Dio IX,11 – il testo originale di Apuleio è ne Il Demone di Socrate;
5 – Sara Alice Manis, Le origini di Dracula, op. cit. p. 24;
6 – Ivi, p. 21;
7 – Ivi, p. 41;
8 – Ivi, p. 93;
9 – Ivi, p. 109;
10 – Ivi, p. 132ss;
11 – Ivi, p. 153ss;
12 – Nel romanzo The Lair of The White Worm (La Tana del Verme Bianco) del 1911, ivi, p. 186, è importante notare l’interessamento del personaggio Caswall Estate, proprietario della residenza ove si dipana la trama, per le scienza occulte;
13 – Ivi, p. 200.
14 – A. K. Coomarasmamy, L’illusione dell’alfabetismo, Sapienza Orientale e Cultura Occidentale., Rusconi, Milano 1977, p. 37ss.
15 – Sara Alice Manis, Le origini di Dracula, op. cit, p. 257.
Luca Valentini