Differenza del desiderio e desiderio della differenza: eros e philia nella magia erotica greco-romana – Giovanni Casadio
(1) – Il detto “Vive la petite différence”, che l’abbia inventato Voltaire o un altro ignoto pensatore libertino francese, ha una vasta pregnanza simbolica e contiene una profonda verità antropologica. Il dato di partenza evidente è che tra l’homo sapiens maschio e l’homo sapiens femmina sussiste una differenza a prima vista insignificante, che ha la sua prima manifestazione concreta in una contrapposizione tra un’anatomia convessa e un’anatomia concava. Questa piccola differenza è però alla base di un immenso frenetico attivismo degli esseri umani – di norma produttore di un peculiare piacere, ma spesso anche di cospicui dispiaceri – che si manifesta a livello fisiologico e psichico e produce del pari cospicue conseguenze nella sfera sociale, economica, politica, nonché religiosa. Se la donna è diversa dall’uomo anzitutto a livello anatomico, e poi sul piano fisiologico e psichico, questa differenza si ripercuote necessariamente anche sui modi, le procedure, le tattiche che i maschi adottano per procurarsi le femmine e le femmine adoperano per procurarsi i maschi. In tempi diversi e in culture diverse gli individui di un certo sesso hanno infatti sempre messo in opera strategie diverse per catturare l’attenzione, procacciarsi i favori (e poi conservarli) degli individui dell’altro sesso. E quando non funzionavano i naturali mezzi di seduzione era normale fare ricorso alle tecniche della magia. La magia può essere brevemente definita, accorpando le definizioni fornite recentemente da due illustri studiosi (Henk Versnel e Christopher Faraone), (2) come una tecnica di manipolazione atta a controllare e influenzare attraverso mezzi soprannaturali il corso della natura, in particolare le azioni degli esseri umani. “In definitiva può essere (considerata) una credenza nei poteri illimitati dello spirito”. (3) Nel caso della magia erotica questi poteri si manifestano con modalità che si possono riassumere in una formula molto semplice: “Mi devi amare, volente o nolente, con le buone o (funziona molto meglio) con le cattive, or ora, subito subito (h[dh h[dh, tacuv tacuv)”. (4) Il mondo greco-romano ci ha lasciato una massa notevole di documenti che attestano la diffusione enorme di questa pratica di auto illusione gratificante. Illusione che, naturalmente, in certi casi funzionava, nella misura in cui il destinatario/a della fattura era lui/lei stesso/a partecipe della stessa visione mistica del mondo e coinvolto nella stessa rete magica. A parte le numerose testimonianze letterarie (in primis l’idillio 2 di Teocrito, “Le Pharmakeutrai” ovvero “Le Incantatrici”, e l’epodo 5 di Orazio ; in entrambi i casi le operatrici, Simeta e Canidia, sono di sesso femminile), la quantità più cospicua e più genuina d’informazioni ci è trasmessa dai Papiri Magici, scritti in greco con sezioni in copto, rotoli o fogli di papiro reperiti in Egitto che contengono veri e propri manuali per l’uso degli apprendisti stregoni. Talora di poche righe, talora lunghissimi (fi-no a 36 fogli per 3274 righi come il Grande Papiro Magico di Parigi), essi risalgono tutti a un periodo relativamente tardo (dal ii al iv sec. d.C.), anche se riflettono concezioni molto più antiche sviluppate in età ellenistica (si ritiene che un buon numero di essi provenga dalla biblioteca di uno scriba-mago, sepolta col suo padrone come corredo per garantirgli le sue prerogative anche nell’aldilà). Ci sono poi cocci (ostraka) che contengono ovviamente testi più brevi (vanno dal iv fino al vi secolo d.C.). Notevolissime sono anche le tabellae defixionum, cioè “tavolette delle maledizioni”, o, più precisamente, “tavolette delle legature/ legamenti”, che erano lamine arrotolate di piombo, a volte trapassate da chiodi, di norma gettate entro cavità occulte, preferibilmente tombe di defunti di fresca data, ospitanti quindi spiriti con poteri ancora intatti. Sono scritte in latino o in greco e coprono un arco di tempo assai lungo, dal v sec. a.C. al v d.C. Infine, di importanza essenziale per l’apparato figurativo accompagnato da iscrizioni in varie lingue (oltre al greco, soprattutto il copto e l’ebraico), sono gli amuleti magici o gemme gnostiche, spesso ottenuti da minerali preziosi dotati di specifiche virtù. Nella tipologia con funzione afrodisiaca le presenze caratteristiche sono quelle della coppia Ares/Afrodite e Eros/Psiche. (5) Le fatture o malie amorose, gli incantesimi o legamenti o sortilegi d’amore, contrariamente a quello che credono molti antichisti – che sono di solito individui assai scolarizzati, e quindi illuminati, ma di rado mettono il naso fuori dalle loro biblioteche – imperversano oggi forse più che ai tempi degli imperatori romani. Una semplice ricerca sulla rete, anche solo limitatamente a documenti in lingua italiana, produce varie centinaia di link a siti con offerte molto specializzate e commenti d’ogni genere di persone che hanno vissuto tali esperienze in prima persona. Ad esempio, il Mago Arkam offre ai suoi clienti la Magia Rossa: Il legamento d’amore per proteggere il vostro amore nel tempo. Il legamento d’amore o rito dell’amore, permette di conquistare il cuore di uno specifico individuo, facendo scoccare in lui una scintilla che lo porterà in modo naturale ad innamorarsi, senza che possa percepire in alcun modo che sia stato operato un Rito Magico di legamento d’amore. Il legamento d’amore è valido anche per le persone che stanno vivendo una storia d’amore che si sta raffreddando, oppure per partner che si sono già lasciati, il Rito dell’Amore – legamento d’amore – riattiva tutti quei sentimenti e quelle energie che, nel passato, avevano fatto scoccare la scintilla dell’innamoramento, riconducendo la coppia ad amarsi come e ben più di prima. Esistono diversi legamenti d’amore che possono risolvere o influenzare negativamente un rapporto.
La distinzione fondamentale sulla loro effettiva efficacia, dipende dal fatto se questi legamenti d’amore sono meramente propiziatori, come comunemente fatto, oppure se si tratta di legamenti d’amore impositivi. La differenza credo sia evidente anche per un profano delle arti magiche. Desiderate creare un legamento d’amore duraturo che unisca il vostro amore indissolubilmente ? Desiderate proteggere il vostro legame d’amore e i vostri rap- porti affettivi da ogni influenza esterna negativa ? Il grande mago Arkam, ricorrendo ai poteri della magia rossa, elabora un forte legamento d’amore in grado di legare e proteggere a lungo il vostro amore. Seguendo antiche formule e rituali magici, crea un potente legamento d’amore espressamente studiato ed elaborato secondo le vostre esigenze personali che lega durabilmente il vostro amore e lo protegge efficacemente da ogni influenza negativa e da qualsiasi ingerenza nefasta di terze persone. Non consentite più a gelosi e invidiosi di interferire negativamente nella vostra sfera sentimentale personale, grazie a questo speciale e molto potente legamento d’amore originario del Brasile (Macumbeiros) …. Attenzione : Il legamento d’amore è adatto per legare sentimentalmente una specifica persona. Se avete necessità di procurarvi nuovi incontri e nuove relazioni sentimentali, dovete indirizzarvi al Sortilegio d’Amore. Ricordate che potete contattare liberamente il Mago Arkam per un consulto gratuito in merito al legamento d’amore. (6) Le problematiche e le procedure di seduzione (delle vittime del mago e delle vittime dei legamenti o sortilegi), insomma, non sono cambiati quasi per nulla, come risulta facilmente se si cominciano a scorrere le formule contenute nei materiali elencati sopra.
Quelli che sono cambiati (almeno apparentemente) sono i rapporti tra i due sessi nella società contemporanea secolarizzata e disincantata in cui la femmina sembra essersi del tutto (alcuni pensano fin troppo) emancipata e aver assimilato i modelli predatori e promiscui del maschio nella sfera delle tecniche di caccia al partner sessuale o matrimoniale. Per quanto riguarda il mondo mediterraneo antico, comunque, il lavoro di cernita dei materiali e la fissazione di certe tassonomie in chiave di gender, cioè “genere (sessuale)”, è stato portato avanti con grande dottrina e acribia negli ultimi anni da parte soprattutto di classicisti americani come John Winkler, Christopher Faraone e – su una linea divergente – M. W. Dickie. Dallo studio dei documenti antichi, in specie quelli di lingua greca e latina, si ricava – almeno apparentemente – la conferma di quanto si era anticipato in esordio riguardo al dimorfismo sessuale che caratterizza la pratica della magia erotica nel mondo greco-romano. Gli incantesimi erotici praticati nel mondo greco-romano sembrerebbero potersi ripartire in due categorie distinte in maniera quasi polare : una raggruppa gli incantesimi usati dagli uomini (con ricorso al mago o al formulario fai da te) nei confronti delle donne allo scopo di indurre una disposizione all’eros (attrazione sessuale e passione incontrollabile) nelle vittime designate, (7) un’altra raggruppa gli incantesimi adoperati dalle donne nei con- fronti degli uomini al fine di stimolare, o rinfocolare, in essi una disposizione alla philia (cioè affetto, un attaccamento devoto a base non prevalentemente sessuale). (8) Facciamo ora seguire un florilegio di formule tratte dalla prima categoria di testi rituali, noti col nome tecnico di agogai, alla lettera “trascinamenti forzosi” ovvero “seduzioni”, da intendersi sia nel senso comune sia in quello etimologi- co del termine derivato da seducere, cioè guidare a forza fuori dalla retta via, traviare (nel latino ecclesiastico tardo), o anche philtrokatadesmoi, “legamenti d’amore” (philtron significa etimologicamente qualsiasi mezzo che induce all’amore, philia). (9) Dapprima presentiamo una sezione del Grande Papiro Magico di Parigi che si intitola “Legamento d’amore miracoloso” (filtrokatavdesmo~ qaumastov~), trascritto nella prima metà del iv secolo d. C. ma riflettente un’ideologia assai più antica. (10) Con cera (o argilla) che ti sarai procurato da una ruota di vasaio plasma due figure, una maschile e una femminile. Forgia la figura maschile a somiglianza di Ares armato che brandisce con la mano sinistra una spada puntata alla regione sottoclavicolare destra della figura femminile; la donna terrà le braccia dietro la schiena e sarà inginocchiata. … Prendi tredici aghi di ferro e mentre ne conficchi uno nel cervello pronuncia: ‘Infilzo il tuo cervello o nome della donna’. Infila due aghi nelle orecchie, due negli occhi, uno nella bocca, due negli ipocondri, uno nelle mani, due nei genitali, due nelle piante dei piedi e ogni volta ripeti: ‘Infilzo questa parte di eadem, perché il suo pensiero non si rivolga a nessun altro, ma solo a me nome dell’uomo’. Al tramonto deponi il tutto presso la tomba di un individuo morto di morte prematura o di morte violenta, ponendovi accanto anche fiori di stagione.
La formula da scriversi e pronunciarsi è la seguente. ‘A voi affido questo legamento, o dei sotterranei … Scongiuro tutti i demoni di questo luogo di assistere questo demone. In mio aiuto svegliati, chiunque tu sia, maschio o femmina, e insinuati in ogni luogo, in ogni strada, in ogni casa, conduci e costringi: conduci eadem, la figlia di nome della madre, di cui tu hai il dominio magico, e falla innamorare di me idem, figlio di nome della madre. Che eadem non sia scopata né inculata né abbia alcun tipo di piacere con altro uomo ad eccezione di me solo idem. Che eadem non possa né bere né mangiare, né amare, né essere forte, né essere sana; che eadem non trovi sonno senza di me idem … Ti supplico, o demone dei morti … insinuati in ogni luogo, in ogni strada, in ogni casa, e portami eadem, distoglila da cibo e bevanda, e non permettere che eadem conosca altro uomo e ne tragga piacere – nemmeno suo marito – ad eccezione di me solo, idem. Trascina eadem per i capelli, per le viscere, per la psyche [che è poi la vagina] verso di me idem, ogni ora dell’eternità, notte e giorno, finché lei venga a me idem e lei eadem rimanga inseparabile da me. Agisci, uniscila a me per tutto il tempo della mia vita e obbliga eadem ad essere schiava di me idem, e non si distacchi da me per una sola ora dell’eternità. … Guida, costringi eadem ad apprezzare, amare e desiderare idem, poiché ti scongiuro, o demone dei morti in nome del terribile grande iaeo ecc. ecc., guida eadem a me ; che accosti testa a testa, unisca labbra a labbra, accosti ventre a ventre, avvicini coscia a coscia, congiunga sesso a sesso e soddisfi i suoi appetiti sessuali eadem con me idem per tutto il tempo dell’eternità. Un altro esempio eloquente è il “Rituale magico (agoge) proferito mentre brucia la mirra”, parimenti tratto dal Grande Papiro Magico di Parigi. (11) Mentre la mirra brucia sul carbone pronuncia il logos. Logos : Tu sei Zmyrna (= Mirra), tu sei amara, aspra, tu riconcili chi si combatte. Tu bruci ed obblighi ad amare chi nega l’amore. Tutti ti chiamano Zmyrna, io invece ti chiamo colei che divora la carne e brucia il cuore. Non ti mando lontano in Arabia, non ti man- do a Babilonia, ma ti mando da nome della donna, figlia di nome della madre, perché tu mi assista con lei, perché tu la guidi a forza da me. Se vuole sedersi, non farla sedere ; se vuole conversare con qualcuno, non permetterle che conversi ; se osserva qualcuno, non lasciarla osservare ; se si avvicina a qualcuno, non permetterle di avvicinarsi ; se passeggia, non permetterle di passeggiare ; se beve, non permetterle di bere ; se mangia, non lasciarla mangiare ; se bacia qualcuno, non permetterle di baciare ; se trova piacere con qualcuno, non permetterle di trarre piacere ; se dorme, non lasciarla dormire, ma abbia solo me in mente no- me della donna, me solo desideri, me solo ami, esegua tutti i miei voleri. Non penetrare in lei attraverso gli occhi, non attraverso i fianchi, non attraverso le unghie e nemmeno attraverso l’ombelico o attraverso le membra, ma penetra nella sua psyche [che è poi la vagina, in fondo alla quale in questo immaginario maschio-centrico c’è poi il nucleo, l’anima della donna], conficcati nel suo cuore e bruciale le viscere, il petto, il fegato, il respiro, le ossa, il midollo, finché venga a me nome dell’uomo, per amarmi ed eseguire tutti i miei voleri. Perché io ti scongiuro, Zmyrna, appoggiandomi a tre nomi, Anocho, Abrasax, Tro, e ai più efficienti e forti Kormeioth, Iao, Sabaoth, Adonai, perché tu, o Zmyrna, esegua i miei ordini. Come io brucio te, e tu sei potente, così di colei che io amo nome della donna brucia il cervello, consuma col fuoco e strappale le viscere, fai stillare il suo sangue, finché venga a me nome dell’uomo, figlio di nome della madre. È improprio rendere il termine logos che definisce il testo di questo rituale con preghiera. (12) Anzitutto, perché quella che segue non è una preghiera ma una formula di scongiuro con tutta la forza costrittoria che la contraddistingue. (13)
In secondo luogo perché si tratta precisamente di un logos, un discorso forte analogo ai hieroi logoi (da intendersi nel senso specifico di “narrazioni mitiche con valore mistico”) della tradizione religiosa greca arcaica, in particolare orfica e platonica. I testi magici infatti assumono spesso la forma espressiva del racconto mitico, “sometimes in direct reflection of ‘myths’ we know from more synthetic ‘my- thographic’ collections and sometimes with no known archetypes or sources, as if the composer invented the myth ad hoc”. (14) In questo caso, la Mirra invocata è certo la mirra gommaresina aromatica, estratta da un arbusto del ge- nere Commiphora, che cresce sulle rive del mar Rosso, il cui nome deriva da una radice semitica mrr, che significa appunto “amaro”. Ma è anche l’eroina Myrrha o Smyrna, cantata in un epillio da Gaio Elvio Cinna, il raffinato poeta amico di Catullo, e poi da Ovidio in una ben nota sezione del decimo libro delle Metamorfosi (10, 298-524). Mirra è, nel mito, proprio colei che “brucia ed obbliga ad amare chi nega l’amore”. Essa infatti riesce nell’ impresa disumana di fare l’amore col padre Cinira (o Teia), re di Assiria (o di Cipro) di cui è caduta follemente innamorata per la gelosia di Afrodite. Con l’aiuto della pietosa e astuta nutrice, Mirra riesce a giacere per varie notti di seguito col padre inconsapevole della sua vera identità, fino a quando egli, desiderando vederla in volto alla luce di una lanterna, scopre di avere violato la figlia, e tramutato il piacere in ira, la insegue per ucciderla. Smyrna fugge pregando gli dei di renderla invisibile, e costoro, pietosi, la trasformano in un albero dalla resina profumata: la mirra. Dopo nove mesi l’albero si apre e dal suo fusto viene alla luce il bellissimo Adone, di cui sarà detto “che fece scontare [ad Afrodite] le sofferenze della madre” (Hyg. Fab. 57). (15) Le linee di questa storia mitica fondata su pulsioni fatalmente trasgressive si intravedono nel testo dello scongiuro che è del resto farci- to di elementi geografici (Arabia, Babilonia) e onomastici (Iao, Sabaoth, Adonai …) che rimandano alle figure del mito di chiaro stampo semitico. Oltre alle relazioni di prima mano contenute nei papiri magici le pratiche e le formule della magia erotica sono presentate in vari luoghi della letteratura greca e latina. Elenchiamo i più emblematici, in ordine cronologico. Il primo e il più rilevante è il l’dillio 2 di Teocrito, intitola- to Pharmakeutrai (“Le incantatrici”), in cui l’infoiata Simeta aziona l’uccello magico Iunx o Torquilla e scongiura la Luna al fine di ricondurre a sé, con tutti i mezzi, vivo o morto (“se continua a darmi pena busserà alle porte dell’Ade”: v. 160), l’aitante ma volubile atleta Delfi. (16) Altrettanto rappresentativo è l’epodo 5 di Orazio, di cui è ancora protagonista una donna in preda ai furori della libidine. Con l’aiuto delle sue tre accolite, la truculenta Canidia mette in opera tutto il repertorio dei philtra o sortilegi stregoneschi, incluso il sacrificio di un puer del quale usa il fegato nella produzione di un infallibile poculum amoris, per costringere a tornare a lei ardente d’amore l’infedele Varo. (17) In Ecl. 8, 64-109, che è un’imitazione dell’idillio di Teocrito sopra citato, Virgilio rappresenta la strega innamorata (forse la stessa Amarilli invocata come assistente) che con carmina appropriati ed erbe incantate cerca di riportare a casa il fuggitivo Dafni, ormai in preda a smanie erotiche indotte attraverso la fu- sione di un pupazzo di cera e il bruciamento di un allo- ro : Daphnis me malus urit, ego hanc in Daphnide laurum (v. 83). (18)
Nel Satyricon di Petronio (130, 7-131, 5) il protagonista Encolpio per curare la momentanea impotenza ricorre ad una anicula, che si dà da fare con le sue arti magiche (fili variopinti intrecciati, polvere impastata con sputo, sassoli- ni gettati in grembo). Il carmen (sortilegio) ottiene effetto immediato, grazie soprattutto ad un’efficace manipolazio- ne del membro colpevole. (19) Anche in questo caso l’oggetto dell’incantesimo erotico è un maschio in qualche modo inadempiente, mentre le operatrici sono entrambe femmine, sia la vecchia maga sia la bella Criside tormentata dagli spasimi della libidine insoddisfatta. Luciano, negli Amanti del falso (Philops. 14-17), riferisce invece quello che sembra uno dei rari casi descritti in dettaglio nella letteratura antica di un soggetto maschile (Glaucia) che ricorre alle arti di un mago (Iperboreo) per procacciarsi i favori di un oggetto di desiderio femminile (Criside, moglie di Demea). L’incantesimo consiste di un rituale di negromanzia seguito dalla deviazione di corpi astrali e infernali e infine dall’invio di un accolito (un amorino plasmato col fango). (20) Echi delle pratiche di magia afrodisiaca, senza una descrizione del rituale, si trovano naturalmente in vari altri luoghi della letteratura antica, greca e latina, (21) ma gli esempi addotti bastano a farsi un’idea di questa realtà come era vissuta nella koine greco-romana dalla età ellenistica fino alla cristianizzazione dell’impero romano nel iv-v secolo (che però non portò affatto alla fine di queste pratiche). (22) Molto istruttiva ci sembra peraltro la comparazione con le formule che si trovano in un testo di magia erotica appartenente al medioevo scandinavo, precisamente lo Skírnismál (“Discorso di Skírnir”) o För Scírnis (“Viaggio di Skírnir”), uno dei poemi che compongono l’Edda poetica. (23) L’argomento è il seguente: il dio Freyr si è perdutamente innamorato della bella gigantessa Gerðr e il suo servitore Skír- nir affronta un lungo viaggio in nome del suo padrone nel tentativo di convincere la bella Gerðr a concedersi a Freyr. Giunto al cospetto di Gerðr, Skírnir si dà da fare per gettar- la tra le braccia del suo padrone. Dapprima la tenta offrendole dei doni: mele d’oro e un anello prezioso, ma Gerðr rifiuta quanto le viene offerto. Allora Skírnir passa alle minacce: mostra alla fanciulla la spada avuta da Freyr, senza che lei ne sia intimorita. Poi, in un lungo monologo che da solo occupa quasi un quarto del poema, Skírnir descrive a Gerðr il destino di povertà, angoscia e follia che le è riservato se non accetterà le offerte d’amore di Freyr, e pronuncia infine le magiche rune che costringono la fanciulla a cedere alla richiesta. (Nel seguito si apprende che la ritrosia di Gerðr è vinta: la fanciulla promette di incontrarsi con Freyr entro nove notti. Skírnir, ritornato a casa, riferisce a Freyr la buona notizia, ma il dio consumato d’amore mormora che non sa se potrà resistere per ben nove notti, tanto è possente il suo desiderio). Il contenuto delle rune è perfettamente analogo, nel tono e nel linguaggio, a quello del- le agogai dei papiri magici. Il leit motiv è infatti quello della minaccia, in forme improntate a violenza e crudeltà. Eccone un florilegio. “Con una verga che doma ti toccherò, e ti domerò, fanciulla, ai miei desideri; là tu andrai, dove i figli degli uomini mai più ti vedranno”. “Sul tumulo dell’aquila siederai di buon mattino, fisserai lo sguardo fuori dal mondo, agognerai Hell; il cibo sarà per te più ripugnante che a ciascuno degli uomini tra i viventi il serpe scintillante”. “Che tu sia mostruosa a vedersi quando esci, che Hrímnir ti fissi, che ogni creatura ti guardi! Che tu sia più nota del guardiano tra gli dei, possa tu restare a bocca aperta davan- ti al cancello!”. “Follia e urla, tormento e frenesia, crescano in te lacrime con afflizione! Siediti, e io ti dirò un mare di tormenti e una doppia afflizione”. Oltre alla morte e a torture di vario genere la minaccia più terribile si concreta in una predizione di frustrazione sessuale: “Con un orco a tre teste dovrai accontentarti di vivere, oppure starai senza un uomo ; la bramosia ti assalga, la consunzione ti consumi ! Sarai come il cardo che si dissecca dopo il raccolto”. Infine un’ultima minaccia che lascia però aperta una scappatoia: “Un ‘Gigante’ inciderò per te e tre lettere : ‘Lascivia’, ‘Furore’ e ‘Frenesia ; ma io le potrò distruggere così come le ho incise, se ve ne sarà bisogno”. (24) È evidente che la fantasia maschile quando si tratta di domare alle proprie voglie una donna va per le spicce e si riduce a una gamma di varianti molto elementare. Il dimorfismo sessuale a livello comportamentale in questo settore delle pulsioni di base non pare comunque molto accentuato nel contesto greco-romano, che è quello che noi conosciamo meglio. Come si è anticipato, Faraone si sforza invece di delineare una tassonomia bipolare, basata principalmente sul genere (sesso) degli agenti dell’opera- zione magica e delle loro vittime, e distingue due categorie di rituali: “those rituals used mainly by men to instill erotic passion (eros) in women and those used primarily by women to maintain or increase affection (philia) in men”. (25) In altre parole, “ancient Greek love charms … divide easily into distinct categories, those used primarily to inflame wo- men with eros, and those generally deployed against men to encourage feelings of philia toward their wives and other social underlings”. (26) Una griglia ermeneutica, codesta, che appare prima facie psicologicamente assai seducente e persuasiva, oltre che politicamente corretta. E l’autore non manca di rincalzarla con innumerevoli esemplificazioni della prima categoria, quelle delle agogai o philtrokatadesmoi, tratte prevalentemente dai documenti papiracei ma anche dalle iscrizioni su lamine di piombo. (27)
Dopo aver passato in rassegna questa orgia di sadica violenza che (come si è visto nei due esempi tratti dal Grande Papiro Magico di Parigi) comprende tutto il repertorio cui può ricorrere una fantasia maschile malsana, dalla frusta, al fuoco, al ferro alle più sottili torture della fame, della sete, del sonno, il lettore at- tende con ansia la presentazione della casistica delle malie erotiche – prevedibilmente più addomesticate e carezzevoli – escogitate dalla fantasia femminile per garantirsi l’affetto e l’assiduità del proprio partner. Purtroppo l’attesa resta delusa. A parte i casi, puramente mitici, e ambivalenti, di Hera e Deianira, (28) l’autorevole filologo italo-americano (29) di Chicago non riesce a trovare, e quindi non cita, nessun esempio di tattiche magiche usate da donne per produrre nei maschi attitudini di philia. Dedica invece uno spazio notevole e una serie incalzante di ingegnosi argomenti al fine di spiegare, anzi – per utilizzare una formula critica effica- ce tratta dal linguaggio dell’ermeneutica storico-religiosa – al fine di “spiegare via” (“to explain away”), cioè liquidare tutte le – molte – “apparenti”eccezioni. Nel corpus degli incantesimi erotici di tipo agoge, atti cioè a provocare eros con mezzi coercitivi violenti, ben sette infatti vedono donne come soggetti attivi e uomini come oggetti passivi. E le afflizioni minacciate sono sempre quelle: fuoco nelle viscere, insonnia, insania e ogni genere di malanni se il giovanotto non si precipita alla svelta a sedare i furori erotici della donna operatrice della magia. (30) Per il Nostro la soluzione è a portata di mano: le donne che praticano le agogai, forme tradizionali della magia maschile, sono tutte cortigiane o prostitute, in quanto “courtesans and prostitutes appear regularly in later literary evidence as users of agoge spells”. (31) Ma bastano queste testimonianze a provare che tutte le donne che praticano questo tipo di magia erotica sono meretrici professionali, se il contesto non fornisce prove adeguate ? Così pare a Faraone, il quale, trovandosi nella necessità di piegare ogni caso peculiare alla propria griglia ermeneutica precostituita, fa anche di Simeta, che a ogni impregiudicato lettore appare una signora della società alessandrina del iii secolo a. C., una cortigiana di alto bordo come quelle che furoreggiavano nell’Atene di Pericle e nelle corti rinascimentali (in primis Roma e Venezia) di Pietro Aretino. (32) Il caso della Canidia oraziana, della quale si può dire tutto il male possibile fuorché che esercitasse il mestiere più antico del mondo, (33) è liquidato astutamente prospettando la possibilità che sia da ascrivere alla categoria delle vedo- ve, donne notoriamente diverse e pericolose nelle società mediterranee antiche in quanto eccessivamente “prone to erastic behaviour”. (34) Insomma, l’identità sessuale non di- pende tanto dalla realtà biologica quanto dalla costruzione sociale, secondo uno slogan ben noto dei “cultural studies” ereditato dal costruttivismo sociale di P. Berger e Th. Luckmann. (35) Le donne professioniste del sesso utilizzano la magia erotica di tipo aggressivo che è di norma prerogativa dell’altro sesso perché culturalmente e socialmente agiscono e interagiscono come maschi, allo stesso modo che gli uomini socialmente inferiori (schiavi, liberti e in genere clientes) sono culturalmente costruiti come delle femmine Tali conclusioni, basate su una griglia di lettura che è la risultante di una personale, difficile combinazione di vari approcci (studiose femministe come Eva Keuls e Amy Richlin, filologi militanti del “gay liberation movement” come D. M. Halperin e Jack Winkler, tutti più o meno vessilliferi impenitenti del verbo di San Michel Foucault) (36) cozzano invero contro la cruda realtà delle fonti e contro il senso comune. Nella società ellenistica, che ha avuto regine autocrati come Arsinoe II e Cleopatra, in quella romana tardo-repubblicana, in cui furoreggiavano matrone dall’adulterio facile come Clodia e la figlia Cecilia Metella, e infine in quella imperiale, nella quale non mancano imperatrici sessualmente disinibite come Messalina e Teodora, esistettero in realtà svariate donne prive di tutori maschili, dotate d’indipendenza economica e non afflitte da scrupoli moralistici di radice culturale o religiosa : al riguardo esiste una ricca documentazione. (37) Se la si analizza senza for- mule ermeneutiche prefabbricate, si può tranquillamente concludere che “the spells cast in Late Roman Egypt by women to lure men or other women to them do not gre- atly differ in form from binding-spells directed by men at women. Almost all the expressions found in them have their counterparts in spells aimed by men at women”. (38) Le forme in cui si estrinsecava la loro libido non erano – e non potevano essere – molto diverse dalle forme in cui si mani- festa – se non è compulsata dai rigori della lex e del mos – la libido femminile in ogni tempo e ogni luogo, forme di cui le immagini letterarie di Simeta e Canidia sono l’espressione eloquente e paradigmatica. (39)
Note:
- Il presente testo trae ispirazione dal Convegno Dalla magia elementare alla teurgia, organizzato dalla Sezione romana dell’Accademia dei Filaleti “Isidi Pantheæ”, all’Hotel Victoria di Roma, Sabato 24 aprile 2010.
- Cfr. Faraone 1999, 16. Per la problematica teorica basti rimandare a Middleton 2005, 5569, che, rinunciando a ogni tentativo di definizione di valore interculturale, ascrive la magia alla sfera più generale dell’occulto, “which varies from one society to the next”. Sulla magia nel mondo mediterraneo antico si è di recente pubblicato e soprattutto teorizzato anche troppo. Per una lucida – benché non sempre condivisibile – proposta di “studiare la magia nell’impero romano, da un punto di vista pagano” cfr. Mastrocinque 2009, 87.
- Luck 1997, 5.
- 4 Una definizione sintetica ed efficiente è quella di Dickie 2000, 65 : “Erotic magic should be taken to mean any form of magic in- tended to manipulate the sexual behaviour of others”. 5 Faraone 1999, 52, 68 e 45, 53, 58, 64, 101, per la prima e la seconda coppia rispettivamente.
- Cfr. Faraone 1999, 16.
- Dal sito del Mago Arkam, “Grande Mago Voodoo di Magia Bianca, Magia rossa e Magia Nera, profondo conoscitore di ma- gia rossa, magia bianca e magia nera” : www.1arkamilmago.com/ sitemap.htm, 23 genn. 2011.
- Che possono eventualmente essere maschi passivi. A fronte di 67 incantesimi di tipo eterosessuale noti, solo 1 è di tipo omo- erotico, mentre 3 si prestano a uso bisessuale (cfr. Faraone 1999, 43 n. 9).
- Così Faraone 1999, ix, che parla a questo riguardo di una “nuova tassonomia bipolare”, e sviluppa la sua tesi a più ripre- se : cfr. pp. 27-30, 119-121, 132, 146-147 e 159-160. Come vedremo, si tratta di una categorizzazione largamente virtuale, almeno per quello che riguarda i papiri magici.
- Cfr. Faraone 1999, 24- 27 ; Dickie 2000, 565-568 e 573-577, con annotazioni acute e spregiudicate.
- PGM 4, 297-408 = Luck 1997, nr. 16, pp. 154-161. Si è ripresa la traduzione di Simonetta Feraboli, ivi, con gli adattamenti e i tagli opportuni.
- PGM 4, 1496-1546 = Luck 1997, nr. 19, pp. 166-169. Traduzione originale.
- Come fa Feraboli in Luck, cit.
- Con buona pace di Faraone 1999, 137-138, rientro tra que- gli “scholars who insist on a firm Frazerian distinction between magic and religion”.
- Frankfurter 2009, 229. Il mito (mythos) come specifica for- ma letteraria con una sua valenza simbolica è onnipresente nel corpus dei testi in lingua greca, ai quali il dedicatario di questa collettanea ha dedicato una serie di contributi fondamentali. Per la realtà ‘emica’ del mito cfr. specialmente Cerri 1984 ( = 1987), ripreso in Cerri 2007 come capitolo d’apertura, che valorizza la riflessione greca sul mito come “racconto fittizio” lungo la linea che va da Senofane al Platone della Repubblica.
- Un elenco molto dettagliato delle fonti classiche, tardo-antiche e rinascimentali (in originale o in traduzione) sul mito di Cinira e Mirra è reperibile nel sito ICONOS, un progetto dell’Università La Sapienza di Roma.
- Testo, traduzione e commento in Luck 1997, nr. 4, pp. 94-105 e 443-448. Cfr. Faraone 1999, 83 e 139-144.
- Testo, traduzione e commento in Luck 1997, nr. 6, pp. 107- 113 e 450-457. Lo stesso quartetto capeggiato da Canidia è colto all’opera sull’Esquilino da Orazio in Sat. 1, 8, dove carmina e venena, ossa ed erbe, sangue, lana e cera sono utilizzati in prati- che di magia nera a sfondo sadomasochistico, in quanto la defi- xio del pupazzo maschile è finalizzata a infliggere torture atroci all’amante infedele (cfr. Luck 1997, nr. 7, spec. p. 460). Faraone 1999, 158 n. 97, non solo sbaglia la citazione inventando un inesi- stente v libro delle Epistole (Epistle 5, 41 invece di Epode 5, 41), ma tutto preso dallo svolgimento del suo teorema post-foucaultiano attribuisce a Canidia la mascula libido (“masculine passion”) della strega riminese Folia, mascolina certo nel senso che assumeva il ruolo del maschio in rapporto ad altre femmine (evidentemente un’anticipazione di mascula Sappho in Ep. 1, 19, 28). Su mascula libido cfr. Stratton 2007, 71-105, spec. 83, che peraltro cade negli stessi trabocchetti.
- Testo, traduzione e commento in Luck 1997, nr. 8, pp. 117- 119 e 461-465.
- Testo, traduzione e commento in Luck 1997, nr. 12, pp. 150- 153 e 488-489, del quale condividiamo l’interpretazione ironica. Difficili le comparazioni greco-mesopotamiche di M. L. West, accolte da Faraone 1999, 19 n. 82.
- Cfr. Faraone 1999, 169, per gli aspetti antropologici.
- Si veda la sezione “The Ubiquity of Love Magic”, in Farao- ne 1999, 5-15 (da Omero alla letteratura pseudo-epigrafica orfica, democritea, pitagorica) ; Faraone 1999, 38, per le importanti testi- monianze di Luciano e Apuleio ; e Dickie 2000, 577-582, da cui si evince che il ricorso alle pratiche della magia erotica era diffuso in pari misura tra gli uomini (prevalentemente giovani scapoli) e le donne ( in prevalenza meretrici, mogli annoiate del consorte o vedove). Si aggiunga inoltre Prop. El. 1, 1, 19-24, in cui il poeta vagheggia di ricorrere come extremaratio ai maghi o alle streghe che sanno “tirare giù la luna” (cfr. Verg. Ecl. 8, 69) per domare i capricci di Cinzia : At vos, deductae quibus est pellacia lunae et labor in magicissacra piare focis, en agedum dominae mentem convertite no- strae et facite illa meo palleat oremagis ! tunc ego crediderim amnes et sidera vobis posse Cytinaeis ducere carminibus”; e Silio Italico, Punica, passim (Anna e Annibale : cfr. Rybakova, in stampa). E soprat- tutto non si dimentichi la mirabile definizione (e demolizione) della magia d’amore, basate forse su una sua sofferta esperienza personale (cfr. Brisson 2009), da parte del grande Plotino, Enn. 4, 4, 40-44. Prima un’ eziologia e fenomenologia (40) : “E infatti, an- che senza alcuna pratica magica, molte cose nascono come per magico incanto : poiché nell’universo la vera magia sono l’amore (philia) e la contesa (neikos). È questo il primo mago e stregone, che gli uomini conoscono bene e ai cui filtri e incantesimi ricorrono nei loro rapporti. E poiché amano per natura, e i materiali che suscitano l’amore sono efficaci nelle loro relazioni, così è sorta l’arte di provocare l’amore con la magia, applicando per contatto a diverse persone materiali diversi, che hanno il potere di attrarre una persona verso l’altra, in quanto contengono in sé una sostanza erotica. E così uniscono un’anima con un’altra come chi legasse insieme delle piante separate”. E poi una finale sconfessione, almeno per quanto riguarda il saggio (spoudaios): “Egli è, nell’anima sua, insensibile alla magia e la sua parte razionale non ne patisce l’influsso e non altera il suo pensiero; ma nella parte irrazionale, che appartiene alla totalità del suo essere, egli patisce, o meglio è quella parte che patisce in lui. E i filtri in lui non provocano amori, dato che l’amore dipende dal consenso che l’anima superiore dà alla passione dell’anima inferiore” (43). Il tutto si gioca dunque in una visione della simpatia tra le po- tenze del cosmo in interrelazione col microcosmo uomo che è dominato da analoghe forze. Ma non è così per tutti gli uomini. “Soltanto la contemplazione (theoria) ci resta, non influenzabile dalla magia: nessuno che si concentri su sé stesso è soggetto agli effetti della magia” (44). Trad. di G. Faggin (40 e 43), originale (44).
- Sulla costante presenza del ricorso a ogni tipo di magia an- che negli ambienti del clero si veda ad es. Rizzo 2002. 23 Testo preservato nel Codex Regius, manoscritto del xiii secolo, anche se la critica è generalmente d’accordo nel datare la composizione alla prima metà del x secolo, se non addirittura intorno al 900, probabilmente in Norvegia. Si è pensato che il poe- ma fosse recitato, forse in una sorta di rituale ierogamico. Gli dèi non compaiono a fornire lunghe esibizioni di sapienza mitologi- ca, ma come protagonisti di una vicenda, una vicenda d’amore.
- Testo preservato nel Codex Regius, manoscritto del xiii secolo, anche se la critica è generalmente d’accordo nel datare la composizione alla prima metà del x secolo, se non addirittura intorno al 900, probabilmente in Norvegia. Si è pensato che il poe- ma fosse recitato, forse in una sorta di rituale ierogamico. Gli dèi non compaiono a fornire lunghe esibizioni di sapienza mitologica, ma come protagonisti di una vicenda, una vicenda d’amore.
- Le traduzioni sono di del Zotto 2010, 180-186, che fornisce altri esempi di rune magiche “per ottenere l’amore delle donne” (kvennagaldur) tratte dal folklore norvegese, anglosassone e islan- dese.
- Faraone 1999, ix.
- Faraone 1999, 132. Cfr. n. 8, supra, per ulteriori rimandi.
- Cfr. Faraone 1999, 41-66, 86 e 94 : venticinque casi, uno più uno meno.
- Faraone 1999, 96-119.
- Molto ‘americano’ nella sua auto-rappresentazione per così dire ‘emica’, molto ‘italiano’ nella mia ermeneutica per così dire ‘etica’, basata su una ragguardevole esperienza di ‘osservazione partecipante’ sul campo : cinque incontri ravvicinati in epoche e situazioni diverse : due negli USA, due in Italia (2002), uno in Spa- gna (2010).
- Faraone 1999, 149 n. 64.
- Farone 1999, 150 (Luciano ed epigrammi ellenistici).
- Faraone 1999, 152-155. L’impressione che dà è proprio quella contraria. Come è stato osservato, “ far from being promiscuous she laments her lost maidenhood” (Manning 1970, 399).
- Con buona pace di Faraone 1999, 158 n. 97. Porfirione, in Hor. Epod. 3, 8, la definisce unguentaria e non è lecito congetturare oltre.
- Faraone 1999, 159. Sulla figura di Canidia informa bene Man- ning 1970, al quale si deve anche un’interessante comparazione con pratiche molto attuali : “we may see a parallel to Canidia and her friends in the more obscure religious sects of today. Unsuc- Unsuc- cessful in their personal relationships, witchcraft gave to the sor- ceresses a false sense of proximity to the divine powers” (Man- ning 1970, 400).
- Berger-Luckmann 1967.
- Cfr. Faraone 1999, 147 n. 57. Giustamente critico di quest’approccio ermeneutico, di cui evidenzia gli svariati non sequitur, Di- ckie 2000, 563-565 e 577, di cui sono da recepire le motivate conclu- sioni, in particolare la V: “erotic magic, broadly understood, was practised just as much by women as by men”.
- Il ruolo attivo delle donne nella sfera sessuale è attestato, oltre che nella narrativa di Petronio (come la Criside citata sopra) e di Apuleio (Pamfile, che è anche una maga professionale), in va- rie forme di letteratura e soprattutto in vari documenti papiracei. Sulla condizione di libertà “vigilata” delle donne in particolare nella sfera intima esiste una vasta bibliografia. Basti menzionare Pomeroy 1984 e Montserrat 1996 per l’epoca ellenistica, Cantarella 1996 per Roma repubblicana, Setälä et alii 2002, per Roma imperiale. Per quanto riguarda più precisamente il loro grado di emancipazione sessuale, nell’Egitto ellenistico e tardo antico in particolare, cfr. Dickie 2000, 565-577, con la pertinente documentazione (oltre a quelle dei papiri magici notevoli le testimonianze dei Padri della Chiesa).
- Dickie 2000, 566 ; cfr. 573.
- 39 Dickie 2000, 583 (da me visto quando questo studio era ter- minato), giunge – per vie e con obiettivi in parte diversi – alla me- desima conclusione: “A wedge cannot be driven between spells designed to increase the charis of a person and those whose aim is to arouse eros”.
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Prof. Giovanni Casadio
Cattedra di Storia delle Religioni,
Dipartimento di Studi Umanistici (ex Scienze dell’Antichità), I-84084 Fisciano (SA)