Corpo: pagine di Donna e Desiderio – Vitaldo Conte
Alla Donna-Strega d’Amore
I segni sul corpo della Donna-Strega[1]
Le Donne-Streghe, come leggo in rete, “Non erano streghe a bruciare. / Erano donne. / Donne che erano viste come: / Moto belle. / Molto colte e intelligenti. / (…) Chi aveva una voglia” (Fia Firsstrom).[2] La ricerca della presenza satanica nel mondo è stata, per diversi secoli, una caratteristica e un’ossessione sociale. Questa coinvolgeva soprattutto l’alchimia della donna, considerata un possibile perturbante per i ruoli che la società le assegnava. Tale ostilità era trasferita nell’immagine della Donna-Strega, perseguitata con fanatismo dai tribunali dell’Inquisizione. Il suo corpo veniva ispezionato attraverso morbosi cerimoniali, prima della tortura stessa: come con la rasatura dei peli del pube e del cranio. Ciò avveniva per ricercare i segni del rapporto carnale con Satana e/o gli spiriti maligni. Il “bollo” era considerato l’infamante marchio diabolico, impresso dal demonio stesso. Che poteva essere una macchia della pelle, un neo insensibile al dolore o uno sulla pupilla sinistra, ecc. Questi segni-punture, naturali, confermavano il pericoloso “segno” che convalidava il sospetto di stregoneria. La donna-strega “da bruciare” era un modo per esorcizzare anche il timore, come dice lo storico Jules Michelet, dell’oscuro potere erotico della donna sugli uomini. Tale proiezione si materializzava in questa figura.
Furono editi trattati e manuali, che fissavano i lineamenti della strega a uso di giudici ed esorcisti. Il più famoso era il celebre Malleus maleficarum, pubblicato a Strasburgo nel 1486 dai domenicani Heinrich Institor e Jakob Sprenger. Il libro conteneva precise istruzioni che furono seguite, per più di due secoli, da inquisitori cattolici e protestanti. In questo veniva pure definito, nei particolari, il patto e il rapporto carnale della donna con il diavolo, di cui era vista come intermediaria. Da ciò deriverebbe la predisposizione di questa alla contaminazione: “La ragione naturale è che essa è più carnale dell’uomo”.
L’immagine della donna, che stringe con Satana “un patto”, di cui reca un visibile segno sul corpo, ha suggestionato, a livello iconografico, numerosi artisti con la rappresentazione di torture, flagellazioni, ambienti che ne esprimevano l’esistenza. L’arte non poteva essere immune da questo contagio, anche per suggestioni teologiche, giuridiche, mitologiche. Questo tema diviene una molteplice rappresentazione, espressa da grandi artisti: come Velazquez, Herper, Dorè, Bosch, che incentrano, maggiormente, sulla raffigurazione di riunioni come il sabba, focalizzando la valenza sulle tentazioni demoniche. Gli artisti del Rinascimento non rappresentano ciò che vedono, bensì ciò che ascoltano essere esistente attraverso il fanatismo imperante, accentuando così l’immagine negativa della Donna-Strega. Lo storico dell’arte Eugenio Battisti scrive: “Gli artisti, (…) frantumatosi il mito della bella maga, (…) passano (…) nel campo dei persecutori, dando loro in mano, con queste loro opere, uno straordinario strumento di propaganda”[3].
Le inquietanti “dermografie” isteriche narrate dallo scrittore Aldous Huxley, ne I diavoli di Loudun[4], sono da considerare estreme segnaletiche di stregoneria. Sono incarnate da una famosa indemoniata della storia, “attraversata” pure nella visionarietà cinematografica di Ken Russel ne I diavoli (1971). Era la monaca orsolina Jeanne des Anges, nella Francia del 1634. “Posseduta” da più demoni esprime l’evento dell’esorcismo, a cui viene sottoposta, con l’emergere sulla propria pelle di una scrittura di sacri nomi “in belle lettere vermiglie e sanguinanti”: ognuno dei quali diviene la traccia vivente della fuoriuscita di un demone, nel momento di abbandonare il suo corpo. Questa “scrittura” (sulla pelle) attraversa il conflitto e il mistero di forze archetipiche quali il bene e il male, anche se di natura isterica: come la pazzia collettiva di quel periodo narrato con la sua contagiosa “caccia alle streghe”.
Corpo-linguaggio e pelle di Donna: pagine di Desiderio, ricordando R. Barthes[5]
Il corpo, soprattutto quello femminile, dagli ultimi decenni del Novecento a oggi, assume una sempre maggiore rilevanza nei percorsi espressivi. La sua congiunzione di arte-vita è raccontata attraverso pubblicazioni teoriche e letterarie: “Scrivo, e la scrittura riempie lo spazio della pagina: è e si fa corpo” (Franco Rella)[6]. La pelle non costituisce solo un estremo rivestimento del corpo organico: è soprattutto un incontro con l’esterno e l’altro. Il corpo, quindi, ha nella pelle il suo inizio, su cui può essere espresso il corpo-linguaggio. La pulsione dominante di questo, rileva Roland Barthes, è rintracciabile nel desiderio: “L’altro di cui io sono innamorato mi designa la specialità del mio desiderio”[7]. Il desiderio è un fuoco che libera i testi della creazione dai limiti delle cornici e pagine, dei supporti e delle significazioni verbose. La pelle si può tramutare così in carta e pergamena, tela o partitura: da scrivere, di-segnare, suonare, dilatare in un estremo testo che vuole vivere fino alle proprie abrasioni.
L’epidermide scritta, dipinta o tatuata, può essere pratica erotica e ricerca intima. Lo scrittore giapponese Jun’ichiro Tanizaki, nel racconto Il tatuaggio, esprime, con acume, i tempi e i segni di un tatuaggio interiore che coinvolgono la pelle e la mano dell’altro in un legame profondo. Tutto ciò che lo precede diviene frammento di un rituale preparatorio e di analisi per gli occhi, che debbono anticiparne l’immagine: “C’era un giovane tatuatore di nome Seikichi, di eccezionale abilità (…) cullava il desiderio di avere a disposizione la pelle luminosa di una bella ragazza sulla quale tatuare la sua stessa anima. (…) Teneva scolpita nel cuore la figura di questa sconosciuta”[8].
Il rapporto di corpo-scrittura nasce nella tradizione calligrafica orientale, in cui il gesto dello scrivere diviene estensione di sé e incontro. Barthes, in un viaggio in Oriente, scopre, come scrive ne L’impero dei segni, il piacere della calligrafia: come traccia fisica del corpo e unione di questo con il testo. “Il testo non commenta le immagini. Testo e immagini, nel loro intreccio, vogliono assicurare la circolazione, lo scambio di questi significanti: il corpo, il viso, la scrittura, e leggervi il distacco dei segni”[9].
Il volto della piccola Nagiko, la protagonista del film I Racconti del Cuscino (The Pillow Book, 1996), viene segnato, con un poemetto augurale, nel giorno di ogni compleanno da suo padre, un calligrafo. Divenuta donna, il ricordo di quel gesto diviene desiderio inappagato. La induce a cercare un amante scrittore che sappia usare il suo corpo come carta: “L’odore della carta bianca / è come il profumo della pelle / di un nuovo amante / che è venuto a trovarti / all’improvviso… / E la penna d’oca? / Bé, la penna d’oca è come… / quello strumento di piacere”. La ricerca dell’amante calligrafo ideale trasmuta Nagiko da carta di pelle a essere lei stessa la penna, usando il corpo degli uomini offertisi come pagine di un libro di erotica preziosità. Il film è scritto e diretto dal regista e pittore inglese Peter Greenaway. Questo, adolescente, rimase impressionato dalla storia di una ragazza, a cui piaceva farsi scrivere ideogrammi sul corpo dai propri amanti, prima di poterla esprimere trent’anni dopo. I Racconti del Cuscino sono suggestionati da Sei Shonagon, una dama di corte dell’imperatrice, alla fine del X secolo, nelle sue Note del guanciale: riflessioni e testimonianza sulla vita e società giapponese del tempo.
La vita e l’arte possono relazionarsi in un rapporto epidermico di continuità. Man Ray, in Violon d’Ingres (1924), è uno dei primi artisti a utilizzare la scrittura sul corpo: non usa la manualità, ma i caratteri tipografici sul fotogramma del corpo nudo di Kiki, la modella-amante. Sulla sua schiena spiccano due segni ad effe, che interagiscono sulla sagoma per richiamare il disegno del violoncello. La corpo-grafia diviene un’opportunità per discese negli archetipi dell’essere. Diversi artisti “scrivono” sul corpo anche per segnalare condizioni estreme di condizionamento, talvolta con segni di sangue. L’iraniana Shirin Neshat, ispirandosi all’antica cultura persiana, “trascrive”, con l’inchiostro di una minuta calligrafia, poemi sul volto, sulle mani e piante dei piedi, “liberi” dal chador delle Donne di Allah (1993-97).
Barthes scrive: “Il linguaggio è una pelle: io sfrego il mio linguaggio contro l’altro. È come se avessi delle parole a mo’ di dita sulla punta delle mie parole. Il mio linguaggio freme di desiderio”[10]. Il suo texte-désir ha ispirato la mia espressione teorica e artistica, a cui ho dedicato una mostra personale a Parigi (1999). La teoria si congiunge così sulla pelle con l’arte in nome del desiderio.
Io stesso, teorizzando sul desiderio che vuole debordare dai limiti del supporto, ho scritto su corpi di donna offertisi come pagine di SottoMissione d’Amore, titolo di un mio libro[11]. Un mio ripetuto esempio di autrice segreta è Elisa Valdo (anni ‘90) che espone il proprio corpo-supporto, “segnato” con la propria estrema scrittura. Questo diviene una rossa lettera d’amore, “trascritta” con la pulsione delle sue relazioni simboliche, attraverso un inchiostro rosso di desiderio.
Maria Gabriella Adamo annota sul mio – Scrivere sul corpo come arte –: “in un rapporto scritturale-pittorico, i corpi femminili portatori di Parole ed enigmi si ritrovano in Vitaldo Conte, nei suoi collages e nelle ‘ferite’ (che sono movimenti del ‘gesto’, traccia e ‘dispersione’): carta bianca come corpo di desiderio – nel senso, prima indicato, di Barthes –, e corpo come ‘estremo’ alfabeto”[12]. Lo scrivere sul corpo entra oggi in ogni espressione creativa e personale: come quella di tatuare il proprio corpo con parole amate o segrete.
Il segno-ferita come creazione, ricordando il rossore nel bianco di G. Pane
1.
La ferita è presente nelle pieghe del corpo d’arte, includendo molteplici tematiche. Queste vivono nel contesto di ogni epoca e poetica: dalle prime raffigurazioni paleocristiane fino agli eventi del corpo estremo di oggi. Il sangue, esterno alla tela, è una “reliquia” che ha affascinato e affascina l’immaginario e l’esistenza degli artisti, in quanto il suo segno rappresenta insieme purezza e impurità, sacro e profano, vita e morte. La pelle, segnata con il rosso del sangue, può esprimere “narrazioni” dell’anima e “rituali” interiori. Questo perturbante linguaggio emerge dal sottopelle per essere visibile esternamente. Non a caso diversi artisti del corpo estremo “vestono” di bianco il proprio corpo nelle loro azioni. Il bianco, infatti, acquisisce intensità e innocenza proprio dal passaggio di un segno rosso: come quello del sangue con i suoi “legami”. Gina Pane, vestita di bianco, ha un bouquet di rose rosse, da cui stacca le spine per conficcarsele nel braccio: togliendole, poi, lascia colare un rivolo di sangue. Le rose rosse diventano bianche.
Gina Pane (1939-90), artista performer, conduce, nei suoi viaggi intimamente drammatici e archetipici, il segno-ferita sul proprio corpo a un evento che vuole aprire emozioni. Le sue azioni sono delle avventure compiute con i linguaggi della creazione: arte, teatro, poesia confluiscono nel corpo dell’autrice, che diviene oggetto e tela assoluti con le proprie interiori dinamiche. Il pubblico e lei sono – nell’evento – come su un limite estremo, a rischiare insieme il vuoto, l’abisso: “Se apro il mio CORPO affinché voi possiate guardarci il mio sangue, è per amore vostro, L’ALTRO” (G. Pane). Esprime una ferita come segno sul supporto della mano, del braccio, o su quello morbido del lobo dell’orecchio, o sulle dita di un piede. Lo fa attraverso un colpo deciso di lametta. Gina Pane usa il proprio corpo per ferirlo/trafiggerlo, intendendo così oltrepassarlo. L’incisione” diviene un evento comunicativo e di trasformazione, immediato e diretto, che “libera” la tensione. Il mezzo fotografico permette di cogliere e ricordare l’immagine del corpo: nello stesso tempo progetto/materiale/esecutore d’arte. L’artista, operando direttamente sulla sua corporeità, esplora la ferita che si procura per definirla “luogo del dolore e della sofferenza, dell’inganno e della speranza, della disperazione e dell’illusione” (M. Vescovo).
Negli ultimi anni della sua attività, esegue delle partizioni: il luogo delle azioni come atto del dividere, ripartire forma e materiali, ma anche come partiture. Sulle pareti dell’esistenza vengono disposti i frammenti del proprio e dell’altrui corpo/vissuto. Il corpo non c’è più, c’è la sua evocazione: Gina Pane si toglie dalla visibilità per espandere il corpo. Nascono così i luoghi dove esprime l’assenza, la sparizione corporale. In Saint Georges il corpo del martire è costituito da orme, tracce: il suo enigma è anche il suo altrove. La prière des pauvres et les corps des Saints (1989) diviene una grande messa in scena, attraverso nove teche che simboleggiano i corpi dei santi. I temi caratterizzanti le sue azioni s’incrociano, in una rete di ricordi e analogie. Le teche, nell’ambiente, contengono segni che possono essere letti come reliquie. L’artista “sigilla” le teche: è la fine della cerimonia con l’assenza del desiderio, un tempo chiamata “azione”. Il racconto di questo viaggio d’arte, attraversante un corpo ferito, risulta nella sua essenza, emozionante e completo, difficilmente uguagliabile.
3.
Nel 2012 partecipo all’evento-mostra Rossore nel bianco, in occasione della presentazione del mio libro Pulsional Gender Art[13] al Mitreo Arte Contemporanea di Roma. Nel testo mi occupo della corporeità-ferita d’arte, anche in rapporto con i flussi metamorfici dell’Extreme Gender Art. L’ultima indicazione diviene oggetto di dibattito nell’incontro, che s’inserisce nel progetto Human Installations web tv di Kyrahm e Julius Kaiser. Il lavoro di queste due artiste è presente, infatti, nel libro: come indicativa proposta dell’ultima arte del corpo. Il filo conduttore di pensiero-arte, che ci unisce, ricerca l’espressione di un rossore di sangue (corporeo e metaforico) in colloquio con le dimensioni e le vesti emozionali del bianco. In questo contesto espongo in mostra le mie rosse carte di scrittura-immagine sul bianco della carta. Kyrahm scrive a proposito, rintracciando il nostro filo di continuità con il lirico percorso d’arte di Gina Pane: “presento il lavoro di Vitaldo Conte, la sua poetica del rosso e del bianco, la sua scrittura-pittura. Disegni privi di cornice, scribble dall’aspetto apparentemente non curato come certi ricordi sbiaditi che riconosciamo come appartenenti ad un’altra fase della nostra vita. Conte ci restituisce su carta il segno-ferita nostalgico della poetica di Gina Pane, il pensiero per immagini”[14].
Donna: Seduzione Ragnatela, ricordando il Salento con le tarantate
4.
Il flauto di Pan, come ho scritto più volte, è ancora un possibile richiamo per la nostra rianimazione naturale, in cui l’arcaico e il contemporaneo possono fondersi nell’espressione. Il flauto prepara il ritorno di Dioniso. Questo dio, venerato soprattutto dalle donne, è anche una presenza e un archetipo della pulsione creatrice. Le sue Baccanti possono diventare Creative Disperse, soprattutto quando accompagnano un Dioniso artista on the road.
La Puglia, “terra di mezzo”, è passaggio di popoli, memorie magiche e sacre. Come è visibile nel suo estremo lembo, – il Salento –, con la natura e il magnetismo dei suoi antichi miti e riti, delle sue iniziazioni e simbologie pagane, non “cancellate” dal Cristianesimo o dalla ragione. Come accade con le sue donne “pizzicate” dalla Taranta. Le tarantate sono da considerare le menadi della Puglia. Per secoli sono incorse in svenimenti e smanie per il “pizzico” del ragno del dio che danza. Il loro stato di trance incarna una esaltazione rituale del femminile, avvicinandole all’orgia delle antiche baccanti, agli eccessi e invasamenti delle sacerdotesse “attraversate” dai sacri misteri. Il morso di un ragno pericoloso e perturbante, come quello della Taranta, è il “di-segno” scatenante di sofferenze antiche che ciclicamente ritornano. La possessione ricerca la sua liberazione attraverso l’esorcismo sciamanico: la danza, il tamburo, il cerchio magico, diventano la segnaletica dello “spazio altro” per la terapia e la creazione coreutico-musicale-cromatica.
5.
Il filo-ragnatela delle corpo-pagine di Donna “ascolta” tradizioni e contaminazioni: artistiche, antropologiche, rituali. La “ragnatela di seduzione”, con cui la donna vuole attrarre oscuramente l’altro, è una dinamica che fa scattare comparazioni immaginali. L’ispirata baccante di Dioniso può essere attratta, per esempio, dalla contiguità Taranta-Tango, in quanto ricerca l’estrinsecazione rituale del proprio movimento, che diviene testimonianza del proprio sentire. Che vorrebbe creare seduzioni e legami. Così la donna che balla il Tango, per attrarre il maschio, può avere una possibile comparazione con la donna salentina nella Taranta, che, “pizzicata” dal ragno del dio danzante, vuole accentrare l’attenzione dell’ambiente su di sé come corpo-ragnatela. Sul possibile rapporto di Taranta-Tango, di cui curo esposizioni di artiste nel 2007[15], intervengo a una serata culturale alla Casina Serrezzùla con Creative Disperse[16], nel Salento, con testi e suoni sulla Rosa rossa Ritual Tango. Nell’incontro partecipa anche con testi il saggista Roberto Lupo su Come ragno Come tela.
La Donna: Seduzione Ragnatela è un immaginario di ideazione che esprimo, in un evento, al Boschetto San Vito di Trepuzzi (LE) il 5 settembre 2021, patrocinato dal Comune e dalla Trepuzzi Commissione Pari Opportunità. Qui le ragnatele delle corpo-pagine delle Creative Disperse “avvolgono” tronchi di albero e panchine del Boschetto con legami di fili rossi. Queste diventano apparenza di un pensiero o sogno con allusioni a fili e suoni ancestrali. Le Creative Disperse, coinvolte nell’evento[17], estrinsecano il loro sentirsi “seduzione ragnatela” attraverso le erranze della propria espressività, concependo corpo-pagine, “donate” all’ambiente naturale con cui colloquiano. Le loro carte scritte con parole-immagini diventano corpo-lettere. Queste sono legate con fili rossi o esposte su tronchi di albero e su panchine.
Nell’occasione due Creative Disperse “riaggiornano” le loro corpo-pagine, già esposte in precedenti manifestazioni, diventando visionarie ambientazioni. Quella della romana Laura Baldieri era stata esposta a Roma, alla Casina delle Civette di Villa Torlonia nel 2008, nell’evento di poesia Petali-parole di desiderio (una rassegna sull’Arte e Natura): qui i petali di rose rosse, dispersi a terra, si prolungavano come accessori di arte-desiderio. La corpo-pagina della salentina Tiziana Pertoso era stata esposta nella manifestazione sull’Arte Ultima a Brindisi, presso i Bastioni San Giacomo nel 2018: qui si dilatava attraverso ragnatele filamentose che si aprivano all’esterno per scrivere il volto e le unghie di donne come Beauty Art. Le seduzioni delle Creative Disperse possono divenire ragnatele di Donne-Streghe d’Amore.
Corpo-pagine di Desiderio: Body Writer per celebrare la Donna-Strega d’Amore
Il Desiderio può voler esprimere un “testo aperto” alle contaminazioni attraverso le pulsioni delle sue autrici e dei suoi autori. Che possono cercare, talvolta, la fuoriuscita nei percorsi on the road della vita, anche per ascoltare i richiami di Dioniso, inseguendo desideranti figurazioni di Donna. Le scritture del desiderio e del pensiero poetico vogliono vivere ovunque. Tendono naturalmente al “fuoripagina”, in quanto tutto è disponibile a divenire “di-segno” e graffito. Le loro estreme seduzioni inducono l’autrice/autore a divenire “amante artista” nelle erranze della propria esistenza-espressione. Oggi si sta diffondendo la vocazione spontanea dell’essere a segnare arredi urbani e naturali, con collegamenti di parole-immagini, attraverso pulsioni d’amore: profano, mistico, di condivisione. Questo Body Writer esprime imprevedibili corpo-grafie di donazione, anche su fogli di carta. Vuole incontrare l’altrui sguardo per creare un Virus Desiderio attraverso corpo-pagine di arte, poesia, pensiero: abbandonato o esposto su muri, portoni, panchine, alberi.
Presento a Bassano Romano (VT) il 25 giugno 2022 un evento di arte-scritture on the road[18]. Il Body Writer è espresso con scritture, tracce, immagini (disegnate o incollate). Le sue pagine desideranti sono dedicate al Solstizio d’Estate, ricercando i segni della Donna-Strega d’Amore. Quelli che, come ho scritto all’inizio del testo, erano considerati pericolosi dai tribunali dell’Inquisizione. Li celebro poi nella notte in una collettiva ritual dance.
(https://www.youtube.com/watch?v=u_aCtGao7is&t=27s)
Vx è firma-desiderio di Body Writer multiplo, fedele della Rosa Rossa (fiore-alchimia-divinità) con le sue sognanti T Rose. Dedico una rosa rossa a Vx, che, in una calda notte d’estate, torna con i suoi segni-occhi per guardare le donne streghe d’amore…
Note:
[1] Il testo riprende parti di V. Conte, 24 giugno, La Notte delle Streghe: immaginario e creazione, ‘Fyinpaper’, rivista int. online, 23 giugno 2022.
[2] F. Firsstrom, Non erano streghe a bruciare. Erano donne, ‘Scienza e Spirito’, Pagina Facebook, 18 luglio 2022.
[3] G. e E. Battisti, La Civiltà delle Streghe, Lerici Ed., Milano 1964.
[4] A. Huxley, I diavoli di Loudun, 1952; Mondadori, Milano 1998.
[5] Il testo riprende parti di V. Conte, La pelle come pagina e raffinato libro d’arte, ‘la Biblioteca di via Senato’ – Milano, n. 9, set. 2015.
[6] F. Rella, Ai confini del corpo, Feltrinelli, Milano 2000.
[7] R. Barthes, Frammenti di un discorso amoroso, Einaudi, Torino 1979.
[8] J. Tanizaki, Il tatuaggio, 1910; in Opere, Bompiani, Milano 1988.
[9] R. Barthes, L’impero dei segni, 1974; Einaudi, Torino 1984.
[10] R. Barthes, Frammenti di un discorso amoroso, cit.
[11] V. Conte, SottoMissione d’Amore, Collana Rosa Rossa/ 3, Il Raggio Verde Ed., Lecce 2007.
[12] M.G. Adamo, Percorsi del Bianco. Note in margine a I Sensi del Bianco e oltre, blocco notes scritto con V. Conte, Ed. Gepas, Avola (SR) 2003.
[13] V. Conte, Pulsional Gender Art, Avanguardia 21 Edizioni, Roma 2011.
[14] Kyrahm, Rossore nel Bianco, in Eventi Celeste Network, 2012. ‘Lobodilattice Web magazine’.
[15] Tango-Taranta, esposizioni di abiti-corpo a cura di V. Conte, 2007: Torre del Parco, Lecce; Archivio Menna/Binga, Roma.
[16] Dioniso in Tango-Taranta, serata presentata da S. Luperto, interventi di V. Conte e R. Lupo, Casina Serrezzùla di A. Misurale, Magliano (LE) 4 set. 2021.
[17] Le Creative Disperse presenti all’evento Donna: Seduzione Ragnatela, Boschetto San Vito, Trepuzzi (LE) 5 settembre 2021, sono: L. Baldieri, S. Cofano, D. Nacci, C. Pepe, T. Pertoso.
[18] Body Writer, in Solstizio diVino, evento con V. Conte in Vx, L. Baldieri, G. Fucsia e autrici segrete, Bassano Romano (VT) 25 giugno 2022. Organizzazione dall’a.c. ‘La Dolce Vite’ (M. Messina) con l’ospitalità degli spazi di L. Liberati, ecc.
Vitaldo Conte