Antitesi tra dialettica del politicamente corretto e lingua taumaturgica –
Atlantide: una storia mitica o un mito storico? – Luigi Angelino
La leggenda di Atlantide ha da sempre colpito l’immaginario di artisti, letterari ed avventurieri, ma a partire dal diciannovesimo secolo, nei suoi confronti, è sensibilmente aumentato l’interesse di studiosi delle più disparate discipline, che hanno cercato di considerare la presunta esistenza del continente perduto con un approccio quasi scientifico ed orientato ad una ricerca seria.
La prima notizia che fosse sorto un continente sconosciuto nell’Oceano Atlantico si deve a Platone. Il celeberrimo filosofo ateniese, nel dialogo “Crizia” (1) narra che circa novemila anni prima di Solone, si estendeva, oltre le Colonne d’Ercole, l’isola di Atlantide, più grande dell’Asia e della Libia insieme (ovviamente i concetti di Asia e di Libia, appellativo che indicava l’intera Africa centro-settentrionale, erano differentemente riferiti rispetto alle dimensioni geografiche attuali). Solone avrebbe appreso questa notizia in Egitto da un sacerdote di Sais. Secondo la descrizione platonica, l’isola di Atlantide, ritenuta un vero e proprio continente, aveva raggiunto una civiltà straordinariamente evoluta e fiorente, favorita da un territorio fertile e rigoglioso. I suoi dieci clan sarebbero derivati dai dieci figli di Poseidone, il Nettuno latino, dio del mare, da cui Atlantide per lungo tempo avrebbe goduto la protezione. La discendenza degli abitanti di Atlantide si sarebbe estesa fino all’Egitto e alla Tirrenia (Tirreni era il nome greco degli Etruschi, una civiltà dall’origine oscura e misteriosa). Nel racconto di Platone, gli abitanti del continente sommerso vivevano nella giustizia e nella pace, costruendo templi, regge, porti ed arsenali. Ma ad un certo punto l’elemento divino che li animava fu sopraffatto dall’elemento umano: i re ed i popoli di Atlantide diventarono malvagi ed avidi, meritando il castigo di Zeus. E’ molto chiaro l’intento metaforico e didascalico di Platone, che si serve del racconto della decadenza di Atlantide, per introdurre la contrapposizione duale tra spirito e materia, molto cara alla sua ideologia filosofica. E infatti, per enfatizzare ancora di più le virtù etiche e politiche dei suoi concittadini, inserisce in un altro dialogo, il Timeo (2), una mitica spedizione che gli Ateniesi, custodi della libertà e della civiltà, avrebbero condotto nel Mediterraneo per scacciare gli ambiziosi abitanti di Atlantide, arrivati alle porte del mondo ellenico. Alla fine, disgustato dalla loro avidità e mollezza dei costumi, Zeus nel giro di un giorno e di una notte, avrebbe sprofondato il fiorente impero atlantideo nell’oceano, inviando terremoti ed inondazioni dalle proporzioni apocalittiche. Il nome dell’isola-continente trae origine dal titano Atlante, leggendario protettore dell’Oceano Atlantico, figlio dello stesso dio del mare Poseidone che, secondo il racconto di Platone, sarebbe stato anche il primo re della talassocrazia del mondo perduto inabissato nelle profondità marine. Atlante è anche famoso per essere indicato come il titano in grado di reggere il peso dell’intero globo terrestre sulle sue spalle, un mito che potrebbe sottolineare come sia stata determinante la civiltà di Atlantide per il successivo sviluppo dell’umanità dei millenni successivi. Omero, quando si riferisce al titano Atlante nell’Odissea, afferma che vive in un “mare molto lontano verso Occidente” ed anche Esiodo, nella sua opera più famosa, la Teogonia, racconta che il semidio abita verso l’estremo confine occidentale della Terra, nello stesso luogo dove dimorerebbero anche le Esperidi e la Notte. Si tratta di un’immagine poetica per fare riferimento al susseguirsi ininterrotto della luce e delle tenebre nelle ventiquattr’ore in cui è suddiviso il giorno (3).
I testi di Platone non risparmiano particolari descrittivi sull’isola-continente di Atlantide. Essa avrebbe avuto forma rettangolare, circondata su tre lati da imponenti montagne e da una invidiabile sovrabbondanza di metalli preziosi e di cristalli, tra cui il mitico “oricalco”, di colore rosso e considerato come più prezioso dell’oro. La capitale di Atlantide avrebbe avuto forma circolare, formata da vari cerchi concentrici, dove il più piccolo rappresentava il fulcro politico, culturale e religioso della città. La città appariva splendida ed elegante, con templi, palazzi e scali portuali, di cui una buona parte era edificata adoperando una pietra naturale bianca, nera e rossa, estratta dal sottosuolo del centro dell’isola. Il tempio di Poseidone si imponeva su tutti gli altri edifici, per imponenza e magnificenza, con il tetto formato d’avorio e le pareti ed i pilastri rivestiti di oricalco, mentre il resto della costruzione era interamente lavorato con oro e argento. All’interno del tempio vi erano collocate numerose statue d’oro, tra cui la più alta rappresentava il dio Poseidone in piedi su un carro trainato da sei cavalli alati (4).
A parte il mito narrato da Platone, è opportuno osservare che il mito di un’età dell’oro, in cui l’uomo viveva in comunione con il creato ed anche con il creatore (per le tre religioni monoteiste ebraico-cristiana-musulmana), è sempre esistito nelle culture dei popoli antichi. Il mito di Atlantide, in realtà, non farebbe altro che attribuire una collocazione precisa a quel luogo dorato. L’interpretazione delle Sacre Scritture che parte dalla Genesi, il primo libro dell’Antico Testamento fino a svilupparsi nel Medioevo cristiano, riteneva “l’ecumene”, cioè “l’isola della terra”, lo spazio costituito da Europa, Asia ed Africa, che rappresentavano l’unico luogo che Dio aveva indicato all’uomo per condurre la propria esistenza (5). L’isola della terra era ritenuta circondata dalle acque e poteva essere sempre di nuovo sommersa, qualora avesse osato sfidare l’ira di Dio. Lo stesso Dante colloca Ulisse nell’Inferno (6), ritenendolo colpevole, tra i vari misfatti, di aver inutilmente sfidato il fato, spingendosi oltre le Colonne d’Ercole. Grazie alla scoperta del continente americano del 1492, inizialmente creduto la parte più estrema dell’oriente asiatico, l’oceano non avrebbe più definito i confini del mondo, ma ne sarebbe diventato una parte stessa. Come ho già accennato all’inizio, la leggenda di Atlantide ha ispirato tantissime storie e perfino la scienza si è sforzata di trovare prove concrete della sua esistenza. Di seguito proviamo a fare una breve rassegna delle teorie su Atlantide, in particolare sulla sua esistenza e di conseguenza sulla sua collocazione.
Partiamo da una delle ipotesi più popolari, peraltro strettamente legata ad un’altra area geografica trattata dallo scrivente in altri scritti, il triangolo delle Bermuda. Due biologi, in tempi relativamente recenti, hanno ritrovato delle pietre bianche sui fondali del Mar dei Caraibi, nell’isola di Bimini che, ad una prima valutazione, erano sembrate resti di una strada, denominata con eccessivo entusiasmo “Bimini road”. La strada è risultata lunga circa 800 metri ed è formata da pietre calcaree rettangolari, ancora però non è stato accertato se si tratti effettivamente di opera dell’uomo oppure di rocce erose dal tempo fino ad assumere una conformazione simile a quella di una strada. In ogni caso, seppure se ne accertasse la derivazione umana, si tratterebbe di un indizio abbastanza debole per sostenere con assoluta certezza l’esistenza di un impero sommerso. Al contrario, secondo alcuni studiosi, Atlantide dovrebbe essere ricercata nel Mar Mediterraneo, ipotesi anche più plausibile in considerazione della narrazione di Platone. Attualmente, la teoria più accreditata è quella avanzata nel 1907 dallo studioso inglese K.T. Frost, che identificò Atlantide con la Creta minoica. Secondo lo studioso, l’isola di Creta sarebbe stata distrutta da un’apocalittica eruzione della zona vulcanica dell’isola di Thera, chiamata al giorno d’oggi Santorini. In effetti, gli scavi condotti da Arthur Evans, a Cnosso, hanno dimostrato che la civiltà minoica di Creta collassò improvvisamente intorno al 1500 a.C. per motivi inspiegabili, nonostante siano addotte come motivazioni principali, l’invasione dei Micenei ed alcuni conflitti di potere interni (7). Tale teoria, pertanto, si coniugherebbe bene con il mito platonico, in considerazione della vicinanza geografica sia alla Grecia continentale che all’Egitto. Platone avrebbe retrodatato l’esistenza di Atlantide e ne avrebbe allontanato la sua collocazione geografica oltre le tanto temute Colonne d’Ercole, per conferire maggiore autorevolezza e dignità ai valori della civiltà greca. Sempre nell’ambito del Mar Mediterraneo, è stata avanzata l’ipotesi che la civiltà atlantidea possa essere fiorita nella nostra Sardegna. A tale proposito, mi riferisco al libro Le colonne d’Ercole, pubblicato nel 2002 dal giornalista Sergio Frau (8). Secondo l’autore, le colonne narrate da Platone dovrebbero essere messe in relazione con il canale di Sicilia. Pertanto, gli Atlantidei corrisponderebbero agli antichi abitanti della Sardegna e i famosi nuraghi ne sarebbero alcuni indizi, rappresentando costruzioni megalitiche ancora misteriose agli occhi dell’archeologia accademica. Dal punto di vista paleo- geologico, inoltre, si suppone che anticamente Sardegna e Corsica formassero un’unica isola e che le coste sarde fossero molto più estese, consentendo nel complesso un più felice sviluppo per il fiorire di una civiltà marittima. Il livello del mare si sarebbe progressivamente innalzato, alla fine forse favorito da un forte maremoto, separando le due grandi isole ed inabissando la maggior parte della zona costiera della Sardegna.
Gli studiosi, però, non sono tutti d’accordo e non mancano coloro che credono che Atlantide sia proprio sorta oltre le colonne d’Ercole. Vi è, a tale proposito, un’importante considerazione scientifica da fare: gli appassionati di geologia e di paleontologia, studiando la somiglianza tra le razze animali e la flora dell’antico e del nuovo mondo, hanno ipotizzato che nelle ere geologiche definite “Cambriano” e “Cretacico”, nell’Oceano Atlantico sorgesse un continente intermedio, che occupava la zona corrispondente all’attuale Groenlandia, Islanda, Azzorre, Canarie e Madeira (9). Queste ultime, infatti, sono considerate da alcuni ricercatori, con un po’ di immaginazione, come le cime delle montagne della sommersa Atlantide. Come si diceva in precedenza, l’origine del mito di Atlantide potrebbe essere ricercato in una reminiscenza sbiadita dell’età dell’oro ed, in tal senso, potrebbe essere ricollegata alla narrazione della mitica isola di Thule, per la prima volta introdotta dall’esploratore Pitea verso il 330 a.C. (10). L’isola di Thule, dalla cui leggenda deriva il detto popolare “ultima Thule” , per fare riferimento ad un’impresa inafferrabile ed irraggiungibile, potrebbe essere stata la parte più settentrionale del continente sommerso di Atlantide, scampata al terribile cataclisma che aveva fatto sprofondare il continente, dove però le condizioni climatiche proibitive sarebbero state ben diverse dal fertile territorio complessivo di un tempo. Di particolare interesse storico è l’ipotesi che Thule, avamposto settentrionale di Atlantide, possa essere identificata con l’Islanda, in quanto capace di sconfessare alcune convinzioni propinate come certezze da parte della storiografia tradizionale. Quest’ultima, infatti, affermava che i primi colonizzatori del territorio islandese furono i Vichinghi nel IX secolo d.C., anche se già erano emersi elementi contrari a tale ricostruzione, come le cronache della navigazione di san Brendano (11) che, nel VI secolo, insieme ad altri monaci irlandesi, sarebbe approdato sulle coste dell’isola vulcanica. Ma ciò che ha destato maggiormente la curiosità degli storici è stato il ritrovamento in Islanda, nel corso del XX secolo, di alcune monete romane databili tra il II ed il III secolo, attualmente conservate presso il Museo Nazionale di Reykjawik. Dal punto di vista letterario, ha esercitato grande fascino la teoria di Atlantide proposta da Donelly, che pubblicò un libro che riscosse grande successo nel 1882, ripubblicato più volte, e capace di influenzare le successive speculazioni sul continente sommerso (12). Secondo Donnelly, Atlantide fu la prima civiltà mondiale, nonchè la potenza coloniale e civilizzatrice del litorale atlantico, del Mediterraneo, dell’America del sud e centrale, del Baltico, dell’India e di alcune regioni dell’Asia centrale. Secondo il fortunato autore, Atlantide avrebbe inventato l’alfabeto e la letteratura: tutti i miti e le leggende dell’antichità, come il diluvio, il giardino dell’Eden, la creazione, diffuse in numerose civiltà, non sarebbero che reminiscenze confuse di fatti storicamente avvenuti nel sommerso continente di Atlantide e nelle sue numerose colonie.
Non a caso, come ripeto in altri scritti, sono state riscontrate inspiegabili coincidenze culturali, religiose ed artistiche tra civiltà geograficamente molto distanti. Si pensi all’utilizzo delle piramidi in Egitto, come in America presso gli Aztechi o i Maya, o in estremo oriente, nell’attuale Cambogia, dalla misteriosa civiltà di Angkor Wat. Ed inoltre si possono annoverare innumerevoli elementi di culto in comune, come l’adorazione del sole, la conoscenza precisa del calendario, l’immagine del serpente come simbolo di conoscenza, la comunanza del pantheon divino (le divinità scandinave, ad esempio, corrispondono quasi fedelmente alle divinità olimpiche greche). Seguendo tale filone interpretativo, si potrebbe pensare che i fatti storici avvenuti ad Atlantide, tramandati dalla memoria dei discendenti dei superstiti approdati nelle zone più disparate del globo, sarebbero alla base della mitologia greca e di molti altri popoli antichi. A questo punto sarebbe lecito ipotizzare che i racconti che hanno come protagonisti gli dei e le dee della religione olimpica ellenica, rappresenterebbero ricordi molto confusi delle imprese di Atlantide e della sua diffusione culturale sull’intero pianeta.
A quelle più conosciute e popolari, si aggiungono ulteriori teorie e ricerche, suffragate da tracce presenti nella letteratura classica e dall’ambizione dei ricercatori, come ad esempio i riferimenti alla mitica Tartesso, considerata la Venezia dell’ovest. Dopo la distruzione di Atlantide, la prima colonia costruita dagli abitanti sfuggiti al cataclisma, sarebbe stata Tartesso, fondata sulla costa atlantica della Spagna. Ma gli archeologi tedeschi, Hirmann e Hendung, che nel 1905 cominciarono un’approfondita ricerca della città perduta di Tartesso, non riuscirono comunque a portarla alla luce, pur avendone individuato il presunto luogo di fondazione (13). Alcuni autori, tra cui il francese Godron, sostengono che alcune colonie di Atlantide si troverebbero, invece, nel deserto del Sahara e sarebbero tuttora coperte da ampi strati di sabbia. Godron sostiene anche che i Berberi dei monti dell’Atlante, molti dei quali con la pelle bianca, biondi e con occhi azzurri, non sarebbero altro che i discendenti degli abitanti di Atlantide sfuggiti alla distruzione del loro continente (14). Brochard nel 1926 cercò di dare dignità scientifica a questa teoria, provando a collegare i nomi delle tribù berbere moderne a quelle dei dieci figli di Poseidone, cioè quelli identificati come i capostipiti dei clan atlantidei. Il Poseidone ellenico, o il Nettuno latino, potrebbe essere stato, quindi, uno dei primi sovrani della potente e fiorente Atlantide. Una buona dose di fantasia, unita ad alcuni ritrovamenti, ha portato alcuni a identificare Atlantide perfino con il remoto Antartide. Pur ipotizzando una serie di capovolgimenti climatici, non appare verosimile che solo circa dodicimila anni fa l’Antartide si trovasse in una posizione geografica così lontana da quell’attuale, volendo pur considerare gli inevitabili spostamenti delle terre emerse. Dodicimila anni, rapportati all’età complessiva della nostra terra, non corrispondono neanche ad un secondo della vita umana. E vorrei aggiungere le affascinanti presunte connessioni già citate, ma non provate, tra Atlantide ed il Triangolo delle Bermuda, dove sono avvenute le misteriose sparizioni di navi e di aerei, ancora oggi in parte insolute. Anche il sud-America, soprattutto di recente, è stato annoverato come una delle possibili sedi dell’antica Atlantide. Uno dei luoghi maggiormente associato al continente perduto è la località di Tiahuanaco (15) in Bolivia, che sembra essere stata fondata tantissimi anni fa, al punto che alcuni animali preistorici sono stati disegnati sulle ceramiche ritrovate tra le sue rovine. Alcuni resti di Tiahuanaco sono davvero impressionanti: vi sono, infatti, enormi edifici, costruiti ad un’altezza di 4000 metri, le cui pareti misurano circa dieci metri di spessore e da blocchi di pietra, ciascuno avente un peso di dieci tonnellate. Lo scrittore Graham Hancock, nel best seller, Impronte degli dei (16), ha fatto osservare come la piramide di Tiahuanaco, sia orientata ad ovest in direzione della costellazione dell’Acquario, così come essa era visibile intorno alla metà dell’undicesimo millennio prima dell’era cristiana. Inoltre, alcune foto scattate nelle profondità marine, al largo della costa del Perù, hanno evidenziato notevoli tracce di pilastri e di pareti con incisioni che farebbero pensare all’intervento della mano umana. A ciò si aggiunge una popolare leggenda indigena diffusa nell’America centrale, principalmente nello Yucatan messicano, scoperta dopo la conquista europea e riportata nel cosiddetto “Codice Aubin” (17), secondo la quale alcune tribù, provenienti da Aztlan (assimilabile ad Atlantide) avrebbero vagato senza meta, prima di raggiungere le coste del continente americano, per scampare al terribile cataclisma che aveva colpito la loro patria.
Il rifiuto da parte degli esponenti dell’archeologia tradizionale di teorie fantasy e l’ingente diffusione sul nostro pianeta di opere e di oggetti difficilmente rapportabili alle civiltà arcaiche ben potrebbe far pensare ad Atlantide come una civiltà evoluta globalizzata che avrebbe dispiegato la propria influenza sull’intero pianeta. Del resto la teoria dei cicli temporali è ampiamente documentata nei testi di tutti i popoli antichi, in particolare in India e in America. Ma tracce di un’era altamente evoluta, poi collassata, è riscontrabile nel racconto del diluvio universale biblico ed in uno dei passi più enigmatici della Genesi (18): “c’erano i giganti a quei tempi – e anche dopo- quando i figli di Dio si univano alle figlie degli uomini e queste partorivano loro dei figli, sono questi gli eroi dell’antichità, uomini famosi”. Si tratta del famoso brano riferito alle creature, definite “Nephilim”, che ben potrebbe rimandare ad un passato stadio dell’evoluzione umana, poi decaduto per una serie di motivazioni ambientali, climatiche e di costume.
Avviandomi alla conclusione, non posso fare altro che ricordare come l’esistenza di Atlantide possa essere considerata un fatto possibile, ma non una certezza. Al momento, infatti, l’esistenza dell’antica Atlantide non può ritenersi un fatto scientificamente documentabile. In estrema sintesi, si può dire che a sostegno dell’esistenza di Atlantide vi sono due argomentazioni principali: 1) vi è la prova inconfutabile che nel corso della storia vi siano state aree geografiche molto vaste poi inabissate, mentre altre aree altrettanto vaste sono emerse solo di recente dalle acque ( ad esempio anche la stessa Italia, è stata per lungo tempo sotto il livello del mare): 2) l’esistenza di usanze simili e di consuetudini comuni in Europa, Asia e Africa da un lato, e nel continente americano dall’altro, come già in precedenza illustrato, attestate negli antichi testi della maggior parte delle civiltà. Anche per negare l’esistenza di Atlantide, si possono indicare due argomenti essenziali: 1) fino ad oggi non sono state ritrovate rovine sommerse così imponenti, da far pensare ad un continente così esteso, e per giunta così scientificamente e tecnologicamente avanzato; 2) la mancanza di fonti storiche antiche che descrivano anche in maniera sommaria questo continente, ad eccezione dei due dialoghi di Platone, che hanno un valore più didascalico che storiografico.
E’ opportuno segnalare, tuttavia, che coloro che credono fermamente nell’esistenza di Atlantide, attribuiscono la mancanza di fonti antiche al tragico evento della distruzione della Biblioteca di Alessandria d’Egitto, la più grande ed imponente del mondo antico, a seguito dell’occupazione da parte degli Arabi. Si può credere che la distruzione della Biblioteca di Alessandria abbia reso più labili e lacunose le conoscenze sulle vicende del nostro lontano passato, ma non può indurci a ritenere con ragionevole certezza che vi fossero opere a proposito di Atlantide. Una speculazione del genere rientra comunque nel campo delle ipotesi più ardite. Come è accaduto per altri misteri irrisolti, un’intuizione improvvisa o una scoperta con nuove tecnologie potrà forse consentire di ottenere insperati risultati, altrimenti Atlantide rimarrà un bella favola, la metafora di qualcosa che abbiamo perduto nel nostro inconscio collettivo e verso cui cerchiamo sempre di tornare o di raggiungere.
Note:
1 – Il Crizia è uno degli ultimi dialoghi scritti da Platone incentrato sullo zio dello stesso filosofo, che era stato capo dei Trenta Tiranni;
2 – Il Timeo è stata una delle opere più importanti di Platone, dispiegando grande influenza sulla filosofia successiva;
3 – Cfr, Daniel Kircher, traduttore M. E. Giacomelli, Atlantide. Il mito, i fatti, il mistero, Edizioni Età dell’Acquario, Torino 2019;
4 – La statua probabilmente voleva rendere omaggio alla magnificenza ed alla protezione della divinità più importante nel pantheon atlantideo;
5 – Cfr. Luigi Angelino, I miti: luci e ombre, Cavinato editore International, Brescia 2018;
6 – Come è noto, si tratta del XXVI canto dell’Inferno;
7 – Cfr. Luigi Angelino, Il palazzo di Cnosso ed il mito del minotauro, su https://auralcrave.com
8 – Il titolo intero del testo citato è Le colonne d’Ercole. Un’inchiesta. La prima geografia. Tutt’altra storia;
9 – Cfr. Roberto Pinotti, Atlantide. Il mistero dei continenti perduti, Edizioni Mondadori, Milano 2001;
10 – Pitea era originario della colonia Massalia, l’attuale Marsiglia ed è passato alla storia per essere stato uno dei primi geografi dell’antichità a visitare le zone costiere del Nord Europa, attraversando le colonne d’Ercole;
11 – In realtà, “Le cronache della navigazione di San Brendano” è un’opera anonima composta in lingua latina e considerata uno dei principali classici della letteratura medievale;
12 – Il testo è stato rieditato nel 2005 in Italia, curatore L. Cozzi, Platone, l’Atlantide e il diluvio, Edizioni Mondo Ignoto;
13 – E’ molto recente la scoperta, nel sito di Casas del Turunuelo nella provincia di Badajoz in Spagna, di imponenti statue attribuite alla civiltà tartessica. Esse, tuttavia, risalirebbero ad un periodo compreso tra il VI ed il V secolo a.C., difficilmente assimilabile, pertanto, ad Atlantide;
14 – Queste etnie non devono essere confuse con i Tuareg che, invece, devono il proprio nome ai particolari indumenti adoperati;
15 – Il sito archeologico in questione sorge nei pressi della sponda sud-orientale del lago Titicaca, a circa 70 chilometri da La Paz;
16 – Il libro è stato pubblicato in Italia nel 1997 dalla CDE;
17 – Il Codice Aubin rappresenta una descrizione iconografica delle principali consuetudini e della storia della civiltà azteca;
18 – Cfr. Genesi, 6, 4-8.
Luigi Angelino,
nasce a Napoli, consegue la maturità classica e la laurea in giurisprudenza, ottiene l’abilitazione all’esercizio della professione forense e due master di secondo livello in diritto internazionale, conseguendo anche una laurea magistrale in scienze religiose. Nel 2022 ha pubblicato con la Stamperia del Valentino 8 volumi: Caccia alle streghe, Divagazioni sul mito, L’epica cavalleresca, Gesù e Maria Maddalena, L’epopea assiro-babilonese, Campania felix, Il diluvio e Sulla fine dei tempi. Con altre case editrici ha pubblicato vari libri, tra cui il romanzo horror/apocalittico “Le tenebre dell’anima” e la sua versione inglese “The darkness of the soul”; la raccolta di saggi “I miti: luci e ombre”; la trilogia thriller- filosofica “La redenzione di Satana” (Apocatastasi-Apostasia-Apocalisse); il saggio teologico/artistico “L’arazzo dell’apocalisse di Angers”; il racconto dedicato a sua madre “Anna”; un viaggio onirico nel sistema solare “Nel braccio di Orione”ed una trattazione antologica di argomenti religiosi “La ricerca del divino”. Con auralcrave ha pubblicato la raccolta di storie “Viaggio nei più affascinanti luoghi d’Europa” ed ha collaborato al “Sipario strappato”. Nel 2021 è stato insignito dell’onorificenza di Cavaliere al merito della Repubblica italiana.