L’arazzo di Bayeux: un documento storico attendibile – Luigi Angelino
Ambienti di Donna e Desiderio: Ritual Art – Vitaldo Conte
Attraversando Sade, la Casa Chiusa con il Tango, la Camera degli Incubi di Crowley, ChiodaLive a Catania
La Donna e il Desiderio nel corpo-linguaggio di Sade, rinchiuso in ambienti[1]
«Sì, sono un libertino, lo riconosco: ho concepito tutto ciò che si può concepire in questo ambito, ma non ho certamente fatto tutto ciò che ho concepito e non lo farò certamente mai. Sono un libertino, ma non sono un criminale né un assassino». Così il Marchese de Sade “si presenta”, nel 1791, in una lettera alla moglie. Il libertinaggio de-scritto nei suoi libri è da considerare un corpo linguistico, che vuol fare diventare realtà il linguaggio stesso. Il reale e il letterario non devono necessariamente essere legati dall’obbligo della reciprocità. La sua lingua è da considerare scrittura del desiderio, di quello «rimosso, negato, messo a tacere dalla Legge» che «fa sentire, con Sade, la sua voce. (…) La scrittura del desiderio va oltre la trasgressione della Legge» (P. Sollers)[2].
Per i duecento anni della sua morte è stata ideata in Francia una mostra al Museo d’Orsay dal titolo Attaccare il Sole (2014-15), attraversante l’immaginario artistico di grandi autori. Molte delle opere esposte hanno come protagonista un’immagine femminile nei suoi aspetti più perturbanti. Sade riteneva che la donna dovesse avere la stessa autonomia dell’uomo. Da questo pensiero sono nati due romanzi che hanno infatti due protagoniste femminili, Justine e Juliette. La prima è «la donna del passato, asservita e infelice»; la seconda, invece, «rappresenta la donna nuova che Sade intravede, creatura ancora sconosciuta, che procede dall’umanità stessa, che avrà ali e rinnoverà l’universo» (G. Apollinaire)[3].
Roland Barthes considera Sade un modello de La scrittura come eccesso[4]. Il piacere del testo diviene un oggetto di godimento che risulta linguistico, vivendo anche attraverso i suoi viaggi. Questi sono presenti nei romanzi di Sade, come in Juliette. Il viaggio assurge a una dimensione rituale, che oltrepassa la diversità dei costumi, in quanto ogni luogo e clima diventano “operatori” di lussuria. Il viaggio può essere molteplice, ma il luogo sadiano è unico: si viaggia per “rinchiudersi”. Il prototipo di questo “ambiente” è il castello di Silling, nel cuore della Foresta Nera, in cui i quattro libertini de Le 120 giornate si rinchiudono per quattro mesi nel loro serraglio. Questo luogo è ermeticamente isolato dal mondo attraverso numerosi ostacoli. Il castello è lo spazio sommo, il teatro della lussuria in cui tutti sono attori e spettatori insieme: uniti nel tutto espresso dalla scrittura.
Accade frequentemente che, alla riprovazione morale di cui Sade è soggetto, gli si attribuisce un fastidio estetico, dichiarandolo “monotono”. Lo è se lo guardiamo in base ai racconti dei suoi delitti e non sulle prestazioni del discorso. Ogni pagina della sua opera «ci dà prove d’irrealismo concertato: quello che accade in un romanzo di Sade è propriamente favoloso, vale a dire impossibile; o più esattamente, le impossibilità del referente sono voltate in possibilità del discorso» (R. Barthes)[5]. Egli moltiplica in una stessa scena le estasi del libertino, aldilà di ogni possibilità umana.
Sade risulta censurato su diversi piani: quando lo si vorrebbe rendere eunuco proibendogli di scrivere, quando si brucia la sua opera o si vietano i suoi libri, quando lo si dichiara noioso e illeggibile. La censura profonda, espressa dalla società, è quella sempre di volerlo “delimitare”: anche rinchiudendolo per decenni in prigioni e manicomi, giudicando la sua opera pericolosa. Sade risulta un primo sintomo filosofico e fantastico dello spirito moderno, affermando, nel discorso, il “diritto al godimento” (massima sadiana). Fu un ribelle e un rivoluzionario, più nella teoria che nella pratica, più negli scritti che nelle azioni.
«Sade amava la libertà più di ogni altra cosa. Tutto in lui, le sue azioni, il suo sistema filosofico testimoniano di un amore appassionato per la libertà» (G. Apollinaire)[6]. Il Sade che viene esaltato è il murato di trent’anni, «il prigioniero di Stato, schiavo del dispotismo sotto tre regimi che gli rubano la libertà. È il rivoluzionario che per primo grida al popolo di prendere la Bastiglia; (…) in lui amiamo ed ammiriamo il domatore della natura, l’aggressore degli dei, il dispregiatore delle leggi, il liberatore del sesso, il ribelle» (M. Heine)[7]. Il rigore, l’analiticità che Sade ha usato nel descrivere le più complesse perversioni della pulsione sessuale lo fanno assurgere a filosofo, sessuologo, pensatore. Il suo sistema di vita «è suo malgrado rivoluzionario: di quella imponente costruzione di vizi eretta con tanta fatica in anni e anni di lavoro, di quello sfarzoso castello degli orrori, egli tiene per sé solo una modesta celletta» (G.P. Brega)[8].
«Oh! che azione voluttuosa è quella della distruzione. – dichiara de Sade – Non vi è estasi simile a quella che si assapora dandosi a questa divina infamia!»[9]. Il piacere per un’azione distruttiva «che vorrebbe infrangere le stesse leggi della natura cosmica si associa infine ad una specie di teoria del superuomo. “Noi siamo degli dei!” esclama uno dei personaggi» Julius Evola[10].
Eros-Donna nella Casa Chiusa come creazione immaginale
Molteplici accadimenti e creazioni immaginali ruotano intorno all’eros della ‘casa chiusa’, ispirando intellettuali ed artisti: «Da giovane mi attiravano soltanto i bordelli e le biblioteche» (E. Cioran). La ‘Casa Chiusa’ può divenire una “apertura” creativa del piacere, superando la censura delle norme, dei comportamenti stabiliti. Libera gli impulsi del desiderio con i suoi imprevedibili percorsi e segreti. I moventi e le proiezioni, che inducono l’essere a ricorrere a questa possibilità, oltrepassano talvolta il sesso stesso.
(Abbazia di Thelema a Cefalù)
Nel teatro di azione della ‘casa chiusa’ la Donna soggetto-oggetto è la proiezione di tutte le altrui inclinazioni e pulsioni, dalle più fisiche alle più elevate, che possono esprimere anche l’oltre dell’immaginario e del desiderio. Lei è lì ad aspettare la propria identità o maschera di ruolo che l’altro richiede. La ‘Casa Chiusa’ diviene una proiezione, estrema e sublimante, della carica pulsionale e creativa dell’altro, attraversando immagini ed emozioni che possono includere la dimensione mistica. Questa può “vivere” nella Prostituta e Sacerdotessa Sacra che guarisce, per volontà degli dei, il corpo-anima dei fedeli attraverso pratiche erotiche e sessuali.
La ‘Casa Chiusa’ è arredata secondo lo stile, i viaggi, le atmosfere sinestetiche di chi esprime la propria ars amatoria e relazione immaginale con l’altro. Può cercare di evocare i più sublimi rapimenti d’amore: come nei bordelli decorati con le immagini delle Posizioni dell’Aretino, tratte da Giulio Romano e Ludovico Carraci, intervallate da grandi specchi e da buffet pieni di cibazione appetitosa e di vini pregiati. Questa può essere una metafora dell’arte, in cui l’eros e il sesso sono espressione di pulsioni, ma anche evasione dalle ipocrisie degli stereotipi morali. Possono esprimere anche le fughe dell’immaginario a contatto con il limite della convenzione, la ritualizzazione di una propria condizione. Molteplici e imprevedibili possono essere dunque le sue suggestioni. Faulkner diceva che nella vita gli sarebbe piaciuto essere tenutario di un bordello.
La ‘Casa Chiusa’ esprime anche una proiezione mentale del piacere, attraversando immagini, emozioni e ricordi. L’artista può divenire il suo voyeur, guardandola attraverso gli archetipi e i cerimoniali del mondo erotico. La sua scena può essere la tavola vivente dell’amore come arte. Il confine tra gioco di ruolo e realtà è piuttosto sottile. Le sue oscure attrazioni richiedono una scena totalizzante dell’eros: per dilatarsi oltre il visibile e il sesso, ricercando talvolta sguardi di mistiche d’amore come creazione.
Una rosa rossa al Ritual Tango nella Casa Chiusa[11]
Il Tango si diffonde, dalla fine del 1800, nei quartieri emarginati di Buenos Aires e Montevideo, ottenendo successo soprattutto nelle case di tolleranza. Borges, il grande scrittore argentino, chiarisce il concetto: «Nessuno può dire in quale città il tango sia nato, Buenos Aires, Rosario o Montevideo, ma tutti sanno in quale sia – la via delle prostitute –»[12]. Se il Tango, scrive Ernesto Sabato, «nasce nei postriboli, (…) questo stesso fatto dovrebbe farci sospettare che esso sia qualcosa come l’opposto del sesso, giacché ogni creazione artistica è, quasi sempre, un atto antagonistico, un gesto di fuga e ribellione. Si crea ciò che non si ha, quello che è l’oggetto della nostra ansia, della nostra speranza, ciò che ci permette di evadere, magicamente, dalla dura realtà quotidiana. L’arte, in questo, assomiglia al sogno… Il bordello diventa allora, nel tango, il sesso come sinistra purezza»[13]. L’immaginario del Tango è una metafora della creazione con la sua struggente ed erotica significazione. L’artista, come il tanguero, esprime la propria palpitante nostalgia-mancanza, che doppia nella ‘casa chiusa’ della propria espressione.
La ‘Casa Chiusa’ rappresenta, per l’antico tanguero, l’antidoto per la sua nostalgia, causata per la perdita di un mondo. Questa era infatti il sentimento dominante che l’emigrante sentiva pulsare nel proprio interno, quando voleva rivivere nel presente un ricordo della sua terra e donna lontana, della giovinezza perduta. Questo sentimento, il più delle volte, si rivelava deludente per l’impossibilità di ritrovarlo ancora. Così lo “ricreava” nelle atmosfere del Tango. I testi delle sue canzoni narravano questi ricordi, insieme naturalmente all’amore, anche quello mercenario. Suo moto primario era una continua proiezione del passato, espressa con la mente e il cuore per dimenticare il presente. Voleva esprimere nel contempo la propria interiore malavita, cosciente dell’ineffabilità dell’attimo fuggente.
Se la nostalgia è la protagonista del Tango, subito dopo c’è la donna che è sempre lontana, anche quando viene raggiunta. Dentro ogni tango c’è una donna o una sua trasfigurazione. Come dice un proverbio argentino: «Un uomo da solo è fango, con la donna è tango». Il tanguero rappresenta l’archetipo dell’uomo che desidera “giocare” con la propria vita: come afferma, in quel tempo, un suo interprete. «Voglio morire con te, senza confessione e senza dio, crocifisso nel mio dolore, come abbracciato a un rancore» (E. Sabato) [14].
Il tango, nato come “rivolta” verso la cultura ufficiale, influenza i linguaggi della creazione. Lo faceva un tempo anche attraverso le lascive danze delle sue donne con la rosa rossa in bocca, incarnando talvolta prostitute d’amore. Gli amanti di un estremo Tango, come me, possono crearlo ancora in una propria desiderante ‘Casa Chiusa’, offrendo magari una rosa rossa di lussuria.
Spio la mia rosa rossa di carne
nella nostra stanza di lirico amore.
Si prepara per il Ritual nostro Tango
rivestendo la nudità solo con le scarpe.
I tacchi neri a spillo sono lame disarmanti:
seducono il mio sguardo d’amante
con la rotazione felina delle caviglie.[15]
La pittura di Crowley nella Camera degli Incubi di Thelema
L’inglese Aleister Crowley (1875-1947) è noto in Italia soprattutto per gli aspetti della sua magia rossa, che praticò nell’Abbazia da lui edificata in Sicilia, a Cefalù (in Contrada Santa Barbara), seguendo le indicazioni di un oracolo cinese. Era la fantastica Thelema, già immaginata da Rabelais. Giudicava magnetico questo ambiente, anche per le attrattive naturali, che gli consentiva di elaborare aspetti significativi del suo pensiero magico.
Nelle sue “congregazioni”, come nella vita quotidiana, si circondava di molte donne (per la maggior parte prostitute), che “vedeva” come la Donna Scarlatta. Crowley osservava che le mitologie contenevano il mistero della donna come nucleo centrale del culto. Ciò era ripreso dagli adoratori del Sole, soprattutto per estrinsecare pratiche erotiche naturalistiche, in cui la Grande Sacerdotessa era la Donna Scarlatta.
Un’altra passione di Crowley era la pittura, verso cui era particolarmente predisposto, pur non avendo una specifica preparazione: «Non ho mai studiato arte e non intendo mai farlo». Nella Chambre des Cauchemars (Camera degli Incubi) dell’Abbazia di Thelema ci sono, come significazioni del suo pensiero, immagini dipinte: corpi nudi che si uniscono freneticamente in pratiche magico-sessuali; simboli di divinità pagane; figure diaboliche coinvolte in riti; esseri che si accoppiano con gli animali. Crowley dipingeva anche porte e finestre con immagini mostruose e colori vivaci, a cui seguirono paesaggi dai toni delicati come acquarelli. Gli elementi principali, rappresentati sulle pareti, erano la terra, il cielo, l’inferno, che venivano espressi con “orge” di colori e immagini sensuali. La sua intenzione consisteva nel rappresentare la natura malade (titolo di un dipinto) con la sua varietà di forme e colori, che spingeva i discepoli all’indifferenza verso il sesso.
Lo scopo delle rappresentazioni di Thelema era quello di purificare, attraverso la contemplazione, le persone e le loro menti. Anche chi non era interessato a questa possibile pratica poteva essere “segnato” dalla sua visione: per le inquietanti particolarità di questo estremo idealismo; per la passione erotico-sessuale esibita che sfociava nella follia ossessiva. Crowley voleva “liberare” il soggetto dalla paura della realtà e dai fantasmi da esso determinati, disarmando gli spettri che tendevano a minare l’anima dell’essere. Questo processo risultava simile a quello di una pratica psicanalitica. I candidati per questa iniziazione venivano preparati con un cerimoniale segreto, prima di passare la notte nella “Camera”. Le figure sulle pareti s’incarnavano per confondere e ossessionare lo spirito di chi osava sfidare la loro malvagità. Coloro che superavano la prova divenivano immuni da ogni infezione, provocata dalle idee del male che s’inserivano fra l’anima e il divino, ottenendo il dominio delle loro menti.
ChiodaLive a Catania: Ritual ‘dal bianco una rosa rossa’ ambiente di Desiderio
1.
Faccio “rivivere” la rosa rossa, come alchemica opera-ambiente, in un appartamento del centro storico di Catania, negli anni del mio insegnamento in questa città. Fino a qualche tempo prima, c’era, nelle sue vicinanze, una degradata isola intono a Via delle Finanze, dove esisteva un famoso quartiere a luce rossa, animato praticamente tutto il giorno. Questa conoscenza ispira miei lavori visivi e testi sulla ‘casa chiusa’[16].
Il nome Chioda, dopo una prima esperienza di opera-ambiente a Roma, continua a significare, per me, un indecifrabile e itinerante simbolo al femminile, la cui vibrazionalità vuole essere naturalmente vissuta come arte-vita. Chiamo appunto ChiodaLive questo nuovo spazio a Catania. Nella mia ideazione c’è un riferimento ad Aleister Crowley quando edificò la sua Thélema in Sicilia, a Cefalù, per vivere la sua rossa alchimia erotica con le Donne Scarlatte, amanti sacerdotesse.
Il mio eros alchemico ricerca il corpo di una estrema rosa rossa che possa “vivere” nel bianco della casa attraverso il colore delle pareti, dei pavimenti e degli arredi d’autore, creati per il luogo. Questo spazio vive la propria stagione di tempio della Rosa Rossa con i suoi rituali di eros-arte-vita. Le essenze segrete e metafisiche emergono come indicazioni nell’opera-ambiente. Il bianco acquisisce intensità proprio dal passaggio del segno rosso della rosa.
«L’esperienza teorica e artistica di Vitaldo Conte è sospesa e “legata” alla dicotomia Rosa Rossa – Donna Scarlatta. (…) Non è un caso che abbia creato – come in Thelema nella Charme des Chauchemars – ChiodaLive: un’alcova mistica, dedicata alla Rosa Rossa, nel cuore di Catania, dove veniva praticata una ritualistica del tantra orgonico e della magia sexualis. Questa era fatta fluire nei “corpi interiori” di sacerdotesse dedite anche a una panica “narrazione” d’arte, dove il linguaggio inglobante dell’espressione diveniva già “momento/monumento” dell’Eros mistico» Cristiano Turriziani[17].
2.
Le relazioni della rosa rossa diventano a ChiodaLive, nel tempo, una particolare collezione di contaminazioni e scritture d’arte, donate da amici artisti. Le sue presenze includono: lampade e strutture, figurazioni e scritture pittoriche, oggetti e maschere, corporeità e libri del desiderio. La parola diviene corpo-eros di creazione, che sottintende quello del pensiero. Emilio Villa è presente con le sue allusive sfere liquide di parola e le carte-desiderio (grazie alla collaborazione di Giorgio Cegna). La rosa rossa, nel percorso espositivo dello spazio, dialoga con il bianco attraverso imprevedibili rapporti e ritualità. Questa relazione “vive” soprattutto nell’opera-ambiente della camera da letto, che, pur ideata da me, è espressa attraverso altri artisti. Qui i molteplici lavori di arredo d’arte “narrano” percorsi di essenze e luci che emergono per avvolgere l’altro.
La stanza da letto è dominata dalla parete di fronte all’ingresso. Questa “tocca” il letto tondo, al cui lato sinistro c’è una grande rosa rossa dipinta da Salvo Russo sul muro. Davanti c’è l’armadio a muro con sportelli di specchio che hanno la funzione di “specchiare” l’immagine davanti. Ai lati di questa parete c’è la trasparente tenda bianca, attraversata, dall’alto al pavimento, da filamenti, che “vela” i vetri del balcone: è concepita da Gabriella Ferrera. Dall’altra parte c’è una grande tela, dipinta da Tiziana Pertoso: rappresenta L’occhio-rito della rosarossa, che entra in un corpo di donna, legato a una colonna di ferro con ritualità bondage. La colonna accennata riprende l’immagine di una struttura vicina alla porta d’ingresso del mio appartamento, collegante il soffitto con il pavimento. Questa, creata da Franco Politano, è un visionario attaccapanni con i suoi girevoli appoggi a forma fallica. Può divenire una suggestione immaginale per rituali della schiavitù d’amore: come lo è stata per mie foto.
“L’apertura” di ChiodaLive avviene nel febbraio 2005 con l’esposizione Dal bianco una rosa rossa. Questa vuole essere la mia dedica all’ambiente, presentando i suoi molteplici sguardi fra bianco e rosso[18]. La rosa rossa, con l’occhio interno ad essa, è presente nell’invito e in altri successivi: è quella tatuata sul ventre delle Fedeli d’Amore. Elisa Valdo, artista segreta, se la fa imprimere proprio a ChiodaLive da un tatuatore. Il mio appartamento, luogo ospitante eventi, diviene così uno “spazio interiore” d’arte, in cui talvolta vivo.
«Aldo Palazzeschi aveva immaginato di andare a vivere in una casina di cristallo in modo che ogni suo gesto quotidiano diventasse di pubblico dominio. (…) Forse a questa poetica s’è ispirato Vitaldo Conte da quando ha inaugurato Dal bianco una rosa rossa (opera-ambiente e mostra permanente), presso ChiodaLive, (…) Catania. Che poi sarebbe proprio dove abita lui personalmente» Pablo Echaurren[19].
La rosa rossa nel bianco come l’Art Dangereux è il titolo del mio intervento alla giornata di studio su L’attualità dell’antimodernità, svoltasi all’Università di Catania nel 2006, con relatori italiani e francesi (Henri Godard, Alain de Benoist). L’offerta del mio fiore rosso vuole essere un auspicio di rinascita per l’arte dimenticata e pericolosa di ogni tempo. Annoto nel testo: “Le rose rosse, che emergono dal bianco totale degli ambienti e arredi d’arte di ChiodaLive, a Catania, vogliono ‘scrivere’ anche stagioni creative e segreti non più rappresentabili. In questa opera-ambiente la rosa rossa diviene luce, segno, contagio e percorso di essenze, incarnandosi come presenza simbolica e alchemica di desiderio”[20].
L’ultimo evento espositivo è SottoMissione d’Amore (erotismo come mistica e Live Art…) nel 2006[21]. Questo diviene il titolo di un mio successivo libro sulla Rosa rossa come arte (2007)[22], la cui “narrazione” ne documenta il sotterraneo percorso con testi e immagini. L’evento “si predispone” a essere una esposizione da vedere in una sola immagine: quella “offerta” attraverso le grate del quadrato spioncino aperto della porta d’ingresso, che risulta viceversa chiusa. Vuole essere una “installazione segreta”, costituita da un illuminato percorso di ambienti di arte-desiderio. Le tracce, gli oggetti, le presenze impalpabili, i lavori degli artisti diventano lo specchio e il labirinto pulsionale di chi guarda. Ciò amplifica, con la fantasia, le allusioni erotiche di alcuni suoi indizi: un paio di scarpe rosse di donna con i tacchi a spillo, una rosa rossa sul pavimento.
«L’intero ambiente è stato ridisegnato dal bianco e dal rosso costruendo una sorta di percorso iniziatico, coinvolgendo i sensi (…) verso la rosa rossa, nuovo emblema di erotismo. Sensualità e seduzione. Un percorso da sbirciare dalle sole angolature possibili consentite dall’apertura sulla porta, unica possibilità di accesso. (…) così come si attenua il confine tra autore e fruitore (…). Vedere e non toccare. Il massimo del desiderio» Antonietta Fulvio[23].
[1] Stralci da V. Conte, Il marchese de Sade: il censurato “da liberare”, in Speciale Marchese de Sade, ‘la Biblioteca di via Senato’ – Milano, n. 4, aprile 2015.
[2] P. Sollers, in Interpretazioni di Sade, a cura di V. Barba, Savelli, Roma 1979.
[3] G. Apollinaire, in Interpretazioni di Sade, cit.
[4] R. Barthes, Sade, Fourier, Loyola (la scrittura come eccesso), 1971; Einaudi Ed., Torino 1977.
[5] Ivi.
[6] G. Apollinaire, in Interpretazioni di Sade, cit.
[7] M. Heine, in Interpretazioni di Sade, cit.
[8] G.P. Brega, in Interpretazioni di Sade, cit.
[9] Sade, Juliette, 1801; Newton Compton ed. II, Roma 1993.
[10] J. Evola, Metafisica del Sesso, 1958; Ed. Mediterranee, Roma 1969.
[11] Stralci da V. Conte su ‘EreticaMente’ (online): Tango: Rosa Rossa Anima Antica (Perduta?), 11 ottobre 2019; Tango Antico: Eros Barbaro Sognante, 7 aprile 2020.
[12] J. L. Borges, Il tango, 2016; Adelphi, Milano 2019.
[13] E. Sabato, Tango, Discusión y Clave, Losada, Buenos Aires 1963.
[14] E. Sabato, Sopra eroi e tombe, 1961; Einaudi, Milano 2009.
[15] V. Conte, Rosa rossa stagione di Ritual Tango, in D. Frau, Vitaldo Conte, ErosPoesia, ‘Fyinpaper’ (online), 09/08/2021.
[16] V. Conte: Casa Chiusa, illustrazioni di B. Sabatino, blocco notes d’artista, Ed. Gepas, Avola 1998; Taccuino di appunti sulla ‘casa chiusa’, in SottoMissione d’Amore (La rosa rossa come arte), illustrazioni dell’autore, Rosa Rossa /3, Il Raggio Verde Ed., Lecce 2007.
[17] C. Turriziani, Eros Rosso Rituale: Vitaldo Conte tra de Sade, Crowley, Evola, ‘EreticaMente’ (online), 28 marzo 2021.
[18] Dal bianco una rosa rossa, esposizione a cura di V. Conte, ChiodaLive, Catania 2005. Blocco notes, Ed. Gepas, Avola 2005.
[19] P. Echaurren, Galleria d’arte con bagno e cucina, ‘Carta’ n. 17, Roma 2005.
[20] V. Conte, La rosa rossa nel bianco come l’Art Dangereux, in AA.VV., L’attualità dell’antimodernità a cura di L. Trovato, Lumières Internationales, Lugano 2008. Nel libro sono pubblicate tavole a colori di artiste della Collezione ChiodaLive.
[21] SottoMissione d’Amore, evento curato, Chioda Live 4, Catania 10/11 giugno 2006.
[22] SottoMissione d’Amore (La rosa rossa come arte), Rosa Rossa /3, Il Raggio Verde Ed., Lecce 2007.
[23] A. Fulvio, “Riscrivere il bianco con il rosso”, ‘Arte e Luoghi’ n. 4, Lecce 2006.
Vitaldo Conte