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Pegaso: sul mito del cavallo alato – Luigi Angelino
Tra le storie della mitologia greca, ve ne sono alcune che appartengono a creature straordinarie, come il cavallo alato Pegaso, legato alle vicende sia di Perseo che di Bellerofonte. Pegaso fu trasformato in costellazione, dopo aver fatto sgorgare una fonte solo con un colpo di zoccolo, al termine delle sue gloriose peripezie. L’etimologia del nome rimanda al termine pegòs, che significa “forte” o “solido”, anche se gli studi tradizionali la ricollegano al termine peghè, traducibile in “fonte” o “sorgente” (1), che richiamerebbe il prodigio sopra descritto. In linea generale si osserva che, nel mondo ellenico, l’immagine del cavallo era associata agli archetipi della “stabilità fondativa unificata” (quattro piedi sul terreno), a cui si univano gli ideali celesti della velocità e della mobilità. Se ad una creatura del genere si aggiungevano le ali, rendendola magnificamente “pteriptòs” (alato), si tendeva ad aspirare ai risultati più profondi della realizzazione individuale e collettiva.
Secondo la versione più diffusa, Pegaso nacque dal terreno intriso del sangue della Gorgona, quando Perseo riuscì a tagliare l’orribile testa di Medusa. Secondo, invece, una versione minoritaria, Pegaso sarebbe uscito direttamente fuori dal collo mozzato di Medusa, insieme a Crisaore (2). Il più famoso dei cavalli alati viene descritto come particolarmente selvaggio ed amante della libertà, all’inizio al servizio di Zeus come mezzo di trasferimento delle temibili folgori fino al Monte Olimpo. La creatura, poi, sarebbe stato cavalcato da Bellerofonte per affrontare ed uccidere la Chimera, un mostro con il corpo formato da parti di diversi animali. Bellerofonte avrebbe addomesticato il cavallo alato, solo grazie alle briglie ricevute in dono dall’astuta ed ingegnosa Atena. La coraggiosa accoppiata avrebbe combattuto anche contro le Amazzoni, la famigerata tribù di donne guerriere, conosciuta per la notevole abilità nei combattimenti e per la loro indipendenza dal potere patriarcale. Ma si narra che Bellerofonte, dopo le citate imprese, fosse diventato oltremodo arrogante, fino a voler raggiungere la dimora degli dèì cavalcando il compagno a quattro zampe. Per questo motivo, Zeus si adirò non poco ed inviò un tafano a pungere Pegaso. L’animale si spaventò, come tutti i cavalli imbizzarriti, disarcionando Bellerofonte che precipitò verso terra cadendo su un roveto. Per ironia della sorte, o forse come giusto contrappasso alla sua superbia, secondo la visione di giustizia del pensiero greco arcaico, che contrapponeva in maniera netta la dimensione degli uomini a quella degli dèi, la caduta dell’eroe fu provocata proprio dalla creatura che l’aveva aiutato a compiere imprese eccezionali. A questo punto Pegaso ritornò di nuovo presso la dimora degli dèi, dove diventò uno dei più importanti collaboratori di Zeus, mentre Bellerofonte fu relegato a vagare triste e solitario sulla terra (3).
Memorabile è il gesto compiuto da Pegaso, nel corso della gara di canto tra le Muse e le Pieridi: il cavallo alato colpì con lo zoccolo il monte Elicona, che era cresciuto così tanto in altezza, da rappresentare una minaccia per il cielo, dopo aver ascoltato la sublime melodia delle dee. In quel punto del monte Elicona, colpito dallo zoccolo di Pegaso, nacque una sorgente che prese il nome di “Ippocrene”, o “sorgente del cavallo”. Come anticipato in precedenza, al termine dei suoi prodigi, Pegaso volò verso la parte più alta del cielo e qui fu trasformato in una scia luminosa di astri, che tuttora formano una costellazione che porta il suo nome. E’ opportuno precisare che con l’appellativo di Pegaso, nel corso del tempo, sono state chiamate molteplici figure narrative minori, tutte derivanti dall’originario soggetto ellenico. Ad esempio, nella letteratura latina, Plinio nomina i “Pegasi”, facendo riferimento ad alcuni uccelli dell’Africa orientale con la testa di cavallo (4), mentre per Gaio Giulio Solino e Pomponio Mela i “Pegasi” sarebbero stati ibridi uccelli con le orecchie da cavallo.
La leggenda, o meglio la simbologia, dei cavalli alati sembra essere nata nell’area geografica Medio-orientale. Le più antiche raffigurazioni di queste creature appaiono sui sigilli assiri del XIII secolo a.C. Tuttavia, non è possibile stabilire una diretta correlazione tra tali simboli e la successiva creazione del mito di Pegaso. Per quanto riguarda, invece, il nostro cavallo alato, la sua prima raffigurazione accertata risalirebbe al VII sec. a. C. Il soggetto riguarda il duro confronto con la Chimera nella vicenda di Bellerofonte. Nelle successive rappresentazioni, Pegaso appare in volo, a volte senza ali ed in alcune occasioni in una forma molto simile ad un’altra figura mitologica meno conosciuta, l’Ippogallo (5), una sorta di via di mezzo tra il cavallo ed il gallo. In alcune incisioni Pegaso si trova in compagnia delle Muse, o nell’atto di nascere dopo l’uccisione di Medusa, o ancora nei pressi della fontana di Pirene. In una delle opere più famose di Pausania, la Periegesi della Grecia, si legge che Pegaso era considerato una figura ornamentale di primaria importanza nell’arte arcaica. A Corinto, in particolare, era molto diffuso il culto eroico di Bellerofonte. Infatti nel tempio di Poseidone era presente una statua dell’eroe che montava il cavallo Pegaso e la fontana più imponente della città rappresentava proprio Bellerofonte accanto ad Artemide sul cavallo alato, dal cui zoccolo usciva un fiotto d’acqua. L’iconografia di Pegaso si diffuse anche nell’ambito della religiosità romana, soprattutto nelle immagini relative alla simbologia psicopompica e nelle celebrazioni della grandezza dell’imperator Augusto. In tal senso si spiega come il cavallo alato sia stato adoperato come emblema o vessillo da diverse legioni romane, come la Legio III Augusta (6).
Molto forte, come abbiamo accennato in precedenza a proposito della diffusione del mito nell’area di Corinto, è il legame di Pegaso con Atena e Poseidone. Il dio del mare è, infatti, conosciuto anche con l’epiteto di “hippios”, traducibile in “equestre” o “ippico”, l’unica divinità capace di controllare i movimenti di questi imprevedibili animali, prima che Atena, la sua acerrima rivale, inventasse il morso. E’ facile leggere in questa ricostruzione narrativa, la trasfigurazione di un’importantissima invenzione per l’economia della Grecia arcaica, cioè la costruzione di mezzi idonei al controllo dei cavalli, animali indispensabili per il trasporto di persone e di cose. Inoltre, a ciò si aggiunge un ulteriore elemento di grande suggestione: Pegaso ed il suo eroe di riferimento, Bellerofonte, condividono la stessa origine. Secondo la testimonianza di Pindaro, Poseidone era anche il padre divino di Bellerofonte, rendendo i due personaggi, l’uno umano, l’altro animale, di fatto fratellastri.
Possiamo individuare nessi simbolici relativi al cavallo alato in quasi tutte le culture antiche: nella mitologia araba come in quella indiana, così come nelle culture orientali, in quelle africane e meso-americane. Pur non esistendo in natura, esso rappresenta un archetipo dell’immaginario collettivo studiato da filosofi e psicoanalisti. In particolare Spinoza, nell’opera “Ethica” (7), si riferisce all’esempio del cavallo alato per cercare di dimostrare come il mondo dei sogni sia una specie di realtà parallela che non ci permette di sfatare l’esistenza di creature non note nel mondo empirico. La figura del cavallo alato spesso si intreccia con le leggende cosmogoniche e con le più ancestrali osservazioni dei fenomeni naturali, come la pioggia, i tuoni ed i fulmini, che potrebbero aver influenzato la nascita del mito di Pegaso. Per Jung, il cavallo alato è un simbolo semantico associato alla ricerca, traendo diretta origine dall’inconscio e dalla parte istintiva della psiche umana (8). Le sue ali sarebbero strumenti onirici per indicare il potere trasformativo e trascendente dell’immaginazione. A questo filone interpretativo, appartiene lo studio condotto dallo psicologo Wilhelm Stekel. Egli analizzò a fondo il sogno di un suo paziente, un cronista che, per lungo tempo, aveva nutrito l’ambizioso progetto di diventare un romanziere di successo. L’uomo aveva sognato un cavallo bloccato nel terreno che, invano, sbatteva le ali nel tentativo di liberarsi. Il professionista interpretò il sogno come un’espressione onirica della frustrazione del giornalista che, con la professione che svolgeva, riusciva a mettere in campo le proprie potenzialità inconsce solo in maniera parziale (9).
Le antiche popolazioni celtiche individuavano nel cavallo i simboli della forza fisica e della velocità, come dimostrerebbe l’iconografia della cavalcatura del dio del vento Baerth, divinità presente in numerose saghe di origine islandese. I suoi otto cavalli finirono con l’indicare, in maniera poetica, gli otto venti principali che sferzavano le coste dell’isola nordica. Nell’Irlanda antica il cavallo era considerato come il simbolo della longevità e della vecchiaia vissuta con saggezza. La diffusione della religione cristiana in Europa portò quasi alla demonizzazione della figura del cavallo alato, come dimostrano alcuni racconti, tra cui la storia del destriero del demone Adramalech. Il processo di demonizzazione dei “cavalli volanti” in ambiente cristiano fu forse influenzato dai “quattro cavalieri”, menzionati nel libro dell’Apocalisse di Giovanni di Patmos, funesti portatori di morte e di sventura. Nel folclore francese, in particolare nell’area geografica del “Giura”, fu ripresa la leggenda popolare del cavallo alato. Nel cantone di Arinthod si sviluppò la fantasia del cavallo bianco di Chisseria, chiamato anche il Pegaso di Segomon. Questa creatura era immaginata come un cavallo alato che volava solitario, oppure in compagnia di elfi e silfidi, o anche montato da un cacciatore munito di armi. Tra i pastori si diffuse anche la leggenda del cavallo bianco di Foncine, anch’esso chiamato Pegaso di Foncine. Secondo la credenza popolare, questo cavallo appariva al crepuscolo, soprattutto in prossimità delle fonti del fiume Saine, prima di spiccare il volo verso un’imprecisata montagna sacra. Si tratta chiaramente di un riadattamento postumo del Pegaso ellenico, richiamando i temi dell’acqua e dello slancio verso l’alto (10).
La simbologia del cavallo alato emerge anche nelle pratiche cultuali legate allo Sciamanesimo dell’Asia centrale, come dimostra la creazione del morin khuur, il violino a testa di cavallo, tipico strumento della tradizione mongola (11). Alla base dell’origine dello strumento, vi sarebbe la vicenda del cavallo alato Jonon Khar, una generosa creatura che, volando ogni notte verso il cielo, avrebbe dato la possibilità al suo cavaliere di unirsi alla fanciulla amata, cadendo poi vittima di una donna gelosa che gli avrebbe tagliato le ali. Il prode cavaliere con le sue ossa avrebbe creato un violino a testa di cavallo, per intonare odi dedicate alla vita del suo fedele amico quadrupede. Nella visione sciamanica, il cavallo alato incarna il prototipo della creatura soprannaturale, capace di sfuggire ai limiti della realtà visibile ed in grado di varcare le porte della realtà invisibile. Il Pegaso della cultura sciamanica, come alcuni tipi di uccelli, può essere considerato un essere simbolico, partorito dalla stessa fantasia dell’individuo, che lo accompagna nell’ascensione estatica verso il cielo, ossia nella realizzazione di un profondo ed unico viaggio spirituale.
Nella concezione ellenica primigenia del cavallo alato, sintetizzata in maniera sublime nella figura di Pegaso, esso rappresenta un’impareggiabile fusione del pensiero scientifico, il corpo, con quello creativo, l’anima. La tensione principale della creatura, quella cioè di alzarsi in volo, fino a riuscire a superare le leggi della fisica, entra in conflitto con la caduta verso il terreno, che lo fa rientrare nell’ordine naturale delle cose. Ciò appare una metafora della tensione dell’anima che cerca, molto spesso a fatica, di liberarsi dalla prigione della materialità corporea. Pegaso rappresenta anche il cosiddetto “pensiero magico”, nelle sue proprietà essenziali e nella sua energia di trasformazione, incarnando in buona sostanza ciò che non può realizzarsi sul piano logico e ponendosi quale “creatura di riconciliazione” tra due mondi in apparenza opposti, quello visibile e quello invisibile. Sotto questo profilo, il cavallo alato si mostra come efficace strumento simbolico del potere del “pensiero magico” che dispiega la sua influenza concreta sulla realtà, stimolando le nostre menti a sublimare le continue prove a cui ci sottopone la quotidiana esistenza, per ricercare un’armonica compenetrazione tra la forma interiore e quella esterna.
Non appare affatto casuale l’elemento narrativo secondo il quale l’origine di Pegaso sia associata alla più famosa delle Gorgoni, Medusa, figura trasfigurata dalla mitologia ellenica che richiamava l’immagine della dea egizio-libica Neith (12), la Grande Madre, in grado di sorgere sia dalle profondità terrestri che dagli abissi marini. Pegaso, come la Grande Dea, così legato all’elemento acqua, portatore di vita e di morte, aveva perciò il dono di far scaturire sorgenti dal proprio zoccolo. In tal senso, si sono espressi alcuni esegeti che hanno voluto vedere nel cavallo alato anche un forte simbolo fallico di fecondità: le sorgenti d’acqua che scaturiscono dall’animale sarebbero la metafora dell’energia vitale.
La vitalità del cavallo, associata alla straordinaria capacità di volare, ha dunque reso Pegaso emblema della vita spirituale dell’artista che, attraverso l’immaginazione, riesce ad elevarsi superando ogni ostacolo terreno. Il cavallo alato, trasformato in cavallo celeste da Zeus che, al termine della sua vita mortale ne fece una fulgida costellazione, ebbe anche un’origine ctonia, nascendo dall’unione di Poseidone con una Gorgone. In tal senso, si può dire che Pegaso fu adoperato come prefigurazione della sublimazione dell’istinto umano, che si concretizza nell’intima aspirazione ad elevarsi verso la divinità. Senza dubbio Pegaso è un simbolo di positività, di potenza e di energia creativa, della luce che illumina l’oscurità, del bene che sconfigge il male.
Note:
(1) L’interpretazione tradizionale si basa su quanto riportato nella Teogonia di Esiodo;
(2) Crisaore era il gigante armato di una spada d’oro, come la stessa etimologia del suo nome suggerisce;
(3) Cfr. Robert Graves, I miti greci, Edizioni Longanesi, Milano 1992;
(4) Cfr. Plinio il Vecchio, Naturalis historia VIII;
(5) Nella commedia di Aristofane “Le rane” si riporta che gli ippogalli erano di frequente incisi sugli scudi dei guerrieri. Costituivano, pertanto, simboli apotropaici;
(6) La Legio III Augusta fu reclutata nel 43 a.C. Oltre al cavallo Pegaso, ebbe come emblema il capricorno;
(7) E’ considerata l’opera più importante del filosofo olandese Baruch Spinoza, pubblicata postuma nel 1677;
(8 )Cfr. Carl Gustav Jung e Beatrice M. Hinkle, Psychology of the Unconsciuous, BiblioBazaar, 2009;
(9) Cfr. Wilhelm Stekel, The interpretation of Dreams: new developments and technique (1943);
(10 )Cfr. Rene Alleau, Guide de la France mysterieuse, 1964;
(11) Nel 2008 la melodia del morin khuur è stata inserita nella Lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’umanità, in relazione alla Convenzione per la salvaguardia dell’UNESCO;
(12) In origine era la patrona di Sais, nell’area geografica del Delta occidentale. Concepita come dea della caccia e della guerra, ebbe come simboli due frecce incrociate sopra uno scudo come corona divina, in aggiunta al bastone uadj. La sua iconografia fu associata anche alla tessitura ed alle pratiche di imbalsamazione.
Luigi Angelino,
nasce a Napoli, consegue la maturità classica e la laurea in giurisprudenza, ottiene l’abilitazione all’esercizio della professione forense e due master di secondo livello in diritto internazionale, conseguendo anche una laurea magistrale in scienze religiose. Nel 2022 ha pubblicato con la Stamperia del Valentino 8 volumi: Caccia alle streghe, Divagazioni sul mito, L’epica cavalleresca, Gesù e Maria Maddalena, L’epopea assiro-babilonese, Campania felix, Il diluvio e Sulla fine dei tempi. Con altre case editrici ha pubblicato vari libri, tra cui il romanzo horror/apocalittico “Le tenebre dell’anima” e la sua versione inglese “The darkness of the soul”; la raccolta di saggi “I miti: luci e ombre”; la trilogia thriller- filosofica “La redenzione di Satana” (Apocatastasi-Apostasia-Apocalisse); il saggio teologico/artistico “L’arazzo dell’apocalisse di Angers”; il racconto dedicato a sua madre “Anna”; un viaggio onirico nel sistema solare “Nel braccio di Orione”ed una trattazione antologica di argomenti religiosi “La ricerca del divino”. Con Auralcrave ha pubblicato la raccolta di storie “Viaggio nei più affascinanti luoghi d’Europa” ed ha collaborato al “Sipario strappato”. Nel 2021 è stato insignito dell’onorificenza di Cavaliere al merito della Repubblica italiana.