Ghostbusters (1984) e Nikola Tesla: allegorie mitologiche e misteri scientifici – Piervittorio Formichetti
Tra le opere d’arte cinematografica possibilmente o effettivamente inclusive di alcuni elementi, o rimandi allusivi, più o meno espressamente “esoterici” – come La nona Porta di Roman Polanski (il cui simbolismo esoterico-iniziatico è stato analizzato sul canale video di questo blog [1]) e il primo Matrix (1999) dei fratelli Wachowsky, di cui s’è occupato ad esempio Paolo Riberi nel libro Il risveglio di Neo [2] – potrebbe rientrare anche il celeberrimo film Ghostbusters-Acchiappafantasmi (regia di Ivan Reitman, 1984), di cui nel 2024 ricorre il quarantesimo anniversario.
Molte persone, non soltanto negli Stati Uniti d’America ma nell’intera area storico-geografica “occidentale” , ricorderanno certamente le scene del film, pervase da un clima inquietante e apocalittico, ma anche umoristico, riguardanti l’incontro tra Dana Barrett (Sigourney Weaver) e Louis Tully (Rick Moranis) posseduti da due antichi personaggi mitologici, Zuul il «Guardia di Porta» e Vinz Clortho il «Mastro di Chiavi» [3], e lo scontro dei quattro protagonisti con la terribile divinità Gozer il Distruggitore [4]. Questi personaggi hanno indubbiamente qualche analogia, di nome o di ruolo, con alcune figure mitologiche conosciute, possibili modelli per i creatori del film, che sarebbe interessante approfondire. Ad esempio, secondo i Libri dei Morti (o, più fedelmente al nome originale di questi testi, Libri per uscire al Giorno) degli antichi Egizi, tra le varie entità dell’Oltretomba vi è il misterioso «Guardiano della Porta», che interroga l’anima del defunto (il quale deve conoscere e pronunciare in sua presenza il suo nome: «Colui che Conosce i Cuori ed Esplora le Persone»), prima di ammetterlo al consesso degli dèi [5]. Il nome Gozer, invece, fu tratto da un caso di poltergeist avvenuto nel 1977 in una casa di Enfield, in Inghilterra, dove la presunta entità incorporea avrebbe lasciato scritto questo nome sulle pareti e su alcuni oggetti [6].
Gozer il Distruggitore è un dio fittizio dell’antichissimo Medio Oriente, adorato e temuto nel 6000 avanti Cristo dalla (fittizia) civiltà scomparsa di Sebouillia, dov’era noto anche come Gozer il Gozeriano, Volguus Zildrohár (un appellativo in una lingua «morta», come quella, ad esempio, della più antica preistoria del sistema solare nella quale il celeberrimo autore statunitense Howard Phillips Lovecraft collocò gli esseri protagonisti della sua mitologia di Cthulhu) e anche «il Viaggiatore»: egli infatti viaggia non soltanto nello spazio, spostandosi di territorio in territorio, ma anche nel tempo, riapparendo ogni qualche millennio nella forma scelta, inconsciamente o consapevolmente, da coloro che lo evocano: Gozer può essere quindi analogo a un avatāra («discesa incarnata») di Shiva, il dio della distruzione periodica del mondo, che nella tradizione induistica è la prima fase della palingenesi (rigenerazione ciclica) e ha luogo al termine del kali yuga, la «nera età», quarta epoca della cronologia cosmica, che conduce l’umanità al termine di un ciclo storico.
Nel film Louis, interrogato dal più erudito dei quattro Acchiappafantasmi, Egon Spengler (Harold Ramis) mentre è posseduto dal «Mastro di Chiavi» devoto a Gozer, racconta le due precedenti manifestazioni del dio [7] con riferimenti astrusi per chiunque non appartenga a quell’antico mondo estinto, ma ben noti a “lui”:
Gozer il Viaggiatore: Egli giungerà in una delle sue forme prescelte. Durante la rettificazione dei Vuldronaii, Egli giunse come un vasto semovente Thorb. Poi, durante la terza riconciliazione degli ultimi supplicanti Mekètrex, scelsero una nuova forma per Lui: quella di enorme Slor! Molti Shub e Zull perirono arrostiti nelle profondità dello Slor in quel giorno, giuro a dio!
Che cosa significhino tutti questi nomi non si saprà mai. Nella sua successiva teofania, Gozer non ammetterà alla sua presenza chiunque non sia una divinità (il famoso dialogo con Ray Stantz: – Sei tu un dio? – …No! – Allora… muori!!!), e definirà spregiativamente gli esseri umani «subcreature»; da ciò s’intuisce che egli sia uno dei massimi dèi, sotto i quali esiste una gerarchia di specie e di creature della quale fecero parte gli Shub e gli Zull, e nella quale gli umani occupano uno dei gradi infimi. Louis (nella versione italiana doppiato dal noto attore Oreste Lionello) dice che gli Shub e gli Zull perirono arsi, e ciò implica che lo Slor, qualsiasi cosa sia, abbia vaste profondità infuocate; il che si accorda con la minaccia «Perirai nella Fiamma!» che più tardi Louis indirizzerà all’ignaro conducente della carrozza turistica durante la sua comica ricerca del «Guardia di Porta» in giro per New York. Si penserebbe a un’immensa fornace, ispirata all’immagine dell’Inferno nelle tradizioni cristiana e islamica, ma anche a quella, meno nota ma molto simile, della primigenia tradizione buddhista. In almeno un discorso del Buddha (Siddhartha Gautama Shakyamuni, vissuto, come si sa, tra i secoli VI e V a. C.) appaiono immagini molto simili per descrivere metaforicamente i dolori spirituali che l’uomo malvagio e impenitente proverà nell’Aldilà (e ciò, tra l’altro, indica che nel corpus dottrinale originario del Buddhismo, la concezione dell’esistenza di un aldilà metafisico di sofferenza per i malvagi coesisteva parallelamente, se non addirittura precedentemente, alla nota dottrina del samsara, ossia la reincarnazione espiatoria [8]):
I custodi infernali, oh monaci, aggiogandolo ad un carro lo menano e rimenano per un terreno ardente, bruciante, scottante: per cui egli ha da provare sensazioni dolorose, cocenti, pungenti, né può finire il suo tempo finché la sua cattiva azione non è esaurita.
I custodi infernali, oh monaci, gli fanno ascendere e discendere una grande montagna di brace ardente, bruciante, scottante: per cui egli ha da provare sensazioni dolorose, cocenti, pungenti, né può finire il suo tempo finché la sua cattiva azione non è esaurita.
I custodi infernali, oh monaci, afferrandolo lo gettano, piedi in su e capo in giù, in un recipiente con ferro in fusione, ardente, bruciante, scottante; per cui egli è cotto e ridotto in schiuma, e, ridotto in schiuma, ora va in su, ora va in giù, ora va a traverso: così che ha da provare sensazioni dolorose, cocenti, pungenti, né può finire il suo tempo finché la sua cattiva azione non è esaurita.
I custodi infernali, oh monaci, lo gettano poi nel grande inferno. Il grande inferno, oh monaci, ha quattro cantoni con quattro porte ai lati, è cinto da una muraglia di ferro e sormontato da una volta di ferro, ed il suo pavimento di ferro, arroventato a fuoco, irradia calore per cento leghe in giro… Se io ora volessi, oh monaci, continuare a raccontare in vario modo il racconto dell’inferno, non sarebbe tanto facile, oh monaci, riuscire a descrivere adeguatamente i dolori infernali [9].
Zuul, il nome del «Guardia di Porta» (simile a Zull ma da non confondere con questo), è pronunciato anche da un’ignota voce cavernosa, udita con terrore da Dana quando, aprendo il frigorifero in casa, intravede addirittura una sorta di cielo infuocato (torna l’elemento del fuoco oltremondano) con al centro un edificio simile a un tempio; da questo paesaggio straniante si affacciano esseri ruggenti, simili a cani ma anche ad antichissimi ceràtopi, ossia dinosauri dotati di corna.
Questa scena è stata citata addirittura nel primo di tutti gli albi della serie a fumetti Dylan Dog, il celebre «indagatore dell’incubo» ideato da Tiziano Sclavi: L’alba dei morti viventi (n. 1 / ottobre 1986). In questo episodio, Dylan Dog si rivolge alla sua cliente in modo apparentemente ironico: «Se il vostro problema è che avete uno spettro sumero nel frigorifero, non siete stata affatto stupida»; in una successiva vignetta compare proprio la famosa strofa della canzone emblematica del film, quasi come un’improvvisa musica “fuori campo”. Alla stessa scena si allude anche nell’albo Dylan Dog n. 200, intitolato appunto Il numero duecento (a colori, maggio 2003), che narra retrospettivamente l’inizio della carriera di Dylan Dog proprio come cacciatore di fantasmi: anche lui s’imbatte in un essere che infesta un frigorifero, uno spettro demoniaco chiamato «ghoulver» annidatosi nel tappetino sotto il frigo. Il termine «ghoulver» richiama la parola araba ghoul o ghul che significa demonio, spirito maligno capace di assumere sembianze animali; questa parola si ritrova ad esempio nell’antico nome arabo della stella Beta Persei, Algol (da al ghul), nella costellazione Perseo: ci si può quindi chiedere se ghul possa essere stata la parola di riferimento per il nome Zuul, simile non solo nella pronuncia ma anche per ciò che designa, cioè una creatura demoniaca d’aspetto animale.
Il ghostbuster Peter Venkman (Bill Murray) scoprirà e comunicherà a Dana che Zuul era un semidio o un demone venerato dai Sumeri e dagli Hittiti nel 6000 avanti Cristo (questo palese anacronismo è ovviamente una licenza artistica), cioè contemporaneo al culto di Gozer e – si scoprirà – una figura fondamentale di esso. L’incontro di Zuul «Guardia di Porta» con Vinz «Mastro di Chiavi» è infatti necessario a Gozer per manifestarsi nel mondo; i due esseri s’impossessano quindi di Dana e Louis, e la coppia unita da un bacio si avvia alla sommità del grattacielo all’ultimo piano del quale si trova l’appartamento di Dana: per questa ragione il suo frigorifero era diventato per un istante una sorta di finestra spazio-temporale tra il nostro mondo e una dimensione parallela. In cima all’edificio, su una terrazza simile a un antico tempio, entrambi si trasformeranno in due mostri identici a quelli visti da Dana attraverso il frigo.
Il grattacielo scelto dai produttori di Ghostbusters per ambientare l’avvento di Gozer è un edificio reale di New York, al numero civico 55 di Central Park West: ha 19 piani, è alto 68 metri, e fu progettato nel 1929 dagli architetti Schwartz e Gross (i cui cognomi indicano un’origine tedesca) su commissione di tale Edgar Levy (di origine ebraica). La sua estremità superiore ricorda vagamente le ziggurat, i famosi templi assiro-babilonesi a gradoni, cui è possibile ricondurre anche il mito biblico della Torre di Babele: situare il ritorno di una divinità dell’antichissima Mesopotamia sulla cima di un edificio che somiglia a una ziggurat ha una sua coerenza, tralasciando che le ziggurat non esistevano ancora nel 6000 a. C.. Nel film, il numero civico diventa 550, e l’altezza del grattacielo è visivamente molto aumentata mediante qualche tecnica di intervento sulle immagini, anche perché sovente lo si vede inquadrato dal basso, dal punto di vista della folla radunatasi a osservare il cielo ingombro di nubi e di lampi da cui proviene la voce minacciosa di Gozer; inoltre, la terrazza simile a un tempio non esiste sul grattacielo reale: è un ambiente costruito ad hoc in uno studio cinematografico.
In un’atmosfera sovraccarica di elettricità, Dana-Zuul e Louis-Vinz si pongono in piedi sulle estremità di due parapetti affiancati; due fulmini, scendendo dal cielo, colpiscono i loro corpi, che così trasmettono le scariche elettriche a un grande portone al centro della terrazza-tempio; il portone si spalanca mostrando un abbagliante varco spazio-temporale. Intanto Dana e Louis si trasformano nei due mostri e vanno a porsi ai lati del portale con il ruolo di animali da guardia del terribile nume. Il portale finalmente si apre e rivela ai quattro Acchiappafantasmi (e al pubblico) Gozer il Distruggitore nella straniante forma di una donna d’aspetto androgino: Gozer, ricorda Egon Spengler al collega Ray Stantz (Dan Aykroyd), può assumere qualunque forma. Avviene quindi tra Ray e Gozer il breve dialogo già citato – che esprime, in modo inquietante e insieme umoristico, l’immensa distanza psicologica tra un cittadino «medio» del ventesimo secolo e un antichissimo dio della catastrofe – alla fine del quale Gozer scaccia gli intrusi dalla gradinata dell’attico-tempio con due fasci di fulmini irradiati dalle sue mani; a differenza di Zeus, ad esempio, che scaglia i fulmini come fossero lance, cioè oggetti separati dalla sua persona.
In Ghostbusters, il grattacielo in cui tutto ciò avviene ha il nome fittizio di Spook Central, «Centrale degli spettri»; Egon spiega che fu progettato pochi anni dopo la prima guerra mondiale da un architetto geniale e pazzoide, Ivo Shandor, con la funzione di enorme antenna interdimensionale per attirare le entità spiritiche e richiamare Gozer, che così avrebbe distrutto la società umana ormai troppo corrotta; Shandor infatti era anche capo di una setta di adoratori di Gozer che, mediante strani riti sulla terrazza-tempio, invocava la fine del mondo. Il nome Ivo Shandor suona inconfondibilmente balcanico e slavo: ad esempio, due scrittori nati in queste regioni d’Europa furono il bosniaco Ivo Andrić (1892-1975), premio Nobel per la letteratura, e l’ungherese Sandor Petöfi (1823-1849), poeta e patriota simbolo della rivolta anti-asburgica del 1848.
Ivo Shandor sarebbe quindi stato uno scienziato balcanico famoso negli Stati Uniti per i suoi progetti arditi e stravaganti e per la sua personalità inquietante. Questo profilo, come forse alcuni lettori potrebbero già avere intuito, risulta molto simile a quello del celebre inventore Nikola Tesla (1856-1943), che nacque nell’attuale Croazia da famiglia serba, fu uno dei protagonisti delle sperimentazioni e delle controversie sull’elettromagnetismo, ed ebbe fama di genio eccentrico e visionario.
Tra le ragioni per cui Tesla risulta affascinante al «grande pubblico» vi è il suo presunto progetto di un’arma chiamata teleforce, ribattezzata dai giornali «Raggio della morte» (Death Ray) e «Raggio della pace», perché sarebbe stata così potente da scoraggiare ogni guerra. Dalle memorie dello scienziato sembra che il teleforce, elaborato negli anni ’20 e ’30 del Novecento, dovesse impiegare fasci di particelle di mercurio o di tungsteno, concentrate e accelerate per produrre un’energia capace di «abbattere una flotta di diecimila aeroplani nemici anche a 200 miglia dal confine della nazione attaccata, e avrebbe fatto cadere gli eserciti sui loro passi. Tale arma può essere utilizzata contro la fanteria di terra o come contraerea» [10]. Quest’arma inaudita avrebbe avuto legami con le ricerche di Tesla sul fenomeno naturale dei fulmini globulari, sarebbe stata da lui proposta al Dipartimento della Difesa degli USA e, avutone un rifiuto, ad alcuni governi europei, con lo stesso esito. Del teleforce non sono stati trovati prototipi, tuttavia pochi giorni dopo la morte di Tesla, l’intero insieme dei suoi documenti sull’elettromagnetismo fu sequestrato dagli agenti dell’F.B.I. e da ufficiali della Marina militare statunitense, quindi classificato «top secret»; soltanto da pochi anni buona parte del materiale è stata desecretata ed è attualmente esposta a Belgrado nel museo dedicato allo scienziato.
Ebbene, secondo alcuni odierni ricercatori statunitensi di storia «alternativa» o «segreta», l’intero grattacielo di Central Park West 55 potrebbe essere stato progettato in incognito proprio da Nikola Tesla, in modo da includere una struttura funzionante come un enorme amplificatore elettrico, capace di dirigere intorno a sé il «Raggio della morte» in caso di guerra [11]. Questa teoria è certamente da prendere con le molle, perché potrebbe essere ricalcata proprio sulla figura di Ivo Shandor e sulla descrizione del suo grattacielo interdimensionale presente in Ghostbusters; ma forse è anche possibile che la teoria circolasse negli USA già prima del 1984 e che quindi sia stata utilizzata dagli ideatori del film, prima di essere “ripescata” da altri ricercatori e documentaristi in anni più recenti.
Non è da escludere che la teoria sul grattacielo diffusore del «Raggio della morte» e l’idea del grattacielo-antenna di Ivo Shandor – a prescindere da quale delle due sia all’origine dell’altra – abbiano tratto spunto da un progetto fallito di Tesla, la Wardenclyffe Tower. Questa torre, eretta tra il 1902 e il 1905, era una «torre aerea» sormontata da una cupola per sperimentare la trasmissione radio, la telefonia senza fili (all’epoca un grande azzardo tecno-scientifico) e il trasferimento di energia elettrica senza cavo: aspetto, quest’ultimo, che conferiva alla struttura una funzione analoga a quella di un’enorme «bobina di Tesla», altra sua famosa invenzione, «in grado di generare fulmini del tutto simili a quelli di origine atmosferica, anche se di entità ridotta» [12]. Tesla affidò la costruzione della Wardenclyffe Tower agli architetti Stanford White e W. D. Crow, ma nel 1905 i garanti del progetto, tra cui il magnate J. P. Morgan, giudicandolo troppo costoso interruppero i finanziamenti. La torre fu poi abbattuta a cariche di dinamite durante la prima guerra mondiale, il 4 luglio 1917, temendo che la Germania riuscisse a servirsene a distanza per le proprie radiocomunicazioni.
Vi sono comunque altre coincidenze che vale la pena considerare.
La Wardenclyffe Tower prendeva nome da James Warden, proprietario del terreno concesso a Tesla per il suo progetto e sul quale la torre fu costruita; warden significa «guardiano», un sinonimo di «Guardia di Porta». Un elemento fondamentale del «Raggio della morte» di Tesla sarebbe il tungsteno; nel film, proprio Ray Stantz (Ray è diminutivo di Raymond, ma significa anche «raggio») afferma che la copertura del tetto dello Spook Central fu realizzata in lega di magnesio e di tungsteno. Negli anni ’90 dell’Ottocento, il filosofo indiano Swami Vivekananda visitò l’Europa e gli Stati Uniti: qui Tesla lo incontrò, e forse da lui apprese alcune nozioni di cosmologia induistica tra cui quella di kalpa [13], l’incommensurabile estensione di tempo al cui interno avverrebbe più volte il ciclo dei quattro yuga che si conclude con la distruzione della maggior parte dell’umanità, cioè l’evento che Gozer è evocato a compiere. Nella sua iperattività intellettuale, Tesla lesse anche molti romanzi: a quanto pare, il suo preferito era Abafi (cioè Il figlio di Aba), il cui autore era Miklos Jósika, ungherese come il poeta Sandor Petöfi e come Lászlo Kovács, il fotografo di scena di Ghostbusters. Negli USA, Tesla tradusse in inglese il poeta serbo Jovan Zmaj; in Ghostbusters, per il ruolo di Gozer fu scelta un’attrice serba di nome Slavitza Jovan.
Dunque Gozer è un dio della catastrofe ciclica, tema induistico conosciuto da Tesla; è interpretato da una persona serba come la famiglia d’origine di Tesla, col cognome identico al nome del poeta serbo tradotto da Tesla, e si manifesta in cima a un grattacielo progettato da un architetto col cognome quasi identico al nome del più celebre poeta d’Ungheria, patria dell’autore del romanzo prediletto di Tesla.
Nikola Tesla restò celibe per tutta la vita (sostenendo, come Isaac Newton tre secoli prima, che la castità contribuiva a trasferire e concentrare le sue energie nell’attività intellettuale) e aveva una strana fobia per le perle sugli accessori femminili, tanto da schivare le donne che li indossavano [14]: due aspetti che una parte del pubblico poteva fraintendere come indizi di omosessualità; Gozer è una figura androgina e di sesso potenzialmente mutevole, potendo assumere qualsiasi forma. Tesla aveva un’attenzione maniacale per i piccioni, volatili allevabili come «viaggiatori», e si affezionò soprattutto a uno di essi, una femmina bianca; Gozer è definito «il Viaggiatore» e appare come essere femminile vestito di bianco. Si potrebbe dire che Tesla «manovrasse» l’energia elettrica con una capacità sovrumana; Gozer è una divinità che si manifesta in un’atmosfera elettrizzata ed emette fulmini dalle mani. Harold Ramis e Dan Aykroyd scrissero tre versioni successive di Ghostbusters (la terza e ultima delle quali fu approvata dal regista Reitman) tra gennaio e settembre del 1983, cioè a quarant’anni dalla morte di Tesla; il film uscì sul grande schermo nel 1984, ossia a cento anni esatti dall’arrivo di Tesla a New York: due anniversari che difficilmente passarono inosservati tra gli scienziati e i giornalisti. Negli anni seguenti, l’unico Paese dell’Europa orientale in cui Ghostbusters fu diffuso in traduzione nella lingua locale fu la Croazia (il titolo in croato è Istjerivači duhova), cioè proprio la patria di Tesla.
Tutte queste coincidenze con alcuni elementi della vita e delle attività di Nikola Tesla sembrano, insomma, molto più che puramente casuali; la “presenza” di Tesla sembra aleggiare su Ghostbusters senza mai emergere esplicitamente. Durante l’ideazione del film, Dan Aykroyd fu colui che, per contribuire a definirne gli elementi parascientifici (gli ectoplasmi, gli «zaini protonici», le trappole…), si documentò maggiormente sul paranormale, sull’elettromagnetismo e sulla fisica delle particelle: non sarebbe strano se durante queste ricerche si fosse imbattuto nel nome di Tesla, anche perché pochi mesi prima, nel 1982, era stato ripubblicato un libro su di lui, verosimilmente in vista del venturo quarantennio dalla morte: My Inventions. The Autobiography of Nikola Tesla, redatto da Ben Johnston sulla base di molti articoli scritti dallo stesso Tesla nel 1919 per la rivista statunitense “Electrical Experimenter” [15].
Tornando alla scena del film in cui Dana-Zuul e Louis-Vinz, sulla terrazza-tempio in cima al grattacielo, si posizionano sui parapetti di fronte al grande portone per attirare le saette e dirigerle sui suoi battenti, si potrebbe quindi notare che i due personaggi fungono da poli elettrici umani, da amplificatori o ripetitori delle scariche che giungono dall’alto: sembrano cioè comportarsi anche loro come due grandi «bobine di Tesla» (ma su quest’ultimo aspetto sarebbe necessario il commento di persone più competenti di chi scrive).
Da questa prospettiva si potrebbe interpretare anche il ruolo del «Guardia di Porta» e del «Mastro di Chiavi», una coppia i cui membri devono unirsi per evocare Gozer, che in senso lato è un essere “elettrico”. Ramis e Aykroyd dichiararono che l’idea di questi due personaggi fu elaborata molto tardi durante la terza stesura di Ghostbusters; ma non si conosce che cosa, eventualmente, fornì loro lo spunto. È noto che per attivare una corrente elettrica via cavo bisogna unire una presa «femmina» a una spina «maschio», due oggetti che hanno ruoli e forme simili a quelli della serratura di una porta e a quelli di una chiave; nel film, il «Guardia di Porta» è appunto l’elemento femminile (Dana), e in moltissimi edifici le prese «femmine» dell’impianto elettrico interno si trovano a fianco delle porte, cioè proprio dove starebbe una guardia di sorveglianza. Può sembrare surreale, ma tutto questo suscita il sospetto che l’unione tra il «Guardia di Porta» e il «Mastro di Chiavi» possa essere anche una sorta di allegoria mitologico-cinematografica del contatto tra la presa e la spina – o tra analoghi connettori in altri sistemi elettrici – necessario per attivare la corrente elettrica (Gozer, i fulmini), che quindi sarebbe il tema sotteso di buona parte del film, in armonia con le possibili allusioni a Nikola Tesla e al suo campo scientifico.
Alla luce di tutto ciò, non è impossibile che, durante il quarantesimo anno dalla morte di Tesla e ad un secolo esatto dal suo arrivo a New York, i creatori di Ghostbusters abbiano voluto adombrare nelle figure di Ivo Shandor e di Gozer, e nella teofania di quest’ultimo, alcune allusioni (non prive di umorismo) a uno dei maggiori scienziati dell’elettricità e dell’elettromagnetismo, ma ingiustamente sottovalutato e contrastato, così come verosimilmente era visto da buona parte del pubblico statunitense: una figura misteriosa e inquietante, capace di padroneggiare le forze della Natura come un mago o un dio, in possesso di conoscenze e procedure segrete, potenzialmente applicabili anche alla tecnologia militare di distruzione di massa.
Ora resterebbe da sapere se nella documentazione scritta o audiovisiva prodotta prima, durante e dopo la realizzazione di Ghostbusters si trovi qualche riscontro a sostegno di questa ipotesi; ammesso che esistano, il fatto che almeno in internet non sembri trovarsi nulla di esplicito al riguardo, potrebbe far pensare che tutti questi elementi relativi a Nikola Tesla siano stati discussi oralmente tra gli ideatori del film senza che ne siano rimaste tracce, oppure senza voler lasciarne, per poi vedere se qualcuno, forse soprattutto fra i critici cinematografici, li avrebbe individuati.
Note:
1 – Al riguardo vedi anche i nove articoli Arcana Vmbrarum Regni di Frank Tudisco qui su Pagine Filosofali: https://www.paginefilosofali.it/porta-prima-arcana-vmbrarum-regni-frank-tudisco/ e successivi.
2 – Vedi ad es. la video-discussione sul canale Youtube del blog Axis Mundi, 4 maggio 2022: https://www.youtube.com/watch?v=JfZqgZBoxGA.
3 – Visibile in internet al link https://www.youtube.com/watch?v=_SuOlS3yvU .
4 – Visibile in internet al link https://www.youtube.com/watch?v=Xb1CYaHMMRg .
5 – Vedi ad es. Il Libro dei Morti degli antichi Egizi. Il papiro di Torino, a cura di Boris de Rachewiltz, Edizioni Mediterranee, Roma 1986, ristampa 2001, cap. CXXV, p. 104.
6 – Cfr. Don Shay, Making Ghostbusters, ed. Zoetrope, New York 1985, citato in https://ghostbusters.fandom.com/wiki/. Questo sito ed un altro, https://anjaqantina.jimdofree.com/ghostbusters-acchiappafantasmi/ , sono utilissimi anche per altri particolari qui menzionati o discussi.
7 – Visibile in internet al link https://www.youtube.com/watch?v=Ky2-4rnhoL0. In questo articolo la citazione dal film è più corretta di come l’ho riportata in un mio precedente scritto: Viaggio nell’eterna Notte. In cerca di alcune fonti di William Hope Hodgson, in “Zothique – Rivista di cultura fantastica e weird”, n. 8 / luglio 2021.
8 – «Né il concetto di karma, né quello di samsàra, quando correttamente interpretati, rivestono i significati che certa letteratura “divulgativa” ha a essi falsamente assegnato. Per essere più precisi: l’originario vocabolo sanscrito karman significa innanzitutto “opera”, “azione”, “rito religioso”; samsara è parola che indica gli stati transitori dell’esistenza [dell’individuo] e il fenomeno del “passaggio” da uno all’altro; designa inoltre la “quiddità” che trasmigra non necessariamente ripresentandosi nella reincarnazione o nella metempsicosi, poiché l’onda della vita non rifluisce sempre sulla stessa spiaggia. Anzi scorre e spumeggia in varie direzioni, giungendo più spesso a quei lidi che la tradizione cristiana raffigura, non senza ragione, quali inferno, purgatorio e paradiso» (Alberto Cesare Ambesi, Il panteismo, Xenia, Milano 2000, pp. 29-30).
9 – Buddha, I quattro pilastri della saggezza, a cura di Karl Eugen Neumann e Giuseppe De Lorenzo [ed. or. Lipsia, Germania, 1927], Tascabili Economici Newton, Roma, 1993, pp. 83-84. Per alcune analogie tra la concezione buddhistica e quella islamica delle pene infernali, cfr. Corano, II 24; IV 55-56; IX 35; X 4; XI 98; XIII 5; XIV 16-17, 49-50; XVIII 29; XXII 19-22; XXXVII 62-67; XXXVIII 5-59; XXXIX 16; XL 71-72; XLIV 43-48; LV 43-44; LVI 42-44, 51-56; LXVI 6; LXIX 30-32; LXX 15-16; LXXIV 26-30; LXXVI 4; CIV 9.
10 – Nikola Tesla, “Death Ray” for planes, intervista del “New York Times” 22 settembre 1940, citato in https://it.wikipedia.org/wiki/Nikola_Tesla.
11 – Da una puntata di una serie statunitense trasmessa su Focus TV nelle ultime settimane del 2020 (purtroppo non trovo riferimenti in internet più precisi).
12 – Citato in https://it.wikipedia.org/wiki/Nikola_Tesla.
13 – Vedi https://lasorgente.net/2017/11/30/tesla-esoterico/.
14 – Vedi ad es. Elena Gajno, Nikola Tesla, il Signore degli elettroni, in “Luce e Ombra”, rivista della Fondazione “Ernesto Bozzano – Gastone De Boni” (Bologna) anno 121 n. 4 / ottobre-dicembre 2021.
15 – Citato in Gajno, Nikola Tesla, il Signore degli elettroni, cit. (Bibliografia). Il libro esiste anche in traduzione italiana: Le mie invenzioni. L’autobiografia di un genio, ed. Feltrinelli.
Piervittorio Formichetti