Orione, il grande cacciatore – Luigi Angelino
Nella mitologia classica, sia in ambito greco che romano, Orione era immaginato come un gigante cacciatore, collocato da Zeus fra le stelle, nell’area della volta celeste che avrebbe acquisito il suo nome. Sulle vicende legate alla sua origine, gesta e morte, vi sono diversificate visioni del mito, anche se Orione viene essenzialmente ricordato per la visita nell’isola di Chio, il conseguente accecamento per opera di Enopio ed il successivo recupero della vista nell’isola di Lemno. Come è noto, le imprese del gigante trovarono compimento con la finale ascesa al cielo per dare vita all’omonima costellazione.
Cercando di ripercorrere i dati salienti della storia del mito, è forse utile partire dalla versione di Ferecide (1), ripresa da Apollodoro, secondo la quale Orione fosse nato dall’unione del dio del mare Poseidone con Euriale, principessa di Creta, figlia del re Minosse. Come accennato in precedenza, la scena principale della narrazione ha inizio sull’isola di Chio, quando Orione cercò di corteggiare la bella Merope, figlia del re Enopio. Quest’ultimo si adirò non poco per la sfrontatezza del gigante, facendolo accecare ed esiliandolo dall’isola. Orione cercò rifugio nell’isola di Lemno, dove incontrò il favore e la pietà di Efesto che, con l’aiuto di Cedalione, lo fece condurre verso oriente, fino al punto estremo in cui sorgeva il sole. Qui Orione riacquistò la vista grazie alla dea dell’aurora Eos con la quale si unì in matrimonio. Un’altra versione racconta che Orione riacquistò la vista, ma ebbe in dotazione occhi magici costruiti direttamente da Efesto e che per la grande gioia si dedicò alle battute di caccia per lungo tempo senza alcuna sosta, fino ad arrivare alla dimora di Eos, di cui si innamorò follemente (2).
Le vicende amorose di Orione continuarono anche dopo il felice connubio con la dea dell’aurora. Dei suoi occhi celesti e magnetici, si invaghì la dea Artemide, con la quale condivideva molte battute di caccia, a cui partecipava in compagnia anche del suo fedele cane Sirio. Le offerte amorose di Artemide appaiono ancora più significative, se si pensa alla sua proverbiale castità. Il gigante cercò di evitare le iniziative della dea con eleganza e fermezza, affermando di voler rimanere fedele alla sua sposa. All’inizio sembrò che Artemide si rassegnasse alla decisione di Orione, rispettandone l’alta ispirazione morale. Quando però la dea scoprì che il gigante aveva cominciato a molestare le Pleiadi, le sette figlie di Atlante e di Pleione, la dea non accettò di buon grado il terribile affronto, meditando nei confronti dell’amato una terribile vendetta. Ella, infatti, inviò uno dei suoi servi più micidiali e letali, lo Scorpione, che si nascose nella capanna del gigante nel corso della notte, attendendo il suo ritorno alle primi luci dell’alba. Ritornati stanchi dalla caccia, Orione ed il suo segugio Sirio, ignari della presenza del perfido animale, furono colpiti dal suo pungiglione avvelenato.
Nella mitologia romana, così come emerge dagli scritti di Ovidio (3) ed Igino (4), Orione era stato generato dall’urina di Giove, Nettuno e Mercurio. Proprio per questa particolarità, gli era attribuito l’appellativo di Tripater. Le tre divinità, apparse inizialmente ad un contadino della Beozia sotto mentite spoglie, lo avrebbero ricompensato fecondando con l’urina la pelle di un toro immolato per onorarli. Il contadino aveva, infatti, espresso il desiderio di avere un figlio che lo potesse aiutare, nonostante sua moglie fosse morta da poco. Secondo la narrazione romana, Orione era un gigante imponente e di straordinaria bellezza, talmente alto che mentre scendeva da un’altura, la sua testa era ricoperta dalle nuvole. Diodoro Siculo riporta un elemento in più: Orione avrebbe coordinato i progetti per la costruzione della città di Zancle, che poi avrebbe preso il nome di Messina. Ancora oggi nella città siciliana, il mito conserva un segno tangibile: nella Piazza del Duomo ad Orione è dedicata l’omonima fontana marmorea eseguita a metà del sedicesimo secolo da Giovanni Angelo Montorsoli (5).
Anche sulle circostanze della morte del gigante ci sono diverse versioni. Ci si potrebbe immaginare che Orione muoia colpito dal pungiglione dello Scorpione inviato da Artemide (per altri mandato da suo fratello Apollo) ed, invece, la fantasia degli autori ci presenta altre possibilità. Omero ci dice che, a compiere l’omicidio, sia stata la stessa Artemide nell’isola di Ortigia animata dalla gelosia, mentre Igino, ribaltando il gioco delle parti, afferma che la dea lo avrebbe ucciso per non subìre le sue violenze. Un altro racconto vuole che Orione sia morto sì colpito da una freccia di Artemide, ma per un inganno orchestrato da suo fratello Apollo che temeva che la passione potesse distoglierla dai suoi doveri divini. Alla vista del corpo esanime del gigante, Diana sarebbe caduta in un pianto inconsolabile mentre il fedele cane Sirio avrebbe cominciato ad ululare al vento. Giove, provando pietà per quell’indicibile dolore, avrebbe accolto Orione e Sirio fra le stelle, regalando loro una porzione importante della volta celeste. Da allora la costellazione di Orione brilla nell’emisfero boreale mentre sembra che affronti l’attacco del Toro. Il gigante è di solito raffigurato armato di clava nella mano destra e di scudo in quella sinistra; altre immagini lo descrivono come armato di clava e di una pelle di leone. Non lontano luccica il Cane Maggiore, fedelissimo compagno della fugace esistenza del gigante. Con questi elementi si può tratteggiare una linea immaginaria che, partendo dalle stelle della cintura di Orione vada a prolungarsi in direzione sud-orientale, fino ad incontrare la stella Sirio. La costellazione dello Scorpione, al contrario, punita dal padre degli dèi con una tremenda folgore, si vede sorgere proprio quando quella di Orione tramonta, ad indicare, come nella simbolica trasfigurazione celeste, il terribile mostro non possa più ingannare il grande cacciatore (6).
Analizzando con una certa attenzione il mito di Orione, al di là delle diversificazioni contenutistiche, si può notare come sia la mitologia greca che quella romana, appaiano in qualche modo debitrici rispetto a racconti tramandati da civiltà ancora più antiche. Nell’ambito culturale dei Sumeri, i sacerdoti astronomi erano soliti chiamare Ur-an-na (Orione) “la luce del cielo”. Proprio in quella costellazione, Gilgamesh, il re di Uruk, protagonista dell’omonimo poema, redatto in epoca babilonese, si scontrava con Gud- an-na, il toro del cielo, dopo aver rifiutato le offerte amorose della dea Isthar, grosso modo corrispondente all’Afrodite/Venere del pantheon greco-romano (7). Alcuni studiosi, a giusta ragione, ritengono che Gilgamesh, presso i Sumeri corrispondeva alla figura di Eracle, l’eroe delle dodici fatiche della successiva mitologia greca, al quale però è stata assegnata, almeno di nome, una porzione del cielo molto meno importante e brillante. Pertanto, è lecito chiedersi se il mito di Orione non sia strettamente legato alle vicende di Eracle, o addirittura se il gigante non sia lo stesso Eracle presentato in altra forma. A sostegno di tale ipotesi, vi è il significativo elemento che una delle fatiche di Eracle consistette proprio nella cattura del toro di Creta. Tolomeo, inoltre, diede una descrizione di Orione, come provvisto di un bastone e di una pelle di leone, armi notoriamente attribuite ad Eracle nelle antiche carte astrali. A onor del vero, tuttavia, il mondo accademico rigetta il valore di questa sorprendente coincidenza, spiegandola come una postuma commistione fra diversi elementi.
Dal nostro pianeta, Orione risulta la più splendente fra le costellazioni, soprattutto per la sua prossimità all’equatore celeste e, per questo motivo, si capisce il suo legame con un personaggio mitologico così imponente e famoso per la sua straordinaria avvenenza. Manilio, forse esagerando, diceva che quando Orione si leva la notte simula la luminosità del giorno e ripiega le sue ali scure (8). La costellazione comprende circa 130 stelle che sono visibili anche ad occhio nudo, distinguendosi per l’allineamento di tre astri che danno vita alla singola configurazione che prende il nome di “Cintura di Orione”. I tre astri, a loro volta, sembrano inseriti nella cornice rettangolare di quattro stelle ancora più splendenti. Alle tre stelle principali della “cintura” sono dati nomi diversi, a seconda della tradizione culturale di provenienza: “I tre re” o “i Re Magi”; il rastrello; i tre mercanti; i bastoni. In particolare, nella tradizione popolare dell’Italia centro-settentrionale, le tre stelle della “cintura”, sono chiamate “i Re Magi” non per caso. Nel periodo natalizio per i Cristiani, del solstizio invernale per la tradizione esoterica, infatti, i tre astri oltre ad orientarsi maggiormente vero Sirio, si allineano ad est con il Sole, simbolo di luce e di rinascita. Secondo un’antica leggenda, i Magi avrebbero calcolato la levata eliaca della stella Sirio, la stella Maestra, cioè il punto in cui l’astro appariva all’orizzonte nel momento di sorgere. La circostanza che la levata fosse in allineamento con il Sole e le tre stelle della cintura di Orione poteva far pensare all’inizio di una nuova era astrologica, trasfigurata dalla dottrina cristiana nel Logos, Gesù Cristo figlio di Dio. In quel periodo, seguendo il fenomeno della precessione degli Equinozi, si stava inaugurando l’era dei Pesci.
Al di sopra delle tre stelle che formano la”cintura”, si nota una grande stella dalle sfumature arancioni, Betelgeuse (la seconda per luminosità dell’intera costellazione dopo la supergigante blu Rigel), che in maniera figurativa rappresenta la spalla del gigante greco. Sotto la cintura, invece, si nota la cosiddetta “spada di Orione”, costituita da altre tre stelle che, nella rispettiva disposizione, ricordano il braccio ed il bastone dell’eroe. La figura complessiva del gigante Orione si ricava dalla traiettoria immaginaria di ben nove stelle, nell’atto di fronteggiare il “Toro”, o anche una preda alternativa, la “Lepre”,formata da un altro gruppo stellare collocato a poca distanza.
Abbiamo già accennato a come la costellazione di Orione fosse conosciuta fin dall’antichità, in particolare dall’evoluto popolo dei Sumeri. Ma la sua posizione strategica, ben osservabile dal nostro pianeta, ha consentito a tale costellazione di svolgere un ruolo importante nell’immaginario mitologico, religioso e culturale di tutte le antiche civiltà. In Cina, Orione era conosciuta come “Shen” (Tre), con riferimento alle tre stelle principali della “cintura”. Nei Veda, redatti in sanscrito, si parla di Mrigashirsha, che significa “testa d’antilope”, un ammasso stellare situato sulla spalla destra della costellazione di Orione, come sede di provenienza di alcune creature divine responsabili dell’accelerazione del progresso evolutivo umano sulla Terra. Analoghe interpretazioni sono state elaborate in merito agli Elohim, entità presenti nella Genesi, il primo libro dell’Antico Testamento biblico. Gli Egizi associavano le stelle del sistema di Orione ad Osiride, dio dei morti e dell’oltretomba. A ciò si aggiunge l’ipotesi, peraltro non verificata e generalmente non accolta dal mondo accademico, secondo la quale le stesse piramidi di Giza sarebbero state costruite in base all’allineamento delle tre stelle della cintura di Orione, spostando indietro di alcuni millenni l’edificazione dei monumenti rispetto al periodo considerato ufficiale. Ciò troverebbe conforto nel fenomeno astronomico della precessione degli equinozi (9). Perfino la posizione del nostro pianeta, all’interno della Via lattea, si ispira a questa nobile costellazione. Per convenzione, infatti, si dice che il sistema solare si trovi “nel braccio di Orione”, ossia una vasta porzione della nostra galassia, il cui appellativo deriva dal fatto che la sua zona più ricca ed intensa visibile dalla Terra, è collocata proprio in direzione della costellazione di Orione (10).
Come tutti i miti classici, anche quello di Orione contiene un importante significato morale e didascalico. Il gigante costituisce l’emblema delle passioni materiali, di colui che si sente invincibile ed immortale, sfidando gli dèi ed il fato. La sua forza fisica gli infonde fiducia e consapevolezza nelle proprie capacità, facendogli credere di poter prevalere sulla natura e sui suoi stessi simili. Tutto però ha un prezzo. Il gigante è destinato a soccombere quando deve affrontare i desideri ed i sentimenti di esseri più potenti di lui, come Artemide o Apollo, oppure quando vene lasciato alla mercè di forze primordiali della natura, simboleggiate dalla puntura dello scorpione. Il racconto ci insegna a non credere troppo nella consistenza dei beni materiali, che con il passare del tempo vanno incontro ad un’inesorabile disfatta. E’ lo spirito che conta: solo le qualità intellettuali ed etiche dell’essere umano sono destinate a sopravvivere. Il grande cacciatore, a riprova dell’importanza dello spirito, viene assunto in cielo, trasfigurandosi in una splendente costellazione immortale, solo grazie all’intervento del padre degli dèi, Zeus.
Orione diventa, pertanto, uno dei grandi protagonisti del processo di “catasterismo”, secondo il quale, nei racconti mitologici greci e romani, un eroe, una divinità, un animale o perfino un oggetto poteva essere assunto in cielo e trasformato in un semplice astro od in una costellazione. Nel contesto mitologico romano, Orione, concepito come Tripater, figlio di Giove, Nettuno e Mercurio, può essere considerato un chiaro esempio di “filius philosophorum”, come archetipo junghiano del giovane che funge da congiunzione tra il mondo “superiore” e quello “inferiore”. Carl Gustav Jung cita il gigante come simbolo del “mysterium coniuctionis”, diretta emanazione della natura e differenziandolo dalla matrice divina del Cristo confessionale (11). In ambito alchemico, il mito di Orione viene inserito nel concetto di “lapis philosophorum” (pietra filosofale), potendosi esprimere nelle fasi e nelle relative risultanze della “Grande Opera”.
Note:
1 – Lo scrittore greco Ferecide di Siro, vissuto nel VI secolo a.C., è indicato da alcuni autori antichi come uno dei “sette sapienti”;
2 – Ian Ridpath, traduzione Melani Traini, Mitologia delle costellazioni, Ed. Franco Muzzio Editore, Padova 2020;
3 – Ovidio, Fasti V, 493-546;
4 – Igino, Fabulae 195;
5 – L’opera fu realizzata con la collaborazione del messinese Domenico Vanello. La fontana ha un aspetto piramidale che vede in cima la figura di Orione ed in basso, ai suoi piedi, il suo fedele segugio Sirio;
6 – Igino, Miti, a cura di Giulio Guidorizzi, Ed. Adelphi, Milano 2000;
7 – Luigi Angelino, L’epopea assiro-babilonese da Gilgamesh alla Torre di Babele, Stamperia del Valentino, Napoli 2022;
8 – Marco Manilio, Il poema degli astri, a cura di Feraboli/Flores/Scarcia, 2 volume, Edizione Mondadori- Fondazione Lorenzo Valla, Milano 1996-2001;
9 – Adrian Gilbert e Robert Bauval, Il mistero di Orione, edizione italiana TEA, Milano 2005;
10 – Luigi Angelino, Nel Braccio di Orione, Ed. Cavinato International, Brescia 2021;
11 – Carl Gustav Jung, Opere-Vol. 14.2- Mysterium coniuctionis, Ed. Boringhieri, Torino 1990.
Luigi Angelino,
nasce a Napoli, consegue la maturità classica e la laurea in giurisprudenza, ottiene l’abilitazione all’esercizio della professione forense e due master di secondo livello in diritto internazionale, conseguendo anche una laurea magistrale in scienze religiose. Nel 2022 ha pubblicato con la Stamperia del Valentino 8 volumi: Caccia alle streghe, Divagazioni sul mito, L’epica cavalleresca, Gesù e Maria Maddalena, L’epopea assiro-babilonese, Campania felix, Il diluvio e Sulla fine dei tempi. Con altre case editrici ha pubblicato vari libri, tra cui il romanzo horror/apocalittico “Le tenebre dell’anima” e la sua versione inglese “The darkness of the soul”; la raccolta di saggi “I miti: luci e ombre”; la trilogia thriller- filosofica “La redenzione di Satana” (Apocatastasi-Apostasia-Apocalisse); il saggio teologico/artistico “L’arazzo dell’apocalisse di Angers”; il racconto dedicato a sua madre “Anna”; un viaggio onirico nel sistema solare “Nel braccio di Orione”ed una trattazione antologica di argomenti religiosi “La ricerca del divino”. Con auralcrave ha pubblicato la raccolta di storie “Viaggio nei più affascinanti luoghi d’Europa” ed ha collaborato al “Sipario strappato”. Nel 2021 è stato insignito dell’onorificenza di Cavaliere al merito della Repubblica italiana.