Visita al Museo Archeologico di Aquileia: piccola terapia anti-distopica – Giovanni Antonio Bassoli
Un pittore che stimo molto, Mario Sironi, amava scrivere impressioni sulle proprie visite a mostre ed eventi artistici che, anche nel suo tempo, non erano infrequenti. Sebbene alcuni critici del dopoguerra, ostracizzandolo, sottolineassero come Sironi fosse un servo del regime che senza i contributi dello stato totalitario nel quale viveva non sarebbe riuscito a mettere insieme il pranzo con la cena, l’eccezionale artista comparava la stagione storica che viveva alle esperienze dei grandi maestri del passato e, in un certo senso, ne eternava l’approccio alla pittura. Durante il periodo di soggiorno italiano il grande artista poliedrico catalano Pablo Picasso ebbe altresì a pronunciarsi così su Mario Sironi: “Avete un grande artista, forse il più grande del momento e non ve ne rendete conto”. La frase, che poteva risuonare come fortemente provocatoria, rivela la condizione fondamentale all’interno della quale l’arte, non conoscendo il fili spinati delle trincee che impigliano gli uomini nelle ideologie, costruisce ponti tra le culture e non barricate, consci del fatto che, quando Sironi morì, fu poi sepolto culturalmente da quasi tutti i critici di arte contemporanea per la sua appartenenza, anche entusiasta, al fascismo.
Analogamente ai suoi scritti mi piace riportare un’esperienza di visita al bellissimo museo archeologico di Aquileia che, da anni, desideravo fare ma che, per pigrizia, sono riuscito a svolgere solo ultimamente. Aquileia, lo sappiamo, è un piccolo borgo friulano a ridosso del mare che ospita uno dei più eminenti siti UNESCO che la nostra bersagliata Italia possa vantare. Oltre all’immensità della basilica, del battistero e dei siti propri dei Patriarchi è presente, nel delizioso paesetto, un museo archeologico di bellezza mozzafiato, nella sua semplicità periferica. Immerso in un piccolo parco tra deliziosi cipressi ed un paio di imponenti magnolie, l’edificio ottocentesco in stile veneziano ospita una delle più belle collezioni di tardo impero che credo tutto il mondo attuale possa vantare.
La statuaria borghese raffigurante personaggi dell’epoca – siamo nel I o II secolo avanti Cristo – lascia spiazzato l’osservatore attento per la precisione e la tenera esattezza di rappresentazione dei personaggi della zona. Si ammira ora un funzionario pubblico, ora suo figlio, ora un Dio, ora uno spirito silvano di propiziazione delle forze e degli Spiriti della natura. Spiriti ai quali questi poveri, antichi barbari pagani ancora credevano, lontani dalla fulgida precisione della tecnologia contemporanea, poveri cretini!
La delicatezza dei panneggi, la meticolosità delle anatomie, la semplicità dell’espressione dei personaggi, la meraviglia di monili e rappresentazioni civili dell’epoca rivela una meraviglia serena e quotidiana di un’epoca che non è più. Trovo sempre divertente, inoltre, pensare alla statuaria classica nella sua fabbricazione primigenia cioè completamente dipinta! Pensate a come inorridiremmo se le vedessimo così adesso!
Gli appassionati come me scorgeranno ulteriormente l’impronta della statuaria greco-romana su tutta l’arte del ‘900: nell’eleganza delle vesti e dei portamenti che fanno da impronta colta e di gran talento ai dipinti di Sironi, di Corrado Cagli, di Tozzi, di Campigli, nei lacerti dei cavalli antichi dagli occhi strabuzzati scorgiamo i modelli meravigliosi delle chimere equine di De Chirico e Savinio.
Il dolce cinguettare, poi, di merli di tarda estate ed il passeggiare sullo sterrato del parchetto tra capitelli corinzi e la statuaria di cui sopra diventa appagamento dell’appassionato, che anche il distratto corridore occidentale non può non notare. E dopo l’immersione felicissima e sorprendente della contemplazione dei mosaici perfettamente restaurati in stile italiano, è bello gironzolare tra le vie di un borgo gentile, pulito e discreto com’è accogliente la campagna friulana. La mente allenata a scorgere ciò che fra le righe si può leggere di questa nostra contemporanea epoca spaventosa che non può fuggire dalla siccità incipiente e dai mostri che si nutrono della distruzione del bello e del complesso, apprezzerà così alcune oasi che, pervicacemente, ancora resistono alla dittatura dello smartphone e delle app di pubblicità, regalandoci momenti di consapevolezza di come è profondo e ancora connaturato con le forme lo spirito creativo dell’Uomo.
Cosa rimane di tutta questa memoria magica? Una bella esperienza museale per il visitatore del sabato pomeriggio? È già molto, pensando che, fino a poco tempo fa, nei licei si insegnava agli allievi a volte annoiati, me lo ricordo bene, l’uso del bel tratto della matita nel raffigurare un girale, una statua, un bucranio, le foglie d’acanto di un capitello di epoca tarda sposata con l’ellenismo. Fino a qualche anno fa un buon artista pescava a piene mani dall’esperienza culturale della storia dell’arte, del fare arte come conoscenza imprescindibile dell’ingegno umano.
Forse altisonante, poco democratico, non sempre simpatico, l’artista poteva essere pontefice dello spirito tra ciò che si percepisce a livello metafisico e ciò che i sensi materiali percepiscono. Leggevo, da ragazzo, nei romanzi di fantascienza di Philip K. Dick e vedevo nei film narranti di prossima distopìa un mondo dove tutto ciò sarebbe stato dimenticato se non additato quale nemico dell’ordine costituito. Romanzi… di fantascienza.
Ebbene, secondo chi scrive, proprio oggi siamo immersi in questa condizione infame, sebbene molti non se ne siano accorti, ancora. Stringiamoci, fanatici della matita e dello scalpello, intorno alle Belle arti fatte dall’uomo, studiamo e riproduciamo con nostalgica ed insistente saturnina melencolia la tecnica degli antichi maestri! Perché è in essere un’epoca feroce nella quale un algoritmo ha già preso il posto della capacità millenaria dello scultore o del panettiere e, fra poco, sarà forse fantascienza passeggiare nel parchetto del museo archeologico di Aquileia senza che, per entrare, vi sia un sistema di riconoscimento facciale o digitale installato certamente per la nostra sicurezza.
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA:
- https://museoarcheologicoaquileia.beniculturali.it/
- Mario De Micheli Picasso-Sironi, Galleria Schwarz, Milano, 1960.
- Philip K. Dick La trasmigrazione di Timothy Archer, New York, 1982.
- Giovanni A. Bassoli Picasso e le tecniche artistiche del ‘900, intervento presso la S.B.A.V. di Verona, 2023.
- https://www.turismofvg.it/it/arte-e-cultura/siti-unesco
Giovanni Antonio Bassoli