Intervista a Corinna Zaffarana – a cura di Luca Valentini
Corinna Zaffarana nasce a Sant’Angelo Lodigiano, nel 1981; dopo gli studi classici si laurea in Archeologia presso l’Ateneo di Pavia, con il massimo dei voti e quindi inizia a dedicarsi allo studio della storia della religione greca e delle tradizioni esoterico -iniziatiche europee. Autrice di svariati articoli e saggi, fra i suoi ultimi libri vi sono:
– “La porta e il tabù”, Ester, 2017;
– “La scoperta di Troia”, Historica, 2019;
“Demoni”, FormaMentis, 2019;
“Guida al mito greco”, FormaMentis, 2023.
1 – Come ritiene che un corretto rapporto con il Sacro possa svilupparsi nell’età contemporanea, nell’era dell’edonismo e del denaro che regolano in maniera alienante i rapporti umani?
Le profondissime trasformazioni occorse a cavallo fra il XIX ed il XX secolo, con le loro conseguenze sulla percezione della vita, della verità, delle relazioni sociali, quindi l’avvento di due guerre mondiali e infine internet, la realtà virtuale: tutto ciò ha influito necessariamente sulla struttura dell’essere umano che è andata incontro a titaniche trasformazioni. Viviamo ancora in un momento di passaggio e i momenti di passaggio sono sempre stati momenti di crisi profonda, anche in passato: la religione, la famiglia, le istituzioni deputate all’esercizio della giustizia e della istruzione, la politica, gli ideali…oggi tutto è in crisi poiché tutto è in trasformazione. Una trasformazione talmente radicale che a noi non è dato, probabilmente, neppure realizzarne pienamente la portata. Il problema, infatti, non è tanto l’assistere allo sgretolarsi di valori che, fino a ieri, creavano, nel bene o nel male, un collante sociale: il problema è quando a questi valori non se ne sostituiscono altri, altrettanto efficaci. Situazione tipica dei momenti di passaggio, di transizione, nel corso dei quali l’essere umano rimane in balia di se stesso, incapace, per lo più, di autoregolarsi. Entro questo scenario, sicuramente complesso e difficile da vivere ma altrettanto affascinante da un punto di vista storico, anche la percezione consapevole del “sacro” è andata a perdersi. Quando io parlo di sacro, intendo riferirmi a tutto il mondo alogico, analogico, folle, terribile e meraviglioso che costituisce la parte più istintiva, irrazionale e profonda dell’essere umano. Il sacro, dunque, non si è perso, in quanto parte della struttura umana, ma si sono perse le precedenti “linee guida” che ci permettevano di interagire consapevolmente con esso. Le religioni, i percorsi spirituali, i collanti sociali che si occupavano di reiterare le cerimonie di cui aveva bisogno l’inconscio collettivo hanno rappresentatoanche una difesa dalle irruzioni del sacro, in quanto ne hanno determinato i limiti, i tabù e hanno assorbito le rappresentazioni dell’immaginario collettivo, direzionandole. Con il crollo del concetto stesso di istituzione, questi limiti si sono spezzati ma il sacro continua a esistere e così l’essere umano deve gestirlo autonomamente. E’ vero che una delle principali critiche che possono essere fatte a una religione è rappresentata proprio dall’elemento dogmatico che appiattisce e conforma l’immaginario sacrale, costringendolo entro binari specifici e invalicabili: la dissoluzione di questi binari può portare alla libertà ma anche all’incapacità di affrontare la vastità del mondo e l’orrore (oltre che la meraviglia) del sacro, da soli. La libertà ha un prezzo e quel prezzo è pagato nel rendersi in grado di gestirla. Consideriamo ad esempio gli studi di De Martino sul tarantismo, visto in prospettiva squisitamente culturale: l’espressione sacrale e folle del tarantismo costituiva un rito collettivo attraverso il quale un momento di crisi dell’individuo poteva essere espressa e quindi trascesa, superata. Non solo un momento in cui il sacro irrompe portando con sé il pericolo dell’irrazionalità ma una espressione culturale codificata, accettata e condivisa, anzi reiterata al fine di proteggere l’individuo dallo straniamento che una condizione esistenziale fragilissima può comportare. Perdendosi la dimensione consapevole del sacro si perde il “radicamento della presenza”, necessario quando la realtà appare, appunto, fragile e terribilmente instabile e imprevedibile. Dunque, il nostro mondo ha combattuto le religioni, le istituzioni, l’irrazionale alla ricerca della libertà nel senso più bello, ampio, profondo ma forse non ha considerato il fatto che per essere liberi non è sufficiente abbattere le sbarre di una galera, se no, come si diceva dalle mie parti, “si getta via il bambino con l’acqua sporca”: bisogna imparare a viverlo, quel mondo che si staglia oltre la prigione, senza esserne divorati.
2 – Quanto nella sua esperienza, in merito all’esoterismo ed alla magia, è stata importante la dimensione dello studio dei classici per un necessario inquadramento dottrinario?
La mia esperienza è quella di una studiosa che si è mossa nell’ambito della storia e dell’antropologia. Mi sono dedicata, in particolare, al mondo antico, greco e italico, perché sono un’archeologa classica. In questo senso, credo che lo studio serio del mondo greco, della religione greca e dei suoi sviluppi, sia essenziale per tutti coloro che vogliono approcciarsi a un mondo esoterico- iniziatico che, dalla seconda metà del XIX secolo, chiama in causa, in modo esplicito, anche figure proprie delle realtà politeiste pre-cristiane. E’ sempre una questione di consapevolezza. Talvolta vengo a sapere che nel tal gruppo una divinità è stata interpretata in un modo molto lontano rispetto al suo assetto originario e che ne è stata fatta una ricostruzione della genesi e degli sviluppi davvero fantasiosa e bizzarra. Sia chiaro, Deleuze aveva forse ragione o, se non altro, ha colto lucidamente alcuni aspetti inevitabili della contemporaneità :ancora una volta, il punto non è il cosa ma il come. Ciascuno è libero di dipingere il suo sacro come desidera ma non può arrogarsi il diritto di spacciare per verità storiche sue invenzioni personali. Detto in parole semplici, io posso anche proiettare nella figura di una divinità specifica quella di un dio personale e a “mia misura”, ma non posso ignorare la storia di questa deità, che in quanto tale non può che arricchirmi. L’ignoranza, oggi, è una scelta.
3 – Quali sono, nell’ambito del mondo esoterico, i suoi punti di riferimento ed in quale visione del mondo si riconosce?
Non ho etichette. Sarà che sono anche io figlia del mio tempo. Riconosco nella vastissima letteratura del settore diversi pensieri degni del massimo interesse e certamente vi sono delle figure particolarmente interessanti ma, ovviamente, devono sempre essere ampiamente contestualizzate nell’epoca e nelle circostanze in cui scrissero e operarono, se no si creano fraintendimenti catastrofici.
4 – Nell’ambito dei percorsi realizzativi quanto ritiene sia possibile un percorso individuale, autocosciente, e quanto ritiene sia indispensabile una paideia di scuola?
Io penso che siano necessarie entrambe le dimensioni. Anche perché non vedo in che modo una escluda l’altra. Essere pienamente autocosciente delle mie scelte non esclude l’elezione di una paideia e l’elezione di una paideia non fa di me un imbécilepassivo – a meno che io non lo sia di mio ma, in questo caso,c’entra madre natura, non la paideia prescelta. Nessuno fa niente da solo o si ritrova a parlare solo e unicamente con se stesso mentre c’è un mondo vastissimo con il quale scambiare idee e dal quale è sempre possibile imparare qualcosa di nuovo. Se ci si chiude a uno scambio, ci si chiude all’amore per la vita stessa. Qualsiasi insegnamento si possa ricevere è degno di attenzione e gratitudine e, per questo, non è passiva acquisizione ma elaborazione profonda e individuale. In genere, chi si affida unicamente a una guida, spera di vedersi consegnare le chiavi della verità in un pacchetto già pronto e chi rigetta qualsiasi insegnamento e qualsiasi confronto provenga da chiunque non sia “se stesso” non è che alla ricerca di conferme per il suo narcisismo. A oggi, onestamente, non saprei se abbondano di più i primi o i secondi. In generale, io penso che anche in questo sia necessario un ampio, sereno e consapevole equilibrio.
5 – Se dovesse fornirci una sua definizione di Iniziazione?
L’iniziazione è una trasformazione, al termine della quale non si è più ciò che si era prima. Non è però la perdita di un vecchio “sé” ma l’incontro con una nuova parte della propria complessità. Credo sia “iniziazione” tutto ciò che ci permette di esplorarci fino in fondo.
6 – E’ stata autrice di numerosi testi di diversi ed interessanti argomenti, ma ora inizierà una nuova avventura nell’ambito dell’archeologia e del mondo della tradizione classica: cosa può comunicarci in merito?
In realtà, il testo appena pubblicato, non è il primo di natura “classica” e “archeologica”: ho scritto – e mi sono divertita tantissimo (forse, mi sono persino commossa) –La scoperta di Troia, dedicandomi alla figura di Heinrich Schliemann e al suo rapporto con il mondo del mito e dei poemi omerici e poi ho scritto Il Bastone di Asclepio, dedicato alla magia e alla medicina nella Grecia antica, da Omero fino all’avvento del Cristianesimo. In parte, anche il saggio Demoni parla del mondo greco, in quantoho preso in considerazione la genesi e lo sviluppo della figura del daimon, che è greca e ancora in La Porta e il Tabù ho dedicato ampio spazio a figure del mito greco e più in generale della religione greca. Perciò quest’ultimo mio “figlio” – Guida al mito greco – rappresenta per me un punto di arrivo. Forse necessario. Raccontare i principali miti, le storie che costellano lo sviluppo della sacralità greca e cercare di dar loro una voce diretta tramite le fonti, un senso tramite l’analisi storica del loro sviluppo… credo sia per me un momento di vita davvero importante. La chiusura di un cerchio. Per questo, spero che potrà essere apprezzato dai lettori come punto di riferimento, di partenza, per una più ampia ricerca personale.
A cura di Luca Valentini