Roma: il Mondo Magico degli Eroi irrompe nella storia – Giandomenico Casalino
Dal punto di vista di chi come noi, che siamo l’unico mondo, in senso heideggeriano, radicalmente e geneticamente Altro nei confronti del meccanismo tenebroso di cui al sistema epocale dominante, il Natale di Roma, innanzitutto, non è, e non può essere, una “commemorazione” né tantomeno una “celebrazione” che ipocritamente finga di rammentare “qualcosa”che agli attori e comparse della stessa, non interessa alcunché, essendone intimamente estranei; ma l’Evento non può e non deve essere considerato nemmeno quale “nascita”, atteso che, come insegna Hegel, “colui che nasce é per morire!” Roma, infatti, non è mai nata per la semplice ragione che non è mai morta, essendo eterna!
Roma è la irruzione (ergriffeneit dice Kerenyi) del Sacro nella storia, è la epifania del Principio cosmico indoeuropeo della Luce e dell’Ordine che si manifesta tra gli uomini, poiché dai Cieli, quale Paradigma platonico, si storicizza, diviene fenomeno straordinariamente rivoluzionario in quanto portatore dello Spirito che dona ai Popoli, essendo l’ultimo, immenso, misterioso e terribile tentativo eroico di restaurare la Regalità divina Primordiale onde fermare, per un intero ciclo, illuminandole, l’avanzare delle Tenebre dell’Età Oscura.
In estrema sintesi questo è, e deve essere, per noi Roma, e dico è poiché, se, dopo l’irruzione nel divenire umano, Roma si è ritirata nei Cieli, negli stessi Cieli è ab aeterno presente quale Archetipo platonico dell’Essere, puro, luminoso e sereno proprio come lo è l’uomo romano come exemplum della regalità spirituale e guerriera; e l’Archetipo se è nei Cieli lo è anche e soprattutto nel “luogo” che è il più “celato” (Cielo deriva da celare….!) è cioè nell’Animo!
E qui è manifesto totalmente il nostro essere, e dover essere, differenziati, in quanto la nostra stessa natura intima, e cioè la nostra visione spirituale della vita, è Roma quale Idea vivente, che è Realtà tanto metafisica da essere la “cosa” più evidente agli occhi di chi vuol e sa vedere: il Sole sorge sempre poiché Anànke, che è la Necessità cosmica, ha deciso, in illo tempore, che ciò debba avvenire ed infatti avviene, così nella stessa guisa l’Ordine stesso del Cosmo è la presentazione quotidiana, continua e perenne, immagine mobile dell’Eterno, precisa Platone, della Idea di Roma che è, nella dimensione essenziale e quindi sottile, Autorità, Giustizia, Ordine e Gerarchia, e quindi Vita, Salute e Felicità del Popolo e della Natura. Questo significa vivere, esperire, amare e gioire dell’Idea di Roma in quanto si è autentica comunione vivente, come simile con simile, con essa in quanto Cosmo medesimo, la Natura tutta nelle sue molteplici dimensioni. Infatti, ciò che tanti spiriti eccelsi nei secoli hanno visto con i loro occhi visionari, sono esattamente il Mito ed il Simbolo dello stesso Ordine spirituale che Roma ha donato, elargito, insegnato ed edificato, in oltre mille anni, per tutti gli sterminati Popoli dell’immenso Impero, quale Sacro Graal mediterraneo che tutti li ha contenuti e protetti, Popoli che, magicamente, divenivano nel tempo ed erano per sempre Romani e quindi difensori, a costo della loro stessa vita, fedeli e tenaci dell’Idea di Roma: Elio Aristide, retore asiatico del II sec. d.C., declamò innanzi all’Augusto Antonino Pio, l’encomio solenne da lui composto e dedicato solo a Roma come Realtà spirituale, metafisica, ideale e non come Città o realtà fenomenica, generatrice quindi di pace, benessere, luce, gioia e felicità per i Popoli che aveva associato al suo Destino, come solo Omero ed Esiodo avevano auspicato e sognato nei loro Canti.
Se Roma è tutto ciò per il nostro cuore e per la nostra mente, se la sua Idea vivente è il Faro che da sempre illumina la rotta delle navi dei Popoli d’Europa, se il Mito Sacro di Roma è da sempre, e particolarmente per le Rivoluzioni tradizionali del ventesimo secolo, l’unica Via per la salvezza della stessa Europa e della sua Anima, in questa larvale e terminale Età Oscura; per noi, quindi, il Natale di Roma è, e non può non essere, l’Evento festivo di ogni giorno e per tutta la vita, nella stessa guisa in cui il Flamen Dialis è, come dice Plutarco, quotidie festivo quale “statua vivente di Juppiter”!
Da tale Visione (Vidyā, Veda, Edda, Idea, Video) che è Sapere, discende la apparizione agli occhi dello Spirito della dimensione interiore, essenziale della Romanità, quale definizione della stessa in termini inequivocabilmente primordiali e quindi unitivi; il che vuol significare la Identificazione iniziatica del Genius con il Numen che, dopo la Caduta, per mezzo del Rito, del Mito, del Simbolo e del Sapere come Gnosi si è presentata come Conquista o Ricordo di Ciò che si è perduto e/o dimenticato: in Roma la mediazione unica ed essenziale con il Divino è il Rito giuridico-religioso in cui e con cui il Romano è Agente come e quanto l’Agente che ha di fronte e si realizza così un canale, una trasmissione di Potenza che è tra simili, poiché il Numen è Uno, e qui è il Mistero di Roma, quale Eternità dell’Idea Cosmica!
La Romanità appartiene, pertanto, alla Tradizione iniziatica regale, filiazione diretta di quella Primordiale, ed è quindi di natura guerriera e finalità imperiali ed è, pertanto, variante eroica della Tradizione Unica Primordiale, proprio come lo è la Tradizione Ermetica; essa non ha, per tali evidenti ragioni, necessità spirituale di alcuna mediazione mitica, simbolica, tragica, misterica o teurgica, la sua natura secca, coagulata, asciutta, severa ed essenziale la induce ad avere ed essere una spiritualità attiva di natura pertanto magico-intensiva (Evola) che, ontologicamente, è il Sapere intorno alla sola presenza di Potenze Cosmiche, il Numen, che non sono Dei e quindi “persone”; “avendo l’Intrasmutabile assunto una figura, il momento dell’aldilà non solo è rimasto, ma è rafforzato”, afferma Hegel nella Fenomenologia dello spirito, celebrando così, a contrario, la potenza spirituale di Roma, dove, poiché il Numen non è “persona” e non ha figura, non è percepito dalla coscienza romana come estraneo a sé medesimo ma anzi con esso si attua la unificazione iniziatica e magica; questa è la ragione fondamentale dell’assenza di qualsiasi intermediazione tra il Se e il Numen medesimo, il contatto infatti è diretto, immediato, formulare e ritualmente necessario; tale è il semantema della parola “magico”, la cui radice indoeuropea ( magis– magnus- maximus- megas- macht tedesco = potenza) è mag ed è la medesima del verbo mactare, che è termine tecnico del Sacrificio e significa uccisione, ma che ha anche e soprattutto il significato di “rafforzare”, “rendere grande”; se si comprende il semantema profondo del radicale indoeuropeo “mag” diviene chiaro cos’è la natura magica del Rito giuridico-religioso nella Romanità e tutto ciò racchiude il senso profondo dell’atteggiamento spirituale attivo, potente, creatore ed eroico proprio del Romano, ed è così definito sia da Boehme che da Florenski come da Hegel ed Evola. Pertanto tale natura del Romano è di ascendenza Primordiale poiché quest’ultima è qualificata dall’assenza di intermediazioni tra il Divino e l’umano, atteso il fatto che essa si fonda sulla Identificazione esoterica del “Due” nell’Uno. Tale Identificazione è la essenza spirituale dell’uomo prima della Caduta e proprio la perdita di questo stato, in seguito alla Caduta, conduce alla necessità animica della mediazione quale “aiuto”, “ausilio” onde ritornare allo stato primordiale: per cui la Primordialità della natura spirituale del Romano, la sua qualità guerriera e la effettuale assenza di qualsiasi Mito cosmogonico e teogonico o di Misteri ed altro, non è assolutamente segno di inferiorità o deficienza dello Spirito, come la stupidità degli interpreti moderni ha osato elucubrare, ma anzi è segno massimamente probatorio della sua potente altezza arcaica e quindi divina e di una sua originaria maestà regale che la distingue radicalmente da tutte le nature umane successive alla Caduta che sono pertanto spiritualmente deficitarie. La spiritualità eroico-guerriera romana, in forza di tali ragioni, sia tradizionali che storico-religiose, non è “decaduta”, non è “sofferta”, non cerca “salvezza”, poiché è serenamente presso e nel Divino, essendo a Lui aperta, come lo è l’uomo omerico e ciò si chiama Pax Deorum; talché la finalità iniziatica regale della Romanità è il Ritorno all’Età Aurea dove Saturno è Nume dell’Età dell’Oro (Latium deriva da latere = nascondere ed esso nasconde Saturno nella dimensione plumbea del medesimo!…) Età in cui il Divino e l’umano sono un’unica Realtà. Nel mondo linguistico indoeuropeo le parole riecheggiano l’una con l’altra: Lethe, nella Teologia Orfica è il fiume dell’Oblio, in italiano diciamo “latente”, in greco “verità” è alètheia, cioè alpha privativo del nascondimento cioè del lethe, quindi nel Mondo indoeuropeo la Verità, come chiarisce e conferma Heidegger, è il venire alla Luce (la lichtung = radura luminosa), il Ricordare, pertanto il Fato di Roma è la Verità di Saturno, cioè il liberarlo ermeticamente dalle catene affinché esca alla Luce come Età dell’Oro: Roma è il Ritorno dei Primordi, della Luce dell’Origine ed è quindi l’Epifania ermetica del Mondo magico degli Eroi!
Tutto ciò è confermato, come si è già accennato, dall’idea di Divino che è propria della Romanità: il Numen, che è infatti essenzialmente una pura Potenza oggettiva, cosmica e impersonale e quindi priva di volontà o desiderio, da ciò la sua arcaica aniconicità: del Numen non si hanno né immagini né riproduzioni! Da qui sorge, come nel Rito vedico, in quello omerico o nello Shinto, che sono i più arcaici e quindi più vicini ai Primordi, la finalità creatrice del Rito in Roma: il Romano con il Rito fa la realtà fenomenica per effetto della sua Azione su quella numenica! Ciò vuol dire che il Romano crea il visibile (Res Publica = Mondo = Ius) per effetto dalla sua Ascesi dell’Azione sull’Invisibile (Fas = Ordine Divino); il Romano quindi ri-crea, ri-divinifica per mezzo del Rito la divinificazione primordiale con la quale il Dio “si fece” tale, proprio come accade nel Rito vedico (cfr. J. Evola, Rivolta contro il mondo moderno, Roma 1969, pp. 53-4). Su ciò risiede il significato esoterico e magico del Rito romano: il popolo Romano è legato con i Numi dal Patto primordiale (Pax Deorum) e, pertanto, crea gli stessi, rinnovando ritualmente l’Evento della loro divinificazione o se si tratta di entità Nuove, con la creazione delle stesse come la fondazione di una Città o i riti di costruzione dei Templi. Sulla medesima tecnica divina è fondato anche l’altro aspetto dell’Ascesi dell’Azione: la Via guerriera romana al Sacro che è la evocazione della forza trasportante e violenta (Furor bellicus) e la sua fissazione nella qualità Marte che prelude a quella di Giove, così come avviene nel Rito giuridico-religioso e il rapporto tra Fas e Ius nella dottrina esoterica del Diritto arcaico romano. Il principio è la maestà ermetica, sapienziale e magica di Roma che, mediante la Potenza dello Spirito e della Parola e della sua efficacia magica, agisce nell’Invisibile poiché conosce l’Invisibile e sa che Esso crea e governa l’Ordine visibile che è la Res Publica.
Nella dimensione esoterica, tale Verità sul Rito romano che crea l’Ordine divino del Mondo, ci introduce nell’Idea della Aeternitas Romae che è il Mito che si fa storia ed è frutto dell’Azione spirituale che Roma ha esercitato nell’Animo dei Popoli e cioè nell’Invisibile onde avere gli effetti nel visibile medesimo che è l’Ecumene Elleno-Romano e la sua millenaria Civiltà, spontaneamente condivisa, amata e difesa da tutti gli sterminati Popoli dell’immenso Impero, divenuti, nei secoli, magicamente, Romani.
Pertanto nella presente Età Oscura, simile, in guisa satanicamente capovolta e parodistica, a quella Primordiale, essere “pagani” o tradizionalisti romani non può che significare Agire ritualmente nell’Invisibile e cioè nell’Animo e sull’Animo, in quello che si può definire Rito iniziatico interiore, in cui il Fuoco di Vesta è il calore cardiaco e ascetico, quale Fuoco al centro del microcosmo simile a quello del macrocosmo (vedi la circolarità del Tempio di Vesta che è il Cosmo con al centro il Fuoco) e l’offerta sacrificale è il corpo stesso dell’Asceta, dove il fumo dell’arsione delle carni, sull’Ara della Vita, sale in Alto, nell’Animo e nel Cielo, in Onore e nutrimento dei Numi, interni ed esterni, encosmici ed ipercosmici, in un Sacrum facere (sacrificio) di natura eroico-guerriera e quindi romana.
Bibliografia essenziale:
1) G. CASALINO, Aeternitas Romae. La Via eroica al Sacro dell’Occidente, Genova 1982.
2) IDEM, Il sacro e il diritto. Saggi sulla tradizione giuridico-religiosa romana e la crisi della modernità, Lecce 2000.
3) IDEM, Il nome segreto di Roma. Metafisica della Romanità, Roma 2003.
4) IDEM, Res Publica Res Populi. Studi sulla tradizione giuridico-religiosa romana, Forlì 2004.
5) IDEM, Tradizione classica ed era economicistica. Idee per la visione del Mondo, Lecce 2006.
6) IDEM, Le radici spirituali dell’Europa. Romanità ed ellenicità, Lecce 2007.
7) IDEM, L’essenza della romanità, Genova 2014.
8) IDEM, La spiritualità indoeuropea di Roma e il mediterraneo, Roma 2016.
9) IDEM, Sigillum scientiae. L’essenza vivente ed ermetica della Romanità ed il Platonismo, Taranto 2017.ù
Giandomenico Casalino