La Dottrina del Sacrificio: spunti da un viaggio – Umberto Bianchi
Nel percorrere, in lungo ed in largo, la splendida isola di Cipro, non potevo non soffermarmi dinnanzi alla splendida spiaggia di “Petra tou Romìu”, dalle spume del cui mare, si narra sia fuoruscita, in tutta la sua bellezza, la Dea Afrodite/Venere, generata dalla spuma fuoruscita dal Dio Urano, evirato dal proprio figlio Cronos/Saturno. E qui, non poteva non tornare alla mente il tema del sacrificio primordiale che, in tutte le narrazioni mitologiche e religiose, fa da premessa al sorgere del mondo nelle sue molteplici manifestazioni. A questo punto, la memoria non può non sovvenirci a quanto dall’Induismo narrato, a proposito dell’auto-sacrificio di Prajapati, arcaica divinità della creazione, ( alla quale è piuttosto affidato il ruolo di vero e proprio “deus absconditus” con lo ieronimo di “Ka/senza nome”), grazie al sacrificio della quale, nasce l’universo intero. Oppure il tardo vedico gigante Purusha, dalle mille teste, mille occhi e mille piedi, dal cui sacrificio e smembramento, nasce il mondo nella sua molteplicità.
Che il sacrificio sia volontario o meno, come nei rispettivi casi di Prajapati e di Purusha, poco importa: l’importante è che, da uno stato di primordiale ed indistinta unità, si generi una frattura originaria, una rottura che determini la creazione. Un motivo questo, che ritroviamo nella stessa narrazione iranica del Bundahishn, in cui il gigante Gayomart viene ucciso e smembrato da Ahriman e dalle cui membra si originerà il creato. Identico motivo, ricorre nella mitologia scandinava con la morte di Ymir, il gigante primordiale ucciso dai fratelli Odino, Vili e Vè e dalla cui materia primordiale, viene generato il mondo. Nei mitologemi mesopotamici, Tiamat, la mostruosa gigantessa che vive nell’Absu o Oceano primordiale, è uccisa e smembrata dal dio Marduk, sempre al fine di dar luogo al creato.
Le stesse lotte che vedono protagonisti in linea di successione gli Dei primordiali prima, Urano e Saturno e Zeus dopo, impegnato ad abbattere i Titani (tra cui il mostruoso Briareo, dai cento occhi e dalle cento bocche…), lo stesso smotivo del sacrificio e del rito antropofagico consumato ai danni di Zagreo-Dioniso da parte dei Titani, altro non fanno che ripetere e riproporre l’archetipico motivo del sacrificio primordiale, in grado di garantire il passaggio dall’Unità dell’Essere alla sua frammentazione in una infinita Molteplicità. Quando l’hindu Indra abbatte il drago Namuci, Makha o Vritra, egli colpisce non solo il serpente senza fine, l’Ouroboros dell’indeterminatezza ontologica, il Chaòs primordiale ma anche, egli stesso, poichè Drago e cavaliere, Angeli e Titani, Daeva ed Ashura, altri non sono che i contrapposti aspetti di un’unica realtà che tutto sovrasta. Nella stessa mitologia egizia il dio Atum, quando decide di creare gli dei ed il mondo prende la forma di un serpente, facendo così il paio con Apophis, il primordiale serpente che circonda il cosmo, nemico giurato di Ra e della creazione. Pertanto, Bene e Male, Generazione e Distruzione, altri non sono che i complementari aspetti di un’unica realtà, al proprio interno animato da una inestinguibile “Ananake/Necessità”, per cui ad ogni costruire dovrà corrispondere un distruggere, in un perpetuarsi senza soluzione di continuità.
Il passaggio ulteriore, sta nell’insito significato della decapitazione del Drago o del Titano o dell’arturiano cavaliere sir Gawain, che altri non sono che metafore di un cammino iniziatico atto a determinare un Sè ontologico, universale, in grado di farsi esso stesso realizzatore dell’equilibrio dell’universo intero ed il cui primo passo consiste proprio nell’abbandonare la propria limitante dimensione di egotismo, rappresentato dall“Io” (la testa, per l’appunto, sic!), per proiettarsi verso quel “Sè”, che ne rappresenta il vero, primo passo, verso la comunione con le forze dell’Assoluto. Ben lungi dal rappresentare narrazioni favolistiche ed astratte, i vari mitologemi offrono, quindi, in molti tra i loro motivi, gli spunti per un cammino iniziatico e di realizzazione del “Sè”. Quindi, creare significa anche eliminare quella parte della propria individualità, che spinge all’indeterminatezza ed al Chaòs.
L’immagine dei maghi senza testa” dell’Atharva-Veda, ci riporta proprio a questo motivo. Per ben capire quanto sinora detto, va ricordato che l’idea di cultura presente nel mondo antico, sino all’alba della Modernità, faceva paio con quella di un vero e proprio accrescimento interiore, una vera e propria iniziazione che non poteva aver luogo, se non attraverso un continuo interfacciarsi con una realtà costituita da un’infinità di richiami simbolici ed analogici. Una forma di “circolarità” spirituale, in evidente contrasto con la linearità ed il tipologico verticalismo della cultura illuminista, legata ad una sterile fenomenologia materialista.
Se, nella sua più hegeliana accezione, lo Spirito Assoluto, prende coscienza di sé, unicamente creando l’uomo, (autoctisi…), per arrivare alla propria più completa realizzazione, attraverso la determinazione di un armonico equilibrio universale, l’Assoluto deve arrivare al proprio autosacrificio o, in alternativa, deve sdoppiarsi e sacrificare il proprio Unigenito Figlio/l’altro da sé (Christòs, l’Unto del Signore…sic!), per il bene dell’umanità e l’equilibrio del creato intero, così come accade nell’iconografia cristiana.
Lo stesso germanico Wotan si cava un occhio e rimane impiccato ad un frassino, in tal modo significando il privarsi di una parte del proprio essere. Di quell’occhio, per l’appunto, identico e paritetico all’altro. E così, Afrodite/Venere nasce a seguito dell’evirazione di Urano, il dio di quella sfera celeste che rappresenta l’indistinto e dalla cui dolorosa frattura, sorge l’Amore che si accompagna con il Bello e con la Grazia assoluta.
Motivi questi, oggi più che mai, di stretta attualità. In un mondo che tutto tende ad omologare, grazie ad un perverso meccanismo innestato agli albori della Modernità, l’idea di un’apertura ed una frammentazione di un’Unica Realtà in direzione di un suo farsi Molteplice, deve costituire il motivo e la principale spinta verso la formazione di una nuova coscienza, in grado di trarre l’umanità intera, in salvo dalle secche di un’alienante Post Modernità.
Bibliografia di riferimento:
- Mircea Eliade-Trattato di Storia delle Religioni – Bollati Boringhieri;
- Ananda K. Coomaraswami- La Dottrina del sacrificio – Luni Editrice.
(in testata la foto di Dioniso, la pantera e l’eterno sacrificio)
Umberto Bianchi