Il libro della Genesi e la sua interpretazione esoterica – Luigi Angelino
Come è noto la Genesi è il primo libro della Torah ebraica e della Bibbia cristiana, considerata un’opera didascalica ed eziologica che ha inizio con la creazione del mondo, proseguendo nei primi undici capitoli con l’illustrazione della cosiddetta “preistoria biblica” (dal peccato originale al diluvio universale) e nei rimanenti con le narrazioni relative ai patriarchi, a partire da Abramo, la cui ambientazione si colloca, per convenzione tradizionale, intorno al 1800/1700 a.C.. Il termine “Genesi”, con cui è intitolato il primo libro della Bibbia in ambiente cristiano riproduce il sostantivo greco “genesis”, traducibile letteralmente in “nascita” o “creazione”, ma in maniera traslitterata può essere reso con la parola “origine”; in ambito giudaico, invece, il primo libro della Bibbia è denominato “bereshit” (in principio) dall’incipit del testo che, come tutti gli altri scritti della Bibbia masoretica, prende il nome dal primo termine (1).
A parte quanto ancora sostengono alcune sette oltranziste e creazioniste poco illuminate, è parere universalmente accolto, da parte degli studiosi di teologia e di antropologia cristiana, che il libro della Genesi non possa rappresentare un libro che racconti davvero la storia primitiva dell’universo e dello sviluppo della civiltà terrestre, ma che contenga importanti elementi allegorici, in grado di rispondere ai più grandi interrogativi dell’uomo, come la relazione con l’unico Dio onnipotente, la nascita del male ed il piano salvifico divino. Naturalmente, coloro che non credono nel valore sacrale/ispirato del testo lo collocano tra le narrazioni mitologiche dei popoli medio-orientali. Prima che si sviluppasse la teoria dei “generi letterari” e si applicasse con rigore scientifico la metodologia critica anche ai testi biblici, la tradizione riportava che il libro della Genesi fosse stato elaborato da Mosè intorno alla fine del sedicesimo secolo. Ancora oggi una parte dell’Ebraismo ortodosso ed alcune confessioni cristiane tentano di portare avanti questa tesi, peraltro smentita da molteplici studi ermeneutici (2). La stragrande maggioranza degli studiosi moderni ritiene, altresì, che la Genesi non formi un testo originariamente unitario, ma che componga una raccolta di scritti dell’epoca successiva all’esilio babilonese (verso la fine del sesto secolo a.C.). Nello specifico, si pensa al libro della Genesi come ad un lungo e dettagliato documento sacerdotale che abbia rielaborato e riadattato soprattutto due ampie versioni precedenti, quella “jahwista” e quella “elohista”, come gli stessi due diversi racconti iniziali della creazione testimoniano (3).
Una sommaria lettura teologica del contenuto della Genesi, innanzitutto, vuole indicare come il popolo d’Israele sia ormai maturo (nel periodo già citato di redazione finale) per il passaggio dalla monolatria al monoteismo. Dio, chiamato YHWH, El o Elohim (plurale che ha suscitato non poche perplessità), o anche Adonai (4), è un Essere perfetto, puramente spirituale che non può essere raffigurato attraverso nessuna immagine. L’intento di voler riferirsi ad un Dio “perfetto ed onnipotente”, tuttavia, stride con i ripetuti antropomorfismi che gli si attribuiscono negli altri scritti dell’Antico Testamento: ira, vendetta, collera, gelosia e similari sono tutte caratteristiche che lo fanno assomigliare ad una comune divinità del pantheon mediterraneo o medio-orientale. L’azione creativa di Dio sembrerebbe derivare da una sua immensa bontà originaria che, nel linguaggio cristiano, intriso di elementi ellenistici, diventerà “amore”: il mondo e l’uomo, vertice del creato, sarebbero stati plasmati dal nulla e, pertanto, il tempo avrebbe avuto senso ed inizio soltanto a partire da quel preciso momento. E’ utile ribadire che il concetto di tempo delle tre grandi religioni abramitiche (Ebraismo, Cristianesimo ed Islam) è di carattere lineare, con appunto l’inizio nel momento della creazione e la fine con il giudizio universale da parte di Dio, a differenza del concetto di “tempo circolare” diffuso in maniera trasversale a distanti latitudini (in Oriente, in India, presso le civiltà antiche meso-americane, nella mitologia norrena) (5). Il male viene spiegato con un atto di disobbedienza da parte del primo uomo e della prima donna, Adamo ed Eva, che non avrebbero accettato la loro condizione creaturale di sudditanza a Dio, mal consigliati da una animale perfido (almeno nell’accezione tradizionale), il serpente, che li avrebbe spinti a mangiare il frutto dell’albero della conoscenza, l’unico limite posto da Dio alla stirpe umana per il godimento delle delizie dell’Eden, il paradiso terrestre. Ed il seguito del testo vuole richiamare il fedele sull’Alleanza stipulata dall’Onnipotente con Abramo e con la sua discendenza, in vista della salvezza del genere umano, in cambio di un culto perpetuo ed esclusivo. Nella visione cristiana, culminante nel Nuovo Testamento, l’antica alleanza sarebbe stata rinnovata con l’estremo sacrificio di Gesù Cristo, mentre gli Ebrei attendono ancora la loro figura escatologica messianica.
Come precisato in precedenza, il libro della Genesi, a rigor di logica, non può assolutamente essere considerato una cronaca di eventi realmente accaduti, prestandosi a vari livelli di interpretazione, non soltanto di carattere religioso. Pur essendo un “libro sacro” per l’Ebraismo ed il Cristianesimo, le incongruenze sono talmente tante, da non poter essere sottovalutate nemmeno dai teologi più fedeli all’ortodossia tradizionale. Innanzitutto, i riferimenti ad Elohim (plurale) e ad YHWH (singolare), risolti forse in maniera troppo semplicistica come il risultato di due diverse correnti di pensiero pregresso, potrebbero far presentare a divinità differenti, poi confluite nel concetto di unico Dio, maturato in epoca post-esilica dopo secoli di esperienza mistico-religiosa. I problemi interpretativi sono ancora più avvertiti, se si tiene conto di un’accurata analisi filologica dei testi biblici. L’ebraico antico, infatti, può essere annoverato tra le lingue “geroglifiche”, potendo essere letto in due modi diversi, ovvero seguendo il senso che i vocaboli assumono quando sono pronunciati, oppure seguendo il senso che emerge nelle relazioni fra le lettere che formano i singoli termini. Ad esempio la parola “IYS”che nell’ebraico parlato vuol dire “uomo”, esaminandone, invece, il valore geroglifico scritto, può essere tradotta con “razionalità”, o meglio con l’espressione “centro dell’io cosciente”; così, in maniera pressoché analoga, la parola “Ysah” che nell’ebraico parlato equivale a “moglie/donna”, nell’incisione geroglifica prende il significato di “capacità di conoscere l’invisibile”. Questa duplice possibilità di comunicare viene utilizzata in maniera sottile ed intelligente dall’autore/autori del libro della Genesi, costruendo due differenti piani di narrazione, che non appaiono in contrasto fra loro, ma che tendono ad integrarsi allo scopo di esprimere concetti che oltrepassano i racconti letterali. Attribuendo un significato più profondo al primo scritto della Bibbia, i personaggi, le cui caratteristiche sembrano essere descritte in maniera caotica, approssimativa e disordinata, diventano l’emblema dei processi evolutivi dell’uomo, nei confronti dei quali soltanto il lettore iniziato potrà nutrire un interesse concreto e costruttivo (6).
Il linguaggio adoperato nella Genesi presenta sorprendenti similitudini con altre narrazioni mitologiche del mondo mediterraneo, acquistando un senso compiuto soltanto seguendo un percorso ermetico-esoterico, al di là di qualsiasi ambizione letteralista o razionalista. Gli scenari proposti, in particolare la “cosmogenesi” e la “antropogenesi” rivelano la presenza di ben due “ternari”. Nel primo ternario, intuiamo l’emanazione dell’intelletto, anima e materia, con i simboli del fuoco (sole), luna (acqua) e Terra. Il “Ruah Elohim” (il soffio degli spiriti divini) soffia sulle acque primordiali, mettendo ordine nel caos, come nei miti greci Zefiro che feconda le acque o in India Purushatma o Purushottama (7) plasma di vita Ananta (8), le acque del non-essere. L’immagine della separazione delle acque, che implica la distinzione tra anima (acque inferiori) ed intelletto (acque celesti), rimanda alla cosmologia misterica egizia che denominava “stabilità” il cielo superiore trascendente, mentre l’intelletto veniva definito “anima stabile”.
La stessa traduzione della donna, nata da “una costola di adàm” (l’uomo) appare senza senso nell’accezione letterale, ma ricca di significato se si interpreta in chiave esoterica. La descrizione potrebbe riferirsi ad una condizione ermafroditica primigenia di Adamo, con la separazione dei sessi avvenuta in un secondo momento. La stessa parola “Elohim” (gli dèi, o meglio gli spiriti divini) contiene una radice “femminile” ed una desinenza plurale “maschile”, indicando che la pienezza delle intelligenze superiori comprende in sé il germe dell’essenza di entrambi i sessi, seppure concepiti in maniera trascendente e del tutto spirituale (9). La Genesi, in buona sostanza, racconta all’uomo i processi di come egli stesso può riprodurre la propria realtà, mediante il principio della “separazione”. Il concetto di “dualità” è contenuto soprattutto nella dimensione della nostra mente, che fa capo all’organo comunemente chiamato “cervello”, non a caso composto da due lobi : quello della razionalità, legato al principio maschile e quello dell’emotività legato al principio femminile. Pertanto, l’uomo per poter prendere coscienza di sé deve per forza passare per l’esperienza della “dualità”, operando scelte che orientino la propria esistenza verso la scintilla divina nascosta nel suo inconscio.
Tra i simboli più importanti contenuti nel libro della Genesi, un ruolo di particolare rilievo spetta al serpente che, nella mitologia cristiana tradizionale, è stato indicato come la prima manifestazione di Satana al genere umano, come seduttore e tentatore. Nella visione gnostica, invece, il serpente rappresentava l’inviato del dio spirituale buono per affrancare l’uomo dalla schiavitù del dio tiranno, il Demiurgo, ed iniziarlo ai misteri della conoscenza. Nell’iconografia cristiana arcaica, il serpente è a volte perfino indicato come simbolo di Cristo, nella raffigurazione dell’anfisbena, un tipo di serpente con due teste collocate alle estremità, di cui una raffigura Cristo e l’altra Satana. Per gli Gnostici Ofiti (cultori del serpente), l’animale strisciante era il simbolo del Verbo e della Saggezza (Sophia). I due serpenti non sono altro che l’espressione del “caduceo ermetico”(10), come due facce della stessa medaglia che riproducono il perenne susseguirsi del ciclo vita e della morte. Molto interessante è la concezione del serpente, secondo Carl Gustav Jung che, oltrepassando la visione squisitamente sessuale di Freud (il serpente come legato ad una simbologia fallica), estende il legame del nobile animale a “profonde energie vitali”, in grado di influire in maniera creativa sulla nostra personalità individuale (11). Secondo Jung, il simbolo del serpente ben incarna la tensione dell’uomo ad integrare un livello di conoscenza superiore nell’ambito della sfera psichica personale. Per questo motivo, i Padri della Chiesa ben compresero i pericoli di ordine sociale a cui potevano portare le teorie gnostiche: il rifiuto di obbedienza all’autorità costituita ed, al contrario, la ricerca di una consapevolezza iniziatica ed illuminata.
Molto suggestiva è l’interpretazione di alcuni cabalisti medievali, secondo cui la “caduta” di Adamo ed Eva nel peccato non sarebbe riconducibile al fatto in sé di mangiare il frutto dell’albero della conoscenza, ma all’atteggiamento impaziente ed intemperante di non saper aspettare che il frutto diventasse maturo. L’albero della conoscenza, concepito all’inizio della creazione come albero della vita, finì con il diventare il segno del discernimento tra il bene ed il male. Soltanto mangiando il frutto maturo, emblema dell’avvenuta trasformazione interiore, l’uomo può guadagnare l’immortalità dell’anima, evitando di essere imprigionato nella realtà sensibile ed illusoria. Seguendo questa interpretazione, la prova di Adamo non sarebbe derivata da un capriccio di una divinità soprannaturale tirannica e gelosa della propria immane conoscenza, ma il giusto monito interiore ad attendere che il processo di maturazione del frutto fosse completato, eliminando la dura scorza esterna. Solo con l’eliminazione del prepuzio, l’involucro esterno del frutto, assimilabile alla terra, Adamo ne avrebbe potuto mangiare, potendo aspirare all’ “oro dello spirito”, come si afferma in ambito alchemico.
Abbiamo già accennato al fatto che, al giorno d’oggi, anche in ambito cattolico ortodosso, sia comunemente accettata l’opinione, secondo cui i primi capitoli della Genesi tutt’al più possano spiegare il “perché” dell’esistenza dell’universo e dell’uomo e non il “come” quell’esistenza si sia verificata e sviluppata, compito che, invece, spetta alle discipline scientifiche e storiografiche. Il mito della creazione somiglierebbe ad una lunga parabola che tende ad illustrare i punti fondamentali dei grandi interrogativi dell’essere umano, trasfigurandosi in un paradigma ermetico di elevato livello didascalico. Alquanto oziosi e privi di certe basi metodologiche, appaiono i tentativi di conciliare il fantasioso, ma ricco di significato, racconto biblico, con i dati acquisiti dalla scienza moderna sulle origini dell’universo, con particolare riguardo alla teoria del “Big Bang”. Credere ciecamente nella scienza è un atteggiamento culturale che richiede un esercizio ermeneutico non meno fideistico che credere in una delle cosiddette “religioni rivelate”. Un dato scientifico può considerarsi valido, fino a che non sia provato il contrario, o nuove teorie siano in grado di fornire spiegazioni più convincenti su una determinata branca del sapere umano. Ora non occorre essere eminenti e praticanti scienziati per sapere che anche la teoria del “Big Bang”, almeno come è stata concepita fino a questo momento, è stata messa in discussione, alla luce di nuovi calcoli ed osservazioni cosmiche (12). Pertanto, voler leggere nella famosa frase “E la luce fu” un equivalente simbolico dell’esplosione iniziale della materia, a seguito del “Big Bang”, non appare affatto in linea con le tensioni sapienziali del redattore/redattori del testo, molto più interessati a fornire elementi sull’evoluzione interiore ed intimistica dell’uomo.
Non si può neanche concordare, almeno tenendo conto delle attuali prove archeologiche, con coloro che attribuiscono il significato dei primi libri biblici, ed in particolare della Genesi, ad un resoconto di un presunto intervento extraterrestre sullo sviluppo delle specie sul nostro pianeta (13). Si tratta, comunque, di teorie interessanti ed affascinanti che, se da un lato hanno il pregio di non accontentarsi delle interpretazioni tradizionali, portate avanti per sottoporre le masse ad un serrato controllo patriarcale, dall’altro scadono in visioni esageratamente materialiste che non tengono in debito conto la conoscenza ermetica ed iniziatica. Ciò non toglie che si è consapevoli che ancora troppi misteri avvolgono le origini dello sviluppo dell’esperienza dell’Homo sapiens, soprattutto se si analizzano i molteplici punti in comune che legano popoli collocati ad enorme distanza geografica, quasi a testimoniare la comune origine da un’unica civiltà supermondiale, di cui non si conoscono i reali contorni strutturali, ma che sarebbe sopravvissuta attraverso le narrazioni mitologiche delle generazioni successive.
Note:
1 – David C. Cotter, Genesi, Queriniana editore, Brescia 2020;
2 – Rudolf Steiner, Genesi. I misteri della versione biblica della creazione, curatore Paola Agnolucci, Harmakis edizioni. Arezzo 2021;
3 – I due diversi racconti della creazione sono contenuti rispettivamente nel primo e nel secondo capitolo della Genesi: nel primo la divinità è indicata come Elohim; nel secondo come
4 – Anche il termine adonai è una forma plurale. Esso significa letteralmente “signori” o “miei signori”, ma generalmente usato con i verbi alla terza persona singolare. Per questo motivo, è adoperato per riferirsi a Dio;
5 – Luigi Angelino, Il Tempo, su https://www.ereticamente.net;
6 – Olivier Durand, La lingua ebraica. Profilo storico-strutturale. Torino 2001;
7 – Si traduce forse in maniera semplicistica in “essere supremo”;
8 – Il termine indica anche la totalità di “ciò che si espande” e, pertanto, in maniera traslata “l’infinito”;
9 – Francesco Mikado, Il potere tolto al serpente, Booksprint edizioni, Salerno 2012;
10 – Il caduceo è uno dei più antichi simboli che la civiltà umana ricordi, già conosciuto tra i Babilonesi ed associato al dio Ningishzida;
11 – Andrea Biasioni, Il simbolo del serpente in psicologia, su https://online-psicologo.eu;
12 – Edoardo Jacopo Bruno, Il grande inganno dell’universo dal nulla, Street lib edizioni, Milano 2020;
13 – Zecharia Sitchin, La Genesi, Anguana edizioni, Vicenza 2020 (prima pubblicazione dell’autore, 1995).
Luigi Angelino,
nasce a Napoli, consegue la maturità classica e la laurea in giurisprudenza, ottiene l’abilitazione all’esercizio della professione forense ed un master di secondo livello in diritto internazionale, conseguendo anche una laurea magistrale in scienze religiose. Nei primi mesi del 2022 ha pubblicato con la Stamperia del Valentino 7 volumi (Caccia alle streghe, Divagazioni sul mito, L’epica cavalleresca, Gesù e Maria Maddalena, L’epopea assiro-babilonese, Campania felix, Il diluvio). In precedenza con altre case editrici ha pubblicato vari libri, tra cui il romanzo horror/apocalittico “Le tenebre dell’anima” e la sua versione inglese “The darkness of the soul”; la raccolta di saggi “I miti: luci e ombre”; i thriller filosofici “La redenzione di Satana I-Apocatastasi” e “La redenzione di Satana II- Apostasia”; il saggio teologico/artistico “L’arazzo dell’apocalisse di Angers” ; il racconto dedicato a sua madre “Anna”; la raccolta di storie “Viaggio nei più affascinanti luoghi d’Europa”; un viaggio onirico nel sistema solare “Nel braccio di Orione”; una trattazione antologica di argomenti religiosi “La ricerca del divino”. Di recente è stato insignito dell’onorificenza di Cavaliere al merito della Repubblica italiana.