Magia rinascimentale: gli “anelli di congiunzione” – Brando Impallomeni
Postilla alla lettura
Qui ho voluto sottolineare come la Magia veniva per così dire “salvata” ai tempi del Rinascimento, attraverso quell’operazione politica di conservazione dell’antichità, nota come “Prisca Theologia”; siamo nella Firenze del tardo XV sec., pertanto abbiamo varie ritrattazioni date dagli stessi “Filosofi Occulti”, “è solo perché teme per la propria vita” scriveva lo storico delle religioni romeno Culianu; basti pensare alle “Conclusiones” pericolose di Pico, ai rischi cui incorse Ficino, quando nel 1489 lavorava alla stesura della terza parte del Liber De Vita, fino alla “fuga di notizie” da parte dello stesso Trithemius, che contribuirà ad alimentare i falsi sospetti di magia nera e negromanzia, questo tema sarà trattato in altra sede; ci basti qui ricordare che la Steganografia di Trithemius, sarà messa all’Indice dei libri proibiti nel 1609 e condannata periodicamente al rogo. Un periodo non facile, dove l’attenzione della Santa Inquisizione era prima rivolta alle Streghe e alla Stregoneria, il periodo del Mallaeus Maleficarum e la stagione della “Caccia alle Streghe”, in cui veniva a formarsi un concetto di “Magia dotta”, quella coltivata dalle Accademie Umanistiche Rinascimentali, che prendeva le distanze da una magia popolare o “stregoneria”, che poteva avere, come sicuramente avrà avuto, in molti casi le sue colpe, nella trattazione profana del Sacro, con la conseguente nascita delle Superstizioni popolari, in quanto smarrimento “di senso” e segno di decadimento; anche se il confine diverrà gradualmente labile, perché con la diffusione della magia rinascimentale si arriverà anche all’equazione Magia=Eresia; tant’è che, ancora generalizzando, potremmo aggiungere che la magia andrà per così dire “in sonno”, costretta a rifugiarsi in strutture clandestine o semi-clandestine, per ricomparire ciclicamente, a detta di Galli “a sprazzi, in singoli paesi, in situazioni specifiche, sino ai nostri giorni”. Un tema controverso, perché ancora oggi la “Magia” viene ricollegata subito ai truffatori, ai cartomanti, alle psico-sette, ai satanisti, ai negromanti, a ciò che sa e dice l’Establishment delle culture dominanti, religiose o scientiste; purtroppo in alcuni casi, bisogna ammettere, anche giustificato dal fatto, che questi se-dicenti maghi e stregoni, contribuiscono a ridicolizzare e profanare quello che poteva un tempo rappresentare un dominio superiore dell’Iniziazione, conosciuto oggi già poco sotto gli aspetti che riguardano il dominio inferiore (psichismo, fenomeni, poteri, ecc.); mentre ciò che vediamo e conosciamo sulla e della magia, è certamente la sua decadenza, peraltro in linea coi tempi e la corrente volgare, tradizionalmente presente e riscontrabile in ogni cosa, dall’arte, alla religione, alla scienza, ecc. Di conseguenza, già Trithemius, in una missiva indirizzata a German De Ganay nel 1505, aveva dato una valida definizione di Magia, che può avere una sua validità tutt’oggi per chi si interessa di Magia, sempre e solo da una prospettiva di tipo Tradizionale: “in realtà per magia non vogliamo intendere nient’altro che la conoscenza delle cose fisiche e l’intelligenza delle cose metafisiche, che comprende la scienza della virtù di tali cose, tanto divine quanto umane”.
(Tarsia marmorea del pavimento nel Duomo di Siena. Ermete Trismegisto)
La Magia nel Rinascimento
La letteratura magica, già consolidatasi in Occidente nel XIII secolo, basti solo ricordare figure come Guglielmo d’Alvernia e Alberto Magno, troverà maggiore fortuna nei secoli successivi, in particolare in quella speculazione magica rinascimentale, diffusasi con l’affermazione dell’Umanesimo, con i primi umanisti fiorentini, in particolar modo faccio riferimento alle ben note traduzioni del filosofo neoplatonico e medico-astrologo, Marsilio Ficino (Figline Valdarno 1433 – Careggi 1499); tra gli scritti più importanti basti ricordare L’Aclepio o “Logos Teleios” (discorso perfetto), il Pimandro; (vedi anche l’Ogdoade e l’Enneade, rinvenuto fortuitamente nella biblioteca gnostica di Nag Hammadi nel 1945). Ai fini di riformare la Chiesa, con una semplice operazione politico-culturale di “cristianizzazione della magia”, Ficino e Pico della Mirandola trattavano con convinzione di una “Prisca Theologia”, una dottrina che riteneva esistere un’unica vera Teologia riflessa nelle dottrine esoteriche; gli antichi saggi come Orfeo, Zoroastro, Pitagora, Ermete, Plotino, dicevano la stessa cosa ad un livello profondo, esoterico. Inoltre sembra rilevante ricordare che le traduzioni del Corpus Hermeticum, degli Oracoli Caldaici, degli Inni Orfici, attribuiti dai filosofi rinascimentali ad illuminati pre-classici già citati come Ermes Trismegisto, Zoroastro, Orfeo, in realtà oggi sappiamo essere raccolte di testi risalenti all’età imperiale romana che univano per sincretismo testi magici e cristiani. Seguendo una delle tesi tra le più note sul tema della Tradizione Ermetica, quella di Francis Yates, a rafforzare la credenza di Ermes Trismegisto come persona fisica, realmente vissuta, c’erano gli scritti autorevoli dei principali padri della Chiesa, in particolare Lattanzio e S.Agostino, rispettivamente risalenti al III e al IV sec. d.C.
Le due autorità convergono nell’aver accettato passivamente la leggenda di Ermes Trismegisto persona storica realmente vissuta “molto prima dei saggi e dei filosofi greci”; le divergenze si hanno nella considerazione che i due Padri della Chiesa riporteranno; infatti Lattanzio ci presenta Ermes Trismegisto come una figura umana ma illuminata, profeta di Cristo, a differenza di Agostino che associa Ermes Trismegisto alla magia egiziana idolatrica e la sua prescienza suggerita dai demoni, “Ermete presagisce queste cose in quanto alleato del Diavolo”. Ho voluto qui semplificare un passaggio, che giustifica uno dei temi fondamentali della rinascita della magia, quello della “riabilitazione dell’Egitto”, e quindi del paganesimo e della magia stessa, mediante una figura, forse creata “ad hoc”, probabilmente intorno al 1050 (il testo che conosciamo oggi è quello che fu raccolto e collazionato da Michele Psello, è probabile che quest’ultimo rimosse elementi alchemici significativi per adattare il Corpus alla Chiesa Ortodossa); con funzione di conservazione e legittimazione, attraverso la fascinazione di un’età dell’oro, (Ermes era prima dei greci, prima di Platone, contemporaneo di Mosè, diceva le stesse cose del Cristo, e perciò in quanto sapiente antico più vicino alla verità divina), di elementi magici, pagani, all’interno della tradizione cristiana; scrive Ficino: “Ermete Trismegisto fu il primo filosofo a innalzarsi al di sopra della fisica e la matematica verso la contemplazione del divino”.
(Marsilio Ficino)
Questa riabilitazione egiziana la vediamo anche nelle decorazioni e nelle arti figurative, come sarà il caso degli Hieroglyphica di Horapollo e la Hypnerotomachia Poliphili attribuita a Francesco Colonna, pubblicata a Venezia nel 1499, e, come gli Adagia di Erasmo da Rotterdam, questo linguaggio allegorico confluirà nell’Emblematum Liber (1531) di Andrea Alciato. Ma il concetto di magia naturale nel rinascimento lo troviamo per la prima volta in Ficino nel “Liber De Vita”, un’opera divisa in tre libri, che vide la stampa nel 1489 (già da 22 anni la stregoneria era “crimen exceptum”); la terza parte nota come “De Vita Coelitus Comparanda” causerà a Ficino non pochi problemi con le autorità ecclesiastiche per le tematiche legate alla magia demonica, in particolare il tabù, più che dall’astrologia, era rappresentato dai talismani e dalla musica planetaria. Tra le fonti che andranno ad influenzare il “Liber De Vita”, oltre al Corpus Hermeticum, abbiamo anche un trattato di Astrologia arabo-latina, il Picatrix, la cui traduzione risale alla metà del XIII sec. Il trattato si presenta come un’opera sincretistica che fonde cultura araba, sabea, ismaelita, sufi, ecc. L’influenza di questo trattato si estende a tutti i maghi da Ficino a Pico, Tommaso Campanella, da Trithemius ad Agrippa ecc.; la popolarità del Picatrix raggiungerà tinte diaboliche anche in Rabelais che nel suo Pantagruel così ne parla “le reverend pere en Diable Picatris recteur de la facultè diabologique”. La dicotomia tra magia naturale e magia demoniaca sembrerebbe nulla, in quanto anche maghi come Ficino si sono serviti dei demoni per le loro operazioni magiche; le distanze che prendono i maghi dalla demonologia e dalla stregoneria, la cristianizzazione della magia stessa, sembrerebbe più un alibi per depistare le indagini inquisitorie, o più generalmente per non avere problemi con la Chiesa; “è solo perché teme per la propria vita” scrive Ioan Petru Culianu di Ficino quando tratta di demoni planetari nel suo “Commentario al Simposio”; questo lo possiamo estendere forse a tutti i maghi che hanno dovuto ritrattare quanto scrissero, specialmente quando l’occhio dell’Inquisizione si faceva pesante; a tale proposito concordo con la tesi di Ioan Petru Culianu quando annulla questa dicotomia sostenuta dai moderni, “che vi siano due tipi di magia, la magia spirituale o naturale coltivata da Ficino e la demonologia coltivata da Trithemius”.
Nel 1486 vedrà luce la prima opera a stampa di Pico della Mirandola, le Novecento Tesi (conclusiones nongentae); le Tesi rappresentavano quella che forse potremmo definire un’utopia, il sogno di una nuova cultura, novecento proposte di discussione, che non sarà però accettata nella Roma di papa Innocenzo VIII, e alcune di queste tesi saranno considerate eretiche; Pico sarà assolto nel 1493 da Papa Alessandro VI. Pico auspicava ad una pace data dall’unione del paganesimo con il cristianesimo, nelle Conclusiones XXXI n.3 si scontra contro secoli di oscurantismo cristiano (“diabolizzazione degli Dei”), perché gli Dei, e forse Pico avrebbe voluto dire anche i “Demoni”, non sono i Diavoli: “Nomina Deorum, quos Orpheus canit, non decipientium daemonum, a quibus malum et non bonum prouenit, sed naturalium uirtutum, diuinarumque sunt nomina, et a vero Deo in utilitatem maxime hominis si eis uti sciverit, mundo distributarum”; “I nomi degli Dei cantati da Orfeo sono nomi non di demoni ingannatori, dai quali venga male e non bene, bensì virtù o energie divine, distribuite nel mondo dal Dio vero, ad utilità speciale dell’uomo che sappia farne uso”. Questo retaggio esoterico, che ha origine nella scolastica medievale come in Alberto Magno, nel riformismo religioso ermetico platonizzante dei rinascimentali di Ficino e Pico, sarà trasmesso anche a nord delle Alpi fino all’area germana, in particolare dall’umanista Johannes Reuchlin, anello di congiunzione tra l’Accademia Fiorentina e la Sodalitas Litteraria Rhenana. Nel “De Arte Cabbalistica” Johannes Reuchlin definisce la Cabala come “una Teologia simbolica nella quale non solo le lettere e i nomi sono segni delle cose, ma anche le cose stesse ne simboleggiano altre”; influenzato dalla concezione pichiana sulla Cabala come coronamento della magia, dalla tradizione ebraica, sosterrà la possibilità di confermare la fede cristiana attraverso la Cabala; così come abbiamo già visto precedentemente trattando di altri filosofi umanisti, è ricorrente un rinvenimento di temi cristiani nelle tradizioni, qui però rafforzato dal calcolo cabalistico e dalla dottrina pitagorica.
(Pico della Mirandola)
Abbiamo visto che in modo analogo all’Accademia neoplatonica fiorentina sarà fondata una “Sodalitas Litteraria Rhenana”, un’Accademia dove confluiva un alto livello di saperi, luogo di incontro tra gli umanisti di Heidelberg, luminari del rinascimento tedesco come Rudolf Agricola, Johannes Wimpheling, Johannes Dalberg, il sopramenzionato Reuchlin, Paolo Ricci, Willibald Pirckheimer ecc. In realtà sotto questa accademia letteraria si nascondeva una Società Iniziatica di alto rango, che assunse il nome di “Sodalitas Celtica”, in onore del poeta fondatore Konrad Celtis, molto influenzato dall’umanista, poeta e successivamente studioso di magia, Filippo Buonaccorsi, noto anche con lo pseudonimo Callimachus Experiens (1437-1496) di S.Gimignano, naturalizzato polacco e membro dell’Accademia Romana di Pomponio Leto ; noto dalla storiografia contemporanea soprattutto per essersi rifugiato in Polonia nel 1468 dopo aver preso parte ad un complotto per assassinare Papa Paolo II; secondo Noel L.Brann tutti questi luminari erano i continuatori consapevoli della tradizione monastica delle cosiddette “arte liberales che abbracciavano la grammatica e la retorica come costituenti fondamentali dell’educazione Cristiana”, “ma anche l’astrologia, la mistica dei numeri e la filosofia pitagorica”. Angelo Gentili ci offre un’interpretazione per niente scontata degli pseudonimi (ogni nome corrispondeva ad un grado iniziatico di ascenso: Agricola = Iniziato di Alto Grado; Trithemius= scritto in ebraico diviene “l’uomo da cui distilla la santità per mezzo della potenza manifestata, “il Mago, in senso strettamente ermetico”) dei tre promotori della Società Letteraria; sappiamo che Johann Dalberg si farà chiamare Camerarius, Rodolfo Hausmann sarà Agricola, Johann von Heidenberg alis Johannes Trithemius (il “terzo legame”, secondo altre interpretazioni).
(Estratto dalla mia tesi di laurea in Storia presso Unifi, dal titolo “Dall’Abate Trithemius alla Spiritual Technology”)
Brando Impallomeni (21/03/1985), da anni coinvolto attivamente nella ricerca spirituale, laureatosi in Storia presso l’Università degli Studi di Firenze, con la tesi “Dall’Abate Trithemius alla Spiritual Technology”, che vuole rendere dignità allo scomodo tema della “Magia”, insabbiato dalla cultura dominante, religiosa e laicista, dalla caccia alle streghe alla banalizzazione cripto-positivista. Dall’Abate Trithemius alla Spiritual Technology, vuole ripercorrere un Iter-magico che va dalle prime coraggiose teorizzazioni della Magia, alla sua riproposta e attualizzazione nei vari periodi storici; assistiamo così ad un graduale passaggio, da una forma di magia che potremmo definire antropocentrica, cristiana, dualista (magia bianca, magia nera, magia divina, magia naturale e magia transnaturale, magia cristiana, magia divina, angelica e demonica ecc.), quella dei filosofi rinascimentali, ad una magia o “magick” (termine codificato da Aleister Crowley per designare la sua Opera, k=Kteis) stellare, che a detta del pittore inglese Austin Osman Spare, “è piena di colori”, dove gli antichi Dei diventano l’ipotesi di scenari non più terrestri, ma caso mai Extra-Terrestri e multidimensionali.